Laboratorio 1
Il laboratorio doveva essere dedicato a rispondere ai lavori ricevuti dal gruppo spagnolo. Un evento inaspettato ha cambiato, in parte, le carte in tavola. Qualche tempo dopo il terremoto in Emilia, l’intera Cooperativa Sociale Accaparlante ha dovuto abbandonare la sede resa inagibile per alcuni danni alla struttura e spostarsi in un altro edificio per ragioni di sicurezza. Questo grande cambiamento ha sconvolto il gruppo, che era molto legato alla vecchia sede in quanto rappresentazione dell’identità comune, il “corpo” della sua storia di gruppo, il luogo delle sue radici, abitato e vissuto. Dall’altro lato, il nuovo edificio veniva percepito come estraneo, troppo piccolo, troppo scomodo, troppo lontano dalla gran parte delle loro case. Purtroppo, o per fortuna, però, la nuova sede rappresentava l’unica concreta possibilità per continuare a lavorare e, quindi, si doveva accettare. Ecco perché, a differenza di quanto avevamo programmato, l’attività ha subito una modifica per riorganizzare il laboratorio cercando sia di rispondere al gruppo spagnolo che di dare espressione al forte disagio sentito dal gruppo. Insieme abbiamo aperto il pacco e abbiamo trovato molte cartoline con attaccate immagini dei volti del gruppo spagnolo. Sembrava una specie di puzzle colorato perché i visi erano divisi a metà e ci siamo davvero divertiti a creare nuove e folli facce oppure a cercare di ricomporre le facce nel modo giusto. Abbiamo riconosciuto alcune persone che avevamo già incontrato durante i primi due seminari e le abbiamo presentate a tutto il gruppo. È stato molto interessante verificare che cosa le persone che erano a Castellón e Berlino ricordassero del gruppo spagnolo e come raccontassero i loro ricordi agli altri partecipanti. Quindi abbiamo riflettuto su una possibile reinterpretazione delle cartoline e abbiamo deciso di dare importanza più al “processo di ricostruzione” piuttosto che al risultato finale. Ci siamo concentrati sull’idea di identità come qualcosa che cambia sempre, anche supponendo condizioni provvisorie a un livello emotivo, sociale e fisico. Che cosa succede durante il momento di passaggio da uno stato particolare a un altro? Come possiamo definire il momento di transizione di questo delicato processo? Le parole “difficoltà”, “crisi” e “frammento” sono state le più usate dai partecipanti. Le discussioni originatesi hanno consentito agli allievi di connettere queste idee sia al loro trasloco forzato che al lavoro del gruppo spagnolo, che si è trasformato in un pretesto per poter parlare dell’identità del gruppo, della sua crisi e dei suoi frammenti.
Quindi siamo passati alla fase pratica del lavoro.
Ogni partecipante ha ricevuto una cornice vuota con la richiesta di trovare la loro parte preferita della nuova sede. Le cornici hanno costretto i partecipanti a isolare un solo dettaglio o parte dello spazio e a guardarlo in modo diverso. Dovevano anche riportare i dettagli selezionati su carta, usando varie tecniche come disegno, colori, frottage e collage di elementi naturali o materiali simbolici. Non c’erano regole particolari perché la cosa importante era considerare che cosa avrebbero scelto e come lo avrebbero riportato su carta. Qualcuno ha scelto il giardino perché gli ricordava un parco pubblico, un luogo piacevole dove passare del tempo, qualcuno ha scelto la cucina perché gli ricordava la vecchia sede dove lo spazio cucina era uno di quelli maggiormente condivisi, qualcuno ha fatto il frottage di un muro grezzo perché era simile ai muri della propria casa. Ognuno ha fatto una scelta diversa ma con un elemento comune: tutti i dettagli selezionati sono stati scelti per le loro qualità evocative e non per la loro appartenenza a quello specifico edificio. Abbiamo creato un catalogo di identità frammentate.
Abbiamo presentato la nostra risposta al gruppo spagnolo durante il seminario a Bologna.
Esperienze
Vi racconto una cosa molto carina e emozionante che questo lavoro mi ha fatto ricordare. Quando ero piccola, ma forse anche adesso per la mia manualità, avendo la mano destra fannullona, non riuscivo ad assemblare i puzzle, così con la mia educatrice di allora mi organizzavo in questo modo: io trovavo i pezzi da unire e lei li prendeva e li attacava. Lo stesso è successo in questo laboratorio ed è stato molto bello. Io ho raccolto dei pezzi di giardino, dell’erba e delle foglie grandi e secche, alcune anche rosse e ho ricalcato la corteccia di un albero.
Questo lavoro mi è piaciuto molto e mi sono divertita tantissimo.
Alla fine del laboratorio abbiamo raccontato come abbiamo realizzato i nostri lavori. Io ho spiegato al gruppo che avevo scelto il giardino come luogo mio rappresentativo per il fatto che mi ricordava di quando mio papà mi aveva costruito la mia casetta in giardino.
Tiziana Ronchetti, animatrice disabile del Progetto Calamaio
Ma il mio ricordo più bello è legato a quando gli altri ragazzi del progetto europeo sono venuti a trovarci a Bologna per condividere i lavori: quella sera siamo usciti a mangiare e bere tutti insieme… È stato bellissimo uscire con i colleghi del Progetto Calamaio, ero davvero emozionata, anche perché erano presenti anche persone a me molto care. Ho provato forti e calde sensazioni che mi hanno tolto il respiro, tanto da sentirmi il cuore in gola; era come se in quel momento nella mia vita non mi fossero successe delle cose tristi e brutte.
Tiziana Ronchetti, animatrice disabile del Progetto Calamaio
Ci caliamo nel calamaio
Le risorse che attiviamo nel nostro quotidiano non bastano quando si verifica un evento traumatico. Un evento imprevisto, una crisi inaspettata mutano necessariamente ciò che siamo nelle difficoltà “prevedibili”, mutano la nostra identità nota e sperimentata. È allora che diventa determinante la nostra capacità di riadattamento, di ricostruzione, di ristrutturazione del contesto e dell’Io che vi si immerge con grande fatica.
L’importante allenamento del nostro lavoro di gruppo è stato consolidato nel corso di questi laboratori e in questo preciso momento di difficoltà è stato importante poterci raccontare il nostro disagio e le risorse su cui volevamo e potevamo contare per ripartire.
La perdita dei punti di riferimento, quali la sede di lavoro, i nostri oggetti che hanno sempre rappresentato la nostra storia e la nostra identità di gruppo, ci ha fatto ritrovare la nostra storia, la nostra dimensione di insieme.
È stato importante guardare e accogliere le nostre identità interrotte per cominciare a ricomporre il nuovo, l’evoluzione e la crescita.
Continua a leggere:
- Il postino suona sempre due volte
- 1. Introduzione
- 2. Il progetto Postmarks
- 3. Un incontro inaspettato
- 4. Una lunga tavola apparecchiata
- 5. Accesso all’arte e l’arte come accesso
- 6. “Scusa, non riesco a seguirti, puoi parlare più lentamente?”
- 7. I laboratori: Sessione 1 - Il corpo è presente
- 8. I laboratori: Sessione 2 - Lo spazio per noi
- 9. I laboratori: Sessione 3 - Disegnare suoni e suonare disegni
- 10. I laboratori: Sessione 4 - Confini e relazioni
- 11. I laboratori: Sessione 5 - Identità provvisorie (Pagina attuale)
- 12. I laboratori: Sessione 6 - L’anatomia della memoria
- 13. L’ultimo laboratorio