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Autore: admin

Se il partner è disabile – Il Messaggero di Sant’Antonio – Luglio 2010

Dopo la pubblicazione, il mese scorso, del mio articolo Per una boccetta di profumo, ho ricevuto diverse lettere relative alla vita sessuale e affettiva delle persone disabili e di chi è loro vicino. Quello che mi ha colpito è che i termini connotati al «negativo» ricorrevano tanto nelle lettere del primo tipo quanto in quelle del secondo, ovvero in quelle scritte da persone normodotate che hanno o hanno avuto relazioni sentimentali con persone disabili. Questo dato è davvero interessante, perché dalle lettere si evince che la sofferenza non deriva dal rapporto in sé con la persona con deficit, o almeno non immediatamente. Piuttosto dipende dal modo in cui questa relazione viene (mal) vista e (mal) interpretata dall’esterno. Ciò dimostra con grande evidenza come anche difficoltà ed elementi critici relativi alla sfera affettiva si pongano soprattutto in ambito sociale, evadendo i confini di quella individuale o intersoggettiva «a due» e, anzi, condizionandone lo sviluppo e la serenità.

Ecco cosa mi scrive D., normodotata, partendo da uno spunto ironico: «In altre occasioni ti ho detto che ti seguo sempre e addirittura che qualche anno fa ero così affascinata da te che sarei volata a conoscerti… ma poi mi sono sposata! Scherzi a parte, il tuo articolo mi ha fatto venire voglia di farti una domanda. Qualche anno fa, prima di conoscere mio marito, ho avuto una storia con un ragazzo tetraplegico. Tu non puoi immaginare l’inferno, dalle accuse di perversione a quella di essere affetta dalla sindrome della crocerossina. Mi è stata anche attribuita una personalità dappica (chi vive problematiche legate all’alimentazione, ndr) e via di seguito. Ora io mi domando: fino a quando una donna sarà costretta ad armarsi di eroismo per combattere tutti questi disfattismi e pregiudizi radicati? Ci vogliono davvero super donne per resistere alla pressione. Nel mio caso la storia è poi finita perché lui era un disonesto e disgraziato, la sua disabilità non c’entrava niente: ma la verità è che tutti sono belli e bravi a non discriminare finché non è la loro figlia o il loro figlio a innamorarsi di una persona speciale, disabile o meno, con caratteristiche sue personali, come tutti gli esseri umani. Vorrei che tu parlassi di questo, del dolore che il pregiudizio procura alle persone che amano qualcuno speciale e con difficoltà particolari. Grazie. Ti abbraccio forte».

La società, nel tempo, si è costruita meccanismi di difesa (o di offesa) automatici e soffocanti, che prescindono anche dalle idee – impalpabili – che i più professano. Tutti siamo pronti a immaginare la legittimità di una dimensione sessuale e affettiva delle e per le persone disabili, ma quando vediamo e tocchiamo con mano, allora le reazioni mutano e le idee di partenza vengono smentite. San Tommaso… al contrario. Finché immaginiamo, crediamo; quando tocchiamo, smettiamo di credere. Un rapporto paradossale con la realtà e con l’esperienza che possiamo farne, che sempre dovrebbe portare a un «di più» di consapevolezza e apertura. Occorre però aggiungere che mentre si può discutere di come garantire a una persona disabile il suo diritto (abbiamo già visto che il termine non è così appropriato) alla realizzazione nella sfera sessuale, è davvero sconfortante che, quando questa trova modo di esplicarsi, da fuori debbano prodursi sospetti e giudizi affrettati sul normodotato. Si valutano situazioni simili come anomalie, con uno sguardo allarmato, diffidente, curioso e indagatore, anziché empatico o giustamente indifferente.

Ho evitato di riportare esperienze personali, ma mi farebbe piacere che altri condividessero le loro. Vi sono alcuni temi per i quali il confronto è particolarmente importante: questo vi rientra a pieno diritto. Scrivete come sempre a claudio@accaparlante.it o cercate il mio profilo su Facebook.

Claudio imprudente

 

La scuola finisce. La scuola riprende (?) – Superabile, luglio 2010 – 2

Il mondo della scuola è già (quasi tutto) in vacanza. Ma che cosa lo aspetta a settembre? La risposta è retorica e drammatica, visti i prossimi tagli previsti dalla manovra straordinaria (che ricadono pesantemente sugli Enti Locali) che si aggiungono a quelli già imposti dalla c.d. riforma Gelmini di qualche mese fa. Tagli di soldi e di personale. Un risultato, questo insistente (e annoso e trasversale) lavoro ai fianchi della scuola pubblica, l’ha già prodotto: la sfiducia che ho visto negli occhi di tanti insegnanti che ho incontrato nel corso dell’anno scolastico appena concluso. Dal momento che quasi tutto si basa sulla loro motivazione (oltre che sulla loro professionalità) e che stanno riuscendo piuttosto bene a smontare anche quella, il prossimo anno scolastico non promette niente di buono.

A questo problema se ne lega un altro, l’assenza pesante di ogni progetto per una nuova scuola, una nuova educazione e quella della volontà di cercare spunti per risolvere, superare questo passaggio delicato. Sono tutti, e mi riferisco in particolare alle classi dirigenti, talmente concentrati sulla mancanza di fondi (o sulla necessità di tagliare) da non cercare di sviluppare delle idee creative che possano in qualche modo consentire di affrontare con minor sofferenza questa fase. Si è generata, cresce, forse si produce volontariamente quella che potremmo definire una “depressione educativa”. Invece di produrre e trasmettere un’educazione alla fiducia, che abbia il suo fulcro nel potenziamento dell’autostima e della creatività di ciascuno, si tende all’appiattimento culturale. Che, nella sua piattezza, è già regressione.

Un bravo contadino pota, non taglia. Sembrano due azioni identiche, ma sono radicalmente diverse. Il taglio “distrugge”, la potatura “riduce”, ma per potenziare. In questo senso la potatura ha anche un alto valore educativo e presuppone un progetto, una prospettiva, al contrario del taglio che è solo devastante. Aggiungo che nella potatura il bravo contadino deve utilizzare la creatività per aiutare la pianta a ricrescere meglio. E prima di potare osserva la conformazione della pianta stessa, la studia. Poi in un certo senso soffre con la pianta, perché è comunque un’attività dolorosa, per la pianta e per lui. Il taglio crea sofferenza solo in chi lo subisce.

Cosa intendo dire? E’ palese che ad ogni decisione che riguarda la scuola manchi quella parte costruttiva insita nella potatura e del tutto mancante nel gesto del tagliare (e mancano anche quella premura e quell’affetto propri del contadino). Credo sia questo l’aspetto più doloroso di questa situazione. Si finge, cioè, di affrontare determinati problemi, mentre in realtà si creano soltanto le condizioni perché quelli già esistenti si facciano ancora più gravi (cronici). Nelle “riforme” della scuola degli ultimi quindici anni (vado a memoria e rischio di sbagliarmi, anche perché ne fanno o ne annunciano una ogni tre anni) manca del tutto un’idea progettuale riconoscibile. Se si toglie e basta, ci sarà sempre qualcosa che manca, si produrrà sempre una mancanza; se al togliere si affianca anche un’attività di sostituzione (di quel che non va), o di preparazione “propositiva” (di/a quel che potrà venire), già le prospettive si fanno più interessanti e i margini di “creazione” possono crescere.

Con questo non si vuol proporre alle persone più direttamente colpite dalle scelte del Governo (in particolare i docenti) di orientare diversamente le loro lotte e rivendicazioni. Gli aspetti economici, gestionali, culturali, pedagogici, ecc., procedono tutti insieme, si tengono, e la mortificazione di uno porta, automaticamente, a quella degli altri. Volevo solo rilevare come nel dibattito, almeno quello più (mass)mediatico, manchi del tutto lo spazio per affrontare i temi dell’educazione e della didattica in relazione alle condizioni di insegnamento che riforma e tagli creano. L’assetto e le peculiarità del nostro sistema informativo, del resto, non facilitano la creazione di questi spazi. Urge, però, richiamare l’attenzione e l’azione su questi temi. Nonostante il sole cominci “a far male”, la scuola sia in vacanza, la testa sia ormai altrove, maschera e pinne già nello zaino…
Scrivetemi, come sempre, a claudio@accaparlante.it o cercate il mio profilo su Facebook. Da parte mia, un augurio di buone vacanze a tutti/e gli/le insegnanti e un sostegno incondizionato a tutte le loro iniziative di resistenza. 
 
Claudio Imprudente

Uno sguardo al “dopo di noi”. Non mollare mai… – Superabile, giugno 2010 – 2

E’ da tempo che mi frulla in testa di trattare un tema molto importante, intrigante e problematico. Trattare, come sapete, per me significa abbozzare dei ragionamenti, fornire degli stimoli e attendere che siano i lettori a completare insieme a me il lavoro di "trattazione" e svelamento. Spesso, sapete anche questo, lo spunto per un articolo lo trovo nelle parole di altre persone, per cui, in realtà, io stesso sono già inserito all’interno di questa rete (un meccanismo di stimolo – risposta – approfondimento – stimolo – risposta…e via proseguendo) e non faccio altro che rilanciare quelle parole aggiungendovi qualcosa.

Questa è una di quelle occasioni: qualche mese fa ricevetti, non ricordo neanche come, il riassunto di una relazione di Rosaria Dall’Argine, madre di M. e membra dell’Associazione "Liberi di Volare" sul tema del "Dopo di Noi". Più che un riassunto, sembrava una serie di appunti, una scaletta per non perdere l’ordine del discorso durante l’esposizione in pubblico della sua esperienza. Tuttavia, questi appunti sono molto chiari e ricchi, anche in questa forma a tratti incompiuta e, per quanto sia Rosaria stessa a suggerire che si tratta di "una delle tante strade personali già percorse (diversa o uguale a tante altre), non ha niente di teorico, è fatta solo di esperienze vissute", ai miei occhi ha un grande valore "scientifico" (passatemi il termine). L’incipit, a dire il vero, di scientifico non ha tanto, se non perché immagino che questo sia lo stesso atteggiamento che un uomo di scienza dovrebbe avere di fronte alle sue ricerche: "Vista a distanza la nostra esperienza si riduce ad uno slogan "Non mollare mai". Tutto va sperimentato, anche gli insuccessi".

Ma il secondo punto, essenziale, ha un valore metodologico da non dimenticare: "Mi permetterò di invertire l’ordine dei temi, perche solo dal pensarlo adulto quando è un bambino, in un ragazzo, in una adolescente potranno nascere le fondamenta del «Dopo di noi». Nel «dopo di noi» il problema della vita adulta autonoma viene fatto coincidere di norma con la scomparsa dei genitori. E’ infatti prassi comune, per le famiglie, occuparsi direttamente del figlio fino a quando ne hanno la possibilità e le forze e il «dopo di noi» viene spesso affrontato con i caratteri dell’ emergenza, anziché percepito e vissuto come diritto legato alla naturale esigenza di emancipazione di ogni persona, anche in funzione e nel rispetto delle sue tappe di crescita nel processo di adultità. Noi riteniamo che la famiglia, quando ha ancora le necessarie energie, possa e debba accompagnare e sostenere il proprio figlio nel graduale distacco dall’ambiente familiare".

Altro punto fondamentale è evitare di sostituirsi al figlio nelle scelte, nelle valutazioni ed essere capaci di lasciare lo spazio perché possa esprimere le sue potenzialità. E’ solo all’interno di questo atteggiamento che si può compiere il passo successivo, che Rosaria suggerisce anche alle figure educative scolastiche, ovvero quello di "esigere la responsabilità. Da piccolo l’ho sempre sgridato come facevo con la sorella maggiore. Non si deve prendere sempre le sue difese (…); va sgridato, come tutti i figli; gli va data la fiducia se la merita; deve rischiare sulla propria pelle (…); io non debbo, né posso sostituirlo perché bisogna abituarlo alle prove, agli insuccessi…a tutto.(…) Ho capito che M. era diventato grande quando ha cominciato ad oppormisi, una scoperta che ti rende felicissima". "Pensarlo adulto significa avere già da subito un progetto di vita formativo, culturale e professionale, un’idea nella quale ci sia la visione di quello che lui sarà domani in tutte le sue dimensioni da adulto: lavorativa, sociale, relazionale, ludica".

Sono questioni che vanno affrontate nella loro difficoltosa concretezza e che vedono la famiglia come parte di una rete di attori sociali, parte, progressivamente e auspicabilmente, meno centrale: (dopo di noi) chi garantirà la sua assistenza (cosa farà e insieme a chi), chi la sua protezione giuridica? Chi il suo diritto ad una casa? Come potrà provvedere materialmente e autonomamente alla sua esistenza, e, quindi, chi lo aiuterà nella ricerca e nello svolgimento di un’attività lavorativa? "Non è utopia e non è buonismo quello che chiediamo. È politica, politica culturale e sociale, basata su un approccio di valorizzazione delle diversità. E’ vero che forse molti di loro non diverranno mai completamente autosufficienti, ma non ha senso rinunciare alla ricerca della loro autonomia".

Nel processo delineato da Rosaria ritrovo molte delle tappe che hanno caratterizzato e caratterizzano la mia vita privata e professionale. C’è un punto che forse non è molto chiaro, o che passa sovente in secondo piano, quando svolgo incontri di formazione o, come si dice, di sensibilizzazione: il fatto stesso di essere lì, a parlare e discutere, è il risultato di un lungo lavoro collettivo, intrapreso dalla mia famiglia e proseguito da una lunga serie di "attori" insieme a me. La scuola, i servizi socio-sanitari, i trasporti che ogni giorno mi accompagnano al Centro Documentazione Handicap; i colleghi che con me hanno elaborato i contenuti e le attività nel corso degli anni, che mi accompagnano fisicamente nei luoghi in cui svolgo l’incontro e che con me lo conducono, che mi riaccompagnano a casa, che mi criticano se sono stato poco efficace; le persone che condividono con me la vita comunitaria e che mi consentono di vivere in un appartamento autonomo; gli affetti degli altri nei miei confronti e i miei nei loro…Serve (a tutti, non solo alle persone con disabilità) un contesto ricco di risorse, di idee, di politiche, di pratiche per riuscire a realizzare, esplicare la propria personalità e, in generale, la propria esistenza. Il "Dopo di noi" è una particolare, necessaria e, certamente, più delicata e difficoltosa declinazione di questo dato comune a tutte le persone.

Se "non avete mollato mai", raccontate le vostre esperienze "emancipatrici": c’è bisogno di esempi e soprattutto di confronto. Come sempre, scrivete a claudio@accaparlante.it o sul mio profilo di Facebook.

 

Pubblicato su www.superabile.it

 

 

Io, disabile totale, valgo un bel po’ di PIL – VITA, Giugno 2010

Un contributo pubblicato sul numero di VITA uscito venerdi 4 giugno, che dedica vari articoli all’innalzamento della percentuale di invalidità minima per ottenere la pensione. Non perdetelo.

 

Come diceva una nota pubblicità “sono piccolo e sono nero”.
Siamo alle solite, ma questa volta ammetto di aver lasciato correre un po’ la notizia senza darle troppo peso. Un peccato di egoismo: sapete com’è, salvo eliminare la categoria e il concetto di disabilità (non sarebbe male come idea), per quanto Tremonti possa tentare di rendere più stringenti i parametri, io sono a prova di riforma. Sono un 100% irriformabile, ostinatamente disabile. Distinguere tra 74% e 85% è un “dettaglio” di cui non mi sono mai dovuto preoccupare.
Tuttavia niente è scontato ai giorni nostri, sicché mi sono deciso a contribuire alla (penosa, deprimente) discussione. Non vorrei che poi si dicesse: “dov’era Imprudente in quei giorni?”.

Mi sono documentato un po’, quel tanto che basta per scoprire che Il Sole-24 ore, con un’analisi meno ideologica, anziché con i falsi invalidi, ha spiegato lucidamente l’andamento (in crescita) delle spese per pensioni e indennità di accompagnamento con l’invecchiamento della popolazione.
Ma quello che vorrei dire al ministro Tremonti è innanzitutto questo: un’obiezione che riguarda quello che tante persone con disabilità (molti di più se se ne creassero i presupposti) danno, al di là di quanto ricevono. Che non riguarda l’indotto creato da chi “campa” sui disabili, ma riguarda invece la capacità produttiva delle stese persone con deficit.

Caro Tremonti, a tutti gli effetti io da circa trent’anni (ne ho cinquanta, il conto è semplice) sono competitivo e, aggiungo, mi confronto sul mercato, riuscendo ad arrivare a fine mese; sono presidente di un Centro di Documentazione le cui attività, cresciute ed intensificatesi negli anni, danno lavoro a circa trenta persone, normodotate e non. E, oltre alla ricchezza strettamente economica che produce, crea una cultura più rispettosa, migliore per chi è disabile e, da lì (ma pensavo che uno sagace come lei questo già l’avesse intuito), migliore per tutti. Lo ribadisco, io sono un cittadino competitivo e capace, desideroso di lavorare e produrre. Quello che ricevo lo guadagno e lo pago.
Il Paese deve tenere conto di questa risorsa ancora largamente inespressa. Non può cominciare a farlo riducendo ancora di più quei fondi che mettono in condizione le persone con deficit di pensarsi e dimostrarsi come produttive, competitive, creatrici di ricchezza in ogni senso (non solo quello “morale”).
Voglio contribuire alla crescita del PIL: chi è con me mi segua!
Claudio Imprudente
(claudio@accaparlante.it)
 

 

 

 

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Nulla su di noi, senza di noi – Superabile, giugno 2010 – 1

Qualche giorno fa ho ricevuto una mail da un amico di vecchia data, Giorgio Genta, presidente dell’Abc Liguria e dell’associazione Dopodomani Onlus. Giorgio mi chiedeva di aderire a un’iniziativa importante, promossa dall’associazione che presiede e da altre realtà associative: Dario Petri (presidente della Federazione italiana Abc e dell’Abc Triveneto), Luisanna Loddo (presidente dell’Abc Sardegna), Gianfranco Mattalia (presidente dell’Abc Piemonte), Mauro Ossola (presidente dell’Abc Lombardia), Aldo Tambasco (presidente dell’Abc Campania), Marina Cometto (presidente dell’Associazione "Claudia Bottigelli2 – Difesa dei diritti umani e aiuto alle famiglie con figli disabili gravissimi), Guido Trinchieri (presidente dell’Ufha – Unione famiglie handicappati) e Salvatore Nocera (vicepresidente della Fish – Federazione italiana per il superamento dell’handicap e consulente giuridico dell’Osservatorio scolastico Aipd – Associazione italiana persone down).

