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Autore: admin

La profezia del Signor G. , Superabile, Febbraio 2013

Purtroppo o per fortuna ci risiamo. Il 24 e 25 febbraio siamo chiamati ad esprimere il nostro parere, a contribuire alla nostra democrazia. Decidere chi ci governerà per i prossimi cinque anni (o forse, come la storia recente ci insegna, per qualcosa di meno…). A regnare sovrano più che il popolo oggi è la confusione, e, com’è tipico del made in Italy, ci ritroveremo la scheda elettorale colma di simboli e nomi. Io non sono qui a dare consigli o indicazioni, anzi, ammetto di essere il primo a trovarmi disorientato.

Così ho iniziato a leggere i programmi elettorali dei vari partiti, mettendo a fuoco il termine "disabilità". Chi ne parla e come ne parla? Quali sono i progetti e i programmi per le persone non autonome o, più in generale, con handicap? Chiaramente mi limiterò a citare le proposte delle coalizioni più moderate, di centro, di destra e di sinistra. A ben vedere, qualcosa in comune tra tutti i programmi c’è: la disabilità è quasi sparita. Tanto da ricordarmi la poesia del Signor G., Cos’è la destra, cos’è la sinistra?

Ma entriamo nel dettaglio: nell’ "Agenda Monti" non si trovano riferimenti specifici sulla disabilità, nel sito del PD troviamo un poco dettagliato richiamo all’uguaglianza e ai diritti degli "ultimi". Il Pdl infine proclama "Sostegni straordinari alle famiglie per l’assistenza ai disabili e agli anziani non autosufficienti", senza chiarire dove trovare i fondi e come impiegarli concretamente.

E’ comprensibile la crisi mondiale, così come la "scomodità" intrinseca alla disabilità ma, francamente, qualche idea più concreta dalle grandi coalizioni che si apprestano a governare il paese, me la sarei aspettata.

Nonostante tutto quella domenica sarò in una cabina elettorale, pronto a far valere, per quanto possibile, il mio diritto di voto che, come si dice spesso anche se pare retorico, è anche un dovere verso la democrazia e la nostra bellissima Costituzione. Sperando che, una volta occupate le poltrone, non ignorino il mondo della disabilità e del welfare in generale.

Mentre cerco la mia tessera elettorale mi faccio aiutare ancora dal Signor G. … votare sì, nonostante tutto. Perché la libertà è partecipazione.

Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina facebook. (Claudio Imprudente)

(18 febbraio 2013)

La carrozzina sulla vetta, Superabile, Febbraio 2013

Mi sono sempre chiesto quanto fosse alto il celebre colle bolognese che ospita il santuario di San Luca, con il suo porticato uno degli storici simboli della città, una salita così ripida tanto da far invidia al passo del Pordoi… A darmi i numeri ci ha pensato Carlo Venturelli, programmatore informatico con tetraparesi spastica, che, non per pellegrinaggio ma per sfida, ha affrontato i tornanti del colle fino a toccarne la cima.
Quest’impresa, insieme alle piccole battaglie e conquiste della sua quotidianità, Carlo ce le racconta in un libro “Uno barra ventiquattro”, un’autobiografia leggera e senza pretese sulla vita di una persona disabile qualsiasi, a partire dalle difficoltà di tutti i giorni fino a riflettere su grandi temi d’attualità come l’eutanasia e il rapporto tra Chiesa, Stato e disabilità. E’ un paradosso ma Carlo ama definirsi “un uomo con i piedi ben piantati per terra” e io, che lo conosco dai tempi delle scuole speciali, posso confermarlo.
Carlo ha sempre rifiutato i sensazionalismi, riconoscendosi piuttosto in conquiste semplici e comuni come il conseguimento della Laurea in Scienze Politiche, il matrimonio e la successiva apertura di un’agenzia pubblicitaria insieme agli amici dell’Università.
“Una barra ventiquattro” è la testimonianza di quest’impegno, una vittoria concreta come i 289 metri raggiunti spingendo su quelle impervie pendenze la sua carrozzina.
Nelle settantadue pagine del suo libro Carlo ci mostra tutta la sua ironia e il suo attivismo da provocatore. Provocatore che sfida il buonismo e i cliché sulla disabilità. Uno stimolo a non arrendersi. Perché, per cambiare la prospettiva del mondo, è necessario rischiare.
Un altro nostro illustre concittadino, l’eterno ragazzo, direbbe che solo uno su mille riesce. E’ proprio vero Gianni la salita è dura, ma con coraggio e determinazione tutti possono scalare le montagne. Non solo uno su mille.
E voi, quali “montagne” avete domato?
Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina facebook.
Claudio Imprudente

 

Un naso rosso per uscire dalle fogne, Superabile, Febbraio 2013

Questa è la storia di una tartaruga ninja in carne ossa, cominciata in Romania nei primi anni Novanta, quando dopo la caduta del noto dittatore Nicolae Ceau?escu i bambini e i ragazzi rinchiusi negli orfanotrofi si sono riversati nelle strade, cercando riparo nelle fogne e nei sotterranei di Bucarest, dedicandosi a piccoli furti e costretti a prostituirsi per sopravvivere. Una storia triste e controversa che molti di voi conosceranno già, raccontata più volte in diversi contesti nonché in un pluripremiato film, Parada, presentato al Festival del Cinema di Venezia nel 2008. A dare luce alla vicenda un inaspettato lieto fine, complice l’incontro con la personalità energica e indimenticabile del clown franco algerino Miloud Oukili. Grazie all’arte circense Miloud è riuscito a stanare i ragazzi dai loro nascondigli e a portarli di fronte alla città, facendone giocolieri e attori di una vera e propria compagnia, Parada per l’appunto, in nome dell’omonima associazione che lo ha accompagnato nella sua avventura in Romania e successivamente in Italia e in giro per l’Europa.

Parada è attiva tutt’oggi e molti di quei "ragazzini delle fogne" sono diventati artisti di fama internazionale, protagonisti di percorsi a cavallo tra circo teatro e attività di inclusione sociale.

Qualche giorno fa, al Centro Documentazione Handicap, ne ho incontrato uno, Daniel Romila, da noi in visita per prepararci allo spettacolo Casa Dolce Casa, cui abbiamo assistito nell’ambito del progetto "La Quinta Parete-Lo spettatore è uno sguardo che racconta". Dan si è dimostrato un clown, un animatore e un giocoliere, nonostante la sua disabilità a entrambe le mani, di grande rigore e poesia, un volto, il suo, che porta i segni della storia come il candore dei primi attori del muto, uno per tutti Buster Keaton. Una vera e propria tartaruga ninja che grazie alla sua corazza, fatta di dolore e risate, relazione e magia, ha saputo davvero uscire dalle fogne e con il suo straordinario esempio far uscire anche noi.Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina facebook. (Claudio Imprudente)

 

L’atleta e il mendicante, Il messaggero di Sant’Antonio, Febbraio 2013

Il mese scorso dicevo la mia su uno «scandalo» che riempie, in maniera sempre più evidente, le strade e le piazze della mia amata Italia. Non so se lo ricordate, ma avevo citato a tal proposito, così come viene narrato nel Vangelo di Marco, l’episodio che ha per protagonista Bartimeo, a mio parere una delle figure più belle e significative delle Scritture per riflettere su temi come relazione e integrazione.
Riprendo ora la sua storia perché, al di là della vicenda in sé e per sé, ci ha permesso di cominciare in sordina ad affrontare un altro problema a me caro, già sotto gli occhi di tutti e, con la crisi e la crescita dell’immigrazione, in palese aumento. Sto parlando del fenomeno del mercato dell’elemosina, dei mendicanti ai semafori e ai bordi delle nostre strade, dei dormitori pieni fino all’inverosimile. «Storpi», giovani e anziani, che giocano sull’impatto umano creato dalla loro disabilità per elemosinare la vita. Poco tempo fa ho visto su una rete Rai un approfondimento sul racket, in cui veniva sottolineato come a un maggiore deficit fisico corrisponda un maggiore «incasso» giornaliero.Mi chiedo sempre, a questo proposito, quanto il concetto e l’aspetto del corpo incidano nell’immaginario collettivo. Se vi ricordate, con Bartimeo avevamo cominciato a entrare nella questione in termini di «posizione», a partire, cioè, dal luogo fisico da cui si alza la richiesta di aiuto del cieco. Ora dobbiamo fare un salto in più, e co­minciare a guardarlo da vicino non solo come il «corpo-emblema» della sfida relazionale, ma come «corpo-vivo» della mancanza e del desiderio.

Che meccanismo scatta dentro di noi quando vediamo un uomo privo degli arti superiori e inferiori? Ne ho parlato tanto, eppure rimane vivo in me il ricordo delle Paralimpiadi londinesi e delle loro positive conseguenze culturali, figlie, al solito, del contesto. Immaginate un corpo mutilato, senza gambe e con un solo braccio, strisciare per le vie del centro storico della vostra città. Ora immaginate lo stesso corpo, con una pettorina, in rampa di lancio, attendere lo sparo dello starter per cercare di guadagnarsi una medaglia in una competizione sportiva.

