Prima arrivò Superman, l’uomo d’acciaio, mito contemporaneo della società di massa. Eroe su cui si proiettavano le aspirazioni e i desideri inconsci di un’intera comunità. Poi venne l’Uomo Ragno e tutti i supereroi con superproblemi, immagini di una società in forte trasformazione dove l’essere e l’apparire rimetteva in gioco il concetto stesso di identità individuale e collettiva. Infine, grazie alla spinta creativa dello scrittore Chris Claremont, una nuova genia di eroi conquistò la scena dell’universo Marvel: i Mutanti. Non più supereroi mutati a causa di un evento catastrofico esterno, ma individui corredati geneticamente con un “fattore X”, in grado di dotarli si poteri meravigliosi. Facoltà paranormali, telecinesi, capacità di trasformare e simulare ogni tipo di materia, fattori rigeneranti, un insieme di poteri che poneva i Mutanti al vertice di un nuovo gradino evolutivo, l’Homo Superior. Eroi in eterno conflitto con un’umanità che li vive come una minaccia. Metafora di un mondo “normale” incapace di accettare la diversità e di convivere con essa.

Molti ricorderanno il finale del film "L’invasione degli ultracorpi" quando Kevin Mc Carthy, nella parte del medico Miles Bennel, dopo essere fuggito anche dalla propria fidanzata, orinai trasformatasi nel suo doppio alieno, giunge sull’autostrada in tempo per accorgersi con orrore che l’invasione ha superato i confini della piccola Santa Mira e sta dilagando in tutta la California. Nella versione definitiva, la produzione impose un prologo e un epilogo che forniva un rassicurante happy end, mentre nelle intenzioni di Don Siegel il film doveva terminare con Mc Carthy che puntava il dito verso lo spettatore pronunciando l’agghiacciante, quanto disperata, frase "You’re next" ("Tu sei il prossimo"), emblema di una fobia che negli anni Cinquanta fornì molti spunti di fiction: il timore per l’alieno invasore, per l’altro diverso da sé comunque vissuto come un’entità esterna (spesso simbolicamente ricondotta al pericolo comunista) che minaccia la "comunità" e l’ordine costituito e, per estensione, la "civiltà". E’ il caso di pellicole come "Il giorno dei trifidi", "Ultimatum alla terra", "La guerra dei mondi".
Invasioni, queste, in cui l’alieno/nemico mantiene comunque una riconoscibilità assai elevata. Basti pensare all’altro capostipite di questa fantascienza postbellica, "La cosa da un altro mondo" di Niby e Hawks, in cui la minaccia è costituita da un’entità vegetale che si nutre di sangue ma che mantiene un aspetto umanoide. E’ in questo rapporto tra minaccia esterna e identificazione della medesima, e quindi dell’invasore, che il film di Siegel riveste un ruolo di grande anticipazione. Gli extraterrestri che invadono Santa Mira si sostituiscono, duplicandoli letteralmente, agli abitanti della cittadina californiana. Sono mostri che hanno perso ogni connotazione di diversità dagli umani e quindi ogni palese riconoscibilità morfologica. I mostri sono tra noi ma non siamo in grado di definirli e quindi di nominarli: questa la reale minaccia: l’invasione procede silenziosa dalle cantine di casa nostra!
Ma se "L’invasione degli ultracorpi" rappresenta il frutto di una fobia collettiva, espressione di una cultura permeata dalla Guerra Fredda, il suo valore emblematico può risultare utile a capire il vero tema di questa analisi, ovvero l’esplosione, nel panorama fumettistico americano, del fenomeno mutante. Una vera e propria "invasione" che ha costituito, negli anni Ottanta, una delle ridefinizioni più interessanti e nuove del fumetto supereroistico. (1) E’ in questo decennio che si assiste al proliferare di supereroi mutanti che non solo affiancano i più tradizionali Uomo Ragno, Capitan America, Devil ecc., ma che progressivamente riscuotono i favori del pubblico (2) e determinano una vera rivoluzione tematica e narrativa. Tutto ha inizio con la creazione del primo gruppo degli X-Men da parte del telepate professor Charles Xavier, conosciuto anche come professor X, che insegnò loro a sviluppare e controllare i poteri mutanti di cui erano in possesso finalizzandone l’uso a una convivenza pacifica con il genere umano. Di questo primo team facevano parte Ciclope, Marvel Girl, Angelo, la Bestia e l’Uomo Ghiaccio, ma ben presto si aggiunsero nuovi arrivi, per esempio Havok, mentre personaggi come la Bestia intrapresero un’attività solitaria. Ma la "saga mutante" era solo agli albori, e ciò che era iniziato come l’ennesima piccola variante dell’universo Marvel si trasformò in un fenomeno narrativo di notevoli dimensioni. Infatti, la misteriosa scomparsa degli X-Men, da cui si salvarono solamente Ciclope e Marvel Girl, divenne il pretesto per creare un nuovo gruppo. Nacquero così i nuovi X-Men: Wolverine, Colosso, Nightcrawler, Tempesta, Thunderbird e Banshee, più naturalmente Ciclope e Marvel Girl. Sono gli anni segnati dalla prolifica inventiva di Chris Claremont, gli anni della vera svolta mutante, a cui farà seguito una sempre maggiore crescita dei personaggi dall’inconfondibile Fattore X. Nasceranno così I Nuovi Mutanti, giovanissimi pupilli di Xavier addestrati per sostituire gli X-Men creduti morti; faranno la loro comparsa Kitty Pryde, Longshot, Dazzler, Rogue, Psylocke, si costituirà il britannico gruppo mutante di Excalibur, fino alla ricomposizione degli X-Men originari che con il nome di X-Factor aggiungeranno un nuovo capitolo a questa monumentale soap opera che ha avuto, tra l’altro, con DP7 (un gruppo di fuggiaschi paranormali), un prolungamento anche nel Nuovo Universo Marvel.