In sintesi, Giorgio mi chiedeva di sottoscrivere una lettera rivolta alla Simfer (Società italiana di medicina fisica e riabilitativa) e alla Sinpia (Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza), per protestare, nella fattispecie, contro l’esclusione delle famiglie da un convegno che si terrà il 18 e 19 giugno a Bologna, sul tema "Terapie alternative e complementari nella riabilitazione delle disabilità dello sviluppo". La lettera (che si può leggere e sottoscrivere qui: www.superando.it/content/view/5949/122), ovviamente, svolge e chiede di condividere un ragionamento più generale, ma coglie appunto l’occasione di quel convegno per sottolineare e richiamare l’attenzione su alcune dinamiche effettivamente non condivisibili e, aggiungo, pericolose.

In sostanza, la lettera chiede che sia riconosciuta la necessità che le famiglie (e quindi, in primo luogo, i genitori di bambini disabili) partecipino alle decisioni riguardanti tutte le problematiche della riabilitazione in età pediatrica, così attenendosi, peraltro, alle raccomandazioni dell’Istituto superiore di sanità. Ne va, intanto, di un diritto sacrosanto, ovvero quello della partecipazione dell’utente rispetto a scelte che riguardano la sua salute.

Ne va, in secondo luogo, di un pratica davvero irrinunciabile che, chi vive su di sé una disabilità o chi, comunque, frequenta e conosce il "mondo" della disabilità, dà o dovrebbe dare quasi per scontata: ovvero che il confronto con le persone più vicine alla persona con deficit (e/o con la persona con deficit stessa) è imprescindibile proprio per garantire un servizio e un intervento più efficace, oltre a rispondere a un principio che dovrebbe essere largamente condiviso e che potremmo sintetizzare con una formula che mutuo, "nulla su di noi, senza di noi".

Ripeto, non è (solo) una questione di principio, o meglio, lo è nella misura in cui questo principio è alla base di una prassi maggiormente efficace e attenta alla persona. Come si può leggere nella lettera di protesta, infatti, "I professionisti della riabilitazione e le loro società rinunciano così (escludendo cioè le famiglie, Ndr.) in modo autoreferenziale e aprioristico all’apporto di informazioni ed esperienze preziose per il miglioramento della qualità dei servizi". La piena partecipazione degli utenti o di loro rappresentanze nelle decisioni riguardanti le problematiche della riabilitazione in età pediatrica è, non a caso, raccomandata dall’Istituto superiore di sanità, come accennavo prima: "L’efficacia dei trattamenti centrati sulla partecipazione attiva della famiglia è ampiamente dimostrata dalla più qualificata letteratura scientifica internazionale. Al contrario i trattamenti offerti dal Servizio sanitario nazionale risultano spesso centrati sulle esigenze organizzative delle strutture e degli operatori".

A un altro livello e in un altro ambito, anche l’università comincia a capire e riconoscere l’importanza dell’apporto dei genitori e, più genericamente, dei famigliari nella definizione di pratiche pedagogiche e processi di educazione alle autonomie migliori e più completi (si veda il lavoro, in questo senso, di Riziero Zucchi ed Enrico Barone, i primi che mi vengono in mente). Ma l’effettivo coinvolgimento di queste figure "extra-mediche" (o "pre-specialistiche", se preferite) ha anche un altro ruolo fondamentale, giustamente richiamato nella lettera: "Per favorire il miglioramento della qualità dei servizi occorre entrare nel merito degli aspetti più rilevanti della questione, ponendo al centro dell’agire medico non le terapie, ma le esigenze della persona e della sua famiglia". Come i lettori più affezionati ricorderanno bene, quest’ultimo è un aspetto sul quale mi sono fermato a ragionare tantissime volte: l’approccio strettamente medico-sanitario è insufficiente e, citando sempre la lettera, "la presenza di non professionisti nelle sedi in cui si discute di salute e sanità non solo arricchisce quanto prodotto, ma soprattutto porta una visione nuova e diversa dei problemi, spesso trascurata da operatori sanitari e decisori politici".

Rimando al link riportato sopra per la lettura integrale del documento prodotto dalle varie associazioni e, soprattutto, per una sottoscrizione che mi auguro corposa. Al solito, non è una questione di buoni sentimenti e bontà d’animo, ma di civiltà, politica, cultura e, in questo caso, anche sanità (o salute, se preferite). Scrivete come sempre a claudio@accaparlante.it (o sul mio profilo di Facebook), ma soprattutto…sottoscrivete!

Claudio Imprudente

(31 maggio 2010)
 

La boccetta di profumo – Il Messaggero di Sant’Antonio, giugno 2010

Circa un anno fa mi è capitato un episodio che, se non risolto, avrebbe continuato ad inquietarmi.
Stavo dormendo e, ad un certo punto, sono stato svegliato da un rumore molto forte, simile a quello di una bottiglia che va in frantumi. Subito dopo, un intenso profumo si è diffuso per tutta la stanza. Non ero molto lucido, come vi dicevo, non sapevo se mi ero immaginato tutto o se davvero era successo qualcosa.

Nel dubbio, ho cercato di riprendere sonno, ma quell’odore così forte mi entrava nelle narici e mi teneva sveglio. Interrogandomi sulla sua provenienza, non trovavo una risposta plausibile: era forse Padre Pio, dal momento che è cosa risaputa (risaputa, non per questo vera…) che laddove lui passava, lasciava una scia profumata?
 

La cosa più inquietante è che, fattosi giorno, ho chiesto a più persone di controllare che non ci fossero pezzi di vetro sparsi per la stanza, nessuno trovava niente, ma tutti sentivano lo stesso profumo. Ma allora da dove veniva? E perché persisteva nonostante avessimo aperto tutte le finestre? Due giorni dopo svelo il mistero: dentro la confezione di cartone, la bottiglietta era scoppiata, lasciando intatto l’involucro esterno. Padre Pio non si era avvicinato al mio letto…ed io dovevo procurarmi un’altra boccetta di deodorante!
 

Di questo episodio la cosa più interessante è che…io utilizzo del profumo e quel profumo mi piace! Ci mancherebbe, sono stato io a sceglierlo. “E che ci importa?”, direte voi. Importa, invece. Vediamo perché.
Generalmente il disabile non è considerato un soggetto con propri desideri e sentimenti da esprimere, ma soltanto una persona che deve essere aiutata ad inserirsi in modo passivo. Un approccio simile comporta spesso la “negazione” del bisogno di costruire la propria identità nelle forme che egli preferisce. Invece di favorire un contesto in cui questo possa avvenire, si tende a praticare una mentalità di tipo assistenzialistico, che ci restituisce delle persone espropriate della propria individualità. La costruzione della personalità passa, infatti, per la libertà di scegliere, non solo un percorso di studi o un ambito lavorativo, ma anche tutti gli altri aspetti ed elementi che contribuiscono alla definizione della propria identità, compresi quelli più quotidiani. Il profumo è uno di questi.

Se ci pensate, tantissime cose vengono veicolate attraverso gli odori: nel mondo animale, la produzione di particolari tipi di odori connota fasi precise della vita biologica, può servire per comunicare veri e propri messaggi; spesso il processo di riproduzione è un vero duetto di comunicazione olfattiva.
Nel nostro mondo, al di là della produzione “involontaria” di odori (e puzze), abbiamo adottato dei profumi artificiali attraverso i quali definiamo la nostra presenza pubblica e trasmettiamo agli altri qualcosa di noi: sono uno strumento, tra i tanti, con il quale costruiamo la nostra personalità sociale. Non a caso il profumo è un regalo difficile da fare, perché non siamo mai certi che la persona alla quale lo doniamo ritenga quella precisa fragranza adatta alla sua personalità e idonea ad esaltarne le caratteristiche.

Negare o sottovalutare l’importanza della scelta personale di un profumo (o di un vestito…) è sintomo di qualcos’altro, cioè dell’atteggiamento per cui non riconosciamo l’importanza della corporeità e della fisicità per una persona disabile e non riconosciamo l’importanza della sua dimensione estetica né il valore della sua identità sessuale.
Il profumo è universalmente riconosciuto come richiamo sessuale e quindi il disabile profumato è assurdo per definizione, perché a lui il profumo niente dovrebbe aggiungere e niente togliere. Chi dovrebbe o vorrebbe attirare, infatti?

Insomma, anche la sessualità, rispetto alla quale viene difficile immaginare qualcosa di altrettanto naturale, per una persona disabile non sarebbe un bisogno primario, al pari di bere, mangiare e dormire, e quindi esulerebbe da quegli aspetti della vita di cui come società potremmo e dovremmo farci carico. Estetica, genere e sessualità sono intrecciati tra loro: negando ai diversabili un pieno ruolo di genere in quanto uomo-donna (o altro) si va di conseguenza a negare loro anche un rapporto adulto con il proprio corpo e da qui anche una cura degli aspetti estetici. Ma potremmo anche svolgere il ragionamento partendo dall’aspetto estetico per giungere a quello sessuale.

Questo discorso possiamo continuarlo in un altro articolo, se volete…fatemelo sapere scrivendo a claudio@accaparlante.it o cercando il mio profilo su Facebook.
Comunque, la boccetta esplosa era di quelle “per uomini che non devono chiedere…mai!”.

