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 Verso un Canada accessibile. La lunga consultazione per una legislazione federale che non c’è

di Massimiliano Rubbi

 Il governo canadese insediatosi nell’autunno 2015 e guidato dalla figura, divenuta iconica anche in Europa, di Justin Trudeau, ha dimostrato un’attenzione specifica al tema della disabilità sin dalla sua costituzione. Per la prima volta nella storia del Paese, a un ministro sono state esplicitamente attribuite responsabilità specifiche sulle “persone con disabilità”, integrate (sotto dipartimenti separati) a quelle del preesistente Ministero dello Sport: un abbinamento che suona curioso, rispetto alle connessioni più consuete con le politiche sociali o il lavoro, ma che ben si attagliava al profilo del ministro designato Carla Qualtrough, con un passato di atleta paralimpica nel nuoto e poi di membro del Comitato Paralimpico delle Americhe.
Nella lettera di mandato di Trudeau a Qualtrough, in modo ancor più significativo, la prima priorità individuata per il Ministero era “guidare un processo di coinvolgimento con province, territori, comuni e portatori di interesse che conduca all’approvazione di una legge per i canadesi con disabilità [Canadians with Disabilities Act]”. Il Canada infatti difetta di una normativa federale generale sull’accessibilità, a differenza del suo vicino statunitense e di alcune delle sue stesse province interne – a partire dalla più popolosa, l’Ontario, che sin dal 2001 ha un “Ontarians with Disabilities Act” e che nel 2005 ha integrato la sua normativa con l’obiettivo esplicito di “rendere la provincia pienamente accessibile entro il 2025”. Il percorso verso una legge federale sull’accessibilità non è ancora compiuto mentre scriviamo, ma appare di notevole interesse anche per le modalità con cui è stato intrapreso come, appunto, “percorso”.

In ascolto da due orecchie
Il Governo federale ha avviato nel giugno 2016 un processo di consultazione nazionale, lanciando il sito web “Accessible Canada” attraverso cui tutti i cittadini sono stati invitati a dire “cosa significa accessibilità per loro e cosa potrebbe significare per le loro comunità”, nonché organizzando 18 incontri in varie aree dello Stato, 9 tavole rotonde per mettere a confronto associazioni di persone con disabilità, esperti universitari e rappresentanti dell’industria, e un forum nazionale giovanile. Fonti governative sottolineano che nell’impostare la consultazione “sono state identificate – ove possibile – le migliori prassi, particolarmente rispetto al garantire un processo accessibile. Per esempio, gli incontri di persona sono stati pianificati per essere pienamente accessibili a una gamma di disabilità – fornendo sottotitolazione dal vivo in inglese e francese, Lingua dei Segni americana e del Québec, e servizi di mediazione per partecipanti sordo- ciechi. Nel Canada settentrionale è stata fornita anche la lingua dei segni Inuit”. La massima accessibilità è stata garantita anche per il sito web e per le modalità di contatto a distanza degli organizzatori. Il processo di consultazione è stato quindi l’occasione per testare nella pratica (e nei costi) gli standard di accessibilità che potranno essere imposti in futuro.
La consultazione si è chiusa il 28 febbraio 2017, con la partecipazione di oltre 6.000 cittadini e 90 organizzazioni, e i suoi esiti sono stati sintetizzati nel maggio 2017 in un rapporto governativo dal titolo “Creare una nuova legislazione nazionale sull’accessibilità: cosa abbiamo imparato” . Sono così state identificate linee generali e priorità per la nuova legislazione: ad esempio, che sia “ambiziosa”, che stabilisca definizioni di disabilità e di accessibilità al contempo coerenti, ampie e precise, e che includa “meccanismi  forti  di  conformità  e  di esecuzione che potranno essere applicati progressivamente”, il cui controllo sia affidato a una autorità indipendente.
Il Governo federale non si è tuttavia accontentato di condurre “le consultazioni più ampie e più accessibili sui temi della disabilità mai viste in Canada”, e, pur traendo dal loro esito “un orientamento chiaro sulla strada da percorrere”, ha ritenuto di finanziare direttamente alcuni portatori di interesse nel campo della disabilità, con 2 milioni di dollari canadesi (più di 1.200.000 Euro) su due anni, per aiutarli a coinvolgere le persone con disabilità nel percorso verso la nuova legislazione. Una delle organizzazioni finanziate è la “Alleanza per un Canada inclusivo e accessibile”, che riunisce 16 associazioni di persone con disabilità, e che di fatto ha raccolto il testimone del processo partecipativo governativo organizzando ulteriori consultazioni tra marzo e luglio 2017. Steven Estey, responsabile del settore internazionale del Consiglio dei canadesi con disabilità, ha lavorato a queste consultazioni, e ne spiega l’utilità notando che il Governo ha condotto le proprie soprattutto in grandi città: “il Canada è una grande nazione vuota, abbiamo un territorio enorme e 30 milioni di persone; forse 5 città hanno più di un milione di abitanti, il resto di noi vive in paesi piccolissimi o medie città. Le questioni relative all’accessibilità, per esempio, sono molto diverse nei grandi centri urbani da quanto non siano nelle piccole città, o nelle comunità isolate nel Nord o vicino al Polo Nord. Ciò che volevamo fare era quindi parlare ai canadesi che vivono nelle città secondarie e nei paesi più piccoli, per ascoltare cosa vogliono”.
Anche questo processo di consultazione ha prodotto due rapporti nelle sue diverse fasi, e i toni di alcune testimonianze appaiono più schietti: “la società pensa che per qualcuno con una disabilità vada bene avere il 70% di quello che hanno le altre persone”, oppure “nessuno vuole pagare le persone con disabilità. Ci si attende che le persone con disabilità lavorino da volontari, o per meno del salario minimo. Questa è schiavitù sottile”. I rapporti evidenziano molte questioni concrete da risolvere, a partire dalla condizione di povertà in cui vivono molte persone con disabilità (secondo dati governativi, nel 2011 le persone con disabilità avevano un tasso di impiego del 49% rispetto a quello del 79% tra i non disabili, e nel 2014 il 23% delle prime era in una condizione di basso reddito contro il 9% dei secondi), mettono in evidenza la doppia discriminazione cui sono soggette le persone con disabilità appartenenti alle comunità aborigene, e non nascondono che “i bisogni di diverse persone con disabilità a volte confliggono”, pur dichiarando la possibilità di trovare punti di equilibrio soddisfacenti. Si rileva inoltre, una volta di più, la necessità di una legislazione di livello federale, a fronte di un quadro dei servizi di assistenza e integrazione sociale che, oltre ad avere modalità di accesso “che disorientano e richiedono molto tempo”, sono gestiti da ogni provincia a proprio modo, costituendo un ostacolo non di rado insormontabile per le persone con disabilità che vorrebbero trasferirsi, spesso proprio per accedere a un lavoro, da una parte all’altra del Canada.

