4. Educazione all’aperto, un’antica strategia estremamente attuale
di Andrea Ceciliani, Professore Associato presso il Dipartimento di Scienze per la Qualità della Vita, Università di Bologna
L’outdoor education (da ora OE) è una strategia educativa diffusa in tutto il mondo, basata sul concetto di esperienza vissuta fuori dalla porta, all’esterno, partendo dagli spazi quotidiani (i giardini scolastici) per spingersi negli ambienti semi-naturali (parchi pubblici o simili) o naturali (boschi, foreste, montagne, ecc.). Diversi studi hanno mostrato come l’OE sia una strategia educativa da affiancare all’insegnamento tradizionale in aula, palestra, sezione, perché l’ambiente esterno crea nuove opportunità, presenta sfide sia per gli educatori sia per gli allievi. La natura può divenire uno strumento per facilitare l’apprendimento e una fonte gratuita di materiali per l’apprendimento da utilizzare in diversi modi [Brodin & Lindstrand, 2006; White, 2006].
L’OE esprime un concetto di apprendimento focalizzato sul posto, sul luogo. Questa locazione può essere un ambiente naturale come una foresta o un altro setting rurale naturale, oppure può essere un parco pubblico (semi-naturale), il giardino scolastico o una area urbana. La scelta del posto è illimitata all’interno dell’insegnamento OE, l’importanza risiede nell’apprendere in un autentico ambiente che riflette o rinforza il contenuto o insegnamento [Dahlgren & Szczepanski, 1998 p. 19].
L’apprendimento outdoor è esperienziale perché consente di apprendere dalle situazioni concrete ed educa a riconoscere e risolvere problemi e sviluppa la competenza di pensiero critico [Gilbertson, 2006, p. 7].
Un altro significativo aspetto è l’approccio interdisciplinare dell’OE, in quanto l’ambiente esterno coinvolge, per forza di cose, tutte le aree della personalità del soggetto rispetto al classico apprendimento al chiuso, ad esempio: studiare matematica in un parco naturale non solo focalizza la materia in sé e per sé, ma sollecita anche apprendimenti sulla natura della foresta, sul clima, sul movimento corporeo, sulla relazione con l’ambiente e gli altri, ecc. Nelle esperienze all’aperto i membri del gruppo si sentono più connessi gli uni agli altri, sono maggiormente stimolati verso l’aiuto reciproco rispetto a quando essi apprendono all’interno [Passarelli et al, 2010, p. 121]
L’ OE non ha una definizione stabilita, distinti autori sottolineano differenti aspetti nelle loro definizioni che individuano diversi approcci. Gilbertson [2006] descrive una distinzione tra educazione all’avventura (Adventure Education) caratterizzata dalle sfide motorie che l’ambiente propone (arrampicare, superare ostacoli naturali, saltare fossi, ecc.), apprendimento all’aperto (Outdoor Learning) che pone il focus sull’ambiente come un magnifico laboratorio ed educazione ambientale (Environmental Education) basata sull’affiliazione alla natura, sul suo rispetto e sulla sua utilità. [Gilbertson, 2006 p.4]. Altri autori [Dahlgren et al, 1998; Hammerman et al, 2001; Passarelli et al, 2010] pongono questi tre approcci sotto un unico ombrello.
Da quanto appena espresso, l’OE appare fortemente connessa con i diffusi concetti di apprendimento agito (learning by doing) o avere le mani nelle attività (hands-on activities) o giocare l’apprendimento (play for learning), cioè essere veri protagonisti delle proprie esperienze di apprendimento e sviluppo [Higgins & Nicol, 2002; Brodin & Lindstrand, 2006]. “È condivisa l’idea educativa secondo la quale i bambini apprendono meglio attraverso il gioco libero […] tipico dei bambini per tanti motivi: è piacevole, auto-motivato, immaginativo, spontaneo” [Ceciliani, 2011, p. 415].
