3. LUDI: un network per promuovere il gioco nel bambino con disabilità
di Francesca Caprino, INDIRE – Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa
Presente in tutte le epoche storiche e a tutte le latitudini geografiche, seppure con alcune differenze di natura culturale, il gioco si caratterizza come motore dello sviluppo infantile nelle sue componenti cognitive, socio-relazionali, linguistiche, motorie ed emotive. La valenza evolutiva del gioco è attestata anche dalla sua inconfondibile presenza in tutti i mammiferi oltre che in altri animali come gli uccelli. Questi cuccioli, come i cuccioli dell’uomo, guidati da un istinto sicuro, trascorrono gran parte delle ore di veglia in attività ludiche e così facendo imparano e si preparano alla vita adulta. Attraverso le forme più semplici di gioco senso-motorio (toccare, battere, lanciare), proprie dei primi stadi dello sviluppo, e passando per tipologie più sofisticate come quelle del gioco simbolico e di finzione, i bambini esplorano l’ambiente fisico in cui vivono, apprendendone gradualmente le caratteristiche. Parallelamente, le attività di gioco, dapprima solitarie, si aprono progressivamente all’interazione con l’altro, consentendo al bambino di arricchire enormemente le sue abilità sociali, linguistiche ed emotive. Il gioco infantile è un’attività spontanea, liberamente scelta e svincolata da obiettivi estrinseci. Si gioca perché se ne ha voglia e perché giocando ci si sente più felici. La dimensione ludica permea tutte le attività del bambino: giocare è la sua principale occupazione. A riconfermare l’unanime consenso sull’importanza del gioco è arrivata, nel 1989, la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che nell’articolo 31 proclama: “Gli Stati Parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale e artistica”.
Vi sono casi, tuttavia, dove la ricchezza dell’esperienza ludica e le opportunità di apprendimento ad essa connesse possono essere fortemente ostacolate se non quasi del tutto precluse. Limitazioni di natura sensoriale, motoria o intellettiva così come fattori di natura ambientale (ad esempio la mancanza di spazi e di materiali di gioco accessibili, l’indisponibilità di partner di gioco o di specifiche tecnologie assistive, la mancanza n. 6 ottobre 2016 HP-Accaparlante 16 di tempo) sono fattori che possono rendere difficile giocare, portando il bambino a una deprivazione che può aggravarne ulteriormente le condizioni globali di salute. Troppo spesso, inoltre, le proposte di gioco indirizzate a bambini con disabilità sono strettamente funzionali al raggiungimento di obiettivi di natura didattica o riabilitativa e poco spazio è dato ad attività spontanee dove il bambino non debba esercitarsi in vista di un qualche traguardo (camminare, leggere, scrivere, ecc.) ma semplicemente divertirsi. Se non sempre è possibile intervenire sulle caratteristiche funzionali del bambino, l’ambiente, nelle sue dimensioni fisiche e sociali, presenta sempre ampi margini di modificabilità, anche grazie all’apporto che ci viene dato dalle più recenti tecnologie. Le barriere possono dunque diventare opportunità. Un bambino, per una limitazione grave della vista, può non essere in grado di giocare a palla con i compagni. Ma se alla palla standard si sostituisce una palla che emette dei suoni, l’ostacolo è aggirato e il bambino può giocare. Un altro bambino che usa per spostarsi una carrozzina potrebbe non essere in grado di usare le giostre, gli scivoli e le altalene del parco del quartiere o della scuola. Se in quel parco vi fossero delle attrezzature accessibili, progettate secondo i principi del design universale, quello stesso bambino parteciperebbe senza difficoltà agli stessi giochi dei suoi coetanei. È questa la prospettiva bio-psico-sociale offerta dall’ICF, Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, ai professionisti e non professionisti che approcciano il tema della disabilità, una prospettiva che non vede la disabilità come una caratteristica interna alla persona ma come la combinazione di più fattori, individuali e ambientali. Questa stessa filosofia fa da cornice al progetto LUDI.
La rete LUDI
LUDI – Play for children with disabilities – è un progetto-azione che ha portato alla costituzione di una rete europea dedicata al tema del gioco per i bambini con disabilità e finanziata dal Programma Europeo COST, un’iniziativa intergovernativa di cooperazione europea nella ricerca scientifica e tecnologica. La rete LUDI è coordinata da Serenella Besio dell’Università della Valle D’Aosta e ha collegato circa 80 ricercatori e professionisti del settore provenienti da 30 paesi europei ed extraeuropei. La riflessione dei ricercatori del network LUDI ha preso le mosse dalla considerazione di come il tema del gioco nei bambini con disabilità negli ultimi anni sia stato oggetto di studi scientifici multidisciplinari e di progetti di nicchia, anche molto innovativi (ad esempio sono stati studiati e sperimentati robot sociali con bambini con autismo, giochi adattati con bambini con disabilità motorie e/o intellettive, sono stati realizzati dei parchi-gioco accessibili) che tuttavia non hanno portato al riconoscimento di un’area di ricerca omogenea a causa della grande eterogeneità delle condizioni riferite alla disabilità e al fatto che il gioco non è ancora considerato un elemento centrale né nella scuola né nei contesti riabilitativi. La rete scientifica LUDI, grazie all’apporto proveniente da campi diversi (psicologia, diritto, pedagogia, discipline medico-riabilitative, design, tecnologie assistive) intende sviluppare la consapevolezza di quanto sia importante garantire a tutti i bambini il pieno diritto al gioco e di come occorra mettere il gioco al centro della ricerca e degli interventi indirizzati a bambini con disabilità. LUDI si propone di mettere a punto metodologie e strumenti di intervento utilizzabili dai professionisti e dai famigliari di bambini con disabilità e di indirizzare le pratiche delle aziende che operano nel settore del gioco (produttori di giocattoli, di videogiochi, di attrezzature per parchi). L’Azione LUDI, mediante la creazione di una rete tra Università, Istituti di ricerca, ricercatori e imprese, è finalizzata a:
• mettere il gioco al centro della ricerca e degli interventi clinici e educativi rivolti a bambini con disabilità;
• aumentare la consapevolezza sull’importanza del gioco per i bambini con disabilità e migliorarne la qualità della vita e la loro inclusione sociale;
• assicurare l’effettivo esercizio del diritto al gioco di tutti; • raccogliere e sistematizzare tutte le competenze e le conoscenze esistenti in questo campo (studi e ricerche, modelli di intervento, risorse e conoscenze provenienti dai centri specializzati e dalle associazioni);
• diffondere le buone prassi provenienti dagli sforzi congiunti dei ricercatori, dei professionisti (psicologi, educatori, terapisti occupazionali), degli utenti e dei loro famigliari;
• creare nuove conoscenze sugli spazi, gli strumenti e le metodologie per favorire il gioco nel bambino con disabilità.
