“Nulla si può fare ma tutto è consentito!”. È questa massima della nonna materna del signor Galliano, di professione taxista, che ci introduce a Napoli. In realtà, nel tragitto percorso assieme a bordo del suo taxi, che dall’aeroporto Capodichino ci ha condotto fino al centro città, il sig. Galliano non si è limitato alla citazione della da lui definita “nerboruta” ava buonanima, ma si è lungamente soffermato su molti argomenti. Ha declamato il fascino della sua città, dei suoi tanti pregi e di qualche difetto; ha raccontato della sua esperienza di genitore e della bellezza di crescere in famiglie numerose (si è detto un po’ dispiaciuto di non avere tantissimi figli ma solo cinque!). E alla fine è giunto a evidenziare le pecche di un “stravagante” sviluppo urbanistico fino a un paio di digressioni un po’ astiose su due temi che hanno tenuto banco la scorsa estate: il “Decreto Bersani” per la liberalizzazione di alcuni settori del commercio, tra cui quello dei taxi. E il bombardamento mediatico che, sempre a suo dire, ha ingiustamente dipinto il luogo dove lui vive (il quartiere di Scampia), come una zona di guerra.
Al di là di tutto, all’arrivo in città, in un bell’albergo appena dietro il Duomo, non ci eravamo pentiti di aver scelto Napoli per realizzare l’ultima guida accessibile della collana “Incontri” (frutto della collaborazione con Coloplast). Inoltre, avevamo già un primo termometro degli umori della città, che ci avrebbe aiutato nel nostro soggiorno nel capoluogo partenopeo.
Ecco, forse l’essenza del fare turismo inizia proprio da qui. Dal prendere contatto con il territorio, con il sentire delle persone che lo abitano e lo respirano quotidianamente. Da questo punto di vista, il sig. Galliano rappresenta un passaggio obbligato per l’approdo a un vero turismo emozionale. L’anello di congiunzione tra il “Dove? Sì, ci sono stato… mmm… bello” e il “Caspita se mi ricordo! È un’esperienza che mi porterò dentro per parecchio tempo!”.
Per il gruppo di lavoro del Centro Documentazione Handicap di Bologna e della Cooperativa “Accaparlante” quest’approccio è divenuto da tempo una precisa scelta operativa. E il processo di costruzione di una guida accessibile è fatto anche molto di questo. Parlare con le persone, chiedere loro consigli su come dove e perché andare lì… È bello sentire le “impressioni di pancia”. Tipo: “Si, va bene, il museo del Tesoro di San Gennaro sarà anche una tappa obbligata ma lei, dovendo pagare, ci andrebbe?”. Per il rispetto dovuto al Santo, ometteremo qualunque risposta in merito. Nel condurre la rilevazione sul territorio ci si comporta un po’ come farebbe un antropologo nell’intento di elaborare una metodologia di ricerca sulla comunicazione urbana. Ci si perde nella città, tra i suoi vicoli, i suoi palazzi, e non per caso ma perché ci si vuole perdere; si gode nello smarrirsi. Per cercare, scoprire… per vivere e comprendere al meglio il luogo che si visita.
Certo è che per stilare un itinerario di qualità secondo i crismi dell’accessibilità servono almeno due differenti dotazioni. Una tecnica: un metro, un “occhio clinico” per le pendenze, i restringimenti delle passerelle e degli scivoli, le altezze delle pulsantiere; un bagaglio di conoscenze normative sul tema delle barriere architettoniche e un’attenzione agli aspetti logistici. L’altra, sempre attenta alla “dotazione tecnica” ma che potremmo definire più godereccia, richiede: una discreta passione per la tradizione enologica e gastronomica del nostro Paese, un interesse a scoprire il locale “rustico”, il luogo fuori dai giri del turismo di massa. Una buona capacità di valutare se e in che termini valga la pena di adattarsi temporaneamente a una situazione accessibile con difficoltà (in attesa di una completa accessibilità) come quella di un hotel, un ristorante, un museo, valutando cosa viene offerto in cambio dello sforzo.
Questo concetto merita un approfondimento. Pensando a una guida su Napoli era logico supporre l’esistenza di problemi di accessibilità. Intanto per ragioni strutturali: Napoli si sviluppa su un territorio tutt’altro che pianeggiante, con molte zone decisamente “faticose” (ad esempio, in cima a impervie salite) e diverse sostanzialmente inaccessibili. Il cuore del centro storico ha una pavimentazione a lastroni e/o sampietrini che col traffico di auto e moto tende a dissestarsi, rendendo la percorribilità per le carrozzine molto più difficoltosa.
Sta di fatto che cercare di non perdere di vista la logica del “entro certi limiti si può provare ad adattare il presente al possibile” normalmente consente di ottenere risultati insperati.
Questa logica si riflette direttamente nel metodo di lavoro per la costruzione di itinerari accessibili, soprattutto se teniamo presenti almeno quattro punti:
1. Spostamenti da un luogo a un altro
Si cerca di studiare e descrivere il percorso più adatto a chi si sposta con l’ausilio della carrozzina, o ha dei problemi di mobilità, privilegiando il passaggio su marciapiedi provvisti di scivoli, evitando strettoie, strade di difficile attraversamento.
2. Strutture da visitare
Ogni struttura segnalata all’interno degli itinerari è oggetto di un sopralluogo teso a verificarne e descriverne il grado di accessibilità, indicandone eventuali ostacoli.
3. Strutture ricettive
Gli hotel, i bar e ristoranti segnalati saranno valutati non sono per il livello di accessibilità e per la quantità di servizi offerti, ma anche secondo parametri legati all’accoglienza, all’ospitalità e alla cordialità.
4. Trasporti
Verranno fornite le informazioni sia per chi si sposta con l’auto che per chi utilizza i mezzi pubblici, compatibilmente con l’accessibilità del servizio locale.
Sulla base di questa semplice griglia, anche l’esito della rilevazione di Napoli si può definire sostanzialmente soddisfacente. Sono molte le strutture fruibili e visitabili, come ovviamente ve ne sono di inaccessibili. Qui come in altri città il valore aggiunto alla città è dato dai suoi abitanti. Parlare con i napoletani nei bar, per strada, sulla funicolare e un modo per farsi raccontare da loro la loro città, e, come accade molto spesso, questo è un viaggio nel viaggio.
La guida sarà presto data alle stampe ma nel frattempo qualche anticipazione per i lettori di HP-Accaparlante: il Castel Sant’Elmo, il Museo Nazionale e Parco di Capodimonte e lo splendido Caravaggio ospitato presso la Chiesa del Pio Monte della Misericordia, da vedere. Alla Trattoria da Nennella (nei Quartieri Spagnoli) e al volo per strada o seduti, nelle Pizzerie “Il Presidente” e “Da Matteo”, in via dei Tribunali, per mangiare.