La “sregolatezza” che permette alla specie umana di essere svincolata da rigide oscillazioni biologiche (estro) e sposta su piani molto più complessi il desiderio e la disponibilità alla sessualità, ha infranto un ordine naturale; ordine che in quanto tale definiva limiti e gerarchie.
La sessualità è diventata così dis-ordine, tutt’ora lo rappresenta, soprattutto per quei suoi aspetti che la svincolano da quel primario bisogno di perpetuare la specie.
Varie ipotesi si sono succedute sui significati di questa evoluzione, proprio nel tentativo di trovare motivi che rendessero ragione di questo cambiamento. Al disordine si sono sovrapposti di volta in volta conflitti più o meno mascherati, vere e proprie lotte, per ripristinare un nuovo controllo sulla sessualità.
Svincolata da leggi fisiologiche, via via superate nei loro confini non immutabili, è diventata territorio di conquiste e censure. Il dato che la sessualità simbolizza e che più di altri è terreno di poteri che si affrontano, è quello che esprime comportamenti e creatività di rapporti e relazioni, non scanditi da orologi stagionali e ormonali.
Collocata in questo sfondo, la sessualità collegata al tema della disabilità, delle differenze e della malattia, sembra ripercorrere lo stesso scenario. A riprova di quanto spesso il bisogno di ulteriori informazioni e nozioni sulla sessualità delle persone handicappate nasconda l’implicito bisogno di controllo, la genitalità si propone come l’elemento discriminante e censurante.
Controllo non solo inteso come censura, più o meno velata, ma anche come inconsapevole necessità di ordinare qualcosa di inquietante, destabilizzante, portatore di antichi fantasmi risvegliati. Si può così ripensare al percorso del mondo femminile imbrigliato da quello maschile, impegnato a regolamentare le diversità, in una sorta di parallelo col mondo delle disabilità.
La sessualità in condizioni di cattività
Silvia Vegetti Finzi spiega con grande interesse molti passaggi e ipotesi che trattano dell’evoluzione della sessualità e riporta una prima traccia di riflessioni partendo proprio dalle osservazioni di un ricercatore su alcune specie di animali in cattività, disponibili a rapporti sessuali infecondi, al di fuori dei cicli di estro, proprio sembra a causa della loro condizione di segregazione.
Le analogie con il mondo della disabilità sono forti ma immediate se si considera che molte delle richieste di intervento e di consulenza fatte dagli operatori nel campo della sessualità, partono proprio dai comportamenti "non accettabili", di carattere sessuale, messi in atto da utenti handicappati in strutture e istituzioni, in contrapposizione alle attività e alle programmazioni dei progetti educativi in corso.
Probabilmente un raffronto così esplicito tra segregazione, cattività e disabilità è ancora troppo carente di approfondimenti specifici legati alla sessualità. Troppo si contrappone agli ideali di integrazione che tanti progetti educativi perseguono e che la sessualità d’improvviso scompagina. La sessualità diventa un "sintomo" da curare, scollegato dalla storia, dai tempi e dagli spazi in cui viene messa in atto.
La genitalità come elemento di comunicazione
Le occasioni di impegno e i tempi morti, le possibili incomunicabilità, non solo causate dalla presenza di un deficit, possono provocare "l’allarme sessualità", l’emergenza inaspettata che trascina con sé operatori, utenti e spesso le famiglie.
A volte tali aspetti sono un’occasione in più per tutto l’ambiente, di evoluzione anche in questo ambito, altre volte si evidenziano per il loro carico di isolamento, di protesta, di aggressioni o autoaggressioni nei confronti di un mondo relazionale carente o comunque in difficoltà, impossibilitato ad accogliere i bisogni profondi dell’altro.
Lo scambio sessuale, la genitalità come fase evolutiva avanzata, è un formidabile elemento di comunicazione e rappresentazione simbolica.
Il piacere, lo scambio, la creatività, il gioco sono aspetti ricorrenti nelle rappresentazioni della sessualità che gli operatori esprimono durante le esercitazioni proposte nell’ambito formativo. Attraverso le immagini, le parole e le spiegazioni dei propri argomenti emergono una miriade di contenuti legati alla sessualità e provenienti dal piacere della conoscenza reciproca, ma anche da sentimento di espansione e forza connessi ad una dimensione più soggettiva.
La genitalità definisce la propria individualità, partendo anche dalla consapevolezza della differenza e complementarietà delle capacità genitali e sessuali in genere, in fondo riconoscendo il limite che tale differenza esprime. Piacere, scambio, creatività, gioco sono tutti elementi potenziali di libertà, autonomia, di evoluzione.
Il controllo della sessualità dei disabili
Ma se già nel contrapporsi dei mondi femminile e maschile questi elementi sono più spesso stati occasione di prevaricazione e di chiusure, si rischia di scorgere la medesima, negata possibilità nel bisogno di controllo della sessualità "handicappata" delle persone disabili.
Si è disposto un ordine per dare una regola ad una sessualità che si è evoluta svincolandosi dalle "regole", cioè dal ciclo estrale; tale ordine ad esempio prevede un accordo sociale che fa rientrare la procreazione dentro l’istituzione famiglia. Se anche questo percorso è impedito dalla presenza di un handicap e l’evento riproduttivo è interdetto o inopportuno, la sessualità delle persone disabili ripropone paradossalmente il primo, più primitivo dei suoi significati, quello che esprime l’arbitrio del piacere e della minacciosa e potenziale promiscuità non legalizzata.
Ciò che riemerge con forza è così quell’aspetto della sessualità che esprime, attraverso la genitalità, desiderio, comunicazione e piacere della conoscenza e che, affiancato a handicap assume improvvisamente lo stigma di immaturità, svuotata di qualsiasi apporto positivo.
Due fantasmi si combinano in un’unione troppo scottante:
– quello dell’alterità che la diversità legata all’handicap impedisce di insabbiare e che richiama il senso di morte e di finitezza dell’essere umano;
– quello dell’indeterminatezza, quale spazio privilegiato che la sessualità lascia aperto all’invenzione, all’imprevedibilità.
La sessualità invece destabilizza ciò che è istituito e l’istituzione di ogni struttura sociale ha le proprie origini nella regolamentazione della sessualità.
Un corpo "guardato a vista"
Anche la storia delle persone handicappate, così come la storia di molte soggettività simbolo di differenza (la storia delle donne, di etnie diverse…), è quella di un corpo recintato, rinchiuso e "guardato a vista", invalidato di valori e significati condivisibili, oltre che invalido, inabile, dipendente…
Faticosa evoluzione quella che possa vedere convivere il piacere, il valore e il significato di ogni singola identità, nonostante la dipendenza, il bisogno di cure, la necessità di mediazioni. L’esistenza di una dimensione della sessualità che si concede al piacere del desiderio e del corpo, risulta indecente e inopportuna. La disabilità la ripropone invece come reale in tutti.
In questo senso diventa paradossale la necessità di una distinzione e differenziazione dei termini "sessualità" e "genitalità". Dall’intento lodevole di poter riconoscere in ogni persona per quanto disabile, ammalata, dipendente, la dimensione e l’identità sessuale, si può più nascostamente cadere in una rappresentazione scadente, svuotata di valore e a sua volta sintomo di ulteriore infermità.