Così Claudio Imprudente scriveva nella lezione dottorale, in occasione del ricevimento della Laurea Honoris Causa:
La parola “scandalo” deriva dal greco skàndalon ed etimologicamente significa “trappola, inciampo”; in senso figurato, “molestia”. Vorrei che il conferimento di questa laurea funzionasse in questo senso, ovvero come elemento generatore di molestia, fastidio nei confronti, in primo luogo, di tutti gli educatori che non credono che “un vegetale” sia in grado di modificare, far progredire i contesti nei quali si trova a vivere e operare; in secondo luogo, nei confronti di coloro che ricoprono incarichi politici e non prestano la dovuta attenzione alla realtà, all’attualità (ché di questo si tratta) delle abilità diverse; e, infine, nei confronti di quei genitori che non riescono, per le ragioni più varie e comprensibili, a creare quella complicità, quella condivisione che può garantire con più certezza ed efficacia un’educazione non monca (e non troppo “speciale”) ai loro figli.
Questa affermazione è diventata lo spunto, per gli animatori del Progetto Calamaio, per riflettere sul come e il perché ognuno di noi può essere uno scandalo. Ci siamo chiesti cosa significa esserlo in generale ma anche su come, ognuno di noi, realizza ciò concretamente, nella propria quotidianità.
Abbiamo concluso che “io sono uno scandalo” quando sovverto l’immagine preconcetta della diversità come triste e perdente, quando metto al centro le abilità, la relazione e il superamento del pregiudizio, quando con creatività supero le difficoltà. Io sono uno scandalo, sia che abbia disabilità o meno, quando dimostro che le mie abilità valgono molto di più delle mie disabilità.
Proponiamo in questo spazio alcuni stralci delle riflessioni sul tema realizzate dagli animatori.
Per me è uno scandalo fare qualcosa di diverso rispetto alle cose normali. Io acquisto il citypass e nonostante abbia la carrozzina riesco a raggiungere con l’autobus anche Borgo Panigale, un quartiere dalla parte opposta rispetto a casa mia.
Sono uno scandalo perché quando prendo l’autobus, il mio operatore avvisa l’autista dicendogli che deve salire una persona con disabilità. Io riesco a salire sul mezzo con una pedana.
Vado anche al multisala, sempre con il mio operatore, o in pizzeria o in Sala Borsa. Quando fa caldo facciamo un giretto per le strade di Bologna!
Ermanno
Io sono uno scandalo perché lavoro come animatrice disabile nelle scuole materne ed elementari.
Andando in giro per le scuole d’Italia voglio dimostrare che una persona con disabilità può avere un lavoro e una vita sociale. Voglio far capire ai ragazzi che nonostante io barcolli e parli lentamente possono stabilire una relazione con me al di là dell’apparenza…
Il prossimo anno vorrei riuscire ad andare in vacanza senza i miei parenti, diventando ancora più autonoma di come sono adesso.
Lorella
Sono uno scandalo perché amo la vita e mi piace gustarne ogni piccolo aspetto. Infatti penso che la vita mi appartenga, non è altro da me di ostile e distante, ma sento invece di esserne parte integrante in un gioco di scambio reciproco di stimoli e reazioni. Questo presupposto mi ha permesso di affrontare e vivere la malattia (sclerosi multipla) e la disabilità che ne è conseguita come eventi naturali… Il mio intento più grande e principale è quello di trasformare la vita e tutta la realtà che mi circonda in una sorta di “villaggio turistico” ricco di distrazioni e di relax. Cerco, in altre parole, di farmi piacere la mia vita, ricercando innanzitutto nel mio piccolo “io” motivi e spunti di felicità…. Il lavoro che svolgo al CDH mi permette di incontrare e aprirmi alla società, recandomi nelle scuole o in convegni con i miei colleghi per dialogare e scambiare pareri, emozioni e pensieri con la collettività. Una cultura sulla disabilità, che possa essere il più possibile comprensiva di tutti i molteplici aspetti di tale realtà, non può prescindere da uno scambio conoscitivo diretto e reciproco tra la società e i diretti interessati, i disabili. In questo trovo una piena coincidenza tra lo spirito che muove l’intero mio gruppo di lavoro e la mia filosofia di vita che mi sprona ad aprirmi verso la realtà che mi circonda a trecentosessanta gradi, comprendendo così ogni aspetto del vivere quotidiano.
