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autore: Autore: Giacomo Busi

5.Corpo, relazione, movimento… per i bambini

di Giacomo Busi, Roberto Parmeggiani, Rosanna De Sanctis

Il progetto “Corpo, relazione, movimento” realizzato grazie al contributo del Comune di Bologna Area Benessere di Comunità in collaborazione tra Associazione d’iDee e Associazione CDH di Bologna, è uno strumento sperimentale di educazione alla salute per i ragazzi delle scuole dell’obbligo che stiamo svolgendo da settembre in cinque scuole primarie e una scuola media di Bologna Quartiere Saragozza e coinvolge 150 bambini. Mai come oggi l’attività fisica, intesa soprattutto come “attività del camminare”, coinvolge aspetti fondamentali della nostra vita. Muoversi a piedi continua a interessare una molteplicità di aspetti culturali, di cui si sente sempre più il bisogno di riappropriarsi. Ma ci sono anche altri aspetti importanti. L’intenso benessere psicologico e fisico che si prova dopo una passeggiata non è l’unico effetto positivo del camminare: una vasta quantità di studi scientifici, come è noto, ha dimostrato che l’attività fisica svolta con regolarità induce anche numerosi benefici per la salute.
Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità:
• la sedentarietà è il quarto fattore di rischio di mortalità su scala mondiale
• patologie legate all’inattività sono le malattie cardiovascolari, il diabete e l’obesità
• l’obesità e il sovrappeso sono in aumento anche tra i bambini
• una modica attività fisica riduce del 50% i rischi di queste patologie, produce benessere fisico e mentale e determina un calo sostanziale del rischio di ipertensione, osteoporosi e delle conseguenze psicologiche della vita sedentaria quali lo stress, l’ansia, la depressione e il senso di solitudine
• camminare o andare in bicicletta per circa 30 minuti al giorno riduce del 50% i rischi di malattie cardiocircolatorie, sviluppo del diabete in età adulta, e obesità; e riduce inoltre del 30 % il rischio di sviluppare ipertensione.

Nella pubblicazione “Global recommendations on Physical activity for Health” (2010) l’OMS definisce i livelli di attività raccomandati. Secondo queste linee bambini e ragazzi di età compresa fra i 5 e i 17 anni dovrebbero compiere almeno 60 minuti di attività fisica al giorno e la maggior parte di essa dovrebbe essere aerobica. Nonostante queste evidenze manca ancora la consapevolezza dell’importanza del movimento fisico per la salute e l’automobile è quasi sempre utilizzata anche per compiere tragitti molto brevi, inferiori ai 3 km. Gran parte dei bambini e degli adolescenti di oggi spesso conducono una vita sedentaria tra la scuola e il computer.

Cammina, che ti passa
Esiste una relazione significativa, sostenuta da evidenze scientifiche, che collega il camminare e lo stato psico-corporeo dell’essere umano. Secondo i ricercatori, infatti, camminare in mezzo alla natura, magari in compagnia di altre persone, riduce lo stress percepito e aumenta il benessere mentale. Le passeggiate all’aperto, specie se fatte insieme ad altre persone, si sono dimostrate avere un grande impatto sul benessere di chi si trova in condizioni psico-corporee non soddisfacenti.
Una ricerca comparata dell’University of East Anglia (UEA), Regno Unito, pubblicato sul “British Journal of Sports Medicine” ha analizzato 42 studi, per un totale di 1.843 partecipanti in 14 diversi paesi: dai risultati emerge che le persone che fanno regolari camminate di gruppo riescono a mantenere bassa la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca, a controllare i livelli di colesterolo e ridurre la propria massa corporea, allontanando così il rischio di ictus. Quindi, camminare in gruppo aiuta a tenere lontane molte patologie e mantenere un buono stato di salute. Infatti, camminare in gruppo è uno dei metodi più facili e veloci di aumentare il proprio livello di salute: le persone che camminano in gruppi tendono anche ad avere un atteggiamento più positivo verso l’attività fisica e a sentirsi meno isolate. Anche con le persone che tendenzialmente rivelano un basso livello di energia e movimento, le camminate in gruppo possono rappresentare un forte catalizzatore e un agente che stimola emotivamente l’adozione di comportamenti sani. L’analisi dimostra che le persone che camminano regolarmente in gruppo hanno registrato cali statisticamente significativi della pressione media arteriosa, della frequenza cardiaca a riposo, dell’indice di massa corporea e del livello totale di colesterolo. Inoltre, camminare in gruppo migliora la capacità respiratoria, attraverso un aumento della potenza polmonare. Infine, questo miglioramento delle funzionalità fisiche generali si associa a un miglioramento dell’umore e a una diminuzione dei rischi di sviluppare umore depresso. Camminare in gruppo rappresenta quindi un’attività sicura e piacevole, che ha un grande potenziale benefico sia per la salute fisica che psicologica [Hanson, 2015].

