Svelare l’invisibile: la metodologia
Nel luglio del 2006 abbiamo presentato ufficialmente il progetto “Omo-disabilità – Quale il rapporto tra omosessualità e disabilità?” alla stampa e ai vari mass media e a tutte le riviste di categoria, sia quelle che si occupano di disabilità, sia quelle che si occupano di tematiche omosessuali. Il progetto voleva proseguire in linea teorica alcuni dei discorsi cominciati il 17 giugno 2004, ma si articolava in una vera e propria ricerca, complessa e approfondita: c’era infatti l’esigenza e la volontà di andare a sottolineare eventuali doppi pregiudizi e doppie discriminazioni, le difficoltà specifiche dell’essere insieme sia omosessuali sia disabili, le risorse e i percorsi di integrazione attivati, le richieste, i bisogni, le aspettative.
Per farlo, cercavamo una decina di persone disabili omosessuali ed eventualmente bisessuali disposte a farsi intervistare. Avevamo in mente un’intervista semi-strutturata molto lunga e varia e volevamo privilegiare come metodo l’intervista video-registrata.
All’inizio – come negarlo? – eravamo un po’ intimoriti: come riuscire a trovare dieci persone omo-bisessuali con disabilità disponibili a farsi intervistare? Come raggiungerle e convincerle, visto che non se ne sente mai parlare? Da dove iniziare visto che non avevamo fondi da impiegare? Alla fine – stupiti noi stessi per primi – ne abbiamo intervistate ben 25, da tutta Italia, grazie a un po’ di tam-tam, a una certa dose di “coraggio” da parte dei primi intervistati-pionieri e alla fondamentale collaborazione di una serie di intervistatori-volontari che si sono attivati su tutto il territorio nazionale. Per i contatti è stata creata una linea di telefono dedicata (348/516.70.91) e un’e-mail apposita (omodisabili@libero.it), ancora funzionanti, cui ci si può sempre rivolgere per qualsiasi informazione o commento. È importante sottolineare che, pur essendo gli intervistati 25, le persone che hanno contattato questi recapiti sono state molte di più. Alcuni mass media erano ovviamente interessati a dedicare degli approfondimenti sui risultati della ricerca; mentre altre persone hanno voluto semplicemente lasciare la loro traccia, il loro commento, darci magari sostegno. Spesso all’inizio era una semplice richiesta di informazioni per saperne di più e per decidere se partecipare o no alla ricerca. Alcune persone avevano dichiarato la loro disponibilità a farsi intervistare, ma poi l’esperienza non è proseguita perché scoraggiate dagli amici a partecipare. Ovviamente anche per gli intervistatori non era semplice: c’era l’imbarazzo di trattare tematiche molto private con persone che si conoscevano per la prima volta, e la consapevolezza di scontrarsi con il dolore di alcune situazioni degli intervistati. C’era il mettersi in gioco, da parte sia degli intervistati sia degli intervistatori, e la necessità di rielaborare le proprie categorie mentali. Il fatto però che gli intervistati credessero così tanto nella ricerca, e che ci abbiano “regalato” pezzi così importanti della loro vita, è stato l’ulteriore conferma dell’importanza di un progetto per il momento unico.
Il campione
Pur avendo la ricerca tutte le carte in regola di una vera e propria ricerca sociologica di tipo qualitativo, sappiamo bene che il campione non è statisticamente rappresentativo, essendo sostanzialmente un campione auto-selezionato. Diamo comunque alcune caratteristiche:
• genere: soprattutto maschile (22 maschi e 3 femmine);
• età: piuttosto eterogenea, non giovanissima (range da 24 a 60 anni, media pari a 38);
• tipo di disabilità: principalmente fisica, genetica o acquisita (16 hanno disabilità fisica, 6 disabilità sensoriale e 3 disabilità sia fisiche che sensoriali);
• provenienza: tutte la macro-aree geografiche italiane sono rappresentate, seppur con
diverso peso – come atteso, in ogni caso. Nord-ovest: 11 intervistati (4 Piemonte, 1 Liguria, 6 Lombardia); Nord-Est: 8 intervistati (2 Veneto, 2 Friuli Venezia Giulia, 4 Emilia Romagna); Centro: 3 intervistati (2 Lazio, 1 Marche); Sud e Isole: 3 intervistati (1 Abruzzo, 1 Campania, 1 Puglia);
• titolo di studio: medio-alto (12 laureati, 7 diplomati, 4 licenza di scuola media inferiore, 2 missing);
• occupazione: 20 lavorano, 4 sono in pensione (2 di anzianità e 2 di inabilità/invalidità), 1 è disoccupato; tra chi lavora, 14 sono impiegati, 4 liberi professionisti e 1 è insegnante, 1 missing.
Le interviste
Al fine di massimizzare il senso di agio e garantire il livello auspicato di tutela della riservatezza, agli intervistati è stato di volta in volta proposto di scegliere in autonomia non solo il luogo dell’intervista, ma anche il tipo di medium preferito:
• la video-intervista, preferita dall’équipe per la ricchezza di informazioni che essa contiene;
• la audio-intervista;
• l’intervista via chat;
• l’intervista via e-mail;
• la raccolta di scritti personali (diari, riflessioni, commenti, articoli) a integrazione e/o sostituzione dell’intervista vera e propria.
I canali di rilevazione infine utilizzati sono:
• 10 interviste video-registrate;
• 9 interviste audio-registrate;
• 3 interviste raccolte via chat;
• 3 interviste raccolte via e-mail.
Per quanto riguarda le tematiche, le interviste hanno approfondito soprattutto quattro contesti principali di vita, significativi per gli intervistati in prima persona:
• socio-sanitario, connesso alla storia della disabilità e al rapporto coi servizi;
• familiare e sociale, relativo allo svelamento dell’omosessualità, nonché personale, con riferimento al proprio vissuto in merito alla disabilità;
• associativo e comunitario, in riferimento sia all’ambito GLB, che a quello handicap;
• affettivo/sessuale e di coppia.
Le interviste sono state condotte da luglio 2006 a novembre 2006.
Al fine di garantire la privacy degli intervistati, negli estratti delle interviste le annotazioni
geografiche sono state eliminate e i riferimenti sono stati tutti posti al maschile.
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