Claudio Imprudente

 

Vari

La fragilità «visionaria» – Il Messaggero di Sant’Antonio, maggio 2010

Qualche mese fa ho ricevuto questa lettera, a mio avviso molto interes­sante e piena di spunti. Vorrei condividerla con voi: «Ciao Claudio, sono M. Da diciannove anni lavoro come terapista con bambini disabili. Purtroppo ho dovuto anch’io fare i conti, in questi anni, con la malattia, a volte più pesante, a volte una banale influenza, magari recidivante nell’arco dell’anno. E ho dovuto fare i conti anche, e ogni volta è così, con la mia fragilità e il giudizio di altre persone, con il mio sentirmi in colpa per essermi ammalata, ecc… Tutto questo mi ha fatto, e mi fa, stare male, ma mi fa anche riflettere su come viene accettata la sofferenza oggi, e la fragilità che è presente in ogni persona. La sensazione è che ci sia un forte rifiuto di tutto ciò che ricorda la nostra “fini­tezza” come persone, mentre vale ciò che è sempre forte, bello e sano. Ancor più nella società attuale. Ed è un atteggiamento radicato nel cuore dell’uomo, da sempre. Allora, cosa condividere? Ogni giorno io condivido la fragilità, la mia, con quella di bambini e genitori. Dà poco rendimento, spesso non è neppure gratificante perché non porta frutto tanta è la gravità. Ma mi avvicina all’essenza dell’altro, che va oltre il suo stare bene o male. Mi fa anche fare i conti con la verità del mio cuore e col fatto che non sempre sono disposta ad accettare i limiti dell’altro. Così mi rendo conto che sto facendo un cammino interiore tutto mio. E in esso scopro che la fragilità può essere un valore. Mi dirai ciò che pensi? Grazie e ciao, M.».

D’istinto mi è venuto di rispondere, condividendo quanto la signora M. mi aveva scritto, raccontandole che spesso avevo affrontato l’argomento nei miei libri e nei miei articoli. L’ultimo libro per ragazzi che ho pubblicato, Omino Macchino e la sfida della tavoletta (Erickson Edizioni, 2009), è una sorta di elogio della lentezza e di ciò che questa può farci scoprire: nemmeno la lentezza è oggi tanto di moda; da essa si fugge il più possibile perché nell’immediato rende poco. Sono molte le persone che evitano di confrontarsi con tanti aspetti della propria e altrui personalità e della vita: ragionano, si muovono, ma vivono a metà, ritrovandosi impreparate di fronte a eventi inattesi. A questi, spesso, danno una connotazione negativa perché incapaci di instaurare un rapporto con essi.

Nel suo ultimo libro, politico nel senso pieno del termine, Raffaele K. Salinari, propone un’analisi articolata e difficile da rendere in poche righe (però ne consiglio vivamente la lettura) che mi interessa riprendere per un’analogia con quanto scritto da M.: «…La sensazione è che ci sia un forte rifiuto di tutto ciò che ricorda la nostra “finitezza” come persone, mentre vale ciò che è sempre forte, bello e sano. Ancor più nella società attuale»; e ancora: «la fragilità (…) mi avvicina all’essenza dell’altro, che va oltre il suo stare bene o male». M. e Salinari si incontrano in questo punto: siamo disabituati a guardare, incapaci di volgere lo sguardo sull’Invisibile, su quello che «invisibilmente» ci lega a tutte le altre manifestazioni con cui condividiamo l’essenza e la presenza nel mondo. In questo modo siamo separati dal mondo e dai singoli nodi che ne compongono la trama, non abbiamo più la capacità di utilizzare uno sguardo analogico capace di entrare in relazione con quei nodi di cui pure facciamo parte. Quella della fragilità può essere una prospettiva grazie alla quale ci riappropriamo di questa capacità «empatica» e «visionaria» che, unica forse, ci permette di opporci allo stato di cose esistente. La fragilità, quindi, come chiave ulteriore per intendere la realtà, occasione che può contribuire a (ri)creare una catena di «potenze», quelle che noi tutti siamo. Potenze che non devono distruggersi a vicenda, ma riconoscersi e sommarsi. Potenze, non poteri… Rispondete, come sempre, a claudio@accaparlante.it o cercate il mio profilo su Facebook.

 

Pubblicato su Messagero di sant Antonio, Maggio 2010 n. 1272

Ci vogliono “piedi caldi e sangue freddo” alla fiera del libro per ragazzi – Superabile, maggio 2010 – 1

Sì è da poco conclusa l’edizione 2010 della "Fiera del libro per ragazzi", che si è tenuta dal 23 al 26 marzo a Bologna. Uno degli appuntamenti più importanti tra quelli dedicati all’editoria per i lettori più piccoli, seguito quest’anno da una seconda iniziativa, BoLibrì (26-28 marzo), ricca di appuntamenti davvero interessanti. Se infatti la vera e propria fiera esclude, in un certo senso, proprio i destinatari di quei libri, essendo per lo più rivolta agli addetti ai lavori, la sua propaggine, BoLibrì, consente ai bambini e ai ragazzi di conoscere ed entrare in contatto con chi i libri li pensa, li scrive, li disegna, li realizza concretamente, attraverso tanti incontri con autori ed illustratori; di assistere a spettacoli teatrali tratti da libri, di partecipare a vari laboratori e altro ancora.

Come ben saprete, anche i libri per ragazzi si occupano e danno spesso spazio ad argomenti legati alla disabilità. Alcuni sono dei veri e propri gioielli, sia a livello di testo sia a livello di immagini ed illustrazioni. Pur dovendo di necessità ricorrere a meccanismi di semplificazione rispetto ad alcuni argomenti, mi è capitato di leggere alcuni libri per ragazzi che riuscivano ad esprimere una profondità ed una ricchezza di pensiero davvero inaspettate. Ottimo strumento per introdurre a determinati argomenti i giovani lettori, senza dimenticare i casi, numerosi, in cui questi libri si rivelano adattissimi anche ad un pubblico adulto. Questo discorso vale anche per quei libri che affrontano temi quali l’omosessualità o l’intercultura.

La produzione, soprattutto negli ultimi anni, è davvero ricca e, pure se solitamente con un po’ di ritardo, anche in Italia si trovano testi interessanti, tradotti da opere straniere o prodotti da scrittori e illustratori nostrani. Segnalo, anche se slegata dall’evento-Fiera del libro per ragazzi, la mostra, conclusasi poco fa al Museo Civico Archeologico di Bologna, dedicata a David B., uno dei maestri del fumetto, francese, all’interno della quale potrete vedere delle tavole tratte da un suo libro meraviglioso "Il grande male" (Coconino Press), una profonda riflessione sul dolore e sulla malattia, in cui un ruolo centrale è giocato dall’esperienza dell’epilessia del fratello di David. Tra i tanti libri per ragazzi che di disabilità parlano, ricordo, tra quelli presenti in questa edizione dell’appuntamento fieristico, "Il bambino che mangiava le stelle" (Salani), opera prima del franco-libanese Kochka, storia di Mathieu, autistico, e Lucie, ragazzina dodicenne e "Ben-X" (Giunti), breve romanzo di Nic Balthazar, dal quale è stato tratto anche il film omonimo diretto dallo stesso autore, dedicato a un ragazzo con la sindrome di Asperger vittima del bullismo dei compagni.

Ma c’è un altro libro che vorrei segnalare con particolare piacere e che, proprio all’ultimo (per ragioni logistiche), è riuscito ad essere presente negli stand della fiera. Si tratta di un libro alla cui genesi ho potuto assistere e, nel mio piccolo, contribuire: "Piedi caldi e sangue freddo. Le mirabolanti avventure di David Littlehorse", di Francesca Zammaretti, illustrato da Elena Tsaplin, edito da Acco Editore.

Il libro si compone di vari racconti, protagonista dei quali è, appunto, David, un ragazzino in carrozzina. Il personaggio si ispira ad un ragazzo vero, l’ambientazione è quella di un piccolo paese nel quale succedono eventi che trovano (quasi) sempre soluzione grazie all’intervento creativo e illuminante di David.

Devo sottolineare un aspetto significativo che finisce per rivelarsi uno dei punti di forza principali del libro: la disabilità di David non si manifesta quasi mai in modo evidente. Salvo che nel primo racconto, il suo deficit non caratterizza le varie storie: non capirete (se non perché ve lo sto scrivendo io…) che David risolve i casi "da fermo"; la sua disabilità non viene tematizzata in alcun modo, non viene fatta oggetto esplicito di riflessione o elemento "risolutivo" delle vicende che si succedono. Insomma, è molto importante che l’autrice sia riuscita a non delineare un personaggio alla "Rain Man", il disabile eccezionale che non si incontra mai, anche perché era piuttosto facile cadere in questa trappola, per due ragioni principali: i lettori di riferimento (bambini/ragazzi) e il genere scelto (racconti di finzione e fantasia con illustrazioni).

Caratteristica più evidente dei racconti sono gli intrecci, mai del tutto lineari (non per questo inaccessibili a "giovani intelligenze"), molto ironici, con elementi paradossali e divertenti "scivolamenti" di senso. Terminano sempre con finti resoconti giornalistici delle storie appena concluse, ma questi, invece di chiarire e riassumere i fatti, costruiscono rapporti causa-effetto stravaganti, non plausibili. Molto sarcasmo, infatti, viene dedicato dall’autrice ad un certo modo di fare giornalismo, ai "filtri" che si possono applicare per interpretare, occultare, etc. la realtà.

Un lavoro "pluri-dimensionale", nel quale si sovrappongono e si intrecciano vari livelli di narrazione, vari argomenti, varie riflessioni. Tutti curiosi ed originali.

Aggiungo solo che il Centro Documentazione Handicap di Bologna ha una sezione dedicata alla letteratura per ragazzi, con particolare attenzione a quei testi che in qualche modo parlano di disabilità: venite a trovarci…tra poco troverete anche il libro di Francesca Zammaretti!

Scrivete, come sempre, a claudio@accaparlante.it o cercate il mio profilo su Facebook.