Raccolta d’informazione e la progettazione di percorsi
Al centro del progetto troviamo l’informazione sull’importanza del movimento per la salute fisica e psichica dell’individuo e la riacquisizione graduale dell’abitudine a camminare soprattutto nei brevi spostamenti urbani, nel tempo libero e nel fine settimana.
Tra gli obiettivi:
• indagine su quanto tempo i bambini e ragazzi dedicano all’attività fisica
• apprendere che il movimento fisico produce effetti positivi sulla salute ed è un importante fattore di protezione dalle malattie
• apprendere una modalità corretta di camminare
• individuare brevi percorsi sicuri all’interno del territorio comunale
• il cammino come viaggio di conoscenza di se stessi.

Azioni e raccolta delle emozioni
• Incontri in aula scolastica e “in cammino” sul territorio
• somministrazione questionario iniziale
• lavoro in piccoli gruppi
• facili camminate nei parchi della città. In tali occasioni ci si concentrerà sulle sensazioni ed emozioni provate ascoltando il proprio corpo in movimento
• compilazione questionario pre e post camminata
• elaborazione dell’esperienza della camminata.

Camminare in tanti modi diversi
La riflessione sull’importanza del movimento, soprattutto quello quotidiano, legato al benessere ma anche al piacere dato dalla possibilità di godere dello spazio fisico in cui viviamo, ci ha spinto a riflettere anche sul tema dell’accessibilità e dei diversi modi di camminare.
L’apporto specifico dell’Associazione CDH, attraverso gli animatori con disabilità del Progetto Calamaio, ha riguardato proprio questo aspetto. Nell’incontro svolto a scuola i bambini e i ragazzi sono stati invitati a fare esperienza della diversità attraverso l’incontro diretto con persone con disabilità.
Una riflessione, quindi, partendo dall’esperienza, dalle sensazioni e dalle emozioni vissute in prima persona. Successivamente, attraverso giochi di ruolo e domande, abbiamo ampliato il ragionamento volto a produrre una maggiore consapevolezza di sé e dell’uso del corpo, di quello della persona con disabilità e del proprio. La conoscenza riduce le distanze e i pregiudizi, ci permette di parlare con libertà anche di ciò che spesso sentiamo come inappropriato e di scoprire punti di contatto tra noi e chi consideriamo diverso. Ecco allora che è possibile scoprire che Francesca gioca a tennis come Andrea oppure che Francesca preferisce andare al parco in compagnia come Elisa e Giulia oppure che a tutti piacciono i pic-nic. L’incontro al parco e la camminata sono stati poi l’occasione per avere un riscontro diretto su ciò di cui avevamo discusso in classe e per confrontarci con quegli aspetti concreti che possono rendere più difficile o, al contrario, facilitare l’accesso al parco.
Dopo brevi tratti di camminata i partecipanti hanno espresso le loro sensazioni rispetto a cosa percepivano dello spazio (suoni, odori, temperatura e tipo di terreno) e a come questo cambiava addentrandoci sempre più nel parco. Allo stesso modo anche l’animatore con disabilità presente esplicitava il suo sentire coinvolgendo i partecipanti mettendoli a confronto con le diverse risposte.
Uno spazio specifico è stato lasciato alla valutazione degli ostacoli e alle possibili soluzioni, più o meno creative. Tra tutte si è convenuto che, al di là della necessità di ridurre le barriere architettoniche, una delle strategie più efficaci per superare eventuali difficoltà e per godere appieno del piacere del camminare è la relazione. Fare insieme, condividere, sperimentare mettendo in comune le diverse abilità.

