Laboratorio 1
La seconda sessione di laboratori è stata dedicata alla relazione emotiva con la nostra città e l’ambiente che ci circonda. Il territorio si è trasformato in uno spazio condiviso, un punto di partenza per la produzione di lavori che raccontano l’identità, reale e percepita, al fine di indagare il senso di appartenenza, la relazione tra le persone e i luoghi di vita quotidiana, l’identità privata e lo spazio pubblico. In base a queste idee abbiamo dato un’occhiata al “geoblog” www.percorsi-emotivi.com. Questo sito web è stato costruito dal gruppo di ricerca Associazione Mappe Urbane e mira a sviluppare il dialogo e l’interazione tra i cittadini di Bologna e la mappa elettronica della loro stessa città. Le persone che consultano la mappa possono collocare su un punto specifico di essa i loro pensieri, la loro proposta o i loro ricordi, suscitati da uno spazio determinato (strade, edifici, giardini…). I contributi caricati possono essere foto, video, disegni o testi, allo scopo di far crescere una Bologna “esperita”, vissuta e suggerita accanto a quella reale. Abbiamo anche guardato una sezione del sito web dedicato al progetto Percorsi emotivi per bambini e giovani, realizzato con il Dipartimento Educativo del MAMbo con lo scopo di costruire un geoblog con una nuova mappa emotiva, totalmente dedicata ai bambini e creata dai loro contributi. Abbiamo inoltre condiviso un breve resoconto del seminario a Castellón, trattando la forte appartenenza territoriale mostrata dal gruppo spagnolo. Il tour che abbiamo fatto a Les Coves, i racconti che abbiamo ascoltato, il cibo che abbiamo mangiato sono divenuti una grande fonte di ispirazione.
Con queste basi abbiamo avviato il seminario chiedendo al gruppo di costruire insieme una mappa emotiva collettiva di Bologna. Avevamo già preparato una grande mappa del centro storico della città composta di circa 40 cartoline illustrate, ognuna con una parte della città, come fosse una specie di puzzle. Ogni partecipante ha risposto alla domanda “quale parte della città rappresenta davvero una parte di me?”. Inoltre, abbiamo scelto alcune parole chiave come amore, paura, stupore e ricordo che potessero essere inserite nelle mappe. Ogni partecipante ha riflettuto sulla domanda, quindi ha scelto una cartolina/mappa sulla quale intervenire e una parola chiave per descrivere il proprio lavoro. Per personalizzare le cartoline potevano disegnare, tracciare segni, usare colori con valore simbolico o materiali particolari come disegni di strade e edifici realizzati da bambini. Per questo laboratorio abbiamo considerato Bologna come una specie di simbolo comune ma con valori differenti e personali: ecco perché abbiamo deciso di concentrarci solo sul centro della città e non anche sulla periferia.
Laboratorio 2
Dalla città simbolica comune, all’esperienza personale quotidiana. Abbiamo iniziato il secondo laboratorio con l’idea che uno “spazio assoluto” non esiste. Solo lo “spazio per me” esiste, perché lo spazio è qualcosa di davvero soggettivo e profondamente collegato con le nostre esperienze. Abbiamo discusso molto su questi argomenti con i partecipanti, per esempio a proposito delle differenti percezioni di alcuni luoghi sentite da una persona normodotata e da una persona disabile, o a proposito dei diversi sentimenti che lo stesso luogo ci suggerisce ora oppure quando eravamo bambini. Inoltre, è possibile trovare molte cose diverse dentro lo spazio, come rumori, voci, odori, atmosfere e contatti. I nostri sentimenti danno alla nostra percezione dello spazio molti toni emotivi e la rendono un’esperienza in continuo cambiamento. Ciò perché lo spazio è sempre vissuto e costruito dalle relazioni tra il “sé” e l’“altro”.
Perciò, l’idea del laboratorio era considerare lo spazio con occhi rinnovati. Se lo spazio è qualcosa che cambia sempre, possiamo sempre guardare le strade, gli edifici, gli angoli che siamo abituati a vedere in molti modi diversi, come se ogni giorno fosse la prima volta che li vediamo. Ai partecipanti è stato chiesto di creare una mappa emotiva del loro percorso quotidiano personale da casa al lavoro. Abbiamo dato a tutti dei colori e un cartoncino bianco su cui abbozzare il percorso. Il primo passo è consistito nel disegnare il punto di partenza ‒ la loro casa ‒ e il punto di arrivo ‒ la sede di lavoro. Poi hanno potuto collegare questi due luoghi disegnando il percorso e tutte le cose che “incontrano” durante il tragitto. Dovevano riflettere sulle strade che attraversano abitualmente, gli odori e i rumori che sentono solitamente, i colori e le dimensioni degli edifici che vedono, ricordando i più piccoli dettagli. È stata molto interessante la differenza tra ogni lavoro: da un percorso molto complesso e colorato a uno molto minimale, fatto di rumori e suoni.
Abbiamo raccolto tutti i lavori prodotti durante i due laboratori e li abbiamo spediti al gruppo spagnolo.
Ci caliamo nel calamaio
Parlare di spazio comune, di luoghi condivisi, relazione con la città prevede alcuni aspetti della vita personale quali l’autonomia di movimento, le relazioni all’interno di una rete sociale, la frequentazione di luoghi della città, i propri rituali, una propria storia. Elementi non scontati quando parliamo di disabilità.
Non si può parlare del proprio territorio, di una parte precisa della città che ci rappresenta se non abbiamo una frequentazione, una vita, una nostra quotidianità.
I laboratori di questa sessione hanno messo in luce proprio le differenze di ognuno di noi rispetto al proprio modo di vivere e percepire lo spazio e il tempo quotidiano. Che si traducono in differenze sostanziali su come vengono percepite le relazioni, la partecipazione alla vita sociale, la frequentazione dei diversi contesti e dei diversi luoghi. Qualcuno ha identificato come zona rappresentativa di sé la zona universitaria, perché il suo percorso universitario è stato particolarmente caratterizzante del suo percorso di vita. Qualcuno la gelateria del proprio quartiere, dove intrattiene con regolarità le pubbliche relazioni con il vicinato. Altri hanno identificato zone significative del periodo dell’infanzia. E qualcuno la finestra sul canale, utilizzata come strumento di seduzione con le ragazze.
Continua a leggere:
- Il postino suona sempre due volte
- 1. Introduzione
- 2. Il progetto Postmarks
- 3. Un incontro inaspettato
- 4. Una lunga tavola apparecchiata
- 5. Accesso all’arte e l’arte come accesso
- 6. “Scusa, non riesco a seguirti, puoi parlare più lentamente?”
- 7. I laboratori: Sessione 1 - Il corpo è presente
- 8. I laboratori: Sessione 2 - Lo spazio per noi (Pagina attuale)
- 9. I laboratori: Sessione 3 - Disegnare suoni e suonare disegni
- 10. I laboratori: Sessione 4 - Confini e relazioni
- 11. I laboratori: Sessione 5 - Identità provvisorie
- 12. I laboratori: Sessione 6 - L’anatomia della memoria
- 13. L’ultimo laboratorio