a cura di Roberto ed Elia
Era una sera di dicembre, quando siamo stati invitati a raccontare la nostra esperienza di lavoro rispetto alla valorizzazione della diversità come strumento per la prevenzione di situazioni di bullismo. Siamo stati coinvolti perché da oltre un anno, ormai, collaboriamo con il Servizio Minorile accogliendo minori che svolgono con noi attività di volontariato.
È un’esperienza importante, che racconta bene il senso di un’integrazione reale ed efficace, che porta un cambiamento nell’intero contesto.
C’era anche Elia quella sera, un ragazzo che ha svolto volontariato presso il gruppo Calamaio.
Ha raccontato la sua esperienza.
Gli abbiamo chiesto di poterla pubblicare, senza commenti, perché non ne ha bisogno.
Mi dispiace solo che non la possiate sentire letta dalla sua voce, è un privilegio che rimarrà a noi.
Salve a tutti.
Sono Elia, ho 16 anni e frequento il terzo anno dell’Istituto Tecnico Aereonautico di Forlì. Sono qui a parlare della mia esperienza su un tema tristemente attuale: bullismo e pregiudizio.
Ci ho ragionato e ho scorso un po’ la mia vita.
Sono cresciuto in una famiglia normale, mamma, papà e sorella maggiore, una famiglia in cui ci si confronta, si parla di tutto e le discussioni non possono concludersi con un “no” ma con un “no perché”.
A scuola sono sempre andato bene nelle materie dove serve la sola “materia grigia”, ma ho avuto la possibilità di conoscere molto bene tutti i bidelli delle scuole che ho frequentato e avuto qualche problema con la voce condotta/comportamento della pagella scolastica.
Non credo di essere un bullo, i bulli sono coloro che intenzionalmente maltrattano e tormentano i coetanei, consapevoli e desiderosi di farlo.
Io non ho mai maltrattato nessuno per il sol gusto di farlo, ma ho sempre detto quello che pensavo a chiunque, adulti e amici, anche quando non mi era richiesto espressamente. A scuola i tempi morti erano il mio incubo, ore seduto ad ascoltare le stesse lezioni ripetute infinite volte, se non sono interessato mi distraggo facilmente e faccio anche distrarre facilmente… e alla fine era spesso colpa mia!
Un episodio in seconda elementare mi ha segnato fino alle medie… sono intervenuto un po’ impetuosamente a sedare una lite tra compagni e mi hanno “siglato” come “il personaggio a rischio” che dava ancor più fastidio perché era tra i più bravi della classe. Un vestitino molto stretto da portare. Gli adulti hanno cercato di isolarmi, ma tra i coetanei avevo un discreto successo!
Sono un bullo? Non lo so.
La cosa certa è però che comunque le conseguenze le ho sempre pagate in prima persona, ho subito le interrogazioni più toste e le punizioni più severe.
Ho deciso di vivere così, dicendo quel che penso, e so che la strada è in salita, ma io sono come sono. E anche ora sto pagando per un errore fatto senza pensare, un’azione che a tutt’oggi non ha un perché!
A me non è mai stato consentito sbagliare, per il mio modo di essere, per il mio aspetto, per i miei piercing e per i miei pantaloni abbassati.
Anche il poliziotto che mi ha arrestato mi ha deriso per il tatuaggio, mi ha dato del coglione, mi ha detto che se avessi voluto fare il pilota avrei dovuto scordarmelo perché un tatuaggio non si fa su un polso, così visibile, poi si è tolto la maglia per farmi vedere che lui era più furbo e mi ha mostrato una orrenda aquila enorme sulla spalla!
Io farò il pilota! Ho deciso. Ho sedici anni, ho sbagliato, ho pagato e sto pagando.
Il prezzo è altissimo, non solo per i tre giorni al Pratello, non solo per i tre mesi di arresti domiciliari, non solo per la sofferenza negli occhi e nel corpo di mia madre, nei silenzi e nei discorsi di mio padre, nell’incazzatura di mia sorella, ma anche per il peso del pregiudizio che questo marchio porta su chi l’ha impresso sulla pelle.
A scuola, me l’aspettavo, l’Istituto Tecnico Aereonautico è una caserma, tutti uguali in fila sull’attenti. I professori sono stati avvisati da un genitore mentre ero ancora “dentro”, il mio caso è finito sulla bocca di tutti, i professori si sono informati dai miei compagni, ne hanno parlato tra di loro, ma con me nessuna parola, nessuno mi ha chiesto di raccontare ciò che mi era successo, se stavo male, come stavo in casa, se i miei genitori mi avevano ”frustato, legato o malmenato”… neanche una parola.
Poi solo dei no, alle mie domande, alle mie richieste. E alla fine 6 in condotta!
Ma il pregiudizio è anche nell’ambiente del volontariato, frequentato dai “buoni” della società, da quelli che si vantano di dare agli altri senza nulla in cambio… Mi hanno fatto frequentare due giornate formative, fatto scegliere i settori operativi che preferivo, per poi lasciarmi un pomeriggio solo su una panchina con il mio i-pod, perché nessuna Associazione di Volontariato era disposta ad assumersi la responsabilità di “gestire” un individuo con delle limitazioni alla libertà, che detta al mio slang sarebbe un delinquente come te!
Tutte le associazioni, sì tutte le associazioni tranne una, l’Accaparlante o CDH che dir si voglia, dove non ci sono utenti ed educatori, ma compagni. Dove si è tutti insieme a lavorare in un unico processo sia che siano buone prassi con la Tati, sia il cartellino delle ore con la Mimmi. Io in meno di un mese ho imparato molto da loro e spero di esser stato d’aiuto, ma alla fine l’importante è che questa esperienza mi ha colpito molto e penso di avere un’altra visione delle persone disabili che prima non avevo.
Il pregiudizio è forse la punizione più pesante da sopportare.
Questa è un’esperienza dura che mi ha insegnato però i valori veri, so di avere una famiglia alle spalle che merita di essere riconquistata da me!
Quando sarò pilota li porterò con me in tutto il mondo!
Gli voglio tanto bene.