Già Dewey [1990] sottolineò l’importanza di un metodo in cui i bambini possano apprendere attraverso la libertà di pensiero, di giudizio, d’azione, in un connubio di situazioni pratico-teoriche, cioè esperienze dirette e concrete che insegnano a prendere iniziative e ad assumersi responsabilità [Gilbertson, 2006, p. 9]. Apprendere nella e dalla natura, apprendere attraverso l’agire diretto nelle situazioni vissute ha una tradizione più lunga della scuola teoretica centrata sull’insegnante. Nonostante ciò il concetto di OE non è ancora pienamente recepito dal sistema educativo. Mentre l’istruzione tradizionale, centrata su chi insegna o guida, stimola maggiormente l’udire e il vedere, l’apprendimento esperienziale outdoor stimola tutti i sensi. Il tatto in particolare (la manipolazione) crea il connubio mente-mano sull’apprendimento, crea la profonda connessione con l’obiettivo concreto rispetto al solo leggere o vedere. L’azione stessa, nelle situazioni all’aperto, implementa le abilità motorie, l’emozione di agire, la relazione diretta con i problemi che spesso, nelle situazioni al chiuso, vengono scarsamente sollecitate. Un tale contesto, tra le altre cose, rende l’esperienza più libera, interessante, divertente e sollecita un sentimento positivo verso l’apprendimento in generale.
Le attività di OE incrementano le opportunità di attività fisica che, nell’attuale società, assumono un aspetto importante rispetto alla sanità pubblica di giovani generazioni sempre più sedentarie, soggette a moderne disfunzioni legate all’ipocinesi: sovrappeso, obesità [Eisenmann 2006; Lopez et al., 2006], involuzione delle capacità motorie [Filippone et al, 2007], disfunzioni posturali [Trevelyan et al, 2006].
Per tali ragioni l’opportunità di giocare e apprendere nell’ambiente esterno è stata inclusa nel curricolo educativo scolastico in molti paesi [Björklid, 2005] e, nel prosieguo della crescita, pensata come strategia idonea allo sviluppo delle competenze di vita (life skills), dell’apprendimento nell’arco della vita (life long learning), perché basata sulla sfida di situazioni problema che impegnano la persona nella ricerca di risposte e soluzioni individuali e di gruppo. In sintesi le attività all’aria aperta e nella natura, costituiscono una cornice di apprendimento basata sull’esplorazione e il gioco libero come opportunità arricchite di sviluppo, maturazione e promozione della salute psico-fisica (senso-motoria, cognitiva, emotiva, affettiva, sociale) [Brodin, 2009, p. 99].
OE ed educazione alla sostenibilità ambientale
Il contatto diretto con la natura rischia di essere sminuito nell’odierna società, dove un maggiore ammontare di interazioni avviene attraverso la tecnologia digitale che, se non ben impiegata, può creare disconnessione con la realtà [Brodin, 2009, p. 22]. La tecnologia, viceversa, può integrarsi come supporto all’OE attraverso l’uso subordinato di cellulari o tablet che possono documentare le esperienze attraverso foto, filmati, coordinate GPS da richiamare e analizzare in momenti successivi.
Un tale approccio diviene rispettoso anche dell’educazione ambientale: non è più necessario strappare la foglia, o catturare l’insetto, per uno studio successivo, ma basta fotografarlo o filmarlo per fissarlo su una memoria digitale fruibile a lungo nel tempo. Un importante effetto dell’OE, allora, è l’incremento di un positivo sentimento verso la natura, una sorta di armonia e unità ritrovata che implementa il senso di libertà, di benessere, di rispetto, dell’ambiente che ci circonda [Gurholt, 2014, p.
241] e, nel contempo, incrementa consapevolmente la responsabilità ecologica e l’amore verso la natura: “Se la gente realmente ama e ha cura dell’ambiente naturale, sarà più incline ad agire per proteggerlo e conservarlo” [Hill, 2013, p. 23].
L’odierna urbanizzazione, l’estremo utilizzo della tecnologia, possono minare la naturale e umana relazione con la natura, sortendo effetti negativi sui comportamenti assunti verso l’ambiente visto unicamente come risorsa da sfruttare [Higgins,1996]. Investire più tempo nel contatto con l’ambiente naturale, cominciando nell’infanzia, per educare in e con la natura, può sollecitare comportamenti ecologicamente rispettosi anche nella vita quotidiana, come il risparmio dell’acqua o il riciclaggio dei materiali di scarto [Mannion et al., 2013, p. 794].
