Il valore sociale delle persone con disabilità: la provocazione di Immaginabili Risorse
- Autore: a cura di Valeria Alpi
- Anno e numero: 2016/7 (monografia sui 30 anni del progetto Calamaio)
a cura di Valeria Alpi
C’è una rete nata a Milano, dal nome “Includendo”, che ha dato vita a “Immaginabili Risorse”. Includendo si propone come laboratorio di ricerca-azione strutturato attorno alle strategie e alle metodologie efficaci per una reale inclusione sociale delle persone con disabilità nei contesti del territorio. In pratica delle “immaginabili risorse”. Anche il Centro Documentazione Handicap e la cooperativa Accaparlante fanno parte di questa rete, condividendo i motivi di partenza e gli obiettivi raggiungibili. Per saperne di più, abbiamo intervistato Maurizio Colleoni, psicologo ed esperto di politiche e servizi nell’ambito della disabilità, nonché responsabile scientifico di Includendo.
Come nasce la rete?
Immaginabili Risorse nasce da un circuito di realtà prevalentemente della Lombardia che volevano provare a discutere la possibilità di incrementare la concretizzazione dell’inclusione della disabilità attraverso la capacità di generare valore sociale.
Le diverse realtà, i diversi servizi, sia di tipo diurno che di tipo residenziale, avevano già uno scambio mutualistico con altre realtà rispetto ad esempio le scuole, gli anziani, la gestione del verde, la gestione della filiera alimentare, e discutendo si è fatta l’ipotesi che questi scambi potessero essere interessanti anche per altre realtà. Si è scoperto che sono molti i soggetti di natura diversa e dimensioni diverse, e anche di orientamento di lavoro diverso, che però si muovono tutti dentro questa prospettiva.
Che poi, se ci pensiamo bene, è la scoperta dell’acqua calda: i servizi sono anche dei depositi di capitale perché ci sono competenze, professionalità, attrezzature, strutture, gruppi di lavoro, reti e connessioni con l’esterno. Allora il fatto che tu ti rendi disponibile a dare una mano a chi ti sta intorno non fa altro che favorire l’inclusione tra i servizi e l’esterno.
L’altra faccia della medaglia è che questa logica è sporadica, occasionale, legata a contingenze particolari.
L’obiettivo di Immaginabili Risorse è fare in modo che questa logica diventi sostanziale e non solo occasionale. Costruire un circuito che alimenti esperienze e riflessioni, un contenitore di soggetti, di esperienze, di logiche che possa aiutare tutti a risolvere problemi che sono comuni a tutti.
Come crescere come rete? Qual è la vostra funzione e quella dei servizi?
Immaginabili Risorse ha organizzato il suo primo meeting a novembre del 2014, cui hanno partecipato più di 400 persone.
Non ci aspettavamo un’affluenza così consistente, e questo è stato un ulteriore stimolo e anche una provocazione perché ci siamo detti “C’è una domanda dietro, c’è un interesse, cosa possiamo fare noi? Andare avanti”.
Abbiamo fatto un’assemblea nell’aprile del 2015 e la decisione è stata: non vogliamo dare vita a un altro soggetto formale come ad esempio la Fish, ma vogliamo mantenere un profilo di informalità. Siamo così andati a costruire un secondo appuntamento nell’aprile del 2016 all’Università Bicocca di Milano, con ancora più affluenza e più adesioni alla rete.
Il coordinamento è costituito da una dozzina di realtà di diverse province della Lombardia per una questione puramente logistica; poi però dall’assemblea di aprile 2015 altre realtà si sono dette interessate a essere dei referenti esterni, tra cui Accaparlante. Inoltre sta per uscire con la FrancoAngeli il libro con gli atti del meeting di aprile 2016 e a novembre 2016 faremo un’altra assemblea.
La nostra logica è quella di un movimento di idee, non di un soggetto che intende candidarsi a gestire dei servizi o delle politiche. Si potrebbe anche dire che la nostra funzione è quella di essere un enzima cul- turale. Noi poniamo una domanda: “È possibile che i servizi siano generativi di vita migliore per tutti? Fattori di crescita vitale in maniera ecologica e non solo in sostegno a una categoria di persone con minori risorse di altri?”. Questa un po’ è la provocazione.
