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autore: Autore: Serafina Secchi

Biciclettando in tandem

La mamma di Barbara, ragazza autistica, scrive:

Cronaca di un giorno speciale: 26 giugno 2002, ore 9.30 partenza dal CSE (Centro Socio Educativo) di Lecco, destinazione piazza Duomo a Milano.
Oggi si conclude “Biciclettando”, il percorso a tappe Lecco-Milano intrapreso da un gruppo di ragazzi, volontari ed educatori del CSE di Lecco.
Sono sul pulmino, con altri genitori, per seguire e poi accogliere al traguardo i nostri “super atleti”.
Si respira un’aria di eccitazione, entusiasmo e condivisione per questo evento.
Come gli altri genitori, ho vissuto questa esperienza, in via indiretta, attraverso i racconti e le immagini proposte dagli educatori, ora sono seduta comodamente sul pulmino per seguire l’ultima tappa.
Per un attimo il mio pensiero va indietro negli anni… Barbara frequenta il Centro ormai da alcuni anni, quando fu inserita in questo servizio accettava di salire sulla “bicicletta speciale” (tre ruote grandi), faceva alcune pedalate, poi scendeva e si allontanava.
Questo inizio al CSE è stato potenziato; dapprima ha imparato a restare sulla bicicletta e a pedalare accompagnata sul tandem da un educatore, poi si è ripresa la bicicletta speciale e in autonomia ha iniziato a girare, sempre più a lungo, attorno alla struttura, schivando ostacoli, macchine, ecc.
Quando la sua educatrice di riferimento mi informava dei suoi progressi ero sbalordita e incredula. Un giorno mi recai al CSE per verificare quanto mi era stato riferito: ebbene, sì! Barbara da sola girava attorno al servizio in bicicletta!
Oggi sono ancora più stupita ed emozionata, sì  è vero lei è lì che pedala per 5-8 Km senza dare segni di impazienza o di intolleranza. Solo quando il percorso diventa più faticoso, perché in lieve salita, lei toglie i piedi dai pedali (la solita lazzarona!) ma, sollecitata dal suo accompagnatore riprende a faticare!
Siamo in piazza Duomo, che si erge maestoso dietro di noi, siamo pronti ad accoglierli, applaudirli, lodarli, a incitarli per l’ultimo sforzo; siamo tutti muniti di telecamere e macchine fotografiche.
Eccoli, arrivano al traguardo, “ce l’hanno fatta!”; sì i ragazzi, gli educatori, tutti.
Ho un nodo alla gola, gli occhi mi si velano di lacrime.
L’emozione è davvero grande, corro a complimentarmi con tutti. Baci e abbracci, soprattutto a lei, la mia campionessa… È qui che mi avvolge, che si scioglie in un caloroso e grande abbraccio. Per un attimo colgo un sorriso di soddisfazione sul suo volto.
Spero che questa esperienza possa aiutare a diffondere l’attività sportiva tra i ragazzi con disabilità anche gravi; lo sport può contribuire ad avvicinare normali e disabili, ad abbattere barriere che non sono solo architettoniche, ma soprattutto mentali.
Il mio ultimo pensiero va a questo fantastico gruppo di operatori, pieno di risorse umane, guidati da una coordinatrice carica di entusiasmo che si lascia coinvolgere e non si ferma davanti a inevitabili ostacoli.
Esprimo a loro un affetto profondo e tanta, tanta gratitudine.