Claudio Imprudente

 

Pubblicato su www.superabile.it

2007

2008

2009

2010

Un percorso bibliografico fra disabiltà e sport

Testi di carattere generale

Coop Accaparlante – Coloplast
SportAbile. Incontro con lo sport
Bologna, Coloplast, 2008
In Italia esiste una vasta gamma di canali per accostarsi a una qualche disciplina sportiva o una semplice attività motoria: SportAbile cerca di fornire un quadro d’insieme di questo panorama tenendo conto che a volte i percorsi d’accesso non sono così codificati e conosciuti. Il testo scorre in successione i soggetti che gestiscono lo sport in Italia, evidenziandone ruoli e funzioni: Coni, Cip, Enti di Promozione Sportiva e servizi pubblici territoriali. Vengono inoltre illustrati 10 sport, spiegati con brevi schede tecniche dai diretti interessati (tecnici e atleti praticanti) e introdotti dal parere di un fisiatra specializzato nella riabilitazione di pazienti sportivi.

Luigi Bertini
Attività sportive adattate
Ponte San Giovanni PG, Calzetti Mariucci, 2005
Si tratta di un manuale che fornisce conoscenze teorico-pratiche e competenze metodologiche e didattiche per l’insegnamento di attività sportive e motorie a persone disabili.

Graziano D’Intino, Stefano Oronzo, Mario Di Marco
L’ordinamento e l’organizzazione delle attività e delle competizioni sportive adattate
Milano, FrancoAngeli, 2005
Come è nato lo sport per tutti? Quali sono le attività sportive adattate? Come vengono organizzate? La storia dello sport per disabili nel contesto italiano e internazionale.

Liliana Bal Filoramo (a cura di)
Disabilità e sport
Torino, Celid, 2007
"Lo sport è parte integrante della vita". Con questa premessa e con l’obiettivo che si possa arrivare a guardare più all’atleta che alla sua disabilità, il volume raccoglie numerosi contributi cercando di stabilire uno scambio di esperienze e di riflessioni che possano contribuire alla diffusione delle pratiche sportive fra le persone con disabilità sia fisiche che psichiche.

Francesco Perrotta (a cura di)
Le scienze dell’educazione motoria e sport in età evolutiva
Trieste, Goliardica, 2006
Il libro affronta il tema dell’educazione motoria di bambini e ragazzi, dalla necessità dell’attività psico-fisica alle varie fasi dello sviluppo infantile, dall’attività psicomotoria ai metodi di insegnamento dell’educazione fisica, facendo particolare attenzione alle tematiche della disabilità.

Luciano Orsatti
Sport con disabili mentali
Roma, Società Stampa Sportiva, 1995
Il libro individua le possibili strategie e fornisce gli strumenti necessari per insegnare a giocare con una palla e a nuotare alle persone con disabilità mentale.

Angela Magnanini
Educazione e movimento
Tirrenia (PI), Del Cerro, 2008
Uno sguardo approfondito sulla dimensione corporea della persona disabile, sul suo incontro con il movimento, le attività motorie e lo sport con l’obiettivo di promuovere percorsi di educazione, integrazione e inclusione sociale.

Ronald C. Adams, Jeffrey A. Mc Cubbin, Alfred N. Daniel, Lee Rullman
Giochi, sport ed esercizi per i disabili fisici

Padova, Piccin, 1988
Il libro analizza il rapporto tra sport ed handicap, in modo coerente con una visione aperta dei problemi della disabilità.

Settore Servizi Sociali della Provincia di Milano, a cura di Giuseppe Castelli
Handicap e sport. L’impegno del centro socio-educativo nelle attività motorie e riabilitative
Milano, Unicopli, 1995
Il testo indirizza l’attenzione verso lo sport per tutti, analizzando l’attività di gioco che, connessa a quella agonistica, costituisce un binomio fondamentale nell’evoluzione della persona. Il volume raccoglie il resoconto di varie esperienze svolte nell’area milanese.

CONI, FISHA Federazione italiana sport handicap, Comitato regionale della Sicilia
Atti del 2° Convegno studi sulle associazioni sportive siciliane per disabili
Palermo, Centro Studi e Documentazione, 1989
La pubblicazione raccoglie le relazioni tenute al convegno, propone le classifiche dei campionati e delle manifestazioni sportive siciliane e una rassegna stampa sul tema, con riferimento agli anni 1988-89.

Michele Allegro
L’ Educazione motoria dei minorati della vista. Il gioco e lo sport
Roma, Armando Editore, 1993
Il volume affronta il tema dell’educazione motoria dei non vedenti ed è diviso in tre parti: la prima esamina, nei suoi diversi aspetti, le varie fasi dell’educazione motoria del bambino cieco, riportando una scheda-tipo di rilevazione dei comportamenti motori. La seconda e terza parte sono, rispettivamente, un’esame dei risvolti socio-psico-pedagogici dell’attività ludica del bambino privo della vista e un’accurata analisi degli sport che oggi vengono praticati dai ciechi, di alcuni dei quali si riportano i regolamenti.

Federazione italiana sport handicappati
Lo Sport come psicoterapia negli handicap
Roma, Coni, 1984
Il testo riporta gli interventi, tenuti al convegno internazionale del 1984, sulle tematiche relative agli sport per le persone disabili.

Carmine Di Pinto
Disabili e sport
Roma, Centro Sportivo Italiano, 2005
Dopo un breve quadro storico e una riflessione sul concetto di corpo e disabilità, il testo si sofferma in particolare sugli sport per i sordi, l’hockey in carrozzina e i giochi sportivi per i disabili mentali.

CONI
L’handicappato e lo sport
Roma, CONI, 1984
Si tratta degli atti di un congresso svoltosi nel 1981 che ha affrontato i problemi medici, tecnici, legislativi e sociali legati alla pratica sportiva per le persone disabili.

Giacomo Viccaro
Qualità della vita e sport per tutti
Sesto Fiorentino, ETS, 2003
Lo sport, come modalità attiva e creativa del tempo libero, può essere un modo positivo per migliorare la nostra vita e per rendere più lieve la nostra giornata. Questo libro presenta non consueti scenari di riflessione, sottolineando al tempo stesso il ruolo significativo dell’educazione e delle istituzioni del territorio.

Donatella Spinelli
Psicologia dello sport e del movimento umano
Bologna, Zanichelli, 2002
Il testo descrive i processi mentali e i meccanismi cerebrali che guidano l’azione, discute di motivazioni ed emozioni riferite all’ambito sportivo, approfondisce la nozione di benessere mentale che segue l’esercizio fisico e descrive tecniche di preparazione mentale mirate a mantenere ad alto livello la prestazione sportiva.

Giovanni Giordano Lanza, Raffaele Pallotta d’Acquapendente, Fabrizio Stoecklin, Domenico Tafuri
Splash acqua sport e salute
Napoli, L’isola dei ragazzi, 1999
Il libro traccia le linee essenziali per programmare un’attività fisica e sportiva sia come prevenzione che come presidio terapeutico.

Luca Michelini
Handicap e sport
Roma, Società editrice Universo, 1991
Il manuale affronta le diverse problematiche legate alla classificazione funzionale e sportiva degli atleti disabili e le modalità e i criteri per la formulazione della certificazione di idoneità alla pratica sportiva.

Silvia Ghirlanda
Sport per tutti… spazio ai disabili
Tirrenia (PI), Del Cerro, 2003
Il testo affronta il tema dello sport per i disabili dal punto di vista educativo e si sofferma sui principali benefici che la pratica sportiva offre, prendendo in considerazione gli sport più diffusi.

Alberto Pellai – Paola Pellai
Giocare con lo sport
Milano, FrancoAngeli, 1998
Cosa vuol dire tenersi in forma? Come crescere un bambino "fisicamente educato"? Come vestire e come alimentare il piccolo atleta? Quali i pericoli dell’agonismo? Come si sceglie la disciplina adatta alle singole caratteristiche psicofisiche? Cosa fare se un bambino ama lo sport? E cosa fare se non lo ama? Risposte precise e semplici per trarre i migliori giovamenti dall’attività motoria sin dalla più giovane età.

Giuseppe Tondelli
Giocare per sport
Milano, Paoline Editoriale Libri, 2002
Partendo dal fatto che si può educare attraverso lo sport e i momenti di gioco, l’autore forte di una pluriennale esperienza in ambito scolastico, sportivo e oratoriale, propone giochi di semplice attuazione e ne analizza i risvolti didattici.

Paolo Siccardi
Disabilità e sport
Bergamo, 2004
Partendo da un’analisi delle principali definizioni relative alla disabilità, la tesi focalizza poi l’attenzione sul binomio disabilità-sport, analizzando sia lo sport agonistico sia quello che valorizza l’accessibilità e l’integrazione.

Carlo Salvitti
La pratica dell’attività motoria con disabili mentali adolescenti e adulti
Tirrenia (PI), Del Cerro, 2001
L’autore vuole sottolineare l’importanza del movimento nel processo di riabilitazione e recupero di giovani e adulti; prende in esame vari aspetti della pratica dell’attività motoria e offre suggerimenti per organizzare in modo corretto una lezione di attività motoria. Analizza inoltre il trattamento psicomotorio e la musica e gli effetti benefici di un’interazione fra questi due strumenti.

Andrea Mannucci
Comunicare con la mente e il corpo
Tirrenia (PI), Del Cerro, 2003
Una riflessione sul rapporto mente-corpo alla ricerca di una piena integrazione fra questi due elementi. Dalla danzaterapia all’attività sportiva, dalla sessualità al dolore e alla malattia per ritrovare una parte di se stessi.