Mario
Io dò scandalo:
– portando nuove idee e promuovendo le mie. Questo a mio avviso è un gran bel risultato in quanto scavalca l’idea comune secondo cui la persona avente deficit è passiva, avente solo bisogno di mera assistenza e non in grado di portare né un contributo né alcuna ricchezza alla società;
– creando le occasioni per attuare le mie iniziative. Trovo importante evidenziare quanto io sia diverso dall’idea comune che s’è creata la gente nella testa delle persone aventi deficit, infatti sono in grado di prendermi i miei tempi e spazi.
Mattias
Io voto perché ritengo importante e fondamentale far valere le mie opinioni e per essere ascoltata con uno scopo ben preciso: mantenere e difendere dei diritti che, per i disabili ma non solo per loro, potrebbero andare perduti.
Voto anche nell’ottica di conquistare e ottenere nuovi diritti, per dare voce a quei diritti che non sono stati totalmente ancora messi in pratica. Di quali diritti sto parlando? Diritto per i disabili alla scuola e all’istruzione con la presenza di insegnanti di sostegno nelle classi, diritto al lavoro, diritto allo sport per tutti… tanto per citarne alcuni.
Strettamente collegato a questi diritti c’è poi la possibilità stessa di votare, di poter cioè entrare fisicamente nelle scuole e nei seggi elettorali.
A volte, per questioni di barriere architettoniche inadeguate, anche io mi sono ritrovata ad avere delle difficoltà di accesso e ogni volta che questo succede e mi trovo davanti al seggio, mi arrabbio molto.
Mi sento molto fortunata di avere la possibilità di votare in prima persona, nella consapevolezza che molti non lo possono fare. Per questo quando vado a votare lo faccio anche per mantenere i diritti di quelli che per le più diverse e svariate ragioni non votano all’esterno ma in casa.
Stefania B.
Io sono uno scandalo perché vivo in una comunità, senza i miei genitori, per una scelta personale.
Da tre anni vivo in una casa famiglia. Una casa famiglia, per chi non lo sapesse, è un vero e proprio condominio, dove più persone, disabili e operatori, condividono lo stesso spazio, gli stessi tempi e le stesse attività. Tutto questo ha i suoi pro e i suoi contro, tanto per incominciare il dover sottostare a delle regole precise. È una condizione, bisogna dirlo, di semi autonomia in cui spesso non mancano le discussioni. Ma anche questo, poter discutere cioè, in fondo, è uno scandalo! Un disabile infatti, al contrario di quello che pensa la maggior delle persone, ha il diritto di arrabbiarsi e difendere le proprie opinioni. C’è da dire però che questa è una libertà che si conquista e per fare il primo passo, per riuscire cioè ad esprimersi con convinzione, può essere quello di uscire dal nucleo familiare.
Stefania M.
Io sono uno scandalo perché sono laureata in Scienze della Formazione.
A me capita, quando vado in giro per strada, di incontrare persone che non mi conoscono e che mi trattano da “poverina” ma che, appena mi presento e dico quello che faccio, cambiano totalmente atteggiamento. Rimangono stupite e a bocca aperta. Di solito infatti, la gente pensa che una persona disabile come me non si possa laureare e, più in generale, che non abbia delle potenzialità, e invece!
È paradossale perché quando si rendono conto di tutto il mio percorso cominciano, oltre che a guardarmi, anche a parlarmi in modo diverso, come se fossi una persona “normale”.
Tatiana
Sono disabile e lavoro come animatrice nelle scuole. Sono uno scandalo perché sono un’animatrice del Progetto Calamaio. Lavoro nelle scuole, e con le favole e il gioco metto in relazione me stessa e la mia disabilità con i bambini. Giocando con la mia disabilità dimostro che sono uno scandalo non solo con le persone che mi conoscono ma anche con chi non mi conosce. Sono una ragazza disabile e ho un lavoro.
Tiziana