Mi sembra che nel suo scritto la mamma di Barbara abbia ben colto alcuni “ingredienti” che hanno permesso l’avvio e l’evoluzione di questa avventura. Avventura che si è snodata, non solo sulle piste ciclabili del territorio lecchese, ma anche dentro a percorsi di pensiero, processi di lavoro dell’équipe del Centro Socio Educativo, arrivando a risultati del tutto inaspettati o, meglio, non tanto pre-pensati quanto via via conseguiti all’interno di un progetto sempre più articolato, complesso.
Nella vita del CSE di Lecco questa non è l’unica “avventura educativa” che ha avuto tale evoluzione; forse è l’esito ineludibile di un modo di pensare, progettare e realizzare il proprio compito lavorativo. Essa comporta:
– l’idea che gli educatori non abbiano solo il compito di realizzare percorsi pensati da altri, ma che siano, in quanto membri dell’équipe, autori/attori di ogni progetto;
– l’attitudine di ognuno di tollerare l’ansia del non noto, del non definibile a priori, lasciando spazio a ciò che accade, nella consapevolezza che ciò che accade, in positivo e in negativo, in termini di soddisfazione o di frustrazione, è legato alla presenza degli altri (disabili, famiglie, Enti…) che hanno tempi, ritmi, desideri, progetti che appartengono a loro. È la dimensione concreta dell’ascolto che aiuta anche a pensare al disabile e alla sua famiglia come soggetti e non oggetti dell’intervento;
– la capacità del Servizio di non pensarsi da solo, ma di saper/poter strutturare forme di collaborazione e di dipendenza reciproca fra organizzazioni diverse per realizzare il proprio mandato. In particolare l’Ente gestore, il Centro Servizi Formativi del Comune di Lecco e la Cooperativa La Vecchia Quercia a cui il servizio è affidato in appalto.
Il disabile, soprattutto se grave, difficilmente esprime a parole ciò che prova, desidera, spesso non esiste nemmeno la possibilità di linguaggio verbale, ma agisce dei comportamenti, esprime i suoi sentimenti, desideri, scelte, con atteggiamenti, posture, sguardi… vicinanze o lontananze… diventa compito di chi si affianca a loro all’interno di relazioni di cura, aiuto, educazione, il coglierli, dare significato, rispondere.
Anche alcuni educatori avevano notato l’avvicinarsi di Barbara alla bicicletta, il suo toccarla per alcuni attimi, lei che non ama toccare il mondo con le mani, così come molti avevano colto, e utilizzato per entrare in relazione, la possibilità di creare e vivere delle sintonie di movimento entrando in quel suo modo particolare di “danzare” i corridoi, gli ambienti del servizio, ma soprattutto gli spazi aperti.
Questi dati grezzi sono diventati “progetto bicicletta” nel momento in cui gli si è dato un senso in équipe, si è collegata questa immagine agli obiettivi pensati per la ragazza e alla ipotesi che la bicicletta potesse essere un mezzo per migliorare gli aspetti motori, l’equilibrio, l’attenzione, uno strumento possibile di relazione.
Altri disabili usavano già le biciclette speciali attorno al Centro, tutti quelli che avevano manifestato capacità minimamente adeguate, interesse, soddisfazione nel pedalare se pur con esiti e livelli diversi, alcuni con vero piacere, alcuni con la necessità continua di essere spronati.
Si è deciso di investire su questo iniziale “andare verso” con l’idea di provare, c’è voluto del tempo, i suoi tempi, e della fatica reciproca resa tollerabile dalla soddisfazione.
Gli educatori si sono assunti il compito di rendere possibile l’esperienza, di creare le condizioni più adeguate, sostenendo e accompagnando, mettendosi in gioco con le proprie abilità e piacere, cercando di essere realistici, senza richiedere prestazioni fallimentari fin dall’inizio, pensando all’autonomia non come “devi farcela da solo”, ma come una sorta di dipendenza funzionale “tu puoi farcela se io ti aiuto per quel tanto che ti serve”.
Barbara, Giancarlo, Cristina, Alessandra, Ileana e altri diventavano sempre più abili con le biciclette, più instancabili.
Paolo, l’educatore che più di tutti ha messo in gioco la sua passione per la bicicletta in questa sfida, dice: “Usare le biciclette attorno al Centro è stato importante, poi ci siamo accorti che continuando a girare nello stesso posto non riuscivamo più, noi educatori, a trasmettere entusiasmo, contentezza; anche i ragazzi erano pronti per qualche cosa di più. Poi che senso aveva aver dato abilità se poi non li si metteva in condizioni di usarla come possibilità di muoversi per il territorio, allargare lo sguardo, lo spazio, interagire con opportunità e relazioni diverse?”.
Già molte attività e percorsi configuravano il CSE come spazio relazionale circoscritto, privilegiato e stabile in cui poter tessere relazioni di una certa profondità, acquistare abilità da cui poi partire per poter fare altre esperienze, viaggi, vivere altre avventure e a cui tornare per parlare dell’esperienza fatta. Per concretizzare il desiderio di uscire con le biciclette, restituendo vitalità, normalità e piacere alla vita dei disabili, occorreva però coniugare possibilità e sicurezza tenendo conto di tutti gli ostacoli, i pericoli che affrontare strade e luoghi pubblici avrebbe comportato.
Per Gloria, una educatrice, “Non bisogna fermarsi di fronte alle prime difficoltà, ma cercare risorse che sono infinite; a volte le cose che sembrano difficili, insormontabili, vanno solo riguardate dall’angolatura giusta”.
Altri ricordano che “Spesso occorre assumersi un rischio calcolato per uscire dalla ripetitività, dall’immobilità”.
Nelle discussioni di équipe le risposte a queste preoccupazioni sono sembrate:
– il tandem lo strumento più adeguato per tutelare e sostenere il ragazzo disabile: “Insieme si pedala meglio”, si uniscono le forze, ma soprattutto l’educatore (o il volontario) si assume la responsabilità, garantendo la sicurezza e il controllo indispensabili;
– le piste ciclabili, raggiungibili con il pulmino, l’ambito più protetto e sicuro.
Così si è partiti. L’iniziativa, via via che veniva documentata, raccontata e conosciuta, ha suscitato curiosità, interesse e ha concretamente veicolato un’immagine del disabile più positiva, vitale, più vicina alla normalità.
Racconta Elena, educatrice: “Quando giriamo con i tandem il gruppo è allegro, si scambiano battute, si canta, ci si sfida… La gente ci guarda, sorride, le mamme ci indicano ai bambini e dicono ‘guarda che bello i tandem’. Della disabilità si accorgono dopo e questo li spinge a dire ‘forza, bravi’… È diverso da quando siamo in giro a piedi in gruppo”.
Anche l’immagine del servizio e del lavoro con i soggetti disabili è cambiata, ne sono conseguite apertura al territorio e risorse diverse.
Dopo aver conosciuto l’iniziativa, infatti, molti ciclisti delle società sportive lecchesi si sono offerti volontari per accompagnare i ragazzi nell’attività guidando il tandem: fanno i turni una mattina la settimana perché sono tanti, alcuni di loro hanno detto: “Non avrei mai pensato di fare del volontariato con le persone disabili, non avrei saputo cosa fare, mi sarei sentito in imbarazzo… Così mi diverto!”.
Aggiunge Gloria: “Si sono create delle coppie incredibili! Si creano delle simpatie, delle alleanze inattese tra ragazzo e volontario e i ragazzi mostrano dei volti inaspettati, più adeguati, più freschi e spontanei, basta guardare Alessandra ed Egidio”.
Tatiana, l’educatrice che ha pedalato per tutto il percorso da Lecco a Milano, dice: “Pedalando con i ragazzi non è stato difficile cogliere che, come tutti, essi traggono soddisfazione e benessere dallo sport, godono nell’ammirare paesaggi diversi, nel raggiungere mete che richiedono impegno e fatica”.
Percorrere luoghi diversi, conoscerli e riconoscerli, vivere relazioni diversificate e stimolanti ha sicuramente aumentato le capacità di scambio e di relazione di questi ragazzi disabili.
Le competenze sociali evolvono e diventano patrimonio della persona tanto più questa entra in relazione con gli altri, viene a contatto con situazioni diversificate, vive occasioni di incontro e di scambio.
La mamma di Giancarlo scrive: “Questa attività giova molto a Giancarlo, si muove di più, gli piace e lo rende felice. A casa racconta dove è andato”; ed effettivamente anche gli educatori che in altre proposte lo vedono più passivo, assente, notano la sua capacità di cogliere le caratteristiche del percorso, di ricordare i nomi delle località che attraversa in bicicletta.
Paolo ha scelto di partecipare all’attività di cicloturismo vedendo i suoi compagni che uscivano con le biciclette e ascoltando i racconti delle loro imprese; dicono i genitori: “Questa attività lo aiuta a mettere alla prova la sua capacità fisica e mentale, vivendo emozioni ed esperienze nuove, nel conoscere e scoprire cose a lui sconosciute girando nei vari percorsi, felice al ritorno di raccontare le sue emozioni”.
Cristina, con i suoi commenti e le sue battute ha rivelato, grazie alla bicicletta, una energia inaspettata,  un lato molto piacevole, umoristico del suo carattere, una vera star di tutte le riprese video.
Anche dentro al Servizio lo scambio fra operatori è stato più ricco e vivace. Molte sono state le iniziative che a cascata hanno coinvolto tutti.
Dal progetto per l’acquisto di un pulmino e dei tandem, all’organizzazione di laboratori per la documentazione, per la produzione di magliette.
Alcuni progetti hanno richiesto la stretta collaborazione della Cooperativa che gestisce il Centro e delle famiglie.
I genitori hanno potuto essere coinvolti in modo attivo e propositivo nella vita del servizio.
L’organizzazione e la realizzazione del progetto “Biciclettando da Lecco a Milano in tandem” hanno creato un clima di partecipazione e aspettativa che ha coinvolto e stimolato educatori, ragazzi e famiglie. Le abilità di tutti sono state messe in gioco e tutti, alla fine, si sono sentiti più ricchi.
Le famiglie ci hanno raccontato spesso la loro soddisfazione per i risultati raggiunti con questa attività e per i riconoscimenti pubblici che i ragazzi hanno ricevuto; non si sono certo risolti i loro problemi ma vi è stata una possibilità per ogni ragazzo e per la famiglia di bilanciare rinunce, sofferenze e gioia, soddisfazione.
Questo aspetto ha interrogato l’équipe sulla necessità di restituire ai genitori, attraverso immagini confezionate con cura, i percorsi e i risultati dei figli, aumentando la visibilità delle potenzialità in gioco e del benessere.
Anche la pubblicazione della guida è stato un altro traguardo importante. Per trasformare il diario di una avventura in uno strumento utile a quanti – persone, famiglie, servizi – volessero ripercorrere le tappe, sono stati  necessari sia un lavoro di riflessione e di sintesi su quanto realizzato, sia la fiducia e l’impegno dei responsabili del Centro Servizi Formativi del Comune di Lecco di cui il Centro Socio Educativo fa parte.
Il riconoscersi parte di una rete rende possibile l’amplificarsi delle risorse e quindi anche delle proposte.
L’ipotesi di stampare la guida si è così concretizzata attraverso un progetto che ha coinvolto altri ragazzi disabili che lavorano presso il Centro Artimedia.
Per l’Assessore e il Responsabile del Centro Servizi Formativi l’iniziativa assume anche il significato culturale di un’esperienza di un gruppo di disabili che si fa servizio per la collettività, uno strumento a disposizione di tutti che origina dal protagonismo e dall’inventiva dei servizi per disabili. È un segnale che indica l’attenzione del territorio nella costruzione di un sistema di offerta che mette al centro la persona chiedendo alle strutture e alle organizzazioni un costante riadattamento. “Una cura a tessere costantemente la rete dei rapporti, a far interagire le risorse, le competenze, le esperienze, per rispondere nel modo migliore alle esigenze dei soggetti, per offrire opportunità compiute, per segnare una presenza diffusa di attenzione e sensibilità che aiuta a fare della disabilità non un problema da affrontare ma un’esperienza del quotidiano”.  La rete dei servizi dunque come risorsa, così come la rete dei rapporti con l’esterno. L’investimento si orienta verso collaborazioni pensate e progettate tra servizi in primo luogo, che consentono di “vedere” e quindi concretizzare nuovi percorsi e possibilità, di ampliare l’orizzonte relazionale e di incontro tra operatori ma soprattutto tra gli stessi soggetti disabili, permettendo di uscire dal microcosmo del Centro di riferimento e incontrare nuovi amici, nuove persone con cui condividere esperienze e occasioni. Così l’esperienza del cicloturismo, come altre in precedenza (escursioni, sci, giochi sportivi, teatro…) va allargandosi e coinvolgendo altri CSE, il Laboratorio Artimedia, altri servizi, permettendo di organizzare aggregazioni per interesse e non più solo per appartenenze.
L’attività di cicloturismo continua infatti al CSE come possibilità settimanale offerta a sei utenti del Centro e come opportunità di una vacanza all’anno in località che offrano percorsi, piste ciclabili.
La Cooperativa La Vecchia Quercia che gestisce operativamente il CSE di Lecco e altri servizi nell’area della disabilità e del disagio psichico, ritiene che questa attività sia stata una grossa scoperta e che si inscriva fra quelle attività trasferibili in altri contesti e con altri soggetti.
L’esperienza fatta, le riflessioni che l’hanno accompagnata e supportata devono essere rimesse in circolo: “Stiamo lavorando, come Consorzio di Cooperative, anche alla possibilità di permettere di fruire di questa proposta a famiglie con figli con disabilità, ad associazioni di volontariato e ad altri CSE, mettendo a disposizione dei tandem e facilitando la conoscenza dei percorsi ciclabili che il nostro territorio offre”, dice Gabriella Pellizzari, Responsabile Area disabilità Cooperativa La Vecchia Quercia.

Gli educatori del servizio: Bonaiti Ingrid, Mesiano Tatiana, Farina Lucio, Fusè Elena, Invernizzi Lorena, Mosca Monica, Perego Roberto, Ponzoni Gloria, Pozzari Sabrina, Redaelli Monica, Tagliaferri Denise, Valsecchi Paolo.
Responsabile Centro servizi formativi del Comune di Lecco: Ruggero Plebani.

Per ulteriori  informazioni: Centro Socio Educativo, via Tagliamento 5, Lecco, tel. 0341/25.18.64.

Copie della guida Biciclettando da Lecco a Milano in tandem. Proposta cicloturistica tra storia, arte e natura lungo l’Adda e  i Navigli possono essere richieste a:
Centro Servizi Formativi – Comune di Lecco, via Grandi 28/a, tel. 0341/36.20.51, fax. 0341/28.60.39, e-mail: centroserviziformativi@comune.lecco.it.