OE e il luogo, il posto, l’ambiente
Il luogo di apprendimento è un elemento chiave all’interno dell’OE. L’ambiente esterno offre innumerevoli cornici didattiche in cui può svilupparsi l’apprendimento ma, nonostante ciò, pochi insegnanti o educatori si allontanano dalla classe o dal locale chiuso, per aiutare i loro allievi ad apprendere [Brodin, 2009, p.20]. Questo può essere spiegato con la concezione riferita al grado di sicurezza e ai rischi potenziali [Mannion et al, 2013 p 798] che l’ambiente all’aperto presenta rispetto allo spazio chiuso, libero da fattori esterni come il tempo atmosferico o dalle distrazioni causate da situazioni impreviste e inattese.
La pedagogia del luogo descrive una cornice che è correlata all’ambiente, alla considerazione che esso può divenire un sito di apprendimento. Inoltre un posto diviene intriso di significati attraverso le interazioni che le persone hanno con esso [Hill, 2013, p. 25], ciò significa varietà interpretativa e relazionale che varia, da persona a persona, caratterizzando situazioni dinamiche e non statiche.
Ogni posto, poi, si apre a diverse possibilità educative, la pedagogia del luogo usa queste opportunità uniche in ordine all’insegnamento al e sul posto [Gilbertson, 2006 p. 13]: una lezione sulla flora può essere molto più stimolante e personalizzata in un parco pubblico o in un bosco, una lezione sugli animali acquatici può suscitare massimo interesse e comprensione se realizzata vicino a un fiume o laghetto, un apprendimento relativo alla geografia fisica dei luoghi è senz’altro più proficuo se realizzato con un trekking che li attraversi. Pertanto è importante scegliere il posto giusto per il giusto apprendimento o la giusta esperienza.
Non si può pensare al luogo dell’OE facendo solo riferimento al bosco o all’ambiente selvatico, ignorando i posti più vicini a noi. I luoghi fondamentali, per una educazione all’aperto, sono quelli quotidianamente fruibili, ivi comprese le aree abitative locali, in cui scoprire quanto l’ambiente aperto possa offrire [Hill, 2013, p. 26]. A livello scolastico, ad esempio, il luogo all’aperto fondamentale è il giardino della scuola o il quartiere di residenza, utilizzabile tutti i giorni, entrambi preparatori a eventuali uscite o escursioni didattiche in altri luoghi come parchi pubblici, fattorie, boschi o foreste. Il giardino scolastico non deve essere vissuto solo come luogo ricreativo [White, 2004], ma deve assumere la veste prioritaria di luogo educativo quotidiano.
L’OE, se acquisita come valida strategia educativa, non può essere relegata a uscite sporadiche o settimanali, ma deve accompagnare costantemente il cammino formativo dell’infanzia e adolescenza per divenire uno stile di vita nell’età adulta e anziana. Abituare i bambini ad avere confidenza con l’ambiente esterno relativo al proprio quartiere di residenza, con la propria scuola, i giardini, i parchi in esso presenti, significa indurre sicurezza nei luoghi di vita e facilitarne il loro utilizzo anche nel tempo libero.
OE: inclusione e socializzazione
L’OE è un processo in divenire dove il supporto reciproco e le innumerevoli opportunità di azione rendono le esperienze estremamente inclusive [Gair, 1997].
L’inclusione può essere definita in diversi modi: essere parte di un gruppo, avere accessibilità alle attività da svolgere, avere eguali opportunità di partecipazione.
D’altra parte, come sostengono Hopkins e Putnam [1993], tre sono i componenti importanti nell’OE:
1) se stessi: la partecipazione individuale nelle esperienze OE può sollecitare e incrementare la consapevolezza di sé e l’autostima;
2) gli altri: il gruppo richiede relazione, cooperazione e forgia le competenze sociali;
3) l’ambiente circostante: provvede una cornice ricca di stimoli in continuo cambiamento, che sollecita svariate attività, anche di sfida (soluzione di problemi). Quando poi l’ambiente esterno diviene l’arena delle proprie avventure, ad esempio nelle attività scout o nel trekking itinerante, la conoscenza e la consapevolezza della natura contribuisce allo sviluppo psico-fisico dei partecipanti grazie al tipo e varietà di esperienze, al lavoro di gruppo, alla relazione amicale con i partner, all’assunzione di leadership [Brodin, 2009, p. 100].