Per raggiungere questi obiettivi sono stati costituiti quattro diversi gruppi di lavoro (Working Groups). Il primo gruppo (WG1) è dedicato all’analisi delle caratteristiche del gioco infantile nelle diverse tipologie di disabilità e provvede a fornire una cornice teorica sulle definizioni di disabilità e sulle tipologie di gioco. Il secondo gruppo (WG2) studia le tecnologie a supporto del gioco del bambino con disabilità, prendendo in esame ciò che è già stato realizzato (ad esempio tecnologie assistive, adattamenti di giocattoli, tecnologie robotiche) mentre il terzo gruppo (WG3) si occupa di esaminare i diversi contesti in cui il bambino gioca (casa, scuola), evidenziando le eventuali barriere che ostacolano le attività ludiche. Al quarto gruppo (WG4), infine, è affidato il compito di proporre, sulla base del lavoro degli altri tre gruppi, nuovi modelli, nuove tecnologie e nuovi metodi per favorire efficacemente il gioco nei bambini con disabilità.
Risultati del primo biennio di attività e prospettive future
La rete LUDI è da poco entrata nel suo terzo anno di attività. In prima battuta, le attività sono state finalizzate a costruire la rete come una comunità di apprendimento, superando le tante differenze nei metodi, nei linguaggi e nelle impostazioni epistemologiche attribuibili alla diversa provenienza geografica e professionale dei componenti. I membri della rete hanno avuto l’opportunità di incontrarsi e di confrontarsi in incontri in plenaria a cui hanno partecipato anche esperti, esterni al progetto, che hanno ampliato la riflessione sul tema del gioco nei casi di disabilità. n. 6 ottobre 2016 HP-Accaparlante 18 Ciascun gruppo ha presentato un documento pubblico in cui sono riportati i risultati di due anni di lavoro collaborativo. Coerentemente con il modello partecipativo scelto dalla rete, tutte le attività progettuali hanno visto l’attivo coinvolgimento di persone con disabilità e di loro famigliari, tutti soggetti che sono stati chiamati a intervenire negli incontri, a revisionare i documenti dei gruppi di lavoro e a farsi promotori del progetto nei contesti di appartenenza. Il lavoro congiunto dei membri della rete LUDI ha portato a formulare due dichiarazioni:
1) il gioco, come diritto, deve essere garantito a tutti i bambini, compresi quelli con disabilità. Come corollario tutte le attività di gioco e i materiali ad esse connessi devono essere resi accessibili;
2) il gioco vero e proprio, inteso come attività finalizzata a se stessa, deve essere distinto dalle attività ludiche (il pedagogista Visalberghi le ha definite attività “ludiformi”) che, nella scuola o nei contesti clinici, vengono utilizzate per il raggiungimento di obiettivi di natura didattica o riabilitativa. Ciò che occorre promuovere, nei bambini con disabilità, è il gusto del gioco fine a se stesso.
La rete LUDI ha inoltre realizzato un database pubblico contenente un articolato repertorio di strumenti e tecnologie per il gioco. Nei prossimi due anni la rete sarà chiamata a realizzare ulteriori attività di ricerca e azione; saranno scritte delle linee guida per la valutazione dell’accessibilità e dell’usabilità dei giocattoli e delle tecnologie per il gioco e per la progettazione di strumenti, tecnologie e ambienti di gioco inclusivi, sarà sviluppata una proposta di intervento per utilizzare in modo efficace le nuove tecnologie e gli ausili a supporto del gioco nei bambini con disabilità e si provvederà a mettere a punto un modello per informare e formare gli operatori e i famigliari dei bambini con disabilità sui temi inerenti il gioco e l’inclusione. L’obiettivo, molto ambizioso, è incidere sulle decisioni politiche, sulle pratiche cliniche ed educative, sui processi produttivi, restituendo a tutti i bambini il diritto al gioco.
Bibliografia
S. Besio, M. Carnesecchi, P. Encarnação, Introducing LUDI: a research network on play for children with disabilities. Studies in health technology and informatics, Università di Aosta, 2015,pp. 689-95.
Besio, M. Carnesecchi, Quale sfida per una rete di ricerca sul tema del gioco per il bambino con disabilità?, X Congresso della Società Italiana di Ergonomia, Torino, 2013