Skip to main content

autore: Autore: Alberto Moravia

La disubbidienza

" Ora si tolga il pigiama " ella disse, "e entri nella vasca… poi io ‘insaponerò."
Ubbidiente, Luca si levò in piedi e si lasciò sfilare la giubba. Poi la donna si chinò e con mani leggere gli slacciò i pantaloni e glieli abbassò fino ai piedi, risollevandosi subito, un po’ accesa in viso; ma Luca pensò che fosse stato lo sforzo per inchinarsi. Tutto nudo, egli esitò, ma sentì che l’infermiera gli cingeva di nuovo la vita con un braccio e dolcemente lo spingeva verso la vasca. Allora entrò prima con un piede e quindi con l’altro nell’acqua che scottava e alfine, pian piano, vi si adagiò. «Come si sente?» domandò l’infermiera sedendosi sopra uno sgabello e guardandolo fisso. «Molto debole» rispose Luca. Ed era vero. Nell’acqua bollente gli era tornato non sapeva che senso di vuoto alla nuca accompagnato da una leggera nausea. L’infermiera disse: " Bisogna che lei si levi in piedi… io l’insaponerò ben bene… lei si sciacquerà e poi, subito dopo, uscirà dall’acqua perché il bagno prolungato indebolisce " . Luca la guardò e poi guardò se stesso, nella vasca: incerto, ondeggiante, tinto di lieve luce azzurrina, il proprio corpo gli ispirò, come già il viso la prima volta che si era specchiato, un senso di affetto. E la vista del pube, i cui peli bruni impolverati di brillanti bollicine d’ aria parevano fluttuare qua e là intorno il sesso, come alghe intorno un anemone in fondo ad una limpida acqua marina, non gli parve indecente ma in perfetto accordo con il resto del corpo che era casto, magro e bianco .
« Allora vuole alzarsi? » domandò l’infermiera. Egli trasalì, levò gli occhi e capi che anche lei, dal suo sgabello, aveva guardato come lui al suo corpo disteso in fondo alla. vasca. « Ecco » disse; e si levò in piedi.
L’acqua gli giungeva fino a mezza gamba, uno specchio appeso alla parete di fronte gli mostrava se stesso, tutto nudo e l’infermiera che, rossa in viso, si chinava verso di lui insaponandogli il corpo. Ella gli insaponò prima i, dorso, poi il petto e infine il ventre. Luca si accorse allora che mentre il suo pensiero restava torpido e lento, la sua sensibilità, forse affinata dalla malattia, gli faceva notare molte cose che in altri tempi sarebbero sfuggite- Per esempio, un eccesso di zelo e di perizia professionale nell’alacrità della donna che in qualche modo lo turbava pur senza lasciarsi definire dalla sua mente indebolita. L’infermiera si raddrizzò, le mani bianche di sapone e disse: " Ora si tuffi." Dolcemente Luca si lasciò di nuovo scivolare nell’acqua.
Ella usci e rientrò dopo un momento portando a braccia tese l’asciugamani e gridando: « Presto…presto… finché è caldo.» Luca si levò, esitò un momento un piede sull’orlo della vasca, quindi uscì del tutto. Subito l’infermiera gli fu addosso, avvolgendolo strettamente, con una specie di affetto, nel lenzuolo bollente: «Non è vero che è caldo? » Luca, tutto imbacuccato, non poté fare a meno di provare un guizzo di benessere, il primo dopo tanto tempo. «ora bisogna che lei si asciughi, presto » ella disse. Luca sedette sullo sgabello; e la donna, inginocchiata, prese a fregargli vigorosamente le gambe. Ci metteva una tale forza che diventò presto scarlatta in viso; e nella sua genuflessione c’era un senso di adorazione oscura e appassionata che imbarazzava Luca. Ma risalendo lungo le gambe, ella gli sfiorò con le mani l’inguine e Luca, in un fremito istintivo, capi ad un tratto ciò che sin allora aveva soltanto e quasi suo malgrado sospettato: che il caso aveva voluto che lui e la donna si trovassero soli nell’appartamento quella sera; e che stava per ripetersi quanto era avvenuto tra lui e la governante, mesi addietro. Con questa differenza che l’animo era mutato e ora avrebbe accettato ciò che allora gli era sembrato di dover rifiutare. Dopo quel primo sfioramento, forse involontario, l’infermiera parve perdere tutto il suo vigore; e Luca sentì che le mani si erano fatte esitanti; come se piuttosto che un massaggio avessero voluto fare una carezza e al tempo stesso non avessero voluto. Le mani gli correvano per tutto il corpo ma parevano voler evitare ad ogni costo l’inguine; e tuttavia, proprio verso l’ ingiunge scivolavano ogni tanto dai luoghi più lontani, in una rapida incursione che la fretta e il rimorso rendevano rude e goffa.
Questa incursione aveva un carattere particolare, pareva la beccata di un uccello o il morso di un animale, insieme furtiva e avida. Del resto l’infermiera stessa, accesa in viso, la fronte chinata come a nascondere gli occhi , dava a vedere in maniera ormai molto chiara la natura del sentimento che la sconvolgeva. Luca la guardava e gli pareva che si accendesse sempre più a misura che i giri del massaggio si chiudevano più strettamente intorno al ventre. Tutto il grande corpo di lei, piegato sulle ginocchia pareva tendersi nel desiderio, insieme favorito e osteggiato, di sfuggire dai limiti del massaggio in un contatto libero e di genere diverso. Ma a differenza di quanto era accaduto un tempo con la governante, egli non provava adesso alcun desiderio di ritrarsi, alcuna ripugnanza. Gli pareva di essere un oggetto nelle mani di lei, privo di qualsiasi volontà all’infuori di quella di essere docile e ubbidiente. Questa riflessione gli fece quasi dimenticare la donna e la sua passione. Finalmente dopo uno sfioramento più forte e più compiaciuto, ella si levò in piedi dicendo: «Ecco, ora può vestirsi.»

(Brano tratto da La disubbidienza di Alberto Moravia, edizioni Garzanti )