Entrambi avranno su di loro numerosi occhi intenti a scrutarli e i riflettori puntati addosso. Il corpo di per sé non cambia, ma il contesto crea nell’osservatore emozioni e sensazioni diametralmente opposte: dal ribrezzo all’ammirazione.
In realtà il corpo è uno solo. Ma come è utilizzato questo corpo e cosa può comunicare? Il punto fondamentale sta proprio qui. Il mendicante con disabilità tende necessariamente a evidenziare al massimo i suoi handicap. Più riuscirà a mettere in mostra le sue diversità, le sue fatiche, più susciterà compassione e più il suo incasso sarà proficuo.
L’atleta, invece, agirà nella maniera opposta. Evidenzierà le sue qualità per mettere l’accento sulle risorse e sulle possibilità del suo fisico. Il corpo dei nostri due esempi, dunque, è il medesimo. Il contesto però cambia la prospettiva. Credo che tutti noi siamo a volte mendicanti, a volte atleti.
E voi come vi sentite? Atleti o mendicanti? Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina Facebook.

 
 

Il mantello di Bartimèo, Il messaggero di Sant’Antonio, Gennaio 2013

Ormai panettoni e pandori sono stati tutti spolverati, inghiottiti nelle nostre sale da pranzo durante le festività natalizie, mentre le stelle e i fuochi d’artificio hanno accompagnato, ancora una volta, i nostri desideri, i bilanci e i buoni propositi per il 2013. «Quest’anno sarà diverso», siamo soliti dirci, mentre, un po’ in disparte, sorseggiamo sognanti un bel calice di spumante, felici e rafforzati dall’atmosfera chiassosa, gioiosa e frizzante che ci circonda. Il Natale, pensavo spiluccando le ultime briciole di panettone, è una festa davvero inclusiva, non solo per chi ha la fortuna di passarlo in un comodo e caldo salotto, ma anche per chi normalmente trascorre la sua vita sotto i portici, ai semafori, nei parchi, insomma sul ciglio della strada. A Natale, si sa, siamo tutti più buoni, le persone cominciano più facilmente a muoversi e a mettersi in gioco, il contesto si fa più accogliente.

Ma una volta finita questa felice parentesi, che cosa accade? Tutto, nella maggior parte dei casi, torna alla normalità, i contesti che si erano aperti a nuove possibilità ricominciano a chiudersi in loro stessi e i «fuggitivi» ad abitare le suddette strade. Qualcosa del genere lo insegna anche una storia di circa 2 mila anni fa, protagonista un certo Bartimeo… «Mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”. Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”» (Mc 10,46-48).
A mio parere, una delle cose più interessanti di questa scena è, innanzitutto, il luogo da cui si alza la voce di Bartimeo: egli è seduto per terra con il suo solo mantello, in una posizione debole e depressa. Come se non bastasse, anche la gente lo zittisce, andando così a sottolineare e aumentare la precarietà della sua condizione.

Avviene però un fatto. «Gesù si fermò e disse: “Chiamatelo!”. Chiamarono il cieco, dicendogli: “Coraggio! Alzati, ti chiama!”. Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: “Che cosa vuoi che io faccia per te?”. E il cieco gli rispose: “Rabbunì, che io veda di nuovo!”. E Gesù gli disse: “Va’, la tua fede ti ha salvato”. E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada» (Mc 10,49-52).
Mi piacerebbe ora osare un po’ con voi nell’interpretazione di questo passaggio di Marco e riconoscere l’intervento miracoloso di Gesù non tanto nell’annullamento del deficit di Bartimeo e nel suo recupero della vista, quanto piuttosto nel ribaltamento di contesto che il Nazareno opera. Quello che Gesù riesce a fare è, infatti, portare l’interesse della gente su Bartimeo, spostando così la scena da un contesto oppressivo a un contesto di fiducia. È solo in questa mutata situazione che Gesù potrà realmente domandare a Bartimeo un sincero: «Che cosa vuoi?». Dovrebbe succedere sempre. Prima di chiedersi che cosa fare per chi ci domanda aiuto o per chi, ogni giorno, incontriamo per strada, è necessario operare una trasformazione di contesto, proprio come ci insegna a fare la storia di Bartimeo. Solo così potremo smettere di far coincidere i termini «integrazione» ed «eccezionalità».
E voi, vi sentite liberatori o oppressi? Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina Facebook. 

