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4. Scoprire il piacere di saper fare cose belle

Intervista ad Alessandra Falconi, Centro Zaffiria

“Tanto meglio sarà l’adulto, quanto meglio avrà giocato da bambino”.Lo sosteneva Platone e noi ne siamo convinti. Giocare è fondamentale alla vita dichiunque; per il bambino è uno spazio e un tempo indispensabile.Alberto Manzi lo scriveva così: “il gioco è mezzo di scoperta, medium culturale”.

Raccontaci chi sei e qual è il tuo ambito lavorativo.
Mi chiamo Alessandra Falconi, lavoro al Centro Zaffiria che ho fondato quasi vent’anni fa, grazie al quale lavoro al Centro Alberto Manzi e mi occupo del progetto Italiantoy. Lavoro con i bambini dai 3 ai 18 anni, e mi considero una donna fortunata perché vivo in mezzo alle loro domande di senso. Autentiche.

Da quando hai cominciato a interessarti a giochi e/o giocattoli accessibili/inclusivi?
Il tema degli strumenti educativi mi interessa da sempre. Recentemente ho scritto un post sulle forme del sapere perché penso che gli strumenti per giocare siano strumenti fondamentali per scoprire il mondo. (Per chi fosse interessato: www.disegnangolo.it/disegnangolo/le-forme-del-sapere)L’esperienza laboratoriale come atelierista mi ha posto tante domande: quali strumenti usare perché i bambini possano scoprire le cose da soli? Come far venire loro il desiderio di fare e disfare? La doppia esperienza di curatrice del Centro Alberto Manzi e la formazione al Metodo Bruno Munari sono state il binario che mi ha portato a Italiantoy. Volevo che la bellezza del mondo potesse stare nelle mani di un bambino. Di tutti i bambini. Mi rendo conto che può suonare presuntuoso ma penso che occorra un sogno grande per potersi mettere in cammino verso la meta (soprattutto per non arrendersi nei tanti momenti di difficoltà). Per me il gioco deve nascere inclusivo perché deve permettere un’esperienza vera al bambino: non deve giocare da solo, né fare da spettatore. Penso che gli oggetti giocattoli debbano proporre al bambino un’attività, debbano essere strumenti nelle sue mani: così è possibile indagarne l’uso, imparare dagli errori, scoprire delle varianti, arrivare a fare dei propri progetti.

Qual è stato il motivo che ti ha spinto in questa direzione?
Gli oggetti ci presentano una questione che ancora la scuola non ha risolto: come trasformo dei concetti teorici in esperienze che il bambino può padroneggiare? Cerco tra il materiale didattico disponibile nei cataloghi scolastici: ogni insegnante si rende conto di quanto spesso il livello sia basso. L’estetica dell’oggetto sembra essere un problema superfluo, un lusso per scuole che possono permetterselo. La comunicazione visiva, tattile e sensoriale di qualità viene spesso sacrificata per inseguire un prezzo basso. Poco importa se poi quel materiale verrà usato poco perché poco stimolante. Il consumismo educativo chiede che si rispettino le sue esigenze di bilancio. Proviamo allora a riaprire quegli armadi scolastici che i bidelli hanno chiuso da tempo: kit colorati per studiare la geometria, carte da abbinare per ricomporre le forme, forme di legno che profumano di scuola. La ricerca sui materiali didattici a un certo punto si è fermata. O, forse, si è solo nascosta. Nelle cattedre di quelle maestre e quei maestri che riadattano oggetti per stimolare i loro bambini, per aprire domande sul mondo e sull’esperienza quotidiana.