Proprio il lavoro di gruppo, sollecitato nelle situazioni OE, viene attivato dalla impossibilità, molto spesso, di poter raggiungere gli obiettivi da soli per cui si rende necessario lavorare insieme, aiutarsi reciprocamente, sostenersi emotivamente e, in ultima analisi, prendersi cura dell’altro. In una cornice di gruppo, come quella appena descritta, si aggiunge la necessità di prendere decisioni e confrontarsi con le conseguenze che da esse derivano, in altri termini si sottolinea la necessità di partecipare attivamente, consapevolmente e, anche attraverso l’esperienza educativa dell’errore, in modo competente [Massey & Rose, 1992].
OE e inclusione delle persone disabili
Diversi studi hanno mostrato che le attività outdoor promuovono l’inclusione delle persone disabili [Cuvo et al., 2001; Doctoroff, 2001; MacKay, 2002; Holman et al 2003; Spencer, 2003; Magnusson, 2006; Todd & Reid, 2006] purché si operi un adattamento dell’ambiente all’aperto e si curi sia la qualità delle situazioni educative sia la leadership [Brodin & Lindstrand, 2006].
Sul versante dell’inclusione le attività OE mostrano benefici effetti psico-fisici, riferiti al benessere individuale, sentirsi bene, e alla salute, stare bene [Brodin, 2007]. Tuttavia il valore dell’OE per le persone con disabilità, adulte o giovani che siano, è stato spesso sottostimato e trascurato, anche pensando all’apprendimento lungo l’arco della vita come sottolineato dalla Commissione Europea.
L’OE, viceversa, è molto naturale per i bambini piccoli, significa libertà, divertimento, piena possibilità di muoversi e agire con poche restrizioni: correre, saltare, arrampicare, esplorare la ricchezza della natura come una naturale sfida che coinvolge tutti. Nell’infanzia, l’educazione 0-6 anni è una cornice inclusiva di cui tutti i bambini (nella loro diversità anche estrema) ne sono parte. Come sottolinea Brodin [2009, p. 105] fino all’età di 4 anni i bambini si accettano per quello che sono e le loro differenze creano pochi problemi, il loro veloce e differenziato sviluppo rende comune il senso di diversità, dopo questo periodo il bambino inizia a divenire più sensibile alla varietà di differenze. Quando i bambini iniziano la scuola a 6 o 7 anni di età, le differenze tra loro appaiono più visibili, nel gioco libero diviene più evidente la difficoltà di alcuni bambini a prendervi parte, il disabile allora riconosce di avere limitazioni rispetto ai pari. Negli anni successivi l’orientamento verso la competizione e lo sport può determinare l’esclusione dei bambini meno abili o con problemi. L’OE può essere un’attività molto più inclusiva rispetto all’educazione tradizionale in forza di svariati motivi:
• stimola il desiderio di apprendere attraverso il divertimento e la semplificazione dei compiti richiesti propone il gioco libero come la più vitale e naturale modalità di apprendere, per tutti i bambini [Gray, 2015]
• presenta poche restrizioni rispetto al chiuso: spazi più ampi per muoversi, nessuna forzatura a dover stare fermi e seduti, possibilità di esplorare l’ambiente [Bjorklid, 2005; Dahlgren & Szczepanski, 2005]
• rende più semplice, alle persone con disabilità, l’essere rilassate e in agio. Le persone disabili hanno bisogno di un ambiente tangibile per facilitare la ricezione, l’elaborazione e l’immagazzinamento delle informazioni, hanno bisogno di tempi di apprendimento dilatati, sono facilitate da situazioni concrete che possono bilanciare i loro bassi livelli di astrazione, hanno bisogno di ricorrere al corpo-movimento per vivere e comprendere i concetti di spazio, tempo, qualità, quantità e causa-effetto
• facilita l’apprendere attraverso tutti i sensi (gusto, odorato, visione, tatto, udito) attraverso l’agire concreto sull’ambiente e le situazioni [Brodin, 2009]. Nell’educazione all’aperto può risultare più semplice facilitare la partecipazione strutturando i compiti e promuovendo routine, attraverso l’utilizzo o la predisposizione di: ambienti accessibili, materiali adatti e destrutturati (meno tecnici), azioni facilitate, soluzioni di problemi personalizzabili [Doctoroff, 2001; Brodin & Lindstrand, 2006]. Nel caso delle persone con disabilità può essere necessario instaurare delle routine come forma di supporto che possa facilitare il loro coinvolgimento e partecipazione.
Considerando le varie tipologie di disabilità ci sono differenze nell’evidenziare programmi di OE, ad esempio: l’accessibilità delle persone su sedie a ruote differisce da quella di persone con difficoltà di apprendimento, oppure il termine bambini con bisogni speciali descrive tutti i bambini che sono caratterizzati con un certo tipo di disabilità. L’educatore deve considerare i bisogni individuali e l’accessibilità dei bambini per poter applicare l’OE.
L’approccio integrale dell’OE può essere visto nel fatto che apprendere all’aperto sollecita i livelli fisici, emotivi, cognitivi, sociali e spirituali degli individui [Gilbertson, 2006, p. 5]. Ciò apre nuove possibilità di apprendimento rispetto alla educazione tradizionale che chiaramente pone la sua attenzione sul livello cognitivo. Per i bambini che hanno problemi di apprendimenti a livello cognitivo, l’OE propone nuovi modelli e livelli di apprendimento. Ogni persona può utilizzare lo stile individuale con cui apprende più efficacemente e utilizzare le varie forme di intelligenze indicate da Gardner [1987].
OE può dunque sostenere i bambini con bisogni speciali le cui attitudini verso l’apprendimento e la scuola sono spesso demotivate da esperienze di fallimento legate a una educazione selettiva basata sulla prestazione [Wilson, 1994, p. 159].
Molti bambini con disagi di vario tipo, che vivono insuccessi nella educazione tradizionale in classe, dimostrano successo nelle situazioni di apprendimento all’aperto [Price, 2015; Gilbertson, 2006, p. 54] incrementando l’autostima e la sicurezza di sé [Berger, 2008; Passarelli et al, 2010].
Il riuscire a fare…, il sentirsi capace di…, sappiamo molto bene, sono aspetti essenziali dell’apprendimento in ordine alla motivazione e al piacere di essere partecipi delle esperienze formative. L’OE con la sua ampia gamma di approcci e situazioni può incoraggiare l’attitudine di questi bambini e può convertire l’apprendimento in un eccitante e piacevole processo. Queste emozioni positive aprono la mente a un’ampia gamma di opzioni cognitive e comportamentali [Passarelli et al, 2010, p. 122] e inoltre incrementano la quantità e qualità degli apprendimenti stessi. L’inclusione richiede un elevato livello di collaborazione all’interno della classe, e quando i gruppi apprendono insieme all’aperto si osserva un incremento nel livello di interazione sociale e cooperazione tra pari [Berger, 2008 p. 323]. I bambini con bisogni speciali sono spesso iper-protetti dai genitori, istruttori o insegnanti, sebbene sia cruciale dare a questi bambini una possibilità di distinguere se stessi e avere opportunità di dimostrare le loro abilità e competenze. Un possibile approccio per raggiungere questo obiettivo è veicolato proprio dall’OE, dalle sfide che propone, dalle svariate esperienze che possono garantire a ciascuno di mostrare il proprio talento personale nell’apprendimento [Dahlgren et al., 1998, p. 17].
Considerazioni conclusive
L’OE rappresenta una strategia educativa che completa e approfondisce l’educazione tradizionale, soprattutto dal punto di vista qualitativo. L’esperienza concreta, emotiva, conoscitiva con l’ambiente esterno, si realizza attraverso la relazione diretta con gli eventi e le situazioni là ove queste si manifestano, di prima mano, in pieno coinvolgimento di tutta la persona.
L’educazione all’aperto sostiene il naturale bisogno umano di contatto con la natura e il piacere di agire in essa e con essa, anche in relazione a una maggiore consapevolezza che l’ambiente naturale è la nostra casa e richiede amore, ancor prima che rispetto.
Nella moderna società, industrializzata, tecnologica, digitale, l’OE ripropone la centralità del corpo e del movimento, l’uso della sensorialità, la sollecitazione del benessere psico-fisico e il piacere di essere protagonisti del proprio agire, del proprio decidere, apprendere ed evolvere. Tutta la strategia è orientata a rivestire di umanità lo sviluppo e la crescita di ciascun individuo, ricollocandolo nella culla delle sue radici, quella terra, quell’ambiente che, ormai abituati a padroneggiarlo in tutti i sensi, anche negativi, non consideriamo più come nostra casa e ricchezza immensa per la nostra vita.