I promotori del progetto
Associazione d’iDee si occupa da più di 12 anni di sviluppare progetti che contri- buiscano a una società più solidale, capace di tutelare i diritti delle minoranze, anche attraverso la diffusione di iniziative culturali, formative, ricreative che contribuiscano a creare una diversa sensibilità collettiva. Il nostro intento è quel- lo di costruire interventi educativi che, valorizzando le differenze, agevolino le persone in situazione di disagio nel loro percorso di crescita personale, e sociale. L’Associazione Centro Documentazione Handicap, nata nel 1996, gestisce un centro di documentazione sui temi dell’handicap, del disagio sociale, del volontariato e del terzo settore e vuole essere un laboratorio culturale aperto sui temi dello svantaggio e della diversità. Si propone di favorire una cultura in cui le persone svantaggiate siano soggetti di diritto, protagoniste del cambiamento personale e sociale e di dare a ogni persona svantaggiata la possibilità di un’inclusione basata sulla valorizzazione delle sue risorse. Ciò che spesso sentiamo come inappropriato e di scoprire punti di contatto tra noi e chi consideriamo diverso. Ecco allora che è possibile scoprire che Francesca gioca a tennis come Andrea oppure che Francesca preferisce andare al parco in compagnia come Elisa e Giulia oppure che a tutti piacciono i picnic. L’incontro al parco e la camminata sono stati poi l’occasione per avere un riscontro diretto su ciò di cui avevamo discusso in classe e per confrontarci con quegli aspetti concreti che possono rendere più difficile o, al contrario, facilitare l’accesso al parco. Dopo brevi tratti di camminata i partecipanti hanno espresso le loro sensazioni rispetto a cosa percepivano dello spazio (suoni, odori, temperatura e tipo di terreno) e a come questo cambiava addentrandoci sempre più nel parco. Allo stesso modo anche l’animatore con disabilità presente esplicitava il suo sentire coinvolgendo i partecipanti mettendoli a confronto con le diverse risposte. Uno spazio specifico è stato lasciato alla valutazione degli ostacoli e alle possibili soluzioni, più o meno creative. Tra tutte si è convenuto che, al di là della necessità di ridurre le barriere architettoniche, una delle strategie più efficaci per superare eventuali difficoltà e per godere appieno del piacere del camminare è la relazione. Fare insieme, condividere, sperimentare mettendo in comune le diverse abilità.