Piovano Giuseppe e Luca
Manuale del Medico dello Sport
Padova, Piccin, 1987
Il volume si occupa di tutti gli aspetti della medicina dello sport soffermandosi brevemente anche sulle problematiche legate alla disabilità.

Legislazione, aspetti tecnici

Graziano D’Intino, Stefano Oronzo, Mario Di Marco
L’ordinamento e l’organizzazione delle attività e delle competizioni sportive adattate
Milano, FrancoAngeli, 2005
Come è nato lo sport per tutti? Quali sono le attività sportive adattate? Come vengono organizzate? La storia dello sport per disabili nel contesto italiano e internazionale.

Gruppo di studio Direzione e definizione della ricerca, Marco Marchetti, Centro di riabilitazione Neuromotoria S. Lucia
Idoneità allo sport agonistico per atleti su sedia a ruote
Roma, Centro Ricerche, 1992
La messa a punto di una metodologia specifica per l’accertamento della idoneità allo sport agonistico di atleti paraplegici rappresenta un ulteriore passo verso la conquista della parità di dignità e di diritti dei disabili nello sport e nella vita sociale. L’ufficializzazione da parte del CONI dell’attività e dell’organizzazione sportiva dei disabili rappresenta uno strumento decisivo per consentire loro di vivere nel concreto dell’esperienza i principi e gli ideali sportivi oltre che la possibilità di contare sulle stesse opportunità di realizzazione personale e sociale, che sono a disposizione degli altri cittadini.

FISHA , servizio promozione sportiva
Centri di sport Terapia. Guida tecnica di atletica leggera, pallacanestro, nuoto per paraplegici, cerebrolesi, amputati e poliomielitici
Roma

Roberto Girelli
Atleti più
Verona, Edizioni G.A.L.M. , 1987
Il volume esamina le problematiche, la preparazione psico-fisica e l’attività sportiva delle persone paraplegiche.

Riabilitazione

Arrigo Broglio, Barbara Della Casa, Monica Zanchi
Il bambino disabile in acqua
Milano, Franco Angeli, 2009
Dopo aver analizzato le relazioni del bambino disabile con il mondo che lo circonda e con i suoi educatori, gli autori si soffermano sul percorso di adattamento all’ambiente acquatico e forniscono una serie di proposte operative pensate specificatamente per diversi deficit.

Angela Ravioli
Il cavallo e l’handicap. La riabilitazione equestre nei suoi aspetti psico-pedagogici e terapeutici nei soggetti handicappati
Bologna, 1989
In questa tesi è presa in esame la rieducazione equestre. Sono indicati i tipi di deficit che possono essere recuperati con la riabilitazione equestre, i metodi e i risultati ottenuti.

ANIRE Associazioni Nazionale Italiana per la rieducazione Equestre e l’equitazione ricreativa per handicappati, Guya Mina
La guida individuale nella fase presportiva della rieducazione equestre
Milano, 1982
L’opuscolo fornisce indicazioni di base per la rieducazione equestre, dall’abbigliamento al lavoro con il cavallo e ai vari esercizi possibili.

Antonella Capponi, ANIRE
Riabilitazione equestre: Aspetti neurologici dell’età evolutiva
Milano, ANIRE, 1979
Il libro esamina le caratteristiche della riabilitazione equestre con particolare attenzione alle possibili applicazioni con i disabili mentali.

Rene De Lubersac, Hubert Lallery
Rieducare con l’equitazione
Milano, IGIS edizioni, 1977
Gli autori illustrano le caratteristiche della rieducazione equestre, i suoi aspetti terapeutici, le tecniche (dalla messa in sella alle diverse andature), soffermandosi anche sul cavallo e i finimenti.

Maria Elda Garri, ANIRE associazione nazionale italiana rieducazione equestre
Riabilitazione equestre: Componenti psicologiche e neuromuscolari
Milano, 1981
Si tratta dell’estratto di una tesi che analizza le componenti riabilitative psicologiche e neuromuscolari della riabilitazione equestre, accompagnandole con l’esame di alcuni casi concreti.

Nadia Vincenzi
L’acqua come guida per l’educazione e la riduzione dell’handicap
Bologna, 2002
La tesi analizza le varie possibilità educative offerte dell’acqua, come elemento simbolico e reale. In particolare si sofferma su alcuni percorsi di gioco in acqua alla ricerca di relazioni significative e di comunicazione.

Esperienze

Andrea Stella
Due ruote sull’oceano
Milano, Longanesi, 2006
Aggredito negli Stati Uniti senza apparenti ragioni, l’autore si ritrova senza l’uso delle gambe costretto a fare i conti con prospettive di vita completamente cambiate. Appassionato sportivo, trova una strada per riappropriarsi della propria vita nella vela (fino alla traversata atlantica a bordo di un catamarano accessibile) e nella progettazione di scuole.

Claudio Arrigoni
Paralimpici. Lo sport per disabili: storie, discipline, personaggi
Milano, Hoepli, 2006
La storia dello sport per disabili, classifiche, regolamenti, foto ma soprattutto le storie degli atleti disabili. Più chiavi di lettura dunque per un libro che può essere utilizzato come un manuale ma anche letto come un romanzo in cui si intrecciano vicende personali unite da una sola passione, quella di gareggiare.

Claudio Marcello Costa, Alessandro Zanardi
Alex guarda il cielo. Il mito dell’uomo antico. Le fiabe degli eroi moderni
Milano, Fucina, 2006
Dalla propria esperienza di assistente medico alle corse di moto e dalla propria vicenda personale, Costa e Zanardi scrivono un libro di fiabe di eroi moderni, tutti legati al mondo delle corse.

Mariapia Martino, Nando Tonon
Cento parole per lo sport. Disabili in pista
Torino, Elena Morea, 2006
Il libro raccoglie le testimonianze di atleti disabili che hanno partecipato ai Giochi paralimpici di Torino 2006 insieme a quelle di altri atleti che raccontano le loro esperienze sportive.

Maurizio Crosetti
Fuori di pallone
Torino, Ega, 2008
“Questo libro racconta storie di persone. E più che raccontarle le mostra, perché un’immagine vale più di mille parole. […] Giocano, perché questo è già quasi tutto. Siccome non stanno bene, giocano per stare meglio. Siccome a volte sono un po’ soli, giocano per non esserlo. Giocano a pallone, anzi a calcio”. Malati di mente, o ex malati. Con loro educatori, infermieri, psicologi… Otto squadre per un campionato di calcio in piena regola.

Fabrizio Macchi
Più forte del male
Casale Monferrato (AL), Piemme, 2007
“Professore, procediamo pure all’amputazione”. Dopo tante operazioni e cicli di cure pesantissime che non risolvono i problemi alla sua gamba sinistra aggredita da un tumore osseo, Fabrizio Macchi a soli 16 anni decide del suo futuro. Record mondiale dell’ora di ciclismo, numerose medaglie nello sci, nel canottaggio e nell’atletica leggera, vincitore di tre maratone di New York, racconta la sua storia con partecipazione e passione, rivolgendosi al figlio (e a tutti i lettori) cui trasmette il suo amore per la vita.

Giuseppe Montagna
Gare parallele
Roma, Sovera, 2007
Quando all’autore, appassionato di auto storiche, viene diagnosticato il morbo di Parkinson, trova proprio in questa sua passione la forza per reagire. Attraverso fatti, pensieri e dialoghi, il libro racconta la sua partecipazione alla Mille Miglia.

UISP comitato Provinciale di Bologna
Handicap in movimento: L’intervento di attività motorie degli operatori dell’Uisp con i ragazzi (Bologna 1977/1983)
Bologna, UISP, 1983
Il volumetto documenta una ricerca legata ad un intervento svolto con ragazzi disabili cui sono state proposte attività di palestra e piscina.

Lorenzo Schiavina, Anna Bazzanini, Linda Rumiatti, Renzo Pomelli, ANFFAS Gruppo sportivo Terapeutico di Ferrara
Sport e handicap : Risultati di un’ esperienza di attività motoria con ragazzi portatori di handicap
Ferrara, 1985
Il volumetto propone i risultati del lavoro di un gruppo sportivo terapeutico con ragazzi disabili e le esperienze di lavoro in piscina, in palestra e in maneggio, accompagnando le descrizioni con numerose foto.
Amministrazione provinciale di Alessandria.

Amministrazione comunale di Alessandria, CONI Comitato Provinciale Alessandria
Insieme. Un modo di essere : Documentazione sull’esperienza biennale per l’inserimento dei portatori di handicap nei centri Olimpia
Alessandria, 1987
Lo sport deve dare ai disabili gli stimoli necessari per poter acquisire le autonomie motorie di base tali da offrire una partecipazione alla vita sociale. Per questo vanno attuati programmi per lo sviluppo delle capacità contro l’emarginazione. In questa ottica il progetto H iniziato nel 1985 dalla Provincia di Alessandria e dal CONI vogliono essere una prima esperienza diretta al recupero attraverso l’attività motoria con l’inserimento di portatori di handicap nell’attività del Centro Olimpia. Il volume è la testimonianza di questa esperienza e del suo interesse suscitato a livello nazionale.

Amministrazione Provinciale di Alessandria
Insieme. Un modo di essere : Conclusioni sulla sperimentazione per l’inserimento dei portatori di handicap nei Centri Olimpia . Volume II
Alessandria, 1989
Conclusioni sulla esperienza biennale presso il Centro Olimpia

Fabrizio Macchi
Io non mi fermo
Milano, Libreria dello sport, 2003
"Io corro. E’ più forte di me. E’ dentro di me. Corro con le mie stampelle, da sempre, mi ci è voluto un giorno si e no per capire come funzionano. Pensate, per fermarmi mi hanno persino tagliato una gamba. Ma io non mi fermo, e detto così potrebbe anche essere il titolo di un libro". La storia vera di un atleta determinato e innamorato della vita.

Hirotada Ototake
Nessuno è perfetto
Milano, TEA, 2001
Oto è nato senza braccia e senza gambe ma non si è mai sentito un disabile.Al contrario; ha frequentato scuole regolari, ha fatto sport e si è impegnato nella battaglia per i diritti dei disabili che la società giapponese ha sempre cercato di nascondere. Il libro racconta come è riuscito a vincere una sfida dopo l’altra.

Fabrizio Galavotti
La grande occasione
Bologna, Alberto Perdisa editore, 2002
Un diario divertente che si legge tutto d’un fiato e ci fa partecipare ad una selezione sportiva e ad un torneo di hockey per disabili mentre diventiamo improvvisamente consapevoli che, come dice Fabrizio, ”è solo un problema fisico. Null’altro. Siamo normali, normali ragazzi che aspettano la loro magia. Una grande occasione appunto”.

Gian Carlo Tusceri, Jeff Onorato
Il Figlio del vento
La Maddalena, Paolo Sorba Editore, 1999
Il libro riporta la storia, raccontata direttamente dal protagonista, di una disabilità acquisita, della fatica di accettare una condizione di vita tutta diversa e soprattutto delle strade possibili per condurre una vita soddisfacente che porteranno il protagonista a notevoli successi in campo sportivo.

Antonio Franceschetti, Francesco Soncini
L’apollo sportivo
Torino, Casa Editrice A. & C., 1984
L’intenzione del poeta, che si serve dell’umorismo per risuscitare ricordi lontani ma non dissolti, è di regalare un sorriso agli ospiti della Pro Juventute di Parma. Il poema umoristico è incentrato sulle performances di atleti disabili aderenti alla Polisportiva Don Gnocchi.

a cura di Associazione volontari “ il cavallo bianco “, Polisportiva De Rossi, Associazione Volontari Progetto Insieme
Tutti in campo per una città multiculturale
Roma, 1994
A Roma è stato avviato ormai da tempo un percorso di integrazione socio-culturale di persone portatrici di handicap psichico e psichiatrico, soprattutto nello sport e nel tempo libero. L’opuscolo offre la presentazione delle maggiori associazioni che operano in questo campo sul territorio di Roma.

Sezione sportiva handicappati Persiceto, Bologna
Attività motorie per portatori di handicap
San Giovanni in Persiceto (Bo)
, 1991
L’opuscolo presenta la sezione sportiva per le persone disabili nata dalla Società Ginnastica Persicetana, ne descrive gli obiettivi e le attività, accompagnandole con numerose foto.

a cura di Mauro Borsarini, Società Ginnastica Persicetana, sezione sportiva handicappati Persiceto
Attività motoria per portatori di handicap – 1994
Bologna, 1994
La società di ginnastica Persicetana presenta in questo opuscolo il lavoro fatto con i ragazzi disabili della sezione sportiva handicappati Persiceto, costituitasi nel 1990. Operatori preparati seguono i giovani disabili consentendo loro di esprimersi nella attività motoria in palestra attraverso diverse iniziative quali giochi, esercizi fisici con accompagnamento musicale.

Stefano Melani
Al di là della Marmolada
Pontecchio Marconi (BO), Digigraf, 2007
“Io continuerò ad arrampicarmi arrivando in vetta alle montagne. Solamente lassù sono e sarò un uomo libero, libero nel vento. Non importa riuscire a conquistare la vetta più alta del mondo, l’importante è essere lassù”. Stefano Melani, affetto da paraparesi spastica,
con questa raccolta di foto e pensieri di e delle sue esperienze di arrampicata racconta il sogno di una vita, la fatica di un’impresa e la soddisfazione dell’arrivo.

Provincia di Reggio Emilia
Posso fare tutto anche questo
Reggio Emilia, Consulta Reggio Emilia, 2006
Il libro propone un’analisi degli aspetti più propriamente sportivi ma anche di quelli di natura ricreativa, riabilitativa e fisica in genere legati alla pratica sportiva delle persone disabili nella provincia reggiana.

Gianfranco Ratti, Giorgio Pini, Davide Ratti (a cura di)
Quelli che non….
Viareggio, Mauro Baroni, 2001
Il racconto di un progetto che riunisce intorno al pallone bambini e ragazzi a prescindere da sesso, nazionalità, condizioni sociali, fisiche o mentali e che ha permesso a chi aveva scarse opportunità di trovare occasioni di crescita fuori dai luoghi istituzionali.

Discipline sportive

Vittorio Gazale, Aldo Torti, Claudio Purcu
Tutti al mare – subacquea e disabilità in Sardegna
Cagliari, Cuec, 2008
Un viaggio tra le più belle spiagge della Sardegna, dall’Asinara alll’arcipelago della Maddalena, convinti che le barriere non sono nel mare ma nel tratto di terra che il mare lambisce. Una riflessione sull’accessibilità e il turismo per tutti con numerose segnalazioni e un particolare approfondimento sulla subacquea per persone disabili.

Maria Lopes
Con tutte le mie forze. Sport e disabilità: una realtà possibile
Pinerolo (TO), Alzani, 2004
Il volume raccoglie numerose fotografie di persone disabili mentre praticano diverse attività sportive.

Salvatore Visalli, Giorgio Sozzi, Mariella Vizzardi
Judo per disabili psichici
Padova, Piccin, 1997
Il volumetto ripercorre la storia del judo soffermandosi in particolare sulle potenzialità di questa disciplina sportiva per le persone con disabilità psichica per le quali ha valenze molto positive.

a cura di Francesco Gheza, Umberto Dell’Acqua, Isidoro Brugnoli, Federazione Italiana Sport Invernali Commissione Scuole e Maestri, Provincia autonoma di Trento, Assessorato Istruzione
Sci e handicap
Trento, Nuova Stampa Rapida, 1983
Il libro documenta il I corso di orientamento e formazione professionale per l’insegnamento dello sci alpino e nordico agli handicappati.

Duccio Piras, Alvaro Carboni
Il Basket in carrozzina
Roma, Marchesi Grafiche Editoriali, 1999
Un libro tutto dedicato al basket in carrozzina che affronta sia gli aspetti teorici di questa disciplina (storia, regolamenti…) sia quelli pratici. Vengono infatti esaminate tutte le metodologie di allenamento, la difesa, l’attacco che sono tutte corredate da foto e schemi tattici.

Massimo Porcini
Sport handicap. La guida più completa alla pratica sportiva per disabili
Milano, Sperling & Kupfer, 1995
Dall’atletica leggera al nuoto, dalla vela allo sci: in questo libro, arricchito da numerose fotografie, viene proposta una interessante panoramica sulle discipline sportive in cui possono cimentarsi le persone disabili, con indispensabili informazioni sulle organizzazioni e sulle federazioni sportive del settore.

Francesco Moroni
…Attenzione…acqua alta…! Attività motoria in palestra e in piscina con soggetti disabili
Urbino, 1999
La tesi di diploma è incentrata su di un centro socio educativo per disabili: dopo una descrizione del centro e degli utenti, l’autore esamina le attività motorie in palestra ed in piscina, le finalità educative, la metodologia ed i contenuti delle esperienze svolte.

Durante L. , Ferrero V., Marchetti M., Tedeschi A..
Sportivamente abili : guida metodologica per gli operatori delle attività sportive adatte ai disabili
Roma, Aranblu Editore, 2001
Nella prima parte di questa guida si tenta di rileggere, in una prospettiva storica, l’inclusione delle persone disabili nel mondo dello sport come il passaggio dall’emarginazione all’accoglienza sociale. Nella seconda parte vengono illustrati i contenuti e i motivi di una proposta sportiva e si offre una sintesi delle principali discipline sportive praticate da atleti disabili. Gli autori dedicano poi alcune riflessioni alla promozione dell’attività sportiva e concludono con un piccolo glossario che riprende in maniera sintetica alcuni dei principali concetti esposti nel libro. Al testo è allegato un floppy disk che approfondisce alcuni spunti.

Massimo Moschini, Luciano Orsatti
Tennis & handicap. Il tennis con soggetti portatori di handicap mentali e fisici
Roma, Società Stampa Sportiva, 1995
Il libro affronta tutti gli aspetti tecnici e metodologici relativi alla preparazione di atleti disabili con particolare riferimento al gioco del tennis occupandosi anche dell’abbattimento delle barriere, non solo architettoniche ma anche psicologiche che ostacolano la piena integrazione delle persone con deficit.

Duccio Piras, CONI, Federazione Italiana Sport Handicappati, Scuola dello sport.
Elementi di pallacanestro in carrozzina : Appunti tecnici per I corso F.I.P.- F.I.S.Ha. per tecnici regionali di basket
Tivoli (RM), 1982
Il libro propone un’analisi del basket per disabili motori, esaminando i vari deficit e le caratteristiche specifiche di questo sport.

Giammario Missaglia
Green sport
Molfetta, La Meridiana, 2002
Il testo introduce alla conoscenza dell’ecorientering, un avvincente gioco dell’esplorazione e della conoscenza della natura.

CIP
Il Mito e la passione – momenti dell’Italia alle Paraolimpiadi
Roma, CIP, 2005
Il volume raccoglie le foto scattate nel corso delle Paraolimpiadi di Atene nel 2004.

