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La stretta via delle politiche UE per la disabilità. Il manifesto EDF per il Parlamento Europeo 2014-2019

di Massimiliano Rubbi

Quando leggerete queste righe, il Parlamento Europeo in carica per il quinquennio 2014-2019 sarà già stato eletto. E questo vi dà un incommensurabile vantaggio predittivo sulle future politiche continentali rispetto a chi scrive, prima di una tornata elettorale in cui, per la prima volta, a essere in gioco non è la direzione o il passo del processo di integrazione europea, ma la sua stessa esistenza. Movimenti “euroscettici”, spesso contraddistinti da una posizione estrema entro l’arco politico, si affacciano in forze a Strasburgo, mentre le piattaforme dei partiti “storici” non mettono in discussione una politica di rigore di bilancio che non ha saputo fare uscire le economie europee dalle secche della crisi, acuendo anzi le differenze tra Stati e portando alcuni di essi, come Grecia e Portogallo, a condizioni di disagio sociale mai viste dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. In sintesi, l’Europa come “problema” e non più come “soluzione”: un mutamento particolarmente avvertito in Italia, dove in pochissimi anni la frase “ce lo chiede l’Europa” è passata da opportunità di superare la lentezza e la corruzione della decisione politica nazionale a inconfessabile grimaldello per gli interessi della Germania e dei Paesi nordeuropei. È in questo difficile contesto che l’EDF, l’organismo di rappresentanza delle associazioni di persone con disabilità a livello europeo, ha presentato l’11 febbraio scorso a Bruxelles il proprio “Manifesto” per la legislazione UE nei prossimi 5 anni, per promuovere alcune priorità chiave nei programmi politici e nell’attività post-elettorale dei partiti che si candidano al Parlamento Europeo – e alla guida della Commissione Europea, il cui Presidente, per la prima volta nella storia, dal Parlamento sarà eletto.
Rilancio in 6 mosse
Il Manifesto EDF individua sei priorità-chiave per la legislatura europea 2014-2019. Innanzitutto la promozione di un’Europa “inclusiva, sostenibile e democratica”, ponendo un’esplicita correlazione tra l’allontanamento da questa prospettiva e “l’ascesa di movi menti populisti ed euroscettici in tutta l’Unione”. Subito dopo si sostiene “la riforma delle politiche economiche e sociali dell’Europa per assicurare la protezione e il godimento dei diritti umani degli europei con disabilità” – una richiesta su cui si tornerà.
Sull’accessibilità si concentra la terza proposta, e qui si stigmatizza innanzitutto il ritardo con cui la Commissione Europea uscente ha affrontato la redazione dello European Accessibility Act, la cui bozza era attesa per il 2012 ma che, nonostante le dichiarazioni pubbliche e le risposte scritte al Parlamento espresse a più riprese dai commissari europei, risulta ancora all’interno del programma di lavoro annua le 2014. Una direttiva con “un approccio olistico e ampio per coprire quanti più beni e servizi possibile” potrebbe favorire la mobilità tra gli Stati delle persone con disabilità e stimolarne i consumi, contribuendo a una crescita economica tuttora fragile; da parte sua, l’EDF dichiara di “continuare a lavorare sul tema e sperare che la Commissione Europea pubblicherà la proposta legislativa quest’anno”.
Sempre in materia di accessibilità, tra l’altro, si richiede di “rendere i fondi UE senza barriere per le persone con disabilità”. Interpellata in merito, l’EDF spiega che “un esempio rilevante di nuove barriere create dai fondi nel precedente periodo di programmazione (2007-2013), che ha attirato forti critiche, è stato l’uso di fondi strutturali UE per finanziare pro getti che non sono riusciti a sfruttare le prospettive di vita indipendente e partecipazione attiva nella società per bambini, persone con disabilità e anziani. In alcuni casi, sono stati utilizzati per mantenere o aprire nuove case di cura, orfanotrofi o ospedali psichiatrici, invece di investire i fondi europei in servizi sociali e di sostegno alla persona, in diretta violazione della Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità, che promuove l’inclusione nella società e vieta la segregazione. Ciò è potuto accadere perché i Regola menti di base erano permissivi verso questo tipo di (ab)uso del denaro. Questo non ha consentito alle persone di vivere la propria vita nella comunità su una base di uguaglianza con gli altri. Ecco perché l’EDF, in coalizione con altri gruppi, ha fatto, con esiti positivi, una dura pressione per introdurre migliora menti al riguardo: per la prima volta, i nuovi Regolamenti per l’investimento in politica di coesione, adot tati nel dicembre scorso dal Consiglio Europeo e dal Parlamento Europeo, includono riferimenti specifici per sostenere la ‘transizione dalla cura nelle istituzioni a quella basata sulla comunità’. L’EDF ha dato il benvenuto a questa storica svolta nel panorama legi slativo UE, che dovrebbe migliorare la situazione di bambini e adulti in cura nelle istituzioni o a rischio di istituzionalizzazione e facilitare una vera innovazione efficace nel settore dei servizi sociali”.