Ma procediamo con ordine, cercando di definire le caratteristiche del supereroe mutante. L’elemento fondamentale che lo contraddistingue è possedere nel patrimonio genetico il Fattore X, che costituisce la fonte primaria dei suoi superpoteri. Un potere che è totalmente interno al personaggio, già presente nella sua struttura e che inizia a manifestarsi con il passare del tempo. Ecco la prima distinzione che rende i mutanti sostanzialmente diversi dagli altri supereroi che potremmo definire "mutati" da qualche accadimento o fattore esterno: un esperimento di laboratorio (L’Uomo Ragno e Capitan America), l’assorbimento di radiazioni nucleari (I Fantastici Quattro e Hulk) oppure l’appartenenza a un universo mitologico o alieno, e quindi "esterno" per definizione alla sfera umana (Thor, Namor the Sub-Mariner, Capitan Marvel e Silver Surfer). Così il Fattore X diventa l’indicatore di una metamorfosi, di una trasformazione che è in atto, non più quindi il superpotere come testimonianza di un incidente accaduto, ma percepito come marca di un mutamento verso qualcosa che non è più umano e che sarà superumano (non a caso in alcuni episodi i mutanti vengono definiti "Homo Superior", un nuovo gradino nell’evoluzione della specie).
Ma il fattore mutageno non risulta l’unica caratteristica di questi supereroi. Alcuni di essi affiancano alle tradizionali doti atletiche e all’ormai "normale" capacità di volare (attitudine questa che non necessita più di giustificazioni), la conoscenza di arti magiche, facoltà divinatorie, poteri telepatici e telecinetici. E’ il caso di Scarlet Witch e Magik: la prima, come suggerisce lo stesso nome, è una strega, mentre la seconda è la regina del Limbo e possiede la capacità di controllare le creature delle tenebre; di Capitan Bretagna, leader di Excalibur che deve la manifestazione dei suoi poteri all’intervento del Mago Merlino e di sua figlia, la Dea dei Cieli del Nord (chiaro riferimento alla mitologia di Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda); o di Nightcrawler che non solo ha grandi capacità funamboliche, ma può "teleportarsi" da un luogo all’altro.
Le facoltà telepatiche sono variamente distribuite, ma con equità, in modo che un telepate possa sempre far parte dei vari gruppi, quasi a voler sottolineare una necessità di comunicazione extrasensoriale. Così abbiamo il Professor Xavier, fondatore degli X-Men oltre che tutore de I Nuovi Mutanti, Marvel Girl, e poi Fenice del gruppo Excalibur.
Un’altra particolarità che serve a definire l’universo mutante è la dimensione di gruppo che contraddistingue questi supereroi. Ovviamente possiamo ritrovare i vari personaggi protagonisti di avventure individuali, ma la loro esistenza è fondamentalmente collettiva, a differenza di altri famosi superteam, come I Vendicatori o I Difensori, i cui aderenti preesistono alla formazione occasionale del gruppo. E ciò non è casuale, poiché la figura del Professor Xavier e della sua Scuola per Giovani Dotati è centrale all’epopea di questi eroi: un rifugio e una palestra di vita per questi singolari handicappati che scoprono la loro diversità congenita e cercano di controllare, con fini naturalmente etici, i loro straordinari poteri. (3) Poteri "mutanti" la cui peculiarità è di rilevante importanza. Un elemento li definisce e li accomuna: la proprietà di trasformazione. Riferita sia al mutamento di stato dei personaggi che trasformano la loro condizione di normalità in quella di eroi "mutati" – Colosso muta letteralmente la pelle in acciaio, Wolfsbane subisce una metamorfosi da umano in licantropo, Iceman trasforma la propria struttura molecolare in ghiaccio, Magma si infiamma acquistando le caratteristiche della lava – sia alla capacità che questi poteri hanno di intervenire sulla struttura della stessa materia. E’ il caso di Kitty Pryde, in grado di alterare la densità del suo corpo fino a rendersi intangibile come l’aria oppure dura come il diamante, nonché di Meggan che camaleonticamente può acquisire le caratteristiche di chi la circonda.
Siamo così arrivati al punto centrale che ci riporta alla metafora degli "ultracorpi" di Don Siegel. I mutanti dell’universo Marvel rappresentano l’emblema di una diversità che non trova una facile integrazione in un mondo di "normali" che spesso li rifiuta o li vive come una minaccia, nonostante il loro dichiarato schierarsi dalla parte del Bene. Sono supereroi che soffrono a causa dei propri poteri, spesso devastanti, e che vivono in modo conflittuale il loro essere in apparenza normali ma in realtà mutanti, tappe di un’evoluzione verso qualcosa di ignoto. Da qui l’esigenza di mimetizzarsi, di rendersi indefiniti e irriconoscibili alla società. Non è un caso che gli X-Men preferiscano farsi credere morti o che X-Factor, Ciclope, la Bestia, Iceman, Marvel Girl e Angelo si spaccino per un’agenzia dedita alla caccia e al recupero dei mutanti. In un episodio di Excalibur, (4) un dialogo tra Nightcrawler e Meggan risulta a questo proposito illuminante:

Nightcrawler – …il tuo corpo reagisce al pericolo come un camaleonte… cercando salvezza mimetizzandosi nell’ambiente.
Meggan – Ma sono un essere umano! Non dovrei saper dire di no?
Nightcrawler – Come in ogni cosa, il controllo viene con la pratica.
Meggan – Spero. Lo fai sembrare così semplice. E’ facile per te essere sicuri. Tu sai chi sei, dentro e fuori. Io no!
Cambiare è così naturale… talvolta mi chiedo qual è la vera Meggan! C’è una Meggan davvero… o solo un piccolo camaleonte deluso…

Questa è la grande ridefinizione operata da Chris Claremont nel classico universo dei supereroi. Non più l’eroe come modello di riferimento, produttore di mitologie contemporanee (è il caso di Superman nell’età d’oro del fumetto americano), nemmeno l’eroe problematico e umanizzato che rimane pur sempre il simbolo della lotta tra il Bene e il Male (ricordiamo tra tutti L’Uomo Ragno di Stan Lee, prototipo del supereroe anni Sessanta in continuo conflitto tra il suo ruolo di paladino della giustizia e la propria dimensione psicologica e umana), ma la creazione di un insieme di personaggi che nonostante lo status eroico vengono accolti dall’umanità come una minaccia da combattere. E questa volta non più esterna e ben identificabile ma interna e di difficile definizione. Gli umani arrivano addirittura a contrapporre a questa presunta minaccia le Sentinelle, vere macchine da guerra ipertecnologiche, robot ipersofisticati che simboleggiano il livello massimo della ricerca umana: il progresso tecnico contro l’aberrazione genetica.
A questo punto diventa chiaro come i mutanti nel fumetto americano degli anni Ottanta acquistino una valenza mitologica: si configurano come veri e propri mostri contemporanei, incubi viventi che incarnano le paure del genere umano.
Se ripensiamo alla definizione che Leslie Fiedler diede dei freak (quei "bizzarri scherzi della natura" mirabilmente ritratti nell’omonimo film di Todd Browning) veniamo confortati in questa ipotesi:

L’autentico freak suscita… sia un terrore sovrannaturale sia una naturale simpatia, perché, a differenza dei mostri mitologici, è uno di noi, un figlio umano di genitori umani, trasformato però da forze che noi non comprendiamo bene in qualcosa di mitico e di misterioso come non lo è mai un semplice storpio. Incrociando l’uno o l’altro per la strada, possiamo essere contemporaneamente tentati a distogliere gli occhi e a guardare; ma nel caso dello storpio non percepiamo alcuna minaccia a quei limiti disperatamente difesi dai quali dipende qualunque definizione di equilibrio mentale. Solo il vero freak contesta i confini tradizionali tra maschio e femmina, sessuato e asessuato, animale e umano, grande e piccolo, io e altro, e quindi tra realtà e illusione, esperienza e fantasia, dato di fatto e mito. (5)
Ecco spiegato il senso profondo del grande successo di questo fenomeno, solo in apparenza relegato a una mera operazione editoriale. La rivoluzione dello scenario supereroistico condotta da Claremont risulta vincente, e di estremo interesse narrativo, perché interviene sulle strutture profonde del mito, riproponendo nella finzione a fumetti forme archetipiche e sedimenti dell’immaginario collettivo.
Ma i mostri, e i mutanti, a questo punto, non attengono solamente alla sfera teratologica: affondano le proprie radici nella tradizione, nel rito, riguardano anche il sovrannaturale, la dimensione sacra e quindi la teologia:

I livelli più arcaici della nostra mente fanno pensare che queste creature non soltanto non siano dei brutti scherzi, né tanto meno dei prodotti di casuali alterazioni chimiche dei nostri geni, come ci hanno recentemente convinti a credere, ma dei segni premonitori – come suggerisce la più antica parola usata in inglese per definirli. Monster (mostro) è antico quanto la lingua stessa, ed è il nome con il quale si sono più spesso indicati i freak dai tempi di Chaucer a quelli di Shakespeare e oltre. L’etimologia della parola è oscura: ma derivi essa da moneo, ammonisco, o da monstro, esibisco, il significato non cambia: le anormalità umane non derivano da un capriccio della natura, ma dal disegno della Provvidenza. (6)

Non sembri eccessivo ricorrere a simili paralleli, poiché gli stessi testi forniscono indizi assai illuminanti a riprova di quanto detto, quasi esistesse un’implicita consapevolezza da parte degli autori di queste storie. In due episodi dei Nuovi Mutanti (7) attraverso le parole di Rahne Sinclair (Wolfsbane) Claremont rende manifesto il senso di colpa di questi giovani mutanti consapevoli di un’umanità perduta a causa di una diversità "mostruosa" vissuta come una dannazione:

Rahne – …non sono che una ragazzina insignificante. E con tutto quello che ho fatto per esserlo sono destinata a finire all’inferno.
Oh, Signore. Sono davvero dannata?!
Non è colpa mia se sono così, perché devo essere punita? Perché sono un essere spregevole che fa del male a chi non l’ha mai danneggiata?
Rahne – Zitto, Sam. Lei può sentirti!
Sam – Chi, Illyana? E che mi farà?
Rahne – Sam, è una strega!
Sam – E tu un licantropo!
Rahne – Credi che non sappia ciò che sono? Io e lei siamo uguali… strega e licantropo… creature demoniache!
Sam – Calma piccola, non dire a me queste cose! Il primo libro che ho imparato a leggere è stato La Bibbia… andavo a catechismo molto prima che tu nascessi… e scommetto che la mia fede è forte quanto la tua. Se mi dici che sei cattiva solo per ciò che sei, questa è una balla!
Rahne – Il mio pastore disapproverebbe!
Sam – Lui che ne sa?
Rahne – Sam, non essere blasfemo!
Sam- E’ un essere umano, Rahne, come te e me! Non possiamo capire le azioni o i disegni divini. E’ impossibile. …Dio ci giudica con il suo metro… fino ad allora cerca di dare il meglio di te. Mutante è un marchio come una volta lo era "negro", ma ciò che importa è come vivi la tua vita.

Mostri quindi, oltre che supereroi votati a una nobile causa. Ma come abbiamo visto in precedenza sostanzialmente dissimili, nella loro caratterizzazione, sia dal classico eroe in calzamaglia con superpoteri, nonché dal classico mostro di fiction. La capacità mimetica e le facoltà di trasformazione che contraddistinguono i mutanti li inseriscono virtualmente in quella galleria di mostruosità che hanno popolato le pellicole cinematografiche dell’ultimo decennio. Una nuova generazione di mostri caratterizzati da una totale instabilità morfologica, forme informi in continua metamorfosi, non riconoscibili e quindi innominabili ("La Cosa" di John Carpenter è l’emblema del non-definito per eccellenza). Una contemporanea teratosfera la cui tipologia fornisce, guarda caso, il paradigma perfetto dell’universo mutante:

I nuovi mostri, lungi dall’adattarsi a qualsiasi omologazione delle categorie di valore, le sospendono, le annullano, le neutralizzano. Si presentano come forme che non si bloccano in nessun punto preciso dello schema, non si stabilizzano. Sono pertanto forme che propriamente non hanno forma, ma ne sono piuttosto alla ricerca. Il che fa riflettere sulla necessità di un nuovo capitolo da aggiungere alla storia della teratologia. Un capitolo sulla "naturale" instabilità e informità del mostro contemporaneo. (8)

Come Zelig, il camaleontico personaggio alleniano, i mutanti cercano di possedere una personalità che li faccia integrare nell’ambiente in cui vivono, ma il Fattore X, ingombrante fardello mutageno, rende manifesta la loro dimensione sovrumana e la loro mostruosità latente, ricordando all’umanità la potenziale minaccia che essi rappresentano.
E in questo conflitto, tra stabilità e trasformazione, tra desiderio di omologazione sociale e sostanziale rifiuto e discriminazione, risiede la chiave per un’ermeneutica del fenomeno mutante.
L’invasione sta dilagando, i mutanti sono proprio tra noi.

Note

(1) In particolar modo faremo riferimento all’universo della Marvel poiché è qui che i personaggi mutanti hanno acquistato sempre maggiore importanza, divenendo in breve tempo un vero fenomeno editoriale. Questo sicuramente grazie a un autore come Chris Claremont che iniziò nel 1975 con la creazione dei nuovi X-Men per poi proseguire introducendo sempre nuove formazioni di supereroi in possesso del mutageno Fattore X.
(2) Basti ricordare che i comic book degli X-Men sono tuttora al vertice delle classifiche statunitensi.
(3) E’ interessante osservare come strutturalmente alla Scuola di Xavier si contrapponga, in opposizione dicotomica, un analogo istituto per mutanti "cattivi", il Club Infernale, guidato dalla telepate Regina Bianca che vanta un temibile gruppo mutante: gli Hellions.
(4) Gobling Night in Wolverine n. 8, Ed. Play Press, giugno 1990, pag. 41.
(5) Leslie Fiedler, Freaks, Milano, Garzanti, 1981.
(6) ibidem, pag. 16.
(7) Sun Stroke, in I Nuovi Mutanti n. 12, Ed. Play Press, maggio 1990; Scaredy Cat, in I Nuovi Mutanti n. 14, Ed. Play Press, maggio 1990, pagg. 20-21.
(8) Omar Calabrese, L’età neobarocca, Bari, Laterza, 1987, pagg. 99-100. E più in generale il cap. 5: "Instabilità e metamorfosi".

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