Skip to main content

“Saper coinvolgere la società civile”

a cura di Nicola Rabbi

Intervista a Mina Lomuscio funzionaria della Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo.

La nascita delle nuove linee guida

La Direzione Generale per la Cooperazione Internazionale e lo Sviluppo nel 2002 aveva già promosso delle Linee Guida sulla disabilità molto ben fatte, che avevano già in sé l’approccio successivamente adottato, un approccio di tipo partecipativo e inclusivo. Ancor prima della Convenzione Onu abbiamo lavorato su questi aspetti in vari paesi in via di sviluppo e in particolare sulla deistituzionalizzazione dei minori, attraverso il coinvolgimento delle istituzioni ma soprattutto della società civile, delle organizzazioni di persone con disabilità, delle ONG, cercando proprio di adottare un approccio di tipo partecipativo fin dal principio del progetto. Il fatto che nel 2006 sia stata firmata la Convenzione Onu ha dato un impulso ancora maggiore alla nostra attività, benché la nostra esperienza fosse già all’avanguardia rispetto ai principi enunciati. Quello che per noi resta di fondamentale importanza è l’articolo 32 che parla ben chiaro su quelli che devono essere i termini costitutivi della cooperazione alla quale viene affidata il ruolo di predisporre e di finanziare progetti capaci di coinvolgere la società civile in cui le persone con disabilità siano primi attori del processo. L’Italia è stata tra i primi firmatari della Convenzione, per cui abbiamo ritenuto importante cercare di capire quello che la cooperazione italiana fa per lo sviluppo del settore, la metodologia utilizzata, il tipo di approccio.

Abbiamo così fatto uno studio che ha preso in considerazione le iniziative che vanno dal 2000 al 2008, in cui abbiamo identificato le aree dove il nostro intervento è stato maggiore, aree che sono legate all’inclusione sociale, all’istituzionalizzazione; abbiamo preso anche in considerazione l’operato delle politiche legislative in materia, settore in cui siamo all’avanguardia e che ci viene riconosciuto in tutti i paesi. In questa direzione abbiamo fornito assistenza tecnica alle istituzioni che sono preposte alla promulgazione di leggi nella difesa dei diritti delle persone con disabilità. A seguito di questo studio abbiamo fotografato gran parte della situazione nei paesi in via di sviluppo, benché ci siano ancora degli aspetti che non possono essere compresi in tutta la loro totalità, dato che fare una mappatura precisa non è stato possibile. Tuttavia questo studio ci ha permesso di aggiornare quelle che erano le nostre linee guida nel 2002, sulla base proprio degli enunciati della Convenzione Onu.

Questo lavoro è stato un lavoro di tipo estremamente partecipativo nel senso che abbiamo lavorato fin dall’inizio al nostro interno con i nostri uffici, che hanno diverse competenze di tipo finanziario, politico ed economico nel settore. Noi siamo l’Unità Tecnica Centrale Operativa per la Cooperazione allo Sviluppo ovvero siamo l’unità operativa che si occupa della formulazione, della gestione, del monitoraggio e della valutazione dei progetti. Al nostro interno esistono poi una serie di uffici che si occupano della programmazione e dei rapporti con gli organismi internazionali. Partendo da questi presupposti diciamo che prima abbiamo fatto una mappatura all’interno del nostro ministero e successivamente abbiamo lavorato con le nostre unità tecniche locali, che avevano il polso della situazione in loco sulle varie attività, sulle esigenze e sui bisogni. Infine abbiamo coinvolto la società civile, le ONG e le varie organizzazioni di persone con disabilità, i ministeri e le istituzioni italiane, come il Ministero delle Politiche Sociali, gli Enti Locali e anche gli organismi internazionali. Tale fotografia iniziale, predisposta alla redazione e all’aggiornamento delle linee guida, è stata fatta in collaborazione con la World Bank e la Global Patternship Disability Developement, un’alleanza di agenzie di cooperazione, organizzazioni internazionali, donatori…, che si occupa di disabilità e di favorire lo scambio di esperienze e di conoscenze. Tale collaborazione ci ha permesso di avvalerci anche di quello che era il punto di vista internazionale. Successivamente abbiamo organizzato a Torino un forum in cui era presente parte del mondo della società civile e degli organismi internazionali e abbiamo invitato anche alcuni rappresentanti dei diritti umani di paesi dove noi lavoriamo, per avere così un contributo a trecentosessanta gradi.