12. Imparare da loro: l’ascolto dei fratelli

Quando si parla di relazione tra fratelli, molti sono d’accordo nell’affermare che è un’esperienza unica, speciale, indissolubile, che prescinde, per molti aspetti, da ogni altro tipo di rapporto.
Contrariamente alle altre relazioni, la relazione fraterna sostiene due persone emotivamente nei momenti critici per tutto il corso della vita.
I fratelli garantiscono una relazione continua, che inizia con la nascita e dura tutta la vita.
Rappresentando la prima e forse la più intensa relazione tra pari per un bambino, quello tra fratelli è anzitutto un rapporto che fornisce un contesto per lo sviluppo sociale.
Grazie a queste interazioni sociali il bambino sviluppa le fondamenta per il futuro sviluppo della personalità e dei rapporti con gli altri, poiché ha l’opportunità di sperimentare la condivisione, l’imitazione, la rivalità e l’esteriorizzazione dei sentimenti.
I fratelli condividono segreti, si aiutano a vicenda, esprimono direttamente e apertamente i propri sentimenti e, volontariamente o casualmente, imparano l’uno dall’altro.
Attraverso la reciproca interazione sociale, apprendono un processo di “dare-avere”, imparano a condividere, a imitarsi, dimostrano l’un l’altro i benefici della collaborazione, imparano a limare le differenze.
Oltre a essere compagni di gioco, infatti, i fratelli possono essere confidenti, possono dare e avere consigli; si forniscono un supporto reciproco che acquista un significato particolare quando maturano e lasciano la propria casa, e che continua quindi anche in età adulta.
Quando ai genitori viene chiesto perché abbiano scelto di avere un secondo figlio, la maggior parte risponde che la ragione principale è che non volevano che il primogenito fosse figlio unico. A torto o a ragione, le persone tendono a credere che i bambini crescano meglio con la compagnia dei fratelli.
La famiglia ha sempre avuto un ruolo sostanziale nella vita di ognuno. Essa fornisce al bambino le prime opportunità di esplorare, comunicare e interagire con gli altri, lo aiuta a capire come le sue azioni possono influenzare il comportamento altrui. Man mano che il bambino cresce, la famiglia cambia, come cambiano i genitori, i fratelli e la comunità stessa, la relazione tra i membri della famiglia si modifica e i contatti sociali al di fuori di essa si espandono e maturano.
La famiglia può essere vista come un sistema interrelato che supporta l’interdipendenza dei singoli membri. Ogni membro è un elemento importante del sistema e la sua personalità influenza quella degli altri membri. Ecco perché le relazioni familiari non sono mai semplici come possono sembrare.
La nascita di un bambino comporta tutta una serie di cambiamenti che portano a un riassestamento della famiglia e del suo equilibrio; quando c’è già un altro figlio, questa operazione può diventare più complicata, poiché bisogna tenere conto dei suoi sentimenti e del cambiamento del suo mondo, che fino a poco tempo prima non includeva altri protagonisti oltre a lui e ai suoi genitori e in cui il soggetto delle cure e delle attenzioni era unicamente lui.
Cosa succede quando il tanto atteso fratellino/sorellina non è come tutti l’avevano immaginato/a?
C’è qualcosa di unico, di speciale, nel crescere in una famiglia in cui un fratello o una sorella ha una disabilità.
A causa della visione frammentaria che per anni si è avuta delle famiglie che hanno bambini con disabilità fino a tempi abbastanza recenti, scarsa attenzione è stata prestata ai fratelli. Oggi, al contrario, sia i genitori che gli specialisti cominciano ad ascoltarli: incoraggiati a discutere le loro esperienze, si sta iniziando a imparare dai fratelli.
Dopo aver appreso che il nuovo arrivato ha una disabilità, tutti i progetti fatti per lui, le speranze e le certezze che si avevano prima della sua nascita, devono essere rimesse in discussione, sia i genitori che i fratelli devono affrontare la realtà e rinunciare alle loro aspettative e ai loro sogni sul bambino, preparandosi ad affrontare un’esperienza che cambierà permanentemente la loro vita e quella di ciascun membro della famiglia.
Le famiglie vivono spesso una serie di problemi e di bisogni nuovi e inattesi, ma nella larga maggioranza dei casi riescono ad attivare una gamma di forze, di risorse insospettate e di capacità del tutto nuove, di cui a volte sono inconsapevoli, che però consentono loro un adattamento positivo alla situazione. Come tutti i sistemi, dunque, anche quello familiare ha una tendenza intrinseca alla stabilità e una grande capacità di adattamento e crescita.
Negli anni sono aumentate quindi le ricerche sui processi di gestione dei problemi che la famiglia più o meno consapevolmente attiva nei confronti dei suoi bisogni (coping strategies), si vengono a definire interventi nuovi, quali le strategie di empowerment psicologico (potenziamento di capacità), la self-advocacy (autoaffermazione dei propri diritti), lo sviluppo di iniziative di mutualità dal basso (gruppi di mutuo aiuto tra genitori) e altre forme di sostegno alla famiglia. (D. Ianes, 1992< MANCA IN BIBLIOGRAFIA, INSERIRE CON I DATI MANCANTI>)
La nascita di bambino con Sindrome di Down muta l’equilibrio della famiglia, ma prima di tutto muta l’equilibrio dei singoli membri, a partire proprio dai genitori.
Quando ci sono altri figli, i genitori si preoccuperanno di quello che sarà il loro futuro e di come il fratello con Sindrome di Down potrà influenzare la loro vita.
E in questo cammino difficile dai primi mesi diventa importante potersi confrontare con gli altri, con gli amici, i familiari, con chi ha già avuto la stessa esperienza.
Crescere con un fratello con disabilità non è un’esperienza facilmente definibile, non è certo unidimensionale. Si hanno emozioni e sentimenti complessi verso i fratelli. I fratelli e le sorelle di una persona con disabilità sono componenti vitali nel sistema familiare.
In una piccola ricerca effettuata presso il CEPS (Centro Emiliano Problemi Sociali per la Trisomia 21) si sono incontrati un gruppo di fratelli e sorelle di ragazzi con la Sindrome di Down; questo gruppo è stato a sua volta suddiviso in due sottogruppi a seconda dell’età dei partecipanti. Si è osservato come i fratelli e le sorelle più grandi abbiano avuto a disposizione un numero minore di strumenti, nel passaggio di comunicazione della nascita di un fratello con la Sindrome di Down, rispetto ai giovani. Sono emersi però anche bisogni e difficoltà, risorse e curiosità, che hanno dimostrato come l’incontro fosse uno spazio di lavoro importante per i servizi che si devono incaricare di progettare un sostegno permanente, che accompagni i fratelli a un’elaborazione profonda e reale del loro vissuto. Il progetto deve avere come punto di partenza proprio loro: i loro vissuti tutti insieme formano una voce e una storia fondamentale, che può porre le basi per costruire una strada educativa moderna e che possa portare un beneficio non solo a loro direttamente ma a tutta la popolazione, aumentando le competenze inclusive di tutti gli individui.
Innanzitutto, quindi, è fondamentale ascoltare i fratelli, imparare da loro, e per loro, a comprendere cosa provano per riuscire ad adottare le giuste strategie di supporto e aiuto.

Gli elementi chiave della comunicazione efficace
Fornire informazioni chiare ai fratelli è più facile a dirsi che a farsi. Una comunicazione efficace tra fratelli e genitori o esperti è la chiave per riuscirci.
1. Ascoltare attivamente i fratelli. È il primo passo per fornire informazioni ai fratelli. Ascoltare attivamente vuol dire mettere da parte altri progetti o compiti mentre i fratelli parlano. Un ascoltatore attivo assicura ai fratelli di comprendere cosa stanno dicendo, egli ripete o parafrasa la comunicazione, per dimostrare che sta ascoltando attentamente.
2. Non avere fretta. Può essere difficile per i fratelli fare domande, specialmente se le reputano imbarazzanti o se sono dolorose. Essi dovrebbero avere molto tempo per parlare, domandare, interpretare le informazioni. Quindi i genitori e gli esperti non devono pensare che essi abbiano bisogno di avere tutte le informazioni in una volta. Un procedimento graduale darà maggiore sicurezza che i fratelli assimilino le informazioni. Bisogna avere pazienza nelle domande e nelle risposte.
3. Fungere da modelli. Genitori ed esperti dovrebbero fungere da modelli ponendo apertamente domande e cercando di ottenere informazioni, per dimostrare che fare domande e cercare informazioni è un comportamento sano e valido. Essi possono inoltre essere modelli di comunicazione efficace esprimendo onestamente i loro sentimenti e pensieri.
4. Essere sinceri e onesti. Anche se i genitori sono ben informati, è possibile che i fratelli pongano domande alle quali non è facile rispondere. Le risposte devono essere accurate, quindi se il genitore non sa rispondere a una particolare domanda, dovrebbe dirlo, facendo ricerche insieme ai figli, per giungere a una conclusione.
5. Dare risposte comprensibili. Fornire troppe informazioni ai bambini piccoli o informazioni inadeguate e troppo semplicistiche ad adolescenti o adulti, impedirà una comunicazione efficace. Bisogna tenere in considerazione l’età e la particolare domanda che è stata posta, usando un linguaggio adeguato e accertandosi che la risposta sia stata compresa a pieno, anche chiedendolo apertamente.
6. Genitori ed esperti devono aspettarsi qualsiasi tipo di domanda dai fratelli. Favorendo un atteggiamento aperto. Accettando domande su ogni argomento legato alla disabilità. Nessuna domanda è insignificante, è importante rispondere a tutte con cura e comprensione.
7. Fornire informazioni bilanciate. Le informazioni possono essere presentate in vari modi. Concentrarsi sugli aspetti negativi darà una visione distorta della disabilità e delle sue implicazioni. Un approccio bilanciato in cui sia gli aspetti positivi che quelli negativi dell’argomento siano affrontati apertamente è sempre preferibile. I fratelli hanno bisogno di conoscere entrambi i lati, non informazioni dirette in un’unica direzione.
8. Continuare conversazioni precedenti. Genitori ed esperti non dovrebbero aspettarsi che i fratelli comprendano le risposte a domande complesse con un’unica spiegazione. Riprendere condivisioni precedenti può essere utile per assicurarsi che l’abbiano fatto e per dare eventuali ulteriori spiegazioni.