Mostrare i denti
Una consultazione così articolata è stata accolta positivamente dalla comunità delle persone con disabilità, la cui condizione era stata a lungo tenuta lontana dai riflettori. Secondo fonti governative, inoltre, il processo ha già prodotto un mutamento concettuale significativo per quella che, ricordiamo, era nata come normativa “per i canadesi con disabilità”: “dal momento che la legge porterebbe benefici anche ai canadesi che non si autoidentificano come persone con una disabilità. Quando il Governo, nel maggio 2017, rendeva noto “cosa aveva imparato”, la stampa anticipava che la proposta di legge sarebbe arrivata alla Camera dei Comuni all’inizio del 2018, ma la presentazione in parlamento è poi slittata a giugno 2018; nel frattempo, tra agosto 2017 e gennaio 2018, il Ministero competente ha avuto due avvicendamenti al vertice, anche se secondo Estey il ritardo non è da attribuire a questo. La Camera dei Comuni ha completato le tre letture richieste dal sistema parlamentare canadese nel novembre 2018, e nel febbraio 2019 si è avviata la discussione in Senato; per entrare in vigore, la legislazione sull’accessibilità dovrà essere approvata da entrambi i rami del Parlamento entro giugno 2019, quando il Governo entrerà in campagna elettorale in vista del termine della legislatura. Esiste quindi la possibilità che il vasto lavoro svolto non sfoci in alcun esito effettivo, e venga passato al prossimo governo, che potrebbe dimostrare una minore sensibilità sul tema.
Questa possibilità è resa ancor più probabile dal fatto che il testo licenziato dalla Camera dei Comuni è stato criticato come troppo “timido” dalle organizzazioni rappresentative delle persone con disabilità: secondo una di esse, la “AODA – Alleanza per la legge per l’accessibilità dei cittadini dell’Ontario con disabilità” (www.aodaalliance. org), “questa proposta non impone che alcuna barriera per la disabilità sia rimossa o impedita. Le buone intenzioni non trasformano una legge debole in una legge forte ed efficace”. Per questo in una lettera aperta del 30 ottobre 2018 ben 95 associazioni, esprimendo “significative preoccupazioni in merito”, avevano proposto 9 emendamenti per rafforzarlo. La Camera non ha raccolto   queste   preoccupazioni, e le organizzazioni stanno quindi esercitando pressione perché sia il Senato a farlo, nella discussione in aula e nelle probabili audizioni in programma – e tuttavia, la legge entrerà in vigore solo se approvata con il medesimo testo dalle due assemblee parlamentari.
Il rischio che i passaggi parlamentari portassero all’approvazione di norme “annacquate”, grazie all’affermazione di interessi diversi da quelli delle persone con disabilità, era del resto già noto. Estey afferma che “ovviamente, gli interessi del settore privato sono verso la minore regolazione possibile”, e che pertanto buona parte del suo lavoro attuale è “dietro le quinte, sviluppando relazioni con i membri del Parlamento così che possiamo parlare con loro a tempo debito. Le imprese stanno facendo azione di lobbying, e così anche sta facendo la comunità delle persone con disabilità”. Uno degli elementi che più chiaramente emerge dalla consultazione è la necessità di una legislazione “con i denti”, capace di imporre regole stringenti e standard ben definiti, magari destinando le sanzioni per il mancato rispetto delle nuove normative al finanziamento di incentivi per rientrare in requisiti ancor più rigidi. Imprese come banche, compagnie aeree ed emittenti radio-televisive, private ma soggette a regolazione federale, hanno spesso codici di autoregolamentazione su base volontaria in materia di accessibilità, che però si sono finora rivelati insufficienti a garantire una valida e tempestiva risposta ai bisogni delle persone con disabilità. Nelle parole di Estey, “non ha senso avere una legge senza denti, nessuno vuole aspettare le cose, per cui abbiamo bisogno di un robusto meccanismo di applicazione”, analogo a quello in vigore, grazie a leggi specifiche e ormai consolidate, negli Stati Uniti e in molte nazioni europee. Ciò contribuisce a spiegare la posizione di “all in” adottata dalle associazioni rappresentative rispetto alla discussione in Senato: “Perché non dovremmo semplicemente accettare la proposta di legge così com’è? Nessuna legge è perfetta. Perché non dovremmo semplicemente metterla in atto e poi provare a lavorarci? Non è meglio di niente? Stiamo rischiando di perdere tutto cercando di migliorare questo disegno di legge? […] Questa non è la nostra strategia, per ragioni ottime e testate nel tempo, basate su molti anni di esperienza ‘in trincea’ nel promuovere leggi in questo settore. Abbiamo imparato che il modo migliore per essere sicuri di non compiere ulteriori progressi è rinunciare a provare. Fino a quando un disegno di legge non ottiene l’ultimo voto di cui ha bisogno per diventare legge, c’è sempre un’opportunità per migliorarlo. La nostra tenacia è la nostra forza”.
È il Governo, nondimeno, a riconoscere che “la nuova legislazione federale da sola non può rimuovere tutte le barriere. Tutti hanno bisogno di lavorare insieme, nel settore sia pubblico che privato, per creare nuove opportunità di piena cittadinanza e partecipazione per le persone con disabilità e per aiutare a cambiare il modo in cui pensano le persone.
È anche per questo che il Governo del Canada offre molti programmi che sostengono le organizzazioni e le persone con disabilità rispetto alla loro inclusione nelle comunità, aiutandoli ad assicurarsi posti di lavoro e migliorando i servizi loro offerti. In aggiunta a queste misure, stiamo anche lavorando per un cambiamento di cultura, e aumentando la consapevolezza del potenziale delle persone con disabilità”. Fermo restando il ruolo di esempio che, per ammissione del Governo stesso, le istituzioni pubbliche devono guadagnarsi e mantenere rispettando per sé stesse i requisiti di accessibilità che impongono a tutti, le consultazioni svolte sul tema negli scorsi mesi possono davvero segnare un cambio di passo nell’immagine, e di conseguenza nella condizione, della comunità delle persone con disabilità nella società canadese – naturalmente, a patto che si traducano in una legislazione all’altezza di questa ambizione.



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