Il modello centro documentazione

A partire dai primi anni ’80 si è sviluppata in Italia un’attenzione, anche nell’ambito sociale, per le tematiche di carattere informativo e documentativo. Soprattutto il terreno informativo, parallelamente all’evolversi della cosiddetta società dell’informazione, è stato quello più praticato.
La TV del dolore, la TV di servizio, Telethon, la cinematografia americana con “Rain man” e “Figli di un dio minore”, il Segretariato Sociale RAI, la pubblicità progresso, rubriche televisive come “Il coraggio di vivere”, la pagina 777 con i sottotitoli per i non udenti, infine Internet con i suoi siti e portali. Bastano queste citazioni per dare conto di un decennio di effervescenza informativa sociale, che ha visto impegnati i media ma anche le tante associazioni che hanno sfornato riviste, bollettini, trasmissioni radio, siti, campagne pubblicitarie, uffici stampa, ricerche sull’atteggiamento dei media nei confronti dell’emarginazione. Il tutto con scarse strategie di collegamento e quindi con alti livelli di ripetitività

É più recente invece un interesse verso il settore della documentazione, che è decollato definitivamente con l’esplodere della stagione del volontariato e del non profit. La formula del “centro documentazione” è stata quella più praticata, anche se dietro questa sigla esistono strutture diversissime tra loro per identità e operatività. Esistono strutture assimilabili a Biblioteche, altre che oltre al lavoro di documentazione svolgono interventi informativi e formativi, altre che sono sostanzialmente sportelli informativi.

Più in generale, l’interesse per queste funzioni si struttura anche a partire dai profondi cambiamenti nelle politiche sociali, dallo sviluppo delle nuove tecnologie che favoriscono la comunicazione anche di piccoli gruppi, e da una cultura informativa e di rete che permea anche i nuovi riferimenti legislativi. Basti pensare a legislazioni di carattere generale come la 142 sugli statuti comunali o la 241 sulla “trasparenza amministrativa”, per arrivare ad esempi più direttamente collegati ai temi di cui stiamo parlando, come i Centri di Servizio previsti dalla legge 266, legge quadro sul volontariato, e la legge 285 sui minori, “legge Turco”, che ha previsto l’attivazione di un Centro nazionale di documentazione sui minori.

Un mondo in evoluzione

Sicuramente quello dei centri documentazione è un mondo in evoluzione.
Una evoluzione quantitativa che ha visto nascere centri in quasi tutte le regioni italiane, ad opera di soggetti diversi e specializzati in varie tematiche.
Dal punto di vista dei contenuti l’immigrazione e tematiche correlate (intercultura, rapporto nord-sud, modello di sviluppo, ecc.) è il settore più diffuso, scavalcando l’handicap, per molti anni capofila negli interessi dei centri documentazione, anche per quanto riguarda l’impegno degli enti locali. Anziani, carcere, prostituzione e zingari sono gli ambiti che riscontrano meno iniziative.
In alcune regioni si sono sviluppati anche progetti di rete, come quello relativo alla Rete regionale dei centri di documentazione per l’integrazione (settore handicap) e quello dei centri di documentazione sul disagio giovanile, promossi dall’Assessorato alle politiche sociali della Regione Emilia-Romagna, o la Rete dei centri di documentazione socio-sanitari attualmente in fase di costituzione in Toscana grazie ad un progetto che vede coinvolti la Regione, il Centro Servizi Volontariato, il CNV di Lucca e la Fondazione Devoto di Firenze.

In riferimento ad una evoluzione qualitativa, si riscontra un sicuro interesse per una professionalizzazione delle persone che operano nei centri, come mostra il recente corso regionale per bibliotecari-documentalisti avviato dalla regione Toscana per i centri documentazione.
Anche il tema della gestione dei linguaggi ha visto nascere varie interessanti iniziative, come il thesauro sull’handicap elaborato dalla Rete regionale dei CDI dell’Emilia Romagna e il thesauro sul volontariato della Fivol di Roma.

Un settore di sviluppo da perseguire è senz’altro quello di favorire una logica di rete con le biblioteche pubbliche, che parta anche da occasioni di incontro e reciproca conoscenza. Collaborazione non solo tecnica, ma anche su progetti di taglio culturale che investano, ad esempio, alcuni generi letterari che sono possibili “ponti” tra i due diversi sistemi. Basti pensare a quante parti della letteratura per l’infanzia, della fantascienza, del fumetto, del giallo, della letteratura contemporanea sono continue metafore delle questioni relative all’emarginazione.
Ovviamente, nel rapporto con la rete delle biblioteche pubbliche, le necessità di aderire agli standard dovranno armonizzarsi con le esigenze di informazioni analitiche che queste strutture esprimono.

Le prospettive

Affinché possa esserci un reale sviluppo dei centri di documentazione, e non solo una semplice crescita contingente alla fase di sviluppo del non profit nel nostro paese, ci sembra possano essere individuate tre piste di ricerca già in parte accennate: una prassi di collegamento tra i centri stessi e tra questi e la rete bibliotecaria pubblica; una pratica di lavoro che sia spola continua tra i poli del “sociale” e del “culturale”; infine, una azione più diffusa di promozione del materiale documentario attraverso servizi, prodotti e attività di promozione culturale.

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