Amare e essere amati, Superabile, Gennaio 2013

Bisogno di amare, bisogno di essere amati. La tenerezza e l’intimità nel mondo della disabilità fanno sempre discutere, oggi, forse, più di prima. Un bene che se ne parli, visto che siamo partiti praticamente da zero. Fino a trent’anni fa erano impensabili convegni, articoli e film riguardanti questo tema.
Si trattava di un vero e proprio tabù, così come era tabù la disabilità in sé… Figurarsi la sessualità delle persone con disabilità!
Recentemente ho scritto un articolo sul film “The sessions”, in uscita a febbraio nelle sale italiane proprio il giorno di San Valentino e sul documentario “Sesso, amore e disabilità” presentato lo scorso novembre. Mi sono soffermato non tanto sulla qualità di questi prodotti, non essendo un critico cinematografico, ma sul dibattito culturale che, fortunatamente, sono stati capaci di scatenare. Sabato 26 gennaio, inoltre, porterò a Milano il mio contributo, al convegno “Bisogno di amare e di essere amati”, promosso dall’associazione italiana “X-Fragile” e dal “Forum della solidarietà della Lombardia”, con il patrocinio dell’assessorato alle politiche sociali e alla cultura del capoluogo meneghino.
Di che parlerò? Penso che comincerò con lo sfatare un preconcetto diffuso sul connubio disabilità-sessualità: non esiste una sessualità dei disabili e una sessualità dei normodotati. Esiste invece la sessualità, un vocabolo ampio, che spesso viene frainteso e circoscritto al puro atto sessuale. La sessualità invece è molto di più, è comunicazione, empatia, relazione e cura di sé. Poi certo, come ci suggerisce l’etimologia del lemma, c’è anche il sesso in senso stretto e, a volte, la procreazione.
L’immagine che ci ha tormentato per decenni, quella del disabile angelico e immacolato, privo di identità e di conseguenza di sessualità, inizia finalmente a stravolgersi. Non a caso quando si incontra una coppia formata da un disabile e da un normodotato, l’associazione di idee più naturale è pensare automaticamente a un rapporto univoco, al rapporto assistente-assistito, badante-badato, educatore-educato.
Il discorso è delicato e pieno di contraddizioni, potremmo continuare all’infinito…Per ora mi limito a sottolineare quanto sia necessario continuare a insistere sul dibattito, specie nella nostra amata penisola, dove rispetto al resto d’occidente siamo, tanto per cambiare, piuttosto indietro. Altri paesi europei, come per esempio l’Inghilterra, concedono al disabile un rimborso spese qualora questi scelga di rivolgersi a un’assistente sessuale, una figura a metà tra la riabilitazione e il sanitario.
Speriamo che, anche in questo senso, il prossimo convegno di Milano sia l’occasione per scambiarci informazioni, pensieri e perché no qualche utile provocazione per alimentare le braci.
Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina facebook.

Claudio Imprudente

 

 

Lo specchio di Luca, Superabile, Gennaio 2013

Ogni mattina quando tutti noi ci alziamo per andare in bagno abbiamo paura di sbattere contro qualcosa…Vi chiederete di che si tratta…No, non è il gabinetto, né la vasca, né la doccia… Sto parlando, ovviamente, dello specchio, il complemento d’arredo più spietato di tutti. Lo specchio infatti, non conosce bugia, ci mostra la nostra immagine così com’è nella realtà, senza trucchi e senza inganni. Chi più chi meno vale per tutti anche se oggi, forse, c’è qualcuno che potrà uscirsene di casa un po’ più soddisfatto, superando a pieni voti l’esame del temuto riflesso…

Tra questi c’è sicuramente Luca Pancalli, pentatleta, nuotatore e presidente del Comitato Italiano Paralimpico nonché candidato alla segreteria generale del Coni. L’atleta, giovane promessa del pentathlon moderno, si trova dal 1981 su carrozzina, a seguito di una caduta da cavallo avvenuta durante una gara internazionale in Austria all’età di diciassette anni. Tutto ciò, tuttavia, come lui stesso ci ha recentemente raccontato in una bella intervista rilasciata al Tg1, non gli ha impedito di aggiudicarsi otto ori, sei argenti e un bronzo nella disciplina del nuoto. Un vero e proprio esempio, quello di Luca, di "sfiga trasformata in sfida" che l’atleta dallo sport ha esteso a tutta la sua vita, oggi felice marito e padre di due figli. Una testimonianza reale che Pancalli, vincitore, tra gli altri del premio "Sport e civiltà" ci rivela anche in un libro edito da Fazi, composto a quattro mani con il giornalista sportivo Giacomo Crosa, dal titolo, per l’appunto, Lo specchio di Luca. Un’autobiografia scritta con semplicità e priva di sensazionalismi che ci presenta di fatto la crescita di un uomo comune, un uomo che ha saputo regalare al suo specchio la sua vera immagine, capace di trasformarsi ogni giorno in un nuovo riflesso. Un invito a non avere più paura di andare a sbattere contro lo specchio, e a guardarci negli occhi, questa volta i nostri occhi. Che dire? Non abbiate più paura di specchiarvi e buona lettura! Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina Facebook.