Alberto Iocchi
Torontolympiad
Roma, 1978
Il volume raccoglie una ricca documentazione fotografica delle olimpiadi per disabili di Toronto.

Giuseppe Scanabissi
Quattro anni di wheelchair hockey
Bologna, L’Indice, 2001
Aggiornamenti, cronache, commenti, entusiasmo, aspettative, delusioni di quattro anni di weelchair hockey vissuti e raccontati da un protagonista.

Mariana Beretta, Agnese Mosconi
Un canestro che aiuta
Cappella Cantone (CR), Il Galleggiante, 2001
L’opuscolo documenta, soprattutto attraverso le foto, un’esperienza di attività sportiva con ragazzi disabili.

Alessandro Grossi
Subacquea: Una sfida verso la riduzione dell’handicap
Bologna, 2002
Partendo dall’esposizione degli effetti benefici dello stare in acqua, la tesi esamina le possibilità dell’attività di nuoto subacqueo, in particolare per le persone con disabilità.

Andrea Sassoli
Trail-O. Un sentiero per l’integrazione
Bologna, 2002
Il testo esamina la pratica sportiva del Trail-Orientering, cioè dello sport d’orientamento e la sua applicazione anche con persone disabili.

Giovanni Boni
Prima giornata di ricerca scientifica applicata agli sport del basket in carrozzina e dello squash
Foligno, 1999
L’opuscolo illustra un modello di valutazione funzionale per gli atleti disabili che praticano il basket in carrozzina e lo squash.

Marco Calamai
Pallacanestro e Handicap
Ferrara, Amministrazione Provinciale di Ferrara, 1999
Il volumetto riporta un’esperienza di pallacanestro sperimentale con ragazzi disabili e dà alcune indicazioni sulle possibili tecniche di gioco.

Michelangelo Gratton
Neve, ghiaccio ed emozioni
Torino, CIP, 2006
Il libro raccoglie le foto degli atleti disabili che hanno partecipato alle paraolimpiadi di Torino nel 2006.

Per i bambini

Vinicio Ongini
Dorando Pietri e gli altri. Storie di sport e di Olimpiadi
Roma, Sinnos, 2008
Come mai Maradona cominciò a giocare a pallone? Com’era Platini da piccolo? E qual è stata la prima bicicletta di Coppi? Sei storie che fantasticano sulla vita di grandi campioni e che offrono ai bambini la possibilità di riflettere sul mondo dello sport, i suoi pregi e i suoi difetti.

Vinicio Ongini
Fiabe di sport
Milano, Mondadori, 2003
Sei storie, sei eroi. sei leggende dello sport raccontate in forma di fiaba: ed ecco che la bici di Coppi viene rubata dai fratelli De Sica, famosi ladri di biciclette e Dorando Pietri corre accanto ad un africano scalzo mentre il bambino Dieguito fa centomila palleggi.

Svjetlan Junakovic
Faccio sport
Zurigo, Bohem Press, 1999
Uno zoo alquanto pazzo, in cui ciò che appare non è, e quello che veramente accade sembra tutt’altro… Un’anatra alle prese con il ping-pong, un pesce spada usato a mò di freccia, una giraffa cestista, un criceto agli anelli, un ippopotamo invalicabile portiere di calcio, un topolino golfista, un elefante sui pattini nell’hockey, un delfino nuotatore. un ragno alle prese con la rete da pallavolo, una rana nel salto in alto ed infine una castoro tennista.

Una televisione che terapia

 

“La salute è la possibilità per i cittadini di fruire del diritto alla vita autonoma, con quel che essa comporta di fattori ”determinanti”, quali la salute psicofisica, l’avere un lavoro adeguato,la sicurezza nel luogo di lavoro, la disponibilità di un’abitazione dignitosa, l’inclusione sociale, l’accesso alla formazione, la possibilità di sperimentarsi come soggetto sociale attivo. Ora, in questi anni, la tutela della salute sembra confinarsi prevalentemente nella dimensione specificatamente sanitaria, al punto da poter parlare di un crescente processo di“sanitarizzazione”, soprattutto per alcune fasce sociali più fragili, incentrato sulla cura più che sulla prevenzione, a livello individuale più che a livello sociale. Tutto questo a scapito di domande inevase sulla salute, vista nell’insieme dei suoi determinanti e delle condizioni – politiche, economiche, organizzative – che creano “ambienti” in cui anche il cittadino può avere cura della propria salute. Da qui l’urgenza di contrastare il rischio che l’investimento pubblico sulla salute si limiti prevalentemente alle politiche sanitarie, senza tener conto della necessità di congruenti ed integrate politiche sociali di intervento. Senza un organico sistema di servizi sociali e educativi, molti problemi generati nel sociale vengono a sovraccaricare i servizi di area sanitaria. In tal modo il rischio è una “delega” al mondo sanitario e ai suoi paradigmi di intervento, con la conseguenza di appesantire il “sistema”. Il seminario si pone l’obiettivo, con il contributo di esperti del settore, di avviare una riflessione ed un confronto su questi temi per ricercare un possibile equilibrio tra diritti di cittadinanza e diritto alla cura”. Con queste parole si presenta il Seminario/Convegno “Nuovi sguardi di salute tra diritti di cittadinanza e diritto alla cura. Ipotesi per contrastare la sanitarizzazione dei cittadini fragili”, che si è tenuto a Torino il 25 febbraio p.v. presso l’Istituto Rosmini (informazioni e iscrizioni su http://www.aress.piemonte.it/Download/eventi/2010/2502102_torino.pdf ).

Come sapete, sono tra i più strenui sostenitori di un approccio non monodimensionale alle disabilità, in particolar modo se questo si presenta come approccio medico, sanitario, assistenziale: per cui è con molto piacere che ho preso spunto dal convegno di cui sopra per comporre questo articolo (a proposito, probabilmente potete chiederne gli atti). Ma c’è una ragione ulteriore, legata ad un “evento” molto significativo, anche per la “salute” della nostra TV pubblica. Mi riferisco alla messa in onda, ad inizio febbraio, del film “C’era una volta la città dei matti” di Marco Turco, che ripercorre, a trent’anni dalla morte, le vicende di Franco Basaglia (padrino della legge che impropriamente porta il suo nome) e descrive in modo molto vivido la condizione di chi, in quegli anni, era chiuso all’interno delle istituzioni manicomiali, davvero, allora, istituzioni totali.

Difficile trovare esempi di “sanitarizzazione” a senso unico più lampanti. Difficile anche nominare le pratiche manicomiali del tempo come semplice “sanitarizzazione” (suona eufemistico), ma in fondo di questo si trattava, di un approccio univoco ed sclusivo che, invece di curare, mirava quasi unicamente alla sua autoconservazione e, con essa, all’autoconservazione dell’istituzione e di che vi lavorava. Insomma, le terapie pre – ‘78 (prendiamo questa data come punto di riferimento, anche se poi ci volle del tempo, e ancora ce ne vuole in certe situazioni e territori, perché la situazione subisse un cambiamento effettivo) servivano più ai dottori che ai pazienti. I quali, schiacciati da questo meccanismo, non riuscivano nemmeno ad immaginare dinamiche e comportamenti diversi.

Mi ha colpito molto la scena in cui un paziente, letteralmente slegato dal letto da parte di Basaglia e dallo stesso invitato ad uscire, al ritorno chiede di essere legato nuovamente: dal momento che nessuno dell’equipe medica poteva assecondare questa richiesta, contraria ai principi a cui le idee e le pratiche basagliane si ispiravano, lui lo fa da solo. Senza che nemmeno ci fosse “bisogno”, ovvero… “il pazzo non stava dando in escandescenza”. Una scena semplice, a suo modo, ma che mostra con una sintesi tutta cinematografica quanto la volontà e le idee altrui, in un contesto di chiusura, violenza e sopraffazione, possano diventare nostre, nostro malgrado, e, di più, nonostante ci impongano uno stato di segregazione, coercizione e umiliazione. Del resto, dal film, si capisce quante resistenze lo stessa Basaglia abbia dovuto superare all’interno della cerchia dei suoi colleghi e nelle istituzioni, ancor prima che nel tessuto sociale: gli infermieri lo consideravano pazzo alla stregua degli altri pazienti in custodia…

Al di là del giudizio che si può dare rispetto alla qualità del film, che a mio avviso è comunque e complessivamente alta, dobbiamo dare atto alla RAI di averlo mandato in onda mentre è ancora in discussione un disegno di legge molto controverso, il c.d. Ciccioli, dal nome del parlamentare che l’ha proposto: una coincidenza significativa e, mi piace pensarlo, non fortuita. “C’era una volta la città dei matti”, lo ripeto, è inoltre un esempio davvero forte di quanto la televisione (in particolare quella pubblica) potrebbe proporre e solitamene evita accuratamente:ovvero occasioni che, senza essere didascaliche o pedagogiche in senso stretto, non temono di affrontare certe tematiche, di invitare alla riflessione e ad un atteggiamento critico, ricoprendo (e riscoprendo) un ruolo quasi terapeutico…anche verso la televisione stessa!

Un grazie, postumo, a Basaglia e a chi ha contribuito ad affermare le sue idee: questo ha portato ad un cambio di paradigma radicale, che ha contribuito non poco a passare da una società “della malattia” ad una società “della persona”. E non è poco…

Attendo i vostri commenti, all’articolo e al film: scrivete come sempre a claudio@accaparlante.it o cercate il mio profilo su Facebook.

Claudio Imprudente

Pubblicato su www.superabile.it