Parlaci dei giochi che producete: come nascono, come li utilizzate, che riscontri avete avuto.
I giochi che ora abbiamo a catalogo sono quasi una ventina e cercano di colmare le lacune che ho provato a spiegare nelle risposte precedenti. Sono strumenti con cui provare a fare da sé, da padroneggiare grazie al giocare, scoprendo che l’errore, ad esempio, può dare informazioni utili sull’uso dello strumento e su cosa ci si può fare. Sono giochi che vorrebbero far nascere una curiosità: ad esempio, Flora Zu può essere usato da un bambino per disegnare prati ma sul sito si può scaricare gratuitamente il libro fotografico con i fiori e gli insetti nella natura. C’è quindi un livello di approfondimento che porta il bambino a cominciare da una tavoletta in rilievo per poi chiedersi: che fiore sarà? Che insetto è? Dal nome scientifico alla foto. Lo stesso disegno riprende le reali linee dell’insetto, non c’è un segno edulcorato. L’informazione visiva di quanti tipi di fiori e insetti possiamo trovare è fondamentale: permette al bambino di uscire dallo stereotipo del fiore disegnato allo stesso modo, gli permette di lavorare sulle variabili dei fiori di campo, sui tanti modi di essere di un fiore.
Non si porta il bambino a fare il lavoretto, per tutti uguale, tranne per chi incolla male…,ma si chiede al bambino di giocare con uno strumento per arrivare poi a esprimere il proprio prato: ne avremo tanti diversi a seconda di quanti sono i bambini in classe. Alberto Manzi, l’indimenticabile maestro della trasmissione “Non è mai troppo tardi” degli anni Sessanta, scriveva: “Quel che ci interessa rilevare è che con il gioco il bambino sviluppa: creatività, invenzione e ricerca, fattori che sono di primaria importanza per poter affrontare nel futuro ogni imprevisto e saper esaminare un qualsiasi problema e tentare di risolverlo”. (Agende di Casa Serena, anni Ottanta)I nostri giochi si pongono l’obiettivo di avere, in filigrana, questa carta d’identità:
1) sviluppare l’intelligenza;
2) sviluppare i processi di astrazione;
3) creare delle situazioni immaginarie per imparare a trasformare la realtà;
4) ampliare i propri limiti, per acquistare un po’ più ampia consapevolezza di sestessi, delle proprie capacità, del proprio essere tra le cose e le persone;
5) manipolare, associare, combinare in modo nuovo cose vecchie, per creare relazioniinsolite e favorire lo sviluppo del linguaggio e del pensiero.

Qual è l’approccio ai vostri giochi da parte dei bambini? E degli adulti?
I bambini li capiscono immediatamente, basta partire con un’azione gioco, come proponeva Munari. Gli adulti si dividono in due categorie nette: abbiamo per fortuna gli innamorati dei nostri giochi che sentono e capiscono quanto proviamo a sostenere la creatività e l’autenticità dell’espressività dei bambini, il loro diritto a giocare bene, con materiali belli, con i loro tempi. L’altra categoria è di chi invece non li capisce, chi li reputa troppo intellettuali, non alla portata di tutti i bambini. Lavorando nelle scuole posso invece dire che i bambini si sanno approcciare bene al materiale, con curiosità e voglia di fare. Capiscono che sono loro al centro dell’esperienza, con la loro immaginazione, la voglia di giocare a fare così e anche così, di fermarsi perché forse invece si potrebbe anche fare così. Sono bambini attenti, che si concentrano nel lavoro che stanno facendo.

Facci qualche esempio, raccontaci qualche episodio significativo.
Posso raccontarvi l’ultimo episodio in ordine cronologico: ho fatto un atelier sulle Città invisibili con il gioco Zoe Ci e i bambini avevano 4 anni. Non avevano mai lavorato con la tecnica del frottage (quella, per intenderci, del ricalco delle foglie) ed erano un gruppo di 15 bambini (a casa invece il genitore ha uno, forse due o tre bambini, la situazione è molto più semplice). Per aiutarli ho usato lo scotch di carta per fermare le tavolette e i fogli da frottare, ho mostrato però loro che strumento era nascosto sotto la carta (hanno tenuto in mano le 12 tavolette con 12 texture diverse e le abbiamo analizzate insieme) e ho poi usato uno strumento musicale per guidare il ritmo della loro mano mentre frottavano. Abbiamo fatto un girotondo del frottage e in questo modo tutti i bambini sono riusciti a fare un’esperienza positiva. Dopo aver mostrato loro la magia di come, premendo col colore apparissero dei segni, ecco che i bambini avevano la curiosità di scoprire quanti segni erano nascosti sotto i fogli. E il gioco delle monocromie permetteva l’evidenza di questi segni. Questo per farvi un esempio d’uso, uno dei tanti. Per giocare dando spazio anche al piacere dell’adulto che con i nostri giochi scopre di saper fare cose belle (e non se lo immaginava).

Centro Zaffiria
Educazione, gioco, cittadinanza digitale, creatività e partecipazione esplorate con i media. Progetti, laboratori, formazione, passeggiate nel web tra vecchi e nuovi media per educare, partecipare, creare, pensare, giocare.
Di tutto questo si occupa il Centro Zaffiria di Bellaria Igea Marina (RN) che è impegnato nell’offerta e nello sviluppo di educazione ai mass media nella scuola e nell’extra-scuola con l’obiettivo di promuovere i diritti dei bambini e la loro partecipazione sociale attraverso l’uso creativo dei media e dell’educazione artistica.
Il centro Zaffiria promuove il convegno nazionale Medi@tando, cura il Centro Alberto Manzi e il progetto di giochi educativi Italiantoy (www.italiantoy.net).
via Luzzatti 15
47813 Bellaria Igea Marina (RN)
tel. 0541341642
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