Il testo riporta, l’esperienza vissuta da Ambrogina Bertone, educatrice professionale che lavora nel distretto di Porretta Terme – Azienda USL di Bologna diretto da Mara Morini.
All’interno del distretto l’educatrice svolge funzioni di referente per i progetti sulla disabilità. Il corso, che rientra nelle azioni del programma aziendale disabilità, si è svolto anche grazie a una convenzione voluta e sottoscritta per il C.I.P. (Comitato Italiano Paralimpico) dal Presidente Giovanni Preiti e per l’Azienda dal Direttore Generale Franco Riboldi.

“La disabilità è ciò che hai dentro di te: quello che si vede, che è fuori di te, non ti interessa”: questa è una frase detta da una persona con una disabilità motoria importante (amputazione bilaterale sotto il ginocchio) che ha partecipato al corso e che, per riavvicinarsi dopo il grave incidente allo sport sulla neve, ha frequentato con successo lezioni di snow-board.
Questa frase richiama ciò di cui parlerò e va letta pensando al contesto in cui si è svolto il corso.
Premetto che parlare di questa esperienza senza un coinvolgimento emotivo e personale risulta molto difficile, perché l’esperienza in se stessa ha richiesto questo investimento: ma d’altro canto sappiamo che la ricchezza o fatica delle nostre professioni, di tutte le professioni che si muovono sullo scenario delle relazioni, è talvolta – anche – quella di fungere da veicoli di storie, esperienze, emozioni, culture e diritti. E di tutto ciò il corso è stata un’impegnativa ma anche ricca opportunità.
Avete mai provato ad avere come compito, magari nel vostro ruolo istituzionale, quello di vivere sulla vostra persona con limiti e risorse, sulla vostra emotività con paure e gioie, sulla vostra professionalità per consolidare alcuni vostri strumenti ma anche per metterne in discussione altri, con altre persone anche non professionalmente “sociali”, attraverso l’utilizzo di sconosciuti ausili ma non solo… il provare cosa proverebbero gli altri?
Bene, questo è stato “Educare allo sport sulla neve” attraverso un processo di ri-educazione.
Il corso si è svolto nella seconda settimana di marzo, a Vidiciatico, un paese dell’Appennino tosco-emiliano, che accoglie il turismo legato alla stazione sciistica del Comprensorio del Corno alle Scale.
La realizzazione del corso in questo Appennino ha un suo significato ben preciso in quanto rientra in un obiettivo del “programma per la tutela delle persone con disabilità” dell’Azienda USL diretto dal Dr. Marostica, che fra le finalità ha quella di valorizzare l’Appennino facendolo conoscere e rendendolo accessibile al maggior numero di persone, anche a quelle provenienti dalla (non così poi lontana) città: un discorso, per cui, di qualità di vita per tutti i cittadini, nonché di integrazione.
Difatti: quante persone sanno cosa offre il territorio che le circonda? Quante di queste hanno mai pensato di scoprirlo? Pochissime. Per alcuni conoscere o meno il territorio, nelle sue risorse e potenzialità, può significare più di una decisione sul se fare o meno una gita, imparare o meno a sciare, perché molti pensano che, a priori, questa possibilità sia a loro preclusa a causa dell’handicap che vivono in seguito ad una condizione di disabilità.
Pensare, credere e sostenere che lo sport è un diritto e risorsa di ogni cittadino e riconoscendo quindi allo sport un’alta potenzialità di integrazione sociale e superamento di una condizione vissuta come difficoltà, è più che una risorsa: è una grande scommessa. Scommessa che, vi garantisco, va vissuta e può essere vinta.
Il gruppo era più che caratterizzato da un aspetto multidisciplinare. Quest’esperienza è stata insieme vissuta da: volontari con professioni diverse, insegnanti di scuole superiori, rappresentanti del C.I.P., psicomotricisti, educatori professionali – del settore pubblico e del privato –, il tutto sotto la competente, professionale e gradevole “guida” di tre maestri di sci: Lorenzo Migliari, campione olimpico nonché responsabile tecnico dell’attività di sci del C.I.P. di Bologna, e Paolo e Giuseppe Morandini, appartenenti alla Guardia di Finanza di Predazzo. I maestri hanno pazientemente condotto il gruppo nell’acquisizione di un bagaglio formativo ben preciso: la conoscenza della possibilità per le persone disabili di praticare lo sci alpino e, prima ancora, di conoscere i propri limiti, divertirsi, giocare all’interno di un evento sportivo, lasciarsi andare, instaurare nuove relazioni, vivere nuovi contesti e in questi misurarsi, acquisire o risvegliare regole di comportamento di vita comunitaria al di fuori del “solito contesto”, riscattare una propria immagine sociale, raggiungere miglioramenti nella mobilità articolare e nella coordinazione motoria, concepire lo sci non più come sport per pochi eletti, vivere in spazi aperti a contatto con la natura…
Questi i, non poco ambiziosi, compiti assegnati al singolo corsista che, attraverso la propria esperienza personale, nel senso di vissuta sulla propria persona, poteva provare cosa vuol dire essere contenuta in un dual-ski , condotta su una seggiovia e, senza possibilità alcuna di poter intervenire con il proprio corpo, lasciarsi da altri guidare in una discesa. Oppure: sciare a occhi bendati lasciandosi guidare. O ancora: vivere la responsabilità nella guida di un non vedente e condurlo su una discesa… tanto altro!
Tutto questo passa attraverso la tua persona, attraverso la tua capacità di entrare in relazione, di trasmettere sicurezza, fiducia, alti valori di rispetto dell’altro, delle sue capacità, risorse, ma anche paure e diffidenze verso una realtà che, veramente spesso, non gli permette grandi possibilità di riscatto della sua personalità e immagine.
In questa esperienza sono stati di grande valore umano, connotato da una indescrivibile capacità relazionale, simpatia e affettuosità, tre persone adulte non vedenti – del gruppo faceva parte una coppia di sciatori professionisti, Giovanna e Maurizio e Silvia Parente, campionessa italiana di slalom gigante nelle Paralimpiadi del 2006, accompagnata dal compagno Lorenzo Migliari uno dei tre maestri di sci – che si sono “adoperate” ad affiancare i corsisti nelle esercitazioni-guida svolte con l’ausilio di un robottino attraverso il quale, con segnali convenzionali, la guida indicava il percorso sulla pista: la partecipazione di persone non vedenti, adulte, è stata importante in quanto si è potuto lavorare bene sul ritorno che le stesse, sulle esercitazioni e le loro impressioni, davano ai corsisti: non pochi i momenti di “panico” e difficoltà nei quali, magicamente, le persone non vedenti percepivano la difficoltà della guida-corsista e prendevano loro in mano la situazione correggendo e incoraggiando la guida stessa.
I corsisti hanno avuto anche la possibilità di apprendere come avviare una persona non vedente alla pratica dello sci. Un ragazzino di 13 anni, che frequenta l’Istituto “Cavazza” di Bologna (uno degli enti che hanno sostenuto l’iniziativa), ha trascorso alcuni giorni con la sua famiglia a Vidiciatico: la sua curiosità verso lo sci e l’approccio allo sport hanno permesso a tutta la famiglia di trascorrere una piccola vacanza in montagna e vivere momenti di relax. Nell’insegnamento al ragazzino abbiamo potuto apprendere anche “grandi-piccoli” insegnamenti su come avvicinare una persona non vedente agli ausili: descrivere, spiegare come è fatto uno sci, un dual-ski, ma anche assicurarsi che ne abbia cura, che lo sappia utilizzare correttamente, sono tutti passaggi importanti che si basano su una relazione che si deve instaurare e che deve essere particolarmente curata tenendo conto della persona (avvicinarsi al suo corpo e muoverlo) e della sua incolumità anche fisica (muoversi in sicurezza).
Uno spazio teorico, seppure “condotto” senza schemi preordinati ma molto proficuo e serio, alla sera permetteva a tutti i partecipanti di raccontare, ri-elaborare e trasmettere i momenti più significativi della giornata. Il proprio vissuto ma anche l’importanza dei ruoli (la relazione educativa / l’intervento del volontario/l’insegnamento dell’istruttore…): anche di questo abbiamo “fatto tesoro” e raccolto in un video che varrà per tutti come testimonianza e utile materiale di lavoro e riflessione.
Stessa iniziativa è stata organizzata la settimana precedente presso il Comprensorio del Cimone, sempre in collaborazione fra gli stessi enti fra i quali non sono ancora stati citati: il Collegio Regionale Maestri di Sci, il Ministero della Pubblica Istruzione, l’AIAS di Bologna, il Centro Documentazione Handicap di Bologna, la Fondazione per lo Sport Silvia Rinaldi, il GLIP di Bologna, la Provincia di Bologna, la Provincia di Modena, e i Comuni dei due Comprensori.
Come sempre, si potrebbe dire che qualcosa poteva essere fatto diversamente: ma veramente prezioso e di alta utilità sociale, è l’impegno di chi al nascere di questa iniziativa ha creduto e ha lavorato, seminando e delineando un “percorso di diritto” per una migliore qualità di vita, per tutti.
E come le migliori semine, anche questa interessante azione formativa vuole crescere e divulgarsi: tanto è già stato fatto con il coinvolgimento di S. e L. Boni, due maestri della locale scuola di sci “Freestyle”, i quali, essendo stati istruiti all’utilizzo degli ausili e avendo partecipato all’esperienza, fanno parte della ricchezza acquisita. Con queste nuove visioni e prospettive, tanto resta, anche materialmente, con gli ausili che sono rimasti in montagna qui su questo territorio, sul quale molto si sta investendo: qui tutti attendiamo nuovi sportivi. I robottini, i dual-ski sono stati preziosissimi veicoli di trasmissione di messaggi, di novità e curiosità per gli altri sciatori, aiutando così a superare alcune barriere!
Pare retorico ma, per onestà verso noi stessi e verso chi ci ha guidato in questa esperienza, va detto: la “ricchezza” personale e professionale prodotta in ogni corsista è inestimabile, e questa non la terremo solo per noi, in alcun senso.
I due gruppi stanno già lavorando: stiamo raccogliendo impressioni, elaborati e producendo documenti per, in autunno, poter raccontare e mostrare di più e… per poter contagiare in vista dell’inverno successivo.