di Luca Baldassarre

Il primo contatto con VelikiMali (una ONG serba che opera per favorire l’inclusione sociale e scolastica dei bambini con disabilità) c’è stato solo un paio di mesi fa, durante una ciclo di appuntamenti sulla disabilità organizzati dalla cooperazione italiana a Belgrado. E’ bastato poco per capire quanto le energiche rappresentanti dell’organizzazione li presenti fossero addentro al processo di de-istituzionalizzazione dei bambini con disabilità. Il passo per collaborare insieme è stato breve: la ghiotta occasione è arrivata con questo numero di HP, che ci da la possibilità di dare voce alle storie di molti bambini e ragazzi. Ne emerge uno spaccato dell’attuale situazione di inclusione delle persone con disabilità che vivono in Serbia.

Il processo di de-istituzionalizzazione in Serbia è appena partito, e gli esempi di inclusione (nel sistema educativo, nella vita della comunità locale, nel sostegno alle esigenze nel vivere quotidiano) sono ancora scarsi e principalmente messi in atto dalle organizzazioni non governative. La maggioranza dei bambini con disabilità [1] non sono inclusi in alcun tipo di sistema educativo (ordinario o speciale) a causa dell’applicazione per decenni dell’approccio medico, di una legislazione obsoleta e incoerente, dell’esistenza di sistemi paralleli (speciale e ordinario) per bambini e adulti e della forte opposizione dei professionisti che lavorano in questo ambito. Per dirla in breve, non è ancora compreso che ogni bambino ha il diritto all’educazione. Per ragioni legislative le scuole speciali in Serbia possono accogliere solo alcuni tipi di disabilità (es. per bambini con lievi disabilità mentali, bambini con menomazione visiva o uditiva). In aggiunta, le scuole speciali sono situate solo nelle città più grandi, così i bambini devono viaggiare avanti e indietro dalla scuola ogni giorno, oppure le scuole speciali sono organizzate come collegi, il che significa che i bambini sono separati dalla famiglia in una fase molto precoce (quando hanno sette anni). Un tale sistema lascia la maggioranza dei bambini con disabilità fuori dal sistema educativo. Dal momento che i servizi di sostegno locale sono sotto-sviluppati, i bambini generalmente affrontano isolamento e stigma. Benché alcuni bambini frequentino asili e scuole normali con il sostegno dei programmi delle organizzazioni non governative e di personale insegnante interessato, sono costantemente a rischio di essere esclusi o istituzionalizzati e il loro futuro è ancora incerto. Il movimento della disabilità in Serbia è ancora molto debole e subisce transizioni e cambiamenti riguardo all’approccio e al modello sociale dei diritti umani.
Il processo delle riforme è partito e il governo, influenzato dalla società civile, ha iniziato a fare cambiamenti nelle legislazioni, nelle politiche e a riconoscere per certi versi l’inclusione.
Daremo qui alcuni esempi dall’esperienza dell’Iniziativa per l’inclusione VelikiMali, e questi esempi danno spiegazioni su aspetti positivi e negativi del processo. Queste sono le storie dei nostri utenti.
Si stima che la maggioranza dei bambini con disabilità intellettive (specialmente Sindrome di Down) siano collocati in istituti residenziali di lungo periodo [2] quando sono ancora neonati – dall’ospedale agli istituti, e non vengono nemmeno a casa. Ciò a causa della pressione imposta sui parenti e dell’opinione dell’autorità.

Le storie

Una famiglia di Belgrado ebbe una bambina con Sindrome di Down e i dottori nell’ospedale dissero loro che il modo migliore era metterla nell’istituto. Alla madre non fu nemmeno data la neonata perché le si raccomandava di non attaccarsi emotivamente alla bambina, e le fu anche fatta un’iniezione per bloccare la produzione di latte (oltre che fortemente consigliato di non allattare la neonata). La famiglia era molto confusa, impaurita e non aveva nessuno su cui contare, così ascoltarono il consiglio del dottore e la bimba fu messa in un istituto direttamente dall’ospedale. I suoi genitori iniziarono a chiedere informazioni sulla vita dei bambini e delle persone con sindrome di Down e si rivolsero per maggiori informazioni a un’organizzazione, dove ottennero anche sostegno. Dopo un mese, la famiglia prese la bambina e la portò a casa. Ora lei ha tre anni e vive con la famiglia.

Un’altra famiglia con una storia simile ci ha contattato: il loro bambino (che oggi ha 18 mesi) vive da quando è nato in un istituto residenziale di lungo periodo per bambini con disabilità. Il trasferimento nella struttura avvenne direttamente (e a cura) dall’ospedale. Il bambino ha entrambi i genitori e due sorelle più grandi, ma il padre rifiuta di riprenderlo a vivere con loro; spesso minaccia di lasciare la casa o di prendere le figlie più grandi con sé se il bambino ritornerà a casa. La madre visita il bambino in istituto tutti i giorni e progetta di prenderlo a casa per i weekend, ma è ancora molto impaurita e confusa per la situazione familiare complessiva. Il dottore, specialista pediatrico, diede il suo parere da esperto spiegando che: 1) il bambino non sarebbe mai stato capace di riconoscere i membri della famiglia,

2) il bambino avrebbe avuto un influsso dannoso sullo sviluppo delle sue sorelle più grandi,

3) il bambino avrebbe avuto un impatto negativo sull’intera famiglia e la sua presenza causato traumi e danni di lungo termine a tutti i membri della stessa. Alla fine il dottore raccomanda la separazione dalla famiglia e la collocazione nell’istituto. Il personale nell’istituto sta dicendo alla madre di non venire così spesso a visitare il bambino, perché "il bambino ha bisogno di abituarsi alla vità nell’istituto". Stiamo provando a trovare i modi per rafforzare la madre a prendere il bambino a casa.

Un’altra bambina con sindrome di Down è utente della nostra organizzazione da cinque anni. Anche sua madre visse un "trattamento" in ospedale simile a quello dell’esempio precedente, ma prese la bambina a casa. Oggi la bambina ha otto anni e mezzo e vive con i genitori e il fratello più piccolo in un paese vicino a Pancevo (è nella città di Pancevo che l’Iniziativa per l’inclusione VelikiMali ha la sua sede). Il padre è il solo occupato in famiglia. Quando la bambina aveva sei settimane, finì in ospedale a causa di un problema respiratorio e il dottore consigliò alla madre di metterla nell’istituto residenziale di lungo periodo per bambini con disabilità, perché la famiglia, per causa sua, avrebbe avuto problemi per tutta la vita. La madre iniziò a soffrire a quel tempo di seri problemi di salute causati dallo stress, e pensa di non essere ancora riuscita a superarli. La famiglia si rivolse a noi per un sostegno nello sviluppo della bambina quando la stessa aveva tre anni. Nel paese in cui vivono non c’erano asili, ma solo un gruppo pre-scolare [3] per bambini di sei e sette anni. La bambina fu inclusa nel nostro programma di sostegno, cioè in attività individuali e di gruppo. Al fine di essere continuativamente inclusa nel nostro programma di sostegno, la bambina doveva viver con sua nonna nella nostra città, e nei weekend stava con la famiglia nel paese nativo. Quando aveva tre anni e mezzo, la includemmo nel gruppo dell’asilo ordinario due volte alla settimana (per due o tre ore) ed ebbe un’assistente personale dal momento che era l’unica possibilità di inclusione concordata tra l’organizzazione VelikiMali e l’istituto pre-scolare. Poiché non c’erano possibilità di includerla tutti i giorni nell’asilo ordinario sebbene fosse sostenuta dall’assistente personale da un anno, la includemmo nell’asilo integrativo, ma tre volte alla settimana continuammo a sostenerla nel gruppo ordinario (con l’assistente personale). Quell’anno, la bambina cambiò anche il gruppo ordinario, perché l’insegnante dell’asilo non voleva accettarla e l’organizzazione VelikiMali non poté influenzare tale decisione in alcun modo. L’assistente personale forniva sostegno diretto alla bambina nell’includerla in attività di gruppo, comunicazione con i coetanei, sostegno all’insegnante di asilo attraverso consultazione e programmazione congiunta di un piano di sostegno individualizzato cui anche sua madre partecipava. In seguito, la bambina frequentò il gruppo pre-scolare nel paese nativo per due anni e lo fece senza assistente personale. L’organizzazione contattò l’asilo e la sua insegnante nel paese e si consultò sulle funzionalità della bambina e sul sostegno richiesto per realizzare un’educazione di qualità. Quando la bambina aveva sette anni e mezzo e avrebbe dovuto iniziare la scuola, alla madre fu consigliato di iscriverla in una scuola speciale, che è a 25 chilometri dal paese (sebbene ci sia una unità di classe speciale entro la scuola ordinaria nel paese, ma questa unità è registrata solo per bambini con lievi disabilità mentali e la bambina ha una diagnosi di moderate disabilità mentali – questo esempio mostra l’approccio illogico e discriminatorio, che non riconosce i bisogni e le possibilità effettive del bambino). La famiglia voleva iscrivere la bambina nella scuola ordinaria, che avrebbe frequentato con i coetanei e gli amici del gruppo pre-scolare. Sebbene avessimo consultazioni con il preside della scuola, l’insegnante e il servizio di esperti della scuola (psicologo e pedagogista) sui vantaggi e l’importanza dell’educazione inclusiva con i coetanei, la scuola non voleva accettarla e insistette perché andasse di nuovo alla Commissione di valutazione dei bambini con disabilità. La decisione della Commissione fu di raccomandare che la bambina andasse al centro diurno, che è un istituto delle politiche sociali e non un istituto educativo. Cioè, la commissione dichiarò che la ragazza non può andare a scuola per nulla (nemmeno alla scuola speciale). Con il sostegno dell’organizzazione VelikiMali, la famiglia presentò un reclamo e richiese l’educazione ordinaria per la bambina. La Commissione di secondo grado cambiò la decisione, ma di nuovo raccomandò la scuola speciale e non quella ordinaria. Durante quell’anno, la bambina non frequentò per nulla la scuola e stette a casa. Dopo la raccomandazione della Commissione di secondo grado, la famiglia propose di nuovo un ricorso richiedendo un’educazione ordinaria e di qualità per la bambina, ma il tribunale decretò di nuovo la scuola speciale. La bambina sarà inclusa nell’unità di classe speciale nella scuola ordinaria nel paese dopo un anno. La madre dice che lo farà, perché non ha più forze e fiducia che il prossimo potenziale ricorso sarebbe a loro favore.
Questo è l’esempio di come a una bambina che aveva il sostegno ed era inclusa nell’asilo ordinario è stato in seguito negato il diritto all’educazione di qualità. Questa famiglia aveva il sostegno (aiuto legale gratuito e sostegno professionale) da parte della nostra organizzazione e non è riuscita a raggiungere il diritto all’educazione ordinaria, e a un certo punto la bambina era a rischio di non andare a scuola per nulla. La maggioranza delle famiglie non hanno sostegno aggiuntivo dalle organizzazioni della società civile e sono costrette a seguire la decisione della Commissione di valutazione dei bambini con disabilità, che sono in questo modo lasciati fuori dal ssistema educativo e dalla prospettiva di essere inclusi nella vita della comunità locale.

Quando parliamo di centri diurni in Serbia, parliamo di piccoli istituti di servizio sociale nelle comunità locali, che sono principalmente registrati per bambini/adulti con disabilità più gravi, ma a tutti i bambini valutati come "non adatti" per l’educazione dalla Commissione di valutazione dei bambini con disabilità si raccomanda di andare in questi centri. I centri diurni non hanno alcun valore educativo, non offrono alcun tipo di programmi di sostegno (sviluppare l’indipendenza, le capacità e la conoscenza per l’inclusione nella comunità locale, le capacità per il lavoro, ecc.) e in genere i bambini dell’età della scuola primaria e gli adulti (30 anni o più) sono insieme nei centri. Fondamentalmente, tutto si riduce solo a prendersi cura di bambini/adulti e non a offrire od organizzare dei programmi che sostengano l’inclusione. D’altra parte, ci sono parecchi centri diurni gestiti da organizzazioni non governative e questi offrono programmi di sostegno con più qualità. Tuttavia, affrontano molti ostacoli nel mantenersi – mancanza di sostegno dal governo, mancanza di risorse finanziarie e umane, nessun sostegno sistematico, ecc.
D’altra parte, ci sono esempi positivi di educazione inclusiva, che dipende dalla perseveranza dei genitori, dal sostegno da parte delle organizzazioni della società civile e dalla "buona volontà" degli istituti educativi.

Un ragazzo di 16 anni con sindrome di Down vive con i genitori e il fratello più piccolo nella città di Pancevo. Anche sua madre ci racconta della pressione dai dottori in ospedale, quando lo diede alla luce, per mettere il bambino nell’istituto residenziale di lungo periodo (la madre ci ha detto che il dottore disse "Sia felice che ha un bambino con sindrome di Down, almeno potrà essere un pastore, cosa avrebbe fatto se avesse dato alla luce una bambina con disabilità"). La famiglia rifiutò all’inizio e decise di includere il bambino in ogni attività possibile nella comunità locale. Il bambino frequentò l’asilo ordinario e vari programmi/attività delle organizzazioni non governative. Fu iscritto alla scuola primaria ordinaria e, sebbene ci fossero molti ostacoli e bisogno di continui e costanti aggiustamenti e accordi con il personale della scuola, la squadra di VelikiMali ebbe molte consultazioni e incontri con i suoi insegnanti e congiuntamente preparammo un piano educativo individuale per il bambino, che venne educato e valutato in quella maniera. Quando finì la scuola primaria, la famiglia decise che avrebbe frequentato la scuola secondaria ordinaria e tre scuole furono offerte. Il ragazzo sta ora finendo il primo grado della scuola secondaria ordinaria con i suoi coetanei (impara a diventare cuoco). Partecipa inoltre a varie attività extra-curriculari (attività sportive, viaggi, attività regolari in città). Ora è incluso nelle nostre attività come volontario e nel maggio 2009 è andato con il gruppo dei giovani con disabilità in scambio giovanile in Svezia.

Un’altra storia riguarda un bambino di sette anni e mezzo che ha disordini dello spettro autistico. Vive con sua madre, una sorella più piccola (due anni di età), la zia e la nonna in una vecchia casa. La madre è l’unica occupata e gli altri membri della famiglia contribuiscono al bilancio familiare attraverso pensioni e sussidi sociali. Sua madre lavora a Belgrado e arriva a casa il pomeriggio tardi e, quando il bambino non è all’asilo, la zia o la nonna si prendono cura di lui. La zia ha avuto un trattamento psichiatrico e non lavora, ma mette un grande impegno nel prendersi cura del bambino. Quando il bambino aveva tre anni, sua madre lo portò all’istituto sanitario (Istituto per i disordini psico-fisiologici e la patologia del linguaggio) a Belgrado, dove ebbe processo diagnostico, trattamento psicologico individuale e terapia del linguaggio presso esperti che cooperano con l’organizzazione VelikiMali. Per due anni, lo sostenemmo direttamente nel gruppo dell’asilo per due volte la settimana. Nel gruppo, i suoi assistenti personali (attivisti di VelikiMali) gli davano sostegno diretto nell’includerlo in attività di gruppo, comunicazione con i compagni, sostegno diretto agli insegnanti attraverso consultazione e programmazione congiunta utilizzando un piano di sostegno individualizzato in cui sua madre era attivamente coinvolta. Ai suoi insegnanti di asilo fu data una Guida per lavorare con bambini con disordini dello spettro autistico nell’asilo ordinario, ma loro non risposero al nostro invito di sperimentare il cambiamento in questo ambito e spiegarono il comportamento del bambino come un aspetto del suo carattere a causa dell’atteggiamento della famiglia verso di lui. L’ostacolo più grande per l’educazione inclusiva era un approccio lavorativo molto rigido e duro degli insegnanti dell’asilo, che l’organizzazione VelikiMali non riuscì a influenzare. Quando il bambino terminò l’educazione pre-scolare, la sua scuola locale posticipò l’avvio della scuola primaria di un anno, quindi lui aveva il diritto di ripetere il gruppo-prescolare. Tuttavia, nessuno degli insegnanti voleva accettarlo nel gruppo e il servizio di esperti dell’istituto pre-scolare lo spiegò con il fatto che gli insegnanti avevano grandi numeri di bambini nei gruppi (28 o 29). Nello stesso tempo, la madre cercò di ottenere alcuni diritti dal servizio sociale (sussidi finanziari mensili dallo Stato) di cui aveva appreso dalla nostra organizzazione, ma per i quali non voleva provarci prima perché aveva paura che al bambino sarebbe stato negato il diritto all’educazione [4]. Dal momento che aveva bisogno del parere della Commissione di valutazione dei bambini con disabilità per questi sussidi finanziari (la stessa commissione decide sui diritti all’educazione, ai servizi sociali, alla salute, agli aiuti ortopedici, ecc.), lo portò all’esame. La Commissione raccomandò il centro diurno e gli esperti dissero che la ragione era la seria disabilità del bambino, e che non poteva essere educato. Sebbene la legge dica che i gentiori sono obbligati a fare quel che la decisione della Commissione dice, la madre si rifiutò e il bambino continuò l’educazione nel gruppo integrativo dell’asilo nell’istituto pre-scolare. Il lavoro di questo gruppo integrativo è coordinato da VelikiMali.

In questo anno scolastico, la scuola primaria locale del bambino ha posticipato di nuovo l’avvio della scuola. Il servizio di esperti nella scuola stima che ci saranno possibilità di iscriverlo l’anno prossimo, perché c’è un’insegnante che è aperta all’inclusione dei bambini con disabilità. Tuttavia, nessuno nella scuola può garantire che il bambino sarà effettivamente incluso. Fino ad allora, l’organizzazione VelikiMali e il servizio di esperti dell’istituto pre-scolare hanno considerato l’inclusione del bambino nel gruppo pre-scolare ordinario con l’insegnante che ha mostrato grandi competenze professionali per includere e sostenere i bambini con disabilità nel proprio gruppo. Lei è disponibile ad accettare il bambino. Purtroppo, la futura educazione del bambino nella scuola primaria è completamente incerta. L’organizzazione VelikiMali ha aiuto legale gratuito e sostegno professionale nell’inclusione nel sistema educativo, ma il diritto all’educazione dipende ancora dalla buona volontà del preside e degli insegnanti della scuola.

Al momento di scrivere queste storie, si stanno preparando e mettendo in discussione pubblica i cambiamenti della Legge sui principi fondamentali del sistema educativo in Serbia. L’organizzazione VelikiMali ha mandato commenti e raccomandazioni sull’educazione inclusiva al Ministro dell’Educazione, che ha incorporato alcune delle nostre raccomandazioni nella bozza della Legge. Nei prossimi mesi, sapremo se la situazione nell’educazione, almeno in termini legislativi, sarà migliorata per i bambini con disabilità.

[1] L’UNICEF stima che l’85% dei bambini con disabilità in Serbia non siano inclusi in alcun tipo di sistema educativo (speciale/ordinario; pre-scolare/scolare), e questa è la stima per i bambini che vivono entro famiglie. Ciò significa che non sono inclusi i bambini in istituti residenziali.
[2] In alcuni istituti residenziali in Serbia ci sono da 400 a 600 bambini/adulti con disabilità (un istituto ha 900 persone che vi vivono). Bambini e adulti sono messi insieme, non c’è abbastanza personale che lavori con loro (es. alcuni istituti hanno solo un dottore), sono abbandonati e fuori dalle città/comunità, le condizioni di vita fondamentali sono molto basse e pericolose e non c’è assolutamente un programma per gli utenti del servizio. La maggioranza di essi passerà probabilmente tutta la propria vita in simili istituti. Vi consigliamo di vedere il rapporto "Torment not Treatment – Serbia’s segregation and abuse of children and adults with disabilities" redatto da Mental Disability Rights International, che è stato pubblicato nel novembre 2007 – http://www.mdri.org/PDFs/reports/Serbia-rep-english.pdf
[3] Il sistema educativo in Serbia è regolato in asili nido (bambini da 1 a 3 anni), asili (bambini da 3 a 6 anni) e gruppo pre-scolare obbligatorio (bambini di 6 e 7 anni), dove i bambini sono preparati per la scuola primaria e ottengono un certificato di gruppo pre-scolare completato con successo, che è la condizione per iscriversi alla scuola primaria (bambini/ragazzi da 7 a 15 anni).
[4] Alcuni dei diritti non sono collegati e la legislazione e la prassi sono illogiche in questo ambito. Il problema più comune per le famiglie è che bambini/adulti hanno il diritto a sussidi finanziari mensili se hanno qualche tipo di disabilità, ma ciò non si applica a tutti i bambini ed è considerato in base al tipo di disabilità e non ai bisogni della famiglia, ai bisogni del bambino, alle condizioni di vita, allo status sociale. Questo porta al fatto che alla maggioranza dei bambini che hanno rispettato i termini per il diritto a sussidi finanziari viene allo stesso tempo negato il diritto all’educazione, e questa situazione è un serio problema.

 

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