 

2013

I maya… Errata corrige. La storia è sempre la stessa, Superabile, Gennaio 2013

I Maya hanno sbagliato tutto… Siamo ancora qui e la storia è sempre la stessa. Vi ricordate di quello che vi raccontavo a novembre a proposito del mio vagabondaggio per la bella città di Balanzone? Proprio così, mi riferisco ancora una volta alle ultime traversie del Centro Documentazione Handicap di Bologna, la mia storica sede di lavoro nonché uno dei principali poli culturali della città a parlare da oltre trent’anni di documentazione, educazione e integrazione in diretta sinergia con scuole, università, centri sportivi e interculturali, musei e teatri. Come sapete da ottobre la nostra sede è inagibile agli utenti della sua Biblioteca e a oltre trenta dipendenti, a seguito di un sopralluogo dei tecnici comunali a causa del sisma. Due mesi fa ci eravamo così lasciati con un po’ di testimonianze, da me raccolte tra i miei colleghi con disabilità che auspicavano, a tal proposito, una risposta celere e diretta delle istituzioni. Beh, ad oggi possiamo dire che la risposta in parte c’è stata, grazie, soprattutto, alla mobilitazione spontanea di studenti, famiglie, educatori, giornalisti e semplici cittadini che hanno costituito il "Comitato Salviamo le Biblioteche del Quartiere Borgo Panigale".

L’Assessore alla Cultura del Comune di Bologna Alberto Ronchi, l’Assessore ai Lavori Pubblici Riccardo Malagoli, l’Assessore alla Sanità Luca Rizzo Nervo e l’Assessore ai Servizi Sociali Amelia Frascaroli, fino alla Presidente della Provincia Beatrice Draghetti sono solo alcune delle personalità che hanno mostrato interesse sulla nostra situazione e a cui abbiamo chiesto e continueremo a chiedere ascolto. Per farlo però non abbiamo scelto semplicemente di reclamare a voce i nostri diritti ma abbiamo preferito rispondere, forse anche per dare l’esempio, con fatti concreti, a partire dall’abbraccio simbolico intorno all’edificio di Borgo Panigale che lo scorso 24 novembre ha coinvolto oltre cento persone tra famiglie, disabili, studenti, educatori, cittadini, simpatizzanti e abitanti del quartiere, così come ampiamente riportato nelle principali pagine locali.

Anche nel 2013, statene certi, non staremo a guardare, il Comitato riparte con grinta, proponendo un calendario di eventi mensili aperti al pubblico, con lo scopo, ancora una volta, di dimostrare come anche "dal basso" della cittadinanza possano partire cambiamenti, rivolgimenti…io e le lotte per l’integrazione degli anni ’70 lo sappiamo bene! Tra le iniziative ipotizzate ci sarà anche una festa di autofinanziamento, il cui ricavato sarà destinato alla ristrutturazione di una piccola parte del Centro, dalla scalinata al giardino circostante. Sperando che alle nostre azioni ne seguano presto delle altre vi invito a seguire le attività del Comitato sulla nostra pagina Facebook. Iscrivetevi al gruppo e state tranquilli…I Maya non sanno scrivere le email!

Dite la vostra a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina Facebook.

Claudio Imprudente

 

Albeggiando sulle Dolomiti… , Superabile, Dicembre 2012

La giornata internazionale della disabilità è ancora importante, come scrive il mio amico Franco Bomprezzi. "Sono convinto che le parole servono, che i momenti di riflessione aiutano a serrare le fila, e a fare rete… e per la memoria, per ricordarci come eravamo e quanto abbiamo sofferto e combattuto…". Per questo vorrei essere ovunque a comunicare, a promuovere una prospettiva diversa, una cultura della disabilità comprensibile e divulgabile alle nuove generazioni. Così in pochi giorni mi ritrovo prima ad essere Re 33 a Granarolo dell’Emilia, poi a "parlare" alle scuole e alle associazioni della provincia di Belluno, in una giornata, nell’ambito anche della Giornata europea del volontariato, organizzata dalle associazioni del progetto "Tutti in rete per l’accoglienza" (Primavera, Aitsam, Aipd, Assi e Anglat).

L’alzataccia alle sei e mezza della mattina ci ha offerto un panorama mozzafiato, uno sguardo sulle meravigliose montagne, le dolomiti innevate… Così ho pensato ad Heidi. Chissà come se la passa con la pesante pedagogia della signora Rottenmeier? Soprattutto ho pensato a Klara, l’amica in carrozzina e alla loro relazione. Bella, ma forse troppo unilaterale? Heidi aiutava la sua amica? E Klara aiutava lei?

Con queste domande sono salito sul palco aiutando i ragazzi a comprendere come non bastano buonismo e filantropia per fare relazione e integrazione. Serve reale voglia di confronto, guardarsi negli occhi, mettersi in gioco. Cose che spiego spesso, magari con altri esempi meno efficaci…

Tra i ragazzi, ad ascoltarci, c’era un’altra "Klara", anche se poco mitteleuropea e molto mediterranea. Una ragazzina marocchina con disabilità che comunica con una tavoletta trasparente molto simile alla mia. Tra i meno giovani presenti invece, con mio enorme piacere e stupore, ho notato Oscar De Pellegrin, il portabandiera azzurro alle Paralimpiadi londinesi. Scambiando quattro chiacchiere con lui ho visto tutto il suo coraggio e la sua forza. Un uomo tenace. Un esempio per tutti.

Sull’autostrada che ci accompagnava verso casa ho ripensato alla ragazzina maghrebina e al suo ausilio per la comunicazione. Ho pensato al mondo. Ho pensato alle altre culture. E ho iniziato ad immaginare l’handicap fuori dal contesto occidentale che viviamo e di cui parliamo sempre noi. Ma questo è un altro discorso che approfondirò in una prossima rubrica…

Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina facebook. (Claudio Imprudente)

 

La tavoletta sarda, Superabile, Dicembre 2012

E andiamo! Anzi… ajò! Questa folkloristica esclamazione mi fa venire in mente quando per la prima volta (era il secolo scorso!) sono sbarcato in quella bellissima isola ospite dell’ABC Sardegna dell’amico Marco Espa.

Ajò oggi torna splendidamente di moda.

"Con una tesi dal titolo "Trasporti aerei e disabilità" Paolo Puddu, ragazzo con tetraparesi spastica di 27 anni, socio dell’Associazione Bambini Cerebrolesi Sardegna, che comunica con gli occhi attraverso una tavoletta nella quale sono indicate le lettere, oggi raggiunge il suo grande obiettivo: diventare un operatore culturale per il turismo (Laurea in Lettere)". Questo apprendo con gioia dal comunicato stampa.

Tavoletta nella quale sono indicate le lettere? Mhh… mi ricorda qualcosa di familiare! Ho conosciuto Paolo più di dieci anni fa ed io già allora utilizzavo la "tavoletta magica". Prendo atto con orgoglio che quel rendez-vous può avere cambiato il suo percorso accademico e professionale. Capitano momenti/passaggi, casuali o meno, che influiscono sulla qualità della vita, ma sta alla nostra abilità sfruttare queste occasioni, come faceva il mio amato Pippo Inzaghi sul filo del fuorigioco…

Questo riconoscimento accademico, oltre a dimostrare il coraggio, la qualità e la dedizione di Paolo, ci rivela come ancora nel 2012 gli ausili poveri (di cui la tavoletta è un esempio illustre) possano migliorare il nostro quotidiano, la nostre relazioni e le nostre attività professionali.

Ho scritto un messaggio a Paolo su facebook. Oltre ai complimenti di rito, ho parlato del mio amore per le nuove tecnologie, tablet incluso… Ma ho promesso che non abbandonerò mai l’amata tavoletta!

Se non sbaglio, in fondo, tablet significa proprio tavoletta!

Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina facebook. (Claudio Imprudente)

 

Il soldatino che non stava in piedi, Il messaggero di Sant’Antonio, Dicembre 2012

Caro soldatino Jack, quando ti ho ricevuto in regalo con la tua truppa doveva essere l’ultimo Natale degli anni Sessanta. In quel periodo ero davvero un bambino felice. Era un anno speciale. Il ricordo del primo uomo sulla luna era ancora fresco, le parole della telecronaca di Tito Stagno potevo recitarle a memoria. Quella luna che mi era sempre apparsa così lontana ora era lì, quasi a portata di mano. Per la prima volta nella mia vita, caro soldatino Jack, imparavo che si può lottare per ottenere ciò che sembra impossibile e – a volte – ottenerlo.
Ti ricordi, Jack? Quando ho aperto la tua scatola, sotto l’albero, ero pazzo di gioia. Non ti ho riconosciuto subito, eri mischiato là in mezzo, con gli altri diciannove del tuo battaglione, tra carri armati, artiglieri, trombettieri e generali. Non ho nemmeno finito di aprire gli altri regali, tanta era la voglia di mettervi a difesa della base militare già nella mia camera, regalo del Natale precedente.
In un attimo eravate disposti, in posizione… ma notavo qualcosa di diverso in te. Cercavo di metterti in piedi, in condizione di combattere. Ma tu continuavi a cadere. Solo allora ho capito. Avevi un difetto di fabbrica e non potevi rimanere in piedi.
Proprio come me.

La prima cosa che ho pensato, caro Jack, nella mia fervida fantasia da pre-adolescente, è stata che la tua disabilità portava la pace. Tu potevi essere tante cose, ma sicuramente non saresti mai stato un eroico condottiero. Avevo due possibilità per te: potevo eliminarti, farti fare il ruolo del morto, oppure creare un contesto nel quale avresti potuto valorizzare le tue qualità.
Non sto parlando solo di voi soldatini, sto parlando dell’intero mondo della disabilità. Possiamo considerarci morti, invisibili, vegetali. Oppure possiamo collaborare per creare una realtà, un contesto dove poter esaltare le potenzialità e metterle a disposizione nostra e degli altri.
Come potevo valorizzare le tue qualità da soldatino disabile?
Da bravo marine dovevi mettere le tue capacità al servizio della squadra, e così ti ho sdraiato, con il mitragliatore che puntava un po’ alla rinfusa. Ma non era quello l’importante. Ciò che contava era cosa vedevi dalla tua prospettiva, cosa potevi sentire. Ti immaginavo, così vicino al suolo, ad ascoltare il rumore e gli odori dei «nemici», i passi degli invasori avvicinarsi alla base. Da quel punto di osservazione potevi scorgere gli spostamenti dei compagni, avere una visione ampia delle cose e tenere la situazione sotto controllo.

Siamo alle solite. Guardare il mondo da un’altra prospettiva rimane la carta vincente per costruire una cultura di pace. Cultura di pace che, in fondo, non è altro che il rispetto e la valorizzazione delle diversità, dell’alterità, poiché la disabilità è disarmante.
Caro Jack, il tuo non è un difetto di fabbrica, è un ruolo speciale che ti è stato assegnato, è una responsabilità. La morale della favola la suggerisce Roberto Vecchioni: «Mi porterò il soldatino che non rimaneva in piedi, ma che è il più bello se ci credi». Vero Jack, eri il mio preferito.
Vi auguro un buon Natale e con questa favola spero che i «difetti di fabbrica» non vi facciano più paura. Scambiamoci gli auguri su claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina Facebook.

 

Alla giornata mondiale della disabilità con Re 33, Superabile, Dicembre 2012

La Giornata Mondiale della Disabilità è ormai alle porte…Che fare quest’anno? Io che sono molto sbadato me lo chiedo spesso…Finché un giorno, pensa che ti pensa, mentre riordinavo le mie scartoffie, un’idea mi è balenata nella mente…Ah! Dimenticavo! Non mi sono presentato, sono Re 33, forse qualcuno di voi mi conosce già. Da circa vent’anni abito nel regno di Yamah e le mie gesta e le mie avventure sono narrate nel libro Re 33 e i suoi 33 bottoni d’oro.Per questa giornata speciale ho deciso di farvi un regalo e di "modificare" un po’ la mia storia…perché anche le storie e i libri si possono modificare, lo sapevate?

Come ci raccontano Antonella Costantino, Mara Marini, Nora Bergamaschi, autrici di Dal libro su misura alla biblioteca di tutti. "Il libro modificato è un libro fatto a misura di quello specifico bambino, "su misura" quindi nella grafica e nelle immagini, nell’argomento, nel testo, nel modo di leggere, nei contenuti emotivi, nell’accessibilità fisica e nell’accessibilità comunicativa. E’ possibile partire da un libro già esistente e modificarlo per renderlo fruibile … Si possono anche creare libri che siano completamente ex novo e su misura per "quel" bambino. Possono riguardare esperienze significative sia piacevoli che spiacevoli (una vacanza, il compleanno, il ricovero in ospedale, il fratellino, ecc..), interessi specifici (il libro delle ruspe) o altro …".

Disegni, figure, immagini ma anche suoni, stoffe e ogni tipo di materiale, il libro modificato usa questi "trucchetti" per rivolgersi a tutti i bambini, a chi ha disabilità motorie, deficit sensoriali, dislessia, agli stranieri che conoscono ancora poco la nostra lingua… Ma state bene attenti perché non sempre adattare significa semplificare. Presto ve lo dimostrerò, non solo tra le pagine del mio libro ma anche sulla scena, a teatro, con tanto di attori e spettatori.

Il 1 dicembre vi aspetto a Granarolo dell’Emilia (BO), presso il Borgo Servizi del Comune in via San Donato 74 per assistere alla mia storia "modificata" dove incontrerete tutti i miei compagni di viaggio…l’imprevedibile giullare Sberleffo, l’austero Sovrano dei sovrani e ovviamente me, Re 33! Mentre vi chiederemo di aiutarci a portare insieme la giustizia nel regno di Yamah, dietro di noi scorreranno su uno schermo le parole "modificate" della storia, interpretata dagli animatori con disabilità e dagli educatori del Progetto Calamaio della Cooperativa Accaparlante. Così, in qualità di Re 33, darò il mio contributo alla Giornata Mondiale della Disabilità…e voi che combinerete?

Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina facebook.

Claudio Imprudente

 

La piazza è viva!, Superabile, Novembre 2012

Il popolo è ritornato in piazza. Per darle di nuovo voce. Quando accade ciò non si è mai di fronte ad un fatto banale. Spesso è l’esasperazione che porta uomini e donne a riempire le piazze, per condividere la loro indignazione, per conquistare (spesso ri-conquistare) i diritti negati.
In questi giorni i malati di SLA (sclerosi laterale amiotrofica) hanno ripreso lo sciopero della fame, a Roma, visto che le parole del ministro dell’economia sono per ora rimaste tali. I fondi per la non autosufficienza, almeno in una normale democrazia, dovrebbero essere garantiti senza se e senza ma. Evidentemente non è così. Per questo il mio appoggio a questi ragazzi è totale. Lo sciopero è un diritto, in ogni sua forma, sancito dalla costituzione. Faccio fatica a comprendere le polemiche che stanno divampando su facebook ed altri social network, circa le modalità di questo sciopero della fame: un malato debilitato dalla Sla sa benissimo che rischi corre utilizzando simili strumenti di lotta. Dunque se lo fa, è perché reputa basilare, per se e per gli altri, il mantenimento di un welfare efficace, di uno stato sociale degno di questo nome. Il “popolo” torna a farsi sentire, perché vede contesti e situazioni che non funzionano.
Anche noi nel nostro piccolo, abbiamo deciso di “scendere in piazza”. Ho già scritto in questa rubrica sulla nostra situazione attuale di lavoro, precaria, destabilizzante. Per questo abbiamo creato un comitato “Salviamo la casa delle biblioteche di Borgo Panigale” ed abbiamo organizzato una mobilitazione, nella mattinata del 24 novembre per proteggere un "bene comune" dal degrado e dall’abbandono, chiedendo un tempestivo intervento di ripristino. Un abbraccio collettivo e simbolico allo stabile di via Legnano, una struttura dove i disabili si sono dimostrati risorse attive per il quartiere, e hanno favorito la cultura dell’inclusione con la produzione di informazione sociale, locale e nazionale, e molto altro ancora.
Vi aspettiamo numerosi, per far sì che questo abbraccio sia il più caloroso possibile!
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Altrimenti scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina facebook.
Claudio Imprudente

 

Io vagabondo, la storia continua… , Superabile, Novembre 2012

BOLOGNA – La storia continua, purtroppo. Come ormai sapete la sede che da anni ospita l’Associazione Centro Documentazione Handicap è stata dichiarata inagibile dai tecnici del settore manutenzione del comune di Bologna. La situazione è delicata, quasi insostenibile. Non tanto per chi scrive, che ormai ha i capelli brizzolati e in cinquant’anni di vita ne ha viste tante ma per tutti i giovani animatori, specie quelli con disabilità, del Progetto Calamaio. Per questo ci stiamo muovendo in tante direzioni, cercando di uscire da questa impasse che non ci permette di svolgere il lavoro come vogliamo e nega alla cittadinanza bolognese uno storico punto di riferimento del mondo del sociale ed educativo su documentazione, formazione e informazione. Vorrei condividere con voi alcuni pensieri degli animatori con disabilità del Centro, parole che testimoniano appieno il senso di smarrimento e la fatica di questi ragazzi. "Mi sono chiesto come sarà organizzata tutta la mole di lavoro in più, ma anche dove andremo, come sarà il nuovo posto, facilmente o difficilmente accessibile, sarà piccolo o grande?" mi suggerisce Mattias. "La prima settimana che sono rimasta a casa dal lavoro mi mancava l’ambiente lavorativo ed ero impaziente di poter ritornare al Cdh, perché sono affezionata al mio lavoro oltre che molto preoccupata per la mia borsa lavoro.

Sembra una sciocchezza ma in realtà se io non faccio tutte le mie ore lavorative la borsa lavoro viene meno e questo mi scoccerebbe molto, perché non potrei soddisfare le mie piccole necessità. Oltre al problema della retribuzione, a me scoccia soprattutto perché sento una grande responsabilità per questo impegno e vorrei continuare a farlo nelle migliori condizioni possibili" aggiunge Tiziana. "Non abbiamo più un posto dove stare, non abbiamo i nostri spazi che ci permettevano di fare i laboratori nei quali possiamo imparare a stare con gli altri e a relazionarci nel modo giusto e dove ci viene insegnata anche la cooperazione" mi spiega Francesca. Questa è la situazione. Ho scritto alcune righe al vice sindaco, Silvia Giannini, e ad altre figure istituzionali del comune di Bologna per informarle sulle difficoltà e sull’urgenza di trovare una soluzione. Sperando che i miei capelli siano ancora brizzolati nella nuova sede e non completamente bianchi…

Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina facebook. (Claudio Imprudente)