Abbiamo infine costituito un gruppo di lavoro che insieme all’Unità Tecnica Centrale ha lavorato sulla redazione delle Linee Guida. Il gruppo di lavoro era composto dalle istituzioni, dal Ministero delle politiche sociali ma anche da persone disabili. A partecipare sono state soprattutto persone con disabilità che si occupano del settore normativo e legislativo della questione e della tutela dei diritti. Infine il documento è stato presentato e discusso a Torino e poi ripresentato nuovamente in una riunione ministeriale in cui abbiamo riconvocato tutti i partecipanti e di nuovo abbiamo raccolto commenti e suggerimenti. Tutto questo per dire che c’è stato un percorso accurato che è andato avanti nel tempo e ha visto la partecipazione dell’intero sistema Italia. Il documento delle Linee Guida è stato approvato formalmente nel novembre 2010, la redazione ultima è invece terminata a luglio. Rispetto alle linee guida del 2002, il documento del 2010 ha voluto essere molto più concreto, un documento operativo, basato sugli enunciati della Convenzione Onu.

Programmazione e metodologia
Nell’ambito della programmazione-monitoraggio dovremmo sicuramente cominciare a collaborare più strettamente con l’Osservatorio Nazionale per la Disabilità di recente istituito; anche la relazione che facciamo ogni anno al Parlamento dovrebbe avere una sessione dedicata alla disabilità. Molto spesso la disabilità è stata tenuta in considerazione come una tematica all’interno della Sanità mentre noi vorremmo dargli un taglio completamente diverso, non la vogliamo più vedere secondo un approccio di tipo medico ma di tipo sociale. C’è bisogno in questo senso di concretezza, di fare formazione e sensibilizzazione verso il personale del Ministero degli Affari Esteri e dagli Uffici. È importante sensibilizzare e informare. Abbiamo inoltre ipotizzato di fare formazione anche agli enti esecutori dei progetti, utilizzando soprattutto la rete universitaria, in collaborazione quindi con il mondo accademico.

Recentemente abbiamo fatto un ciclo di seminari sui minori e la disabilità con l’Università La Sapienza, proprio perché riteniamo lo scambio teorico (quello dell’università) e pratico (il nostro intervento sul campo) come un aiuto per meglio indirizzare i nostri interventi. La formazione d’altro canto è in applicazione agli articoli della Convenzione. E’ necessario anche continuare il nostro intervento sull’Inclusive Education, così come l’Art. 24 lo espone e come è già messo in atto nella nostra esperienza. Dobbiamo proseguire questo tipo di attività che vede la deistituzionalizzazione dei minori applicata per progetti e in questo vedere un passaggio verso l’inclusione.

Queste affermazioni per noi possono sembrare una banalità ma nei paesi in via di sviluppo ci sono ancora molti centri chiusi e il nostro intervento deve essere quello non di supportarli ma paradossalmente di fare il modo che vengano chiusi. Per far sì che ci sia inclusione operiamo nelle scuole attraverso la formazione e l’assistenza tecnica che possiamo dare agli operatori, attraverso l’istituzione delle case famiglia e utilizzando il mondo del volontariato e delle ONG locali che hanno in loro molte potenzialità. L’accessibilità delle strutture è un altro elemento di cui dobbiamo tenere conto in ogni progetto che la cooperazione fa.

L’accessibilità non si riferisce solo agli edifici e alle strutture ma è anche un’accessibilità che si apre a livello tecnologico e informatico, quella che permette a tutti di aumentare il grado di preparazione e professionalità. Le nostre infrastrutture operanti nei territori devono contenere in sé questo elemento, dovrebbero essere costruite o riadattate sulla base degli standard di accessibilità. La progettazione di un ospedale, per esempio, dovrebbe tenere conto di questi parametri. La formazione è necessaria affinché l’esperto preposto conosca effettivamente tutte queste problematiche e questo, purtroppo, non è così scontato. Se parliamo a degli addetti ai lavori questi discorsi sembrano banali ma per la maggior parte delle persone non è così. Se io progetto un ospedale o un acquedotto devo tenere conto della strada per arrivare a quest’acquedotto. Una persona disabile ci può arrivare? Lo stesso vale per gli interventi di emergenza che facciamo, devono tenere conto delle persone con disabilità che sono quelle che più di tutti hanno bisogno di supporto e assistenza e che generalmente sono proprio i primi ad essere dimenticati in tali situazioni. In questo senso si parla di mainstreaming della disabilità. Accessibilità, emergenza, formazione, educazione, creazione di una rete di tutti gli attori coinvolti nella tematica, sono i contenuti delle nostre Linee Guida e tutto questo processo deve essere ovviamente supportato da una decisione politica concreta e operativa del nostro Ministero.

Documentazione e comunicazione
Esiste uno specifico paragrafo in cui dichiariamo che bisogna dare delle indicazioni di finanziamento sui progetti che facciamo. Quando formuliamo un progetto dobbiamo fare attenzione alla terminologia, a un analisi ben precisa del contesto in loco, dei dati, un flusso di informazioni e comunicazioni che parte a livello locale e che poi deve arrivare a Roma dove approviamo effettivamente le iniziative. Prima di essere approvato un progetto deve tenere conto di tutti questi principi. Per quanto riguarda la comunicazione ci interessa intanto una comunicazione che riguardi l’intero sistema Italia. Tutto questo significa mettere in una rete tutto ciò che il Ministero fa, abbiamo un ufficio stampa, un settore dedicato alla comunicazione; la rete andrebbe costruita mettendo in relazione questi elementi.

Insisto sulla comunicazione perché è un’indicazione che abbiamo avuto dal nostro direttore generale che ci invita a dare visibilità all’Italia e a quello che è il sistema italiano, mettendo in relazione tutti questi attori. Per mettere in relazione gli attori però bisogna prima comunicare e trovare dei momenti di incontro e di discussione nelle varie forme che possono essere definite. All’interno delle Linee Guida noi parliamo di aspetti che più riguardano l’efficacia delle iniziative attraverso i nostri referenti internazionali. Sarebbe importante per esempio per noi che siamo tenuti a riportare le nostre attività all’OCSE-DAC (Development Co-operation Directorate) un indicatore che parlasse di disabilità che non è mai menzionata tra gli indicatori e i target. Esiste uno studio sugli Expert Meeting, un gruppo di esperti che ha lavorato sugli obiettivi del millennio, che sono tuttavia molto generali e in cui la disabilità non appare. Il problema è che la disabilità non è ancora una tematica trasversale che dovrebbe avere un suo rilievo proprio perché attraversa tutto, la povertà, i minori, le donne, il momento della nascita, una trasversalità che dovrebbe essere tenuta in considerazione nel momento in cui formuliamo il progetto.

Risorse e investimenti
Per quanto riguarda la disabilità abbiamo i vari finanziamenti ma non sappiamo quali saranno i risultati futuri dato che il nostro paese sta vivendo una situazione,come tutta l’Europa, di difficoltà e da questo non si può prescindere. Abbiamo sicuramente avuto indicazioni sulla riduzione delle spese. Ciò significa lavorare con pochi soldi, cercando però di mantenere una qualità alta degli interventi e di sfruttare al meglio le nostre potenzialità. Con tanti soldi ci si cura in genere di meno del dettaglio, con pochi soldi invece tutto quello che fai deve funzionare, è necessario fare molta più attenzione all’obiettivo, non devono esserci perdite o fuoriuscite che non portano poi a nessun risultato.

Il principio della sostenibilità, che ovviamente già appartiene ai nostri progetti, diventa ancora più importante. Dobbiamo far sì che i nostri progetti siano sostenibili, lavorare affinché i nostri partner possano lavorare. L’analisi del contesto e delle sue potenzialità in questi casi diventa ancora più importante. La politica e la normativa diventano essenziali così anche per la persona con disabilità, il fatto di potervi fare riferimento. Sensibilizzare i governi sull’attività della società civile e far comunicare queste due entità soprattutto nei paesi in via di sviluppo diventa poi estremamente importante.




naviga: