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Tentar non nuoce

Il brano di Luca 4, 1-13 parla delle tentazioni. Cerchiamo di comprendere la tentazione a partire dalla prova, dalle difficoltà che incontriamo. Queste forse sono occasioni per la tentazione.

Se la prova consiste nel non mangiare per quaranta giorni, la tentazione sta nel voler trasformare le pietre in pane: si tratta di un modo sbagliato di superare la prova, sbagliato perché non ci si fida di Dio ma si cercano altri appoggi, oppure ci si aspetta che Dio operi automaticamente un miracolo. Comunque le tentazioni sono qualcosa di estremamente personale; quelle di Cristo hanno un valore paradigmatico, tuttavia sono le tentazioni del Figlio di Dio.
Come tutte le altre persone, anche gli handicappati vanno soggetti a tentazioni, ma le vivono diversamente, partendo dalla propria condizione di deficit. Se per esempio una persona "normale" può nutrire il desiderio di possedere tutto e subito, una persona con deficit può vivere questa tentazione come paura di non avere mai niente. Il meccanismo è lo stesso, ma il punto di vista è diverso. In particolare, un handicappato può avere paura della propria stessa situazione. Un disabile che si sente indifeso e inferiore perché per esempio non riesce a camminare da solo, rischia di farsi condizionare da questi sentimenti più che dal problema oggettivo del suo deficit.
Come si diceva prima, le tentazioni di Cristo sono paradigmatiche. Vediamo come possono essere considerate dal punto di vista della persona con deficit.
Incominciamo dal "ritornello" di Satana: "Se tu sei Figlio di Dio…". La tentazione più pesante, per un handicappato, sia quella di credere di non essere figlio di Dio, o di sentirsi al massimo "figlio di un dio minore". Così ci si rivolgono domande come queste: "Se Dio è buono e onnipotente, perché mi ha creato disabile? Mi ha davvero creato Lui, o no?". Ma queste domande sono più che lecite; la prova e la tentazione stanno nel tipo di risposta che verrà dato. Così, mentre le prima tentazione di Cristo è quella di trasformare le pietre in pane, quella dell’handicappato è il desiderio di avere una vita normale, cioè di mangiare tutti i giorni del pane normale, fatto con la farina e non con le pietre. Si tratta di una situazione di presunta felicità; anche qui, la tentazione non è il desiderio di essere felici, che anzi è cosa buona e giusta, ma il pensare che per essere felici bisogna essere normali, "avere il pane".
La seconda tentazione, "Se ti prostri dinanzi a me, tutto sarà tuo" è forte soprattutto in chi crede di non avere ricevuto niente dalla vita. Come dicevamo all’inizio, forse non è tanto la brama del possesso ma la paura della mancanza, dell’handicap, a tentare le persone con deficit.
La terza tentazione è la più insidiosa, perché si basa sulla Parola di Dio. I versetti citati sono una promessa che sembra fatta apposta per un handicappato che non può camminare o è cieco. Qui c’è la tentazione del miracolo, dell’intervento straordinario di Dio, come se i miracoli fossero qualcosa di automatico, quindi come se Dio stesso fosse automatico… Richiedere con insistenza un intervento divino non è di per sé una tentazione; lo è dare questo intervento per scontato, come se fosse dovuto. Non è sbagliato andare a Lourdes, ma andarci solo per "riscuotere" una guarigione prodigiosa è discutibile.
Nonostante tutte le nostre lotte, può capitare che il deficit formi un deserto, perché può provocare l’handicap (con situazioni di emarginazione, isolamento, mancanza di amici, povertà, umiliazione). Il questa condizione difficile, l’uomo può davvero sentirsi solo, con Satana e con Dio. Però le Scritture annunciano che attraverso il deserto si arriva alla libertà. Anche se è proprio questo che l’handicappato è tentato di non credere, che oltre il deserto c’è la "terra promessa", e che proprio nel deserto Dio è quotidianamente vicino.




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