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Lettere al direttore

Caro Claudio,
mi permetto di darti del Tu visto che siamo quasi coetanei, nonostante io sia una persona gravemente normodotata,.
Spinto dalle vicende di mia figlia Michela di 11 anni affetta da paraparesi e disturbo generalizzato dello sviluppo, mi sono avvicinato al mondo dei diversamente abili, fino ad allora per me sconosciuto. Ne sono rimasto intrappolato. Sono cosi incappato nella tua produzione letteraria: sono abbonato a HP-Accaparlante, ho letto diversi tuoi articoli e libri: in particolare Il principe del lago che l’altra mia figlia, Chiara, ha letteralmente divorato, e Una vita imprudente.
Ti scrivo per invitarti formalmente  a essere protagonista di un incontro, il cui titolo provvisorio e modificabile potrebbe essere “la disabilità come valore”, che si svolgerebbe al Policlinico A. Gemelli di Roma, Università Cattolica del Sacro Cuore. Questo incontro si dovrebbe svolgere nell’ambito dei “I mercoledì della Cattolica.” in cui vengono invitati a parlare personaggi che per il loro impegno politico, letterario, filosofico, missionario, lavorativo si ritiene possano trasmettere valori.
Penso che Tu potresti fare molto per un auditorio composto da persone, molto, molto gravemente normodotate (studenti di medicina, medici, infermieri, ricercatori e professori universitari): un incontro con Te potrebbe essere soprattutto per gli studenti di medicina, molto formativo e aiutarli a guardare il mondo e le persone con un’altra prospettiva, soprattutto per quanto riguarda la disabilità o la diversabilità: non una prospettiva pietistico-assistenziale o di patologia, ma come “una miniera”. In definitiva potresti contribuire a creare dei medici migliori.
Spero che questo compito ti possa invogliare ad affrontare un auditorio così pesante.
Gli incontri avvengono il mercoledì intorno alle 13 e hanno la durata di circa un ora. La data la puoi scegliere Tu.
Per rendere il tuo viaggio a Roma più produttivo e se puoi fermarti qualche giorno, posso organizzare  altri due incontri con disabili, scuole Associazioni, ecc.
Le spese del viaggio e del soggiorno sarebbero a carico dell’associazione di cui faccio parte: Il sogno, Associazione genitori persone disabili (scusaci per il nome ma è stato scelto prima di conoscerti). Ti promettiamo ristoranti con perlomeno 3 bavaglini (non bagnati) e spaghetti alle vongole.
Spero di poterti conoscere e che tu soprattutto venga ad illuminare menti offuscate.
Un caro saluto

Nicola Panocchia
n.panocchia@virgilio.it
nicola.panocchia@rm.unicatt.it

È stato davvero un onore per il sottoscritto ricevere e leggere una lettera del genere. Un invito dalla Sapienza per un intervento al Policlinico Gemelli è a dir poco gratificante. Non subito, però, sono riuscito a cogliere l’importanza di questa e-mail. E non perché non fosse chiaro il contenuto, o perché fossi stupido io, ma per colpa di una strana deformazione che la mia mente ha ormai assunto e da cui difficilmente si libererà. Forse ai miei aficionados questa mia “anomalia” non risulterà nuova:  spesso mi capita, infatti, di venire invaso da immagini collegate a qualcosa che leggo e guardo in giro, come in questo caso, con la mia immaginazione che subito da “Policlinico Gemelli” mi ha proiettato in una puntata del telefilm E.R. – Medici in prima linea. Proprio durante la mia conferenza scatta un’emergenza improvvisa e i dottori devono scappare dietro George Clooney e Eric La Salle indossando rapidamente i guanti tutti di corsa verso il pronto soccorso e gridando “Presto, una flebo! Il defibrillatore!” e io che nel trambusto generale vengo travolto e finisco in rianimazione e con la lavagnetta dico “Elle-i-bi-e-erre-a, libera!”. Poi mi ridesto e mi accorgo che al Gemelli non è successo niente di tutto ciò e che anzi ci devo ancora andare. Anzi, ringrazio davvero per l’opportunità che mi è stata offerta: credo che per i dottori sia stata un’importante occasione di formazione al tema della diversabilità e sul suo “valore” per la nostra società.

Carissimo Claudio,
(o devo rivolgermi a te con più rispetto, tipo dottor.. .professor.. .giornalista.. .scrittore… ecc…? MAMMA MIA QUANTE "COSE” SEI!!!!!!!!!!!).
Sono Isabella Roda, sorella di Milly, ci hai conosciute a Misano TANTI (ahimè!) anni fa…
Come stai? Sempre alla grande, immagino.
Perché ti scrivo? Per chiacchierare!!!!!!!!!!!!
Dunque: qualche sera fa ero in una libreria di via Degli Orti, Ulisse, che chiude alle 21 e quindi ti invoglia a curiosare (e infatti ci vado spesso).
Mi capita tra le mani "E li chiamano disabili!”; sfoglio, poi realizzo e cerco TE, il ragazzino Claudio, con la deliziosa dolce mamma Rosanna, e ti trovo! Lì, seduta stante, leggo due capitoli.
Torno a casa, telefono a papà (lo ricordi il nostro papà Corrado?), gli racconto il mio incontro con te – inconsapevole! – e mi vien voglia di "leggerti” (sto facendo una faticaccia a scriverti con questi mezzi moderni!).
Capito in piazza Re Enzo e mi viene la curiosità di cercarti in Sala Borsa: CI SEI!
E così adesso sei… a casa mia.
Oggi, come tante domeniche, erano a pranzo qui il mio papà – (86 anni) e mia suocera (95) e ho fatto vedere il libro, sulla cui copertina campeggi col tuo sorriso: papà ti guardava con sincero affetto, mia suocera purtroppo no perché è quasi cieca.
Sfogliando il tuo "Una vita Imprudente", ci siamo sinceramente dispiaciuti per la tua mamma, che tra l’altro ci aveva dato lezioni di matematica, sempre con la sua dolcezza che però era anche fermezza.
E poi ho letto a mia suocera il capitolo scritto da Stefano Toschi, che è suo nipote perchè figlio di sua cognata Laura, infatti mio marito si chiama Toschi. Vedrai che ne parlerà con la Margherita e con la Laura.

Adesso ti saluto anche da parte di papà e della Milly e ti abbraccio.
Ciao ciao ciao
Isabella

Ho scelto di rispondere a questa lettera  perché vorrei smitizzare un’immagine che spesso mi viene attribuita: l’onnipresenza, che viene usata a volte quasi come un’offesa (non in questo caso, è ovvio). Cara Isabella, è vero che sono in libreria, che sono sui giornali e che a volte mi vedi in televisione, ma sono soltanto ologrammi creati da un gruppo di persone che hanno fiducia nelle mie potenzialità. Il lavoro che porto avanti non è mai semplicemente il prodotto del singolo Claudio Imprudente, ma quello di un’intera squadra che mi aiuta, mi stimola, mi invoglia ad andare avanti, mi arricchisce. Siamo tutti ologrammi di un lavoro concentrato sulla pretenziosa idea di poter dar vita a una svolta culturale dell’idea di disabilità nella storia del nostro Paese.
Sai, non pensavo che mi sarei mai potuto trovare a fare anche l’ologramma nella vita. Però pensandoci bene è divertente e mi ricorda la mia infanzia quando amavo giocare con le figurine olografiche con quei mostri che si muovevano grazie a fenomeni di catarifrangenza. Ne ricordo in particolare una con un drago verde pisello che apriva la bocca e sputava fuoco giallo. Chissà se, invece di un drago, tra vent’anni un bambino troverà una figurina con me che muovo gli occhi e indico le lettere su una microtavoletta: “Ciao bimbo, non avere paura del mostro cattivo”.




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