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Informare sul disagio psichico

Il bisogno di una corretta informazione è una delle prime necessità manifestate da chi si trova a vivere o a convivere con situazioni di disagio psichico. Un seminario e un progetto in itinere organizzato dal Centro Minguzzi per modificare i luoghi comuni dei mass media

Le recenti trasformazioni avvenute in campo sanitario ed in particolare in campo psichiatrico hanno avviato processi di forte cambiamento sia rispetto all’articolazione organizzativa con cui vengono garantiti i servizi (integrazione tra pubblico e privato) sia al ruolo che il cittadino/utente esercita rispetto alle stesse organizzazioni erogatrici e agli enti preposti alla programmazione. Dall’insieme di questa nuova molteplicità di attori e dal maggiore peso esercitato dal cittadino, nelle sue varie forme aggregative e vesti associative (associazioni di familiari e di utenti) e di rappresentanza (ente locale) , emerge l’esigenza di creare un clima culturale che complessivamente accresca la possibilità di adeguare, perfezionare la risposta al disagio psichico, come fenomeno che la comunità prende in carico.
E’ ormai assodato che in campo psichiatrico tale processo affonda le sue radici nella riforma psichiatrica del 1978 che ha portato al definitivo superamento della legge del 1904 e, quindi, al radicale cambiamento delle modalità di farsi carico di chi era stato etichettato come "malato di mente" e per questo rinchiuso in manicomio e depauperato di ogni diritto civile, nonché di ogni legame sociale. La legge 180, in sintesi, attraverso il superamento del manicomio e la costituzione dei servizi territoriali ha favorito – come promessa di emancipazione (cfr. G. Dell’Acqua, R. Mezzina, D. Vidoni, Utenti famiglie e servizi di salute mentale in Fogli di informazione, n°157) – interazione, scambi sociali, soggettivazione dei diversi attori in campo a partire dagli stessi operatori e dagli utenti fino a comprendere coloro che, se si escludono gli orari per le visite, erano stati storicamente esclusi da ogni forma di legame con chi viveva all’interno del manicomio, ossia i familiari e i cittadini in senso lato.

Un bisogno di vera informazione

I cambiamenti prodotti da tale processo sono passati attraverso una ridefinizione dei singoli ruoli dei diversi attori in campo. E’ proprio in virtù di questo che si è avvertita fortemente la necessità di avere informazioni rispetto a quello che fino a quel momento era stato un mondo ad esclusivo appannaggio della comunità scientifica. A differenza, inoltre, di altri settori del sapere medico quello psichiatrico si caratterizza perché possono coesistere modelli teorici di riferimento diversi e in alcuni casi contrapponibili. Non solo la disciplina psichiatrica ha individuato con fatica nel tempo un modello unitario di classificazione delle patologie mentali, trovando un buon livello di consenso solo sulla scelta del luogo: il manicomio, dove è ormai risaputo che l’unica certezza era rappresentata dalla data di ammissione e non certamente sull’esito dell’intervento terapeutico. Tutto ciò ha determinato in coloro che non sono specialisti del settore forti difficoltà di comprensione.
Ancora oggi il bisogno di informazione è uno dei primi bisogni segnalati da chi si trova a vivere o a convivere con situazioni di disagio psichico. E’ per rispondere a questa richiesta che l’istituzione "G.F.Minguzzi" della Provincia di Bologna -sorta negli anni ‘80 come centro di documentazione di storia della psichiatria e dell’emarginazione sociale e divenuta nel tempo un luogo di elaborazione di strumenti di analisi e strategie di intervento sui temi dell’integrazione sociale e della devianza in senso lato- si è attivata per dare vita a una sezione di documentazione sulla salute mentale per i non professionali, ossia un punto qualificato dove trovare informazioni, materiali per chi ha necessità di predisporre progetti di divulgazione e sensibilizzazione rivolti ai non addetti ai lavori. La realizzazione del progetto necessita sicuramente -data la complessità della materia e la variegatezza dell’utenza di riferimento (familiari, associazioni di familiari, URP, cittadini, utenti, variegato mondo scolastico)- di diverse tappe.

"Accrescere le competenze della comunità"

Una di queste è rappresentata sicuramente dal primo workshop dal titolo "L’informazione sociale nel campo della salute mentale per accrescere le competenze della comunità", organizzato recentemente a Bologna con la collaborazione di Unasam (Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale). In quell’occasione a partire da sollecitazioni provenienti dai familiari, preoccupati dell’influenza che esercitano i mass media nella presentazione di tematiche relative al disagio psichico, si è ritenuto opportuno organizzare un momento di incontro fra i diversi attori deputati -anche se in forma diversa- a dare informazioni per riflettere e chiarire quale informazione "alternativa" occorre produrre per cambiare stereotipi e atteggiamenti spesso negativi nei confronti di chi soffre. In definitiva a partire dalla convinzione che diversi sono i livelli dell’informazione e che i mass media elaborano le loro informazioni a partire da un retaggio culturale preesistente (cfr. N. Cavazza, La persuasione, 1996) si è cercato di richiamare i presenti – con l’avvertenza che fossero rappresentati tutti i soggetti deputati a dare informazioni, ossia i rappresentanti dei mass media, delle associazioni di familiari e degli utenti (ancora poco rappresentati), degli specialisti del settore e degli URP- a lavorare insieme su tre questioni ritenute basilari: i contenuti dell’informazione sociale, le modalità e i mezzi dell’informazione, i soggetti che gestiscono l’informazione sociale. Dai lavori dei singoli gruppi e, soprattutto, dalla discussione conclusiva in plenaria è emersa l’esigenza di approfondire maggiormente i lavori avviati nelle singole sezioni al fine di individuare con più precisione le diverse fonti dell’informazione, di padroneggiare con più competenze gli strumenti per fornirla, per definire le richieste e i ruoli di coloro che ne sono nel contempo fruitori e fornitori. E’ trapelato, inoltre, il bisogno di comunicare e confrontarsi sui temi inerenti alla salute mentale.

Modificare i luoghi comuni

Raccogliendo le indicazioni dei presenti, si è convenuto di organizzare nel ‘98 un ulteriore momento di lavoro che – a differenza del primo- sarà volto a individuare le strategie operative sottostanti alla produzione di processi informativi. Il cammino intrapreso porterà presumibilmente non solo ad accrescere le competenze della comunità nell’ambito in oggetto ma anche – lo crediamo e come Istituzione abbiamo investito più di una risorsa – a modificare la visione negativa che spesso aleggia -per mancanza di conoscenza – verso chi convive quotidianamente con la sofferenza psichica.

E allora la complessità del linguaggio o dei modelli di riferimento con i quali si apprestano a definire e a prendersi cura delle diverse forme di sofferenza sarà finalmente vissuta per quello che è: ossia come una risorsa volta a favorire interventi mirati sui singoli casi e a rispettare le singole soggettività, e non come elemento di incertezza e confusione.




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