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13. L’ultimo laboratorio

A conclusione del progetto, abbiamo deciso di realizzare un ultimo laboratorio, una sorta di saluto, la chiusura di un cerchio.

Le parole di Francesca Aggio, animatrice disabile del Progetto Calamaio, ci raccontano contenuti e sensazioni, quelle personali ma certamente condivisibili da tutto il gruppo.

Le tirocinanti hanno disegnato il nostro profilo su un foglio poi l’hanno ritagliato come se si aprisse una finestra. Sul cartoncino sottostante dovevamo, attraverso uno scarabocchio, descrivere un’esperienza bella o brutta recente. Io ho scelto di descrivere un’esperienza di  teatro.

Nella seconda attività ci era stato dato il compito di spiegare, sempre attraverso il segno, la nostra maniera di relazionarci con l’altro. Questo lavoro l’ho svolto con Sandra: ognuno aveva un pennarello di un colore diverso. Partendo da due punti opposti sul foglio, attraverso degli scarabocchi, dovevamo arrivare a incontrare i segni dell’altro. Dal mio foglio si capiva che la relazione che io instauro con l’altro è molto movimentata e anche travagliata e io tendo a invadere il territorio dell’altro.

Facendo questa attività ho capito che a volte la relazione con l’altro diventa più profonda e quindi di fiducia. La maggior parte delle mie relazioni all’inizio sono sempre molto travagliate, perché io non mi concedo con molta facilità. Non sono assolutamente capace di dimostrare all’inizio di qualsiasi relazione che voglio bene o che accetto quella persona, anche considerando i miei limiti e i suoi limiti.

L’altra attività che ci è stata proposta ha preso spunto da un artista che si chiama Luigi Ontani. Ci sono stati distribuiti dei cartoncini sui quali ci hanno chiesto di comporre un mostro di nostra immaginazione prendendo delle immagini che ci colpivano sparse sui tavoli e poi ritagliarle e incollarle dove e come volevamo noi. In seguito dovevamo assegnare un titolo al nostro lavoro. 

Il mostro doveva rappresentare l’Altro diverso da me.

Io ho usato delle immagini di dei greci perché ho sempre amato la mitologia e perché mi sembrava che rappresentassero il diverso da me.

Le immagini che ho scelto avevano anche altri significati. Infatti, ho utilizzato anche delle figure di gambe e di mani di persone per fare il collage del mio mostro perché volevo far trasparire i miei limiti nell’usare le gambe e le braccia, in particolare la mano sinistra, visto che l’altro diverso da me nella mia idea può muovere le gambe e le braccia e può camminare, mentre io non posso farlo come vorrei. È questo che volevo fare capire con l’immagine del mio mostro. 

Mi è piaciuto fare questo lavoro perché ho potuto mettere in luce cose a cui non avevo mai pensato su di me e sulle persone che mi circondano, e con le quali non avevo mai parlato perché mi sembrava un discorso forzato, sia per me che per gli altri. 

Pensavo che non fosse di interesse, invece attraverso l’Arte ho potuto fare vedere quello che in realtà ho sempre cercato di nascondere, ovvero la mia paura di non essere all’altezza delle altre persone e metterlo in luce senza fare del male a me e fare del male a loro. 



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