Lettere al direttore
- Autore: Claudio Imprudente
- Anno e numero: 2009/1 (monografia su educazione, animazione e creatività)
Caro Claudio,
mi chiamo Beatrice e ho appena finito il liceo classico Minghetti di Bologna dove ti vidi per la prima volta in un incontro a scuola grazie all’invito della mia prof di religione Martina Amaduzzi.
Ho letto il tuo ultimo articolo su “Il Messaggero di S. Antonio” e vorrei raccontarti come, grazie a una serie di “voci” completate poi da un mio gesto, ho avverato il sogno dei miei 15 anni (ora ne ho 19) e cioè come ho conosciuto il ragazzo che ha triplicato per la prima volta i battiti del mio cuore.
[…] Dunque… era la metà dell’agosto 2004 quando una domenica mi sono recata a messa nella chiesa di Marina di Ravenna dove vado regolarmente in vacanza. Ero insieme ai miei genitori e nella panca davanti alla nostra sedevano nell’ordine un ragazzino dalla chioma riccia rossa, una signora magra bionda, un bimbo piccolino che dava sempre tanti bacini alla sua mamma e un ragazzo di media altezza e media corporatura dai capelli dorati. Fu quando si voltò per il segno della pace che vidi che portava un paio di occhiali Rayban che mi ricordarono subito il fascino indelebile di Tom Cruise in Top Gun (hai presente vero?!). Purtroppo di quella messa non mi rimase granché perché i miei occhi si erano incollati su quell’arcangelo biondo seduto davanti a me e quando al ritorno dalla Comunione vidi i suoi occhi verdi, molto simili a quelli della signora di fianco, il cuore moltiplicò i suoi battiti per tutta la settimana successiva per poi triplicarsi la domenica seguente quando lo rividi nella stessa occasione.
Inutile dirti che per la prima volta desiderai che la messa durasse all’infinito… ma purtroppo anche la messa più bella ha un termine di tempo e, appena iniziato il canto finale, la signora bionda-mamma del piccolo uscì subito dalla chiesa e con mia grande meraviglia vidi mia madre uscire dalla chiesa velocemente prima di me mentre io… beh immagini chi stessi guardando io!!
Solo più tardi mia mamma mi disse che aveva seguito la signora bionda e aveva in mano un foglietto con la targa della macchina in cui era salita con il piccolo. Tutto ciò che sapevo di quella meraviglia era questo: una Mercedes station wagon panna.
Passò un anno […], l’estate successiva andò così: ovviamente andai alla messa domenicale con molto più entusiasmo del solito, che però un po’ si affievoliva quando con lo sguardo setacciavo la chiesa in lungo e in largo e non sfolgorava nessun ragazzo biondo, ma non persi di certo la speranza e continuai così per tutto giugno e luglio fino a quando non riconobbi a stento la signora (meno bionda) e il piccolo già discretamente cresciuto rispetto all’anno precedente… di lui, però, nessuna traccia.
Quando uscimmo dalla chiesa mi colpì in modo particolare la mini mountain bike del bimbo, era minuscola e tutta colorata, mi rimase molto impressa mentre la mamma la stava slegando dal porta bici che fiancheggia la chiesa dedicata a S. Giuseppe.
La settimana dopo andai a messa il sabato pomeriggio ma non la domenica mattina, per esaudire la richiesta di mia mamma di andare a raccogliere pinoli freschi per una torta, passeggiando lungo le strade costeggiate dai pini, mi ritrovai dalla chiesa e vidi la biciclettina… “è già passato un anno” –
mi dissi – “se non voglio lasciarne passare un altro devo fare qualcosa”. E il qualcosa si chiamava vecchio scontrino e pennarello indelebile.
Ho scritto, appoggiata a un vaso di fiori, “A che bagno sei? un’ammiratrice di tuo fratello (quello più grande) e il mio numero di cellulare” e ho poi incastrato il bigliettino nel portapacchi della bicicletta multicolor.
[…] Morale della favola (perché la considero una favola) al pomeriggio ricevetti uno squillo seguito da questo messaggio: “Sei tu quella che ha lasciato il biglietto sulla bici di mio fratello?”. Un arcangelo non poteva che andare al bagno Paradiso, che guarda caso era il secondo bagno dopo il mio, ci siamo incontrati la mattina dopo e la prima cosa che mi disse dopo il suo nome (Giovanni) fu che sperava che l’autrice del biglietto fosse quella ragazza riccia che l’anno prima sedeva dietro di lui e che indossava una gonna beige, lui avrebbe tanto voluto conoscerla ma la paura di un rifiuto lo terrorizzava troppo (quanti battiti avesse il mio cuore in quei momenti non saprei dirlo, ricordo però che quella sera lo sterno mi ha creato un poco fastidio!). Siamo stati insieme circa un anno e mezzo e di cambiamenti nelle nostre vite ce ne sono stati tanti da quel nostro primo, sognato, bramato, pregato incontro e ringrazio ancora oggi il Vero Autore di tutto ciò, per aver realizzato questo mio sogno d’oro.
Beatrice
Avrei voluto da sempre tenere una Rubrica del Cuore, come quella di Natalia Aspesi sul Venerdì de la Repubblica, nella quale la smaliziata giornalista solitamente “trafigge” i malcapitati scrittori/confidenti con i suoi giudizi pungenti, ma in ultima istanza comprensivi.
Al liceo già mi esercitavo: le mie compagne di classe mi confidavano i loro travagli sentimentali, a volte mi chiedevo se avessero tutte le rotelle al posto giusto, ma poi ammettevo sempre che l’amore ha poco a che fare con dei meccanismi ben oliati e perfettamente funzionanti. Altrimenti non sarebbe amore…
Col tempo mi ero anche accorto che le situazioni ritornavano, ed era come se avessi costruito, un po’ alla volta, una gamma di risposte che poi adattavo al singolo caso: su queste potevo fare affidamento per cercare di risolvere anche gli intrecci e gli intrighi più complicati, o per tentare di ricomporre i pezzi dei cuori più infranti.
Insomma, ero diventato un esperto: io rappresentavo un punto fermo per le mie compagne e il fatto stesso che a me si rivolgessero mi dava fiducia. In fondo era un dare e ricevere reciproco, proprio come l’integrazione. Ma non è di questo che vorrei parlarti, per una volta: piuttosto mi fermerei volentieri sull’“Arcangelo Biondo” di cui mi hai raccontato.
Intanto per farti notare, cara Beatrice, la fantastica variazione sul tema: non siamo di fronte a un comune Principe Azzurro, ma a un Arcangelo Biondo… se non altro quest’ultimo esiste, mentre il primo resta così, sospeso tra finzione letteraria, mito, sogni e aspirazioni irrealizzabili…
In secondo luogo, ed è questa la cosa più importante, mi hai ricordato un aspetto fondamentale dei movimenti amorosi del cuore, e della vita in generale: che quel che conta non è la soddisfazione dei bisogni (per realizzare la quale si possono scegliere percorsi poco accidentati e dal risultato praticamente certo), ma la realizzazione dei propri sogni. E questa può prevedere sconfitte, sentieri tortuosi, sofferenze. E ancora: tormenti, digiuni, attese impazienti di un trillo del cellulare…
Cara Beatrice, tu già dal nome dantesco ti porti dietro un destino d’amore ai più alti livelli, e certamente riuscirai ancora a far tuoi Angeli e Arcangeli. Io, intanto, ti ringrazio per le intime e illuminanti memorie che hai voluto raccontarmi. E che dire? All you need is love, papparapapà… ma questo non vale solo per Beatrice…
Dr. Claudio “Stranamore” Imprudente
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