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autore: Autore: di Tristano Redeghieri e Nicola Rabbi

1. Tutti fuori!

Quando la redazione di “HP-Accaparlante” ha proposto una monografia su “Natura ed educazione”, non ho esitato un momento e ho accettato con entusiasmo. Credo fortemente che ci sia un connubio molto forte tra educazione e natura, un’intima simbiosi dove entrambi traggono vantaggio. Le mie esperienze personali e i contatti con esperti hanno rafforzato questa idea. Sono pienamente convinto che lo spazio educativo venga influenzato dallo spazio fisico e per questo le lezioni di qualsiasi disciplina dovrebbero prevedere un momento in classe e un momento sperimentale all’esterno. Ciò serve per assimilare meglio le nozioni studiate sui libri e per creare una motivazione più concreta tramite l’esperienza e il contatto diretto con la natura. Arianna Bussolati al convegno di Negrar organizzato dalla Rete di Cooperazione Educativa fa una proposta interessante e incalza il pubblico con queste parole: “Perché non usare i sassi per calcolare, dopo aver permesso la manipolazione… O per fare insiemi e categorie… Ma anche soppesarli, lanciarli, valutare l’impatto che hanno in acqua o sulla terra, creare muri, dighe, stradine, opere artistiche… Le impronte nella sabbia o nella terra o i segni su un albero aprono tutto un mondo di letture possibili, comunque propedeutiche al leggere”. Dopotutto anche Andrea Ceciliani dice che “L’azione stessa, nelle situazioni all’aperto, implementa le abilità motorie, l’emozione di agire, la relazione diretta con i problemi che spesso, nelle situazioni al chiuso, vengono scarsamente sollecitate. Un tale contesto, tra le altre cose, rende l’esperienza più libera, interessante, divertente e sollecita un sentimento positivo verso l’apprendimento in generale”. Tutto questo avviene solo se, come dice sempre la Bussolati “A patto di lasciare gradualmente che esplorino, tocchino, osservino, inventino, creino, curino, sbaglino, correggano, conoscano i propri limiti e le proprie abilità, imparino”.
Voglio chiudere questa riflessione con le parole che spesso ripeteva la mia maestra delle elementari e che ancora oggi echeggiano nei miei pensieri di un adulto più consapevole: “Bimbi! Tutti fuori!”.
Quando la redazione di “HP-Accaparlante” ha proposto una monografia sulla natura ero vicino a Tristano e, ascoltando la sue proposte, mi sono posto alcune domande: perché ogni sabato parto e vado in collina o in montagna a fare lunghe passeggiate, spesso con amici, sia che ci sia bello o brutto tempo? Perché si sta così bene semplicemente camminando in un bosco? E le persone con disabilità possono avere anche loro questa opportunità? Cosa offre il territorio in cui vivo?
Questa monografia infatti consta di due parti, una dedicata all’outdoors education e l’altra che tratta la natura che include, che permette cioè a persone con difficoltà diverse di viverla bene. Ora, io non sono poi tanto sicuro che la natura abbia questo desiderio di inclusione, ma so che passeggiare in compagnia all’aperto apre anche i cuori e avvicina le persone.
Ho delimitato il campo di indagine al territorio che circonda Bologna, con qualche incursione in altre località emiliane, per poter meglio approfondire il discorso.
Ero partito con l’idea dell’importanza dell’offerta di strutture che permettano alle persone con disabilità di vivere la natura, e questo per svantaggi di vario tipo; ad esempio la costruzione di stradine piane per chi va in carrozzina, l’allestimento di cartelli di spiegazione in Braille e/o in un linguaggio facile da leggere, ma poi, ascoltando varie voci, mi sono reso conto che l’elemento centrale era un altro: la relazione, il fatto che ci fosse un gruppo di persone che accettasse al suo interno la diversità, per fare un’esperienza comune all’aria aperta. La natura infatti offre, a differenza delle nostre città, una molteplicità di percorsi alternativi e, allora, ecco che in gruppo si può scegliere quello che più adatto.
Attenzione però, queste considerazioni non devono legittimare la noncuranza, la non presa in carico del problema di costruire delle facilitazioni minime da parte di chi ne ha la competenza.
Ad esempio i percorsi attrezzati hanno un loro valore, una loro utilità, ma non sono la risposta definitiva.
Infine, anch’io concludo con un’esortazione: dopo aver camminato a lungo tra le nostre parole, tutti fuori, nei boschi…