I servizi hanno tre funzioni: una emancipativa nei confronti delle persone con disabilità, cioè il loro compito è fare in modo che i disabili tirino fuori tutte le risorse che hanno; una restitutiva, nei confronti della società, che significa che i disabili per vivere meglio devono stare dentro i processi dei territori, quindi vanno restituiti al proprio territorio, ovviamente tutelando chi rischia di essere messo ai margini. Se però vuoi essere emancipativo e restitutivo devi avere anche una funzione trasformativa.
Uno dei vostri punti di forza è che l’inclusione passa dal fatto che la persona disabile deve avere un ruolo attivo, di piena cittadinanza. Tanto è vero che il meeting di quest’anno si intitolava “Il valore sociale della persona con disabilità”…
L’inclusione è il cambiamento reciproco di storie e biografie che si incontrano. Cioè non è “io sono generoso e ti accetto”, ma è “io faccio delle cose per te e tu fai delle cose per me, nei tuoi limiti e nelle tue potenzialità”.
A livello teorico inclusione vuol dire che le differenze di soggettività devono tutte avere diritto di esistenza. Però vuol dire anche che tutti si prendono qualche responsabilità. In questa logica l’operatore non è più colui che deve gestire la persona con disabilità, ma colui che rende possibili dei movimenti, delle compatibilità tra forme di esistenza diverse. Il suo ruolo diventa più quello di un garante piuttosto che di gestore diretto. Di uno che guarda da un altro angolo, regola le relazioni, aiuta, interviene ma non è lui che fa le cose col disabile. Questa è un’altra provocazione di Immaginabili Risorse.
Si fa fatica a immaginare la persona disabile come adulta, e quindi in grado di mettere delle risorse in tutti i settori, dal turismo all’economia, una persona che può produrre valore non solo sociale ma anche economico come gli altri…
Eh, questo è un retaggio culturale. Noi veniamo da una cultura di secoli dove le persone con disabilità sono sempre state viste come un mistero, come una minaccia, come una colpa divina. La Convenzione ONU finalmente introduce l’idea che le persone con disabilità sono prima di tutto persone. Un grande passo avanti è avvenuto negli anni ’60 col movimento di lotta per i diritti civili e lotta contro l’emarginazione: in quella fase almeno è passata l’idea che le persone con disabilità avessero diritto a delle attenzioni specifiche, e non venissero semplicemente isolate e emarginate. La Convenzione introduce un passo ulteriore. Quindi si chiede ai servizi di deutentizzare le persone. È una sfida impegnativa che chiede di lavorare sugli spazi di autodeterminazione, chiede ad esempio che anche i disabili psichici possano prendere parte alle decisioni che riguardano la loro vita. Chiede il riconoscimento di diritti soggettivi che finora erano preclusi, quelli legati alla sfera affettiva, sessuale, relazionale. E chiede anche la possibilità per le persone disabili di prendersi delle responsabilità, per quello che riescono. Le persone sono quel qualcuno che ha diritti e doveri, e questo va riconosciuto anche alle persone con disabilità psicofisica, cosa che finora era poco presente.
È complicato perché dalle famiglie – da un punto di vista teorico – questa cosa è subito accettata, ma da un punto di vista concreto è problematico. Così come per molti è difficile pensare che una persona con sindrome di Down possa avere una vita sessuale. È un po’ come la sessualità nella terza età: ora si accetta ma per tanto tempo veniva percepita come una sorta di distorsione, una perversione.
Progetti per il futuro?
Nel futuro immediato l’assemblea, e il volume con gli atti del meeting, ma soprattutto l’obiettivo è che si attivi un laboratorio di riflessione metodologica attorno a cosa significa produrre valore sociale, al come si fa e alle sue valenze inclusive. Come si fa in concreto a produrre valore sociale, cosa significa, quali sono i problemi, quali sono le questioni che si incontrano, come cambia il lavoro degli operatori, cosa significa essere registi e meno attori. Su questo credo che dobbiamo fare un passo avanti come rete.
Per saperne di più: http://www.includendo.net
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