Criteri per una comunicazione adeguata
- Anno e numero: 2004/1 (monografia sulla “prima informazione” 2)
– La comunicazione corretta della diagnosi segna l’inizio di una presa di coscienza dei genitori che non può essere che progressiva.
– È necessario scegliere con cura il momento e il luogo della comunicazione (ad esempio, non in sala parto).
– Gli operatori che si caricano della comunicazione devono rendersi disponibili durante il ricovero della madre a rispondere a tutte le sue domande (bisogna affrontare il problema insieme, evitare fughe o deleghe).
– La comunicazione deve rispettare le condizioni di intimità necessaria, possibilmente alla presenza del padre e del neonato. Si è visto che se il colloquio si svolge con ambedue i genitori le dinamiche interattive saranno più positive.
– Comunicare solo ciò che è certo spiegandolo in termini accessibili (al primo momento comunicare il sospetto clinico e successivamente, la certezza che deriva dall’esame citogenetico).
– È necessario essere propositivi, enfatizzare le possibilità del bambino e il ruolo che i genitori possono giocare nel suo sviluppo, e astenersi dal formulare prognosi senza appello.
– Deve essere assicurato un sostegno psicologico particolare alla madre durante il periodo di soggiorno all’ospedale (il primo momento è infatti quello più difficile da affrontare), dopo la comunicazione diagnostica.
– Bisogna sostenere l’interazione madre-bambino e incoraggiare la presenza del padre nell’interazione. Evitare la separazione madre-bambino.
– Il personale del reparto deve essere sensibilizzato e adottare un linguaggio comune e un atteggiamento coerente che si forma principalmente col lavoro d’équipe.
– È necessario assicurare e “chiarire” il collegamento con i servizi di cura esterni e con le associazioni dei genitori delle persone Down, dando ai genitori consigli personalizzati sia durante la permanenza che all’uscita dal reparto.
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