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Quando le società sportive possono ospitare tutti

di Cristina Ferrarini

“All inclusive sport” è la più ampia iniziativa di rete della provincia di Reggio Emilia impegnata a inserire bambini e ragazzi con disabilità nelle società sportive del territorio. Il suo obiettivo è creare le condizioni perché i bambini e i ragazzi con disabilità possano praticare sport con i coetanei e partecipare alla vita delle società sportive del loro territorio. In che modo? Creando un’alternativa ai percorsi sportivi dedicati esclusivamente ai diversamente abili, puntando piuttosto sul loro inserimento in più ampie società sportive “inclusive”, capaci di ospitare tutti, grazie alla presenza di Tutor di sostegno correttamente formati.
Un progetto piccolo ma ambizioso, che sta concludendo la sua fase sperimentale e che mira, nel lungo periodo, a provocare un cambiamento culturale.

Sport agevoli
Ci racconta Federica Severini, responsabile dell’area progettazione sociale di DarVoce, Centro Servizi per il Volontariato di Reggio Emilia: “Siamo partiti tre anni fa con le Associazioni di Volontariato che si occupano di disabilità come il GIS (Genitori per l’Inclusione Sociale), la Fa.Ce (Famiglie Celebrolesi) e Valore Aggiunto: chiedevano che i loro ragazzi potessero fare sport il pomeriggio con gli amici, proprio come i compagni di classe. Insieme a loro, abbiamo messo in rete tanti soggetti che si occupano di sport e disabilità e abbiamo mappato le società sportive della provincia di Reggio, scoprendo che molte di loro sono aperte all’inclusione ma nella pratica non si sentono preparate per accogliere i ragazzi diversamente abili in squadra”.
“All inclusive sport” ha così dato il via a un programma di formazione per Tutor sportivi, che conta oggi 45 iscritti: man mano che si liberano risorse economiche, queste vengono impiegate per inserire i ragazzi con disabilità nelle società sportive, affiancando a ciascuno di loro un Tutor di sostegno, ingaggiato per favorire l’integrazione e la progressiva acquisizione di autonomia dell’atleta nel gruppo.
Per fare questo, “All inclusive sport” si avvale di figure di coordinamento, i cosiddetti Supertutor: professionisti impegnati da anni nell’inclusione sportiva, che offrono il loro tempo al progetto per orientare le famiglie nella scelta della società sportiva e per accompagnare i Tutor nel loro percorso di crescita accanto ai rispettivi atleti con disabilità.
In questo momento “All inclusive sport” sta dialogando con oltre 70 società sportive “aperte all’inclusione” nella provincia di Reggio Emilia e sta seguendo l’inserimento di 20 fra bambini, ragazzi e adulti nel judo, nel calcio, nel football americano, nel basket, nell’atletica, nel pattinaggio… seguendo i desideri e le inclinazioni dei ragazzi.
Ma il progetto sta acquisendo un’eco sempre più ampia. Ci dice ancora Federica Severini: “Oggi non ci chiamano più solo le associazioni di volontariato. Ci chiamano gli insegnanti, che identificano ragazzi con disabilità particolarmente bisognosi di fare sport al di fuori della scuola in compagnia dei loro coetanei, così come le famiglie che hanno conosciuto il progetto da amici o conoscenti. E soprattutto, ci chiamano le società sportive che vorrebbero iniziare un percorso inclusivo e chiedono un piccolo aiuto per partire. Noi speriamo che sia questa la chiave di svolta, perché ogni società sportiva che diventa inclusiva potrà accogliere negli anni decine e decine di ragazzi con disabilità. Così i numeri decuplicano e il nostro sforzo ha un senso. Così l’inclusione diventa normalità e non più l’eccezione di poche società sportive virtuose”.
“All inclusive sport” fa parte di “Reggio Emilia Città senza Barriere” del Comune di Reggio Emilia, e conta sul prezioso sostegno di tante realtà locali pubbliche e private, come Fondazione per lo Sport, Consorzio Renergy International, Farmacie Comunali Riunite, Banco Popolare BSGSP, Intesa San Paolo, Montanari e Gruzza Spa e Banca Prossima. Al progetto aderiscono inoltre a vario titolo le sedi locali di numerose realtà come il Comitato Paralimpico, il Centro Sportivo Italiano, la UISP, l’ASL, l’INAIL, la Fondazione Durante e Dopo di Noi, le cooperative sociali di educatori.
E, come in ogni progetto di questo tipo, sono soprattutto le persone a fare la differenza.
A una mamma di un bambino con autismo inserito in una scuola di judo abbiamo chiesto: “Qual è la cosa che ti piace di più dello sport?” Ci ha risposto: “La cosa che mi piace di più dello sport ha un nome, si chiama Carla, è la nostra allenatrice inclusiva. Non le cose, ma le persone fanno la differenza. Chi lavora per le persone, cambia la vita delle persone.
Carla, con nostro figlio Mattia e con noi, ha fatto questo. L’allenamento di judo è diventato un appuntamento irrinunciabile della nostra settimana, porta grandi benefici in termini di autonomia, autostima, divertimento e amicizia. Auguro a chiunque di avere un bambino come Mattia e di poter vivere con lui tutti i momenti gioiosi che stiamo vivendo noi”.



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