Quarta priorità per l’EDF è una proposta di Direttiva per “il principio di uguale trattamento tra le persone a prescindere da religione o credo, disabilità, età o orientamento sessuale”. L’organismo di rappresen tanza ricorda che al momento la UE garantisce una protezione dalle discriminazioni solo in ambito lavorativo, ma “la discriminazione sulla base della disabi lità esiste in tutte le aree della vita politica, sociale e culturale”, dall’educazione dei bambini all’accesso dei cani guida in ristoranti oppure ospedali.
Il quinto punto del Manifesto è probabilmente il più complesso, e propugna “la rapida ratifica da parte della UE e di tutti gli Stati membri del Protocollo Opzionale alla Convenzione ONU per i diritti delle perso ne con disabilità”. Perché sarebbe così importante questo protocollo, soprattutto sapendo che esso è stato recepito finora da 20 dei 28 Stati membri (Italia inclusa)? Spiega l’EDF: “Il Protocollo Opzionale al la Convenzione è uno strumento legale che introduce due procedure per rafforzare l’applicazione della Convenzione, attraverso una procedura di comunicazione individuale e una procedura di inchiesta. La procedura di comunicazione individuale permette a individui e gruppi di individui in uno Stato aderente al Protocollo di sporgere reclamo presso il Comitato della Convenzione se lo Stato ha violato uno dei suoi obblighi legati alla Convenzione. La procedura di in chiesta: se il Comitato riceve informazioni affidabili che indicano violazioni gravi o sistematiche delle disposizioni della Convenzione da parte di uno Stato partecipante, il Comitato inviterà quello Stato a cooperare nell’esame delle informazioni ricevute e potrà pubblicare un rapporto con le sue osservazioni sulle violazioni sistemiche che ha incontrato in quello Sta to. Dal momento che anche l’UE ha ratificato la Convenzione, deve proteggere i diritti nella Convenzione per tutti gli europei con disabilità. La ratifica UE del Protocollo Opzionale darebbe ai cittadini europei una protezione più forte e meccanismi di reclamo in caso di violazioni individuali o sistemiche della Convenzione”. Rimane il dubbio che a impedire “il pieno ed eguale godimento di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali da parte di tutte le persone con disabilità” che si propone la Convenzione sia più la sua impostazione assai generale, concentrata sui rapporti nazionali di applicazione, che non l’assenza di un meccanismo di reclamo a livello europeo: è significa tivo che la giurisprudenza citata sul sito web della Giunta della Convenzione riporti solo 4 casi, ma tutti legati a reclami individuali contro Stati membri UE e aderenti al Protocollo Opzionale (Svezia, Regno Unito e in due casi Ungheria).
La sesta e ultima priorità che l’EDF propone al Parla mento Europeo che verrà è di allineare le politiche UE e degli Stati membri alla Convenzione ONU, “il primo trattato sui diritti umani che [la UE] abbia mai ratificato”, assicurando il coinvolgimento delle perso ne con disabilità nelle decisioni che le riguardano, secondo il principio espressamente citato del “niente per noi senza di noi” e con la proposta, tra le altre, di individuare un Vicepresidente della Commissione con competenze speciali in materia di disabilità e relativo coordinamento delle politiche.
Oltre o dentro l’austerità? Per il miglioramento delle condizioni di vita delle persone con disabilità nell’UE, in ogni caso, la questione più rilevante e al contempo più critica è probabilmente quella toccata dal secondo punto del Manifesto EDF, che come detto propone “la riforma delle politiche economiche e sociali dell’Europa” e sottolinea come “le persone con disabilità e le loro fami glie, che non sono responsabili della crisi, hanno dovuto fare i conti con drastici tagli nei servizi e nelle provvidenze sociali, il che ha portato a una disoccupazione più alta, [e] a un ritorno a istituzioni di segregazione”.
In occasione della presentazione del Manifesto a Bruxelles, il Presidente EDF Yannis Vardakastanis ha invocato “un cambiamento drastico di politica per cui il consolidamento delle finanze pubbliche non sia a spese dei diritti fondamentali e della coesione sociale nella UE”. Sotto accusa finisce quindi l’“austerità” che ha contraddistinto la politica economica dell’area Euro soprattutto (ma non solo) dall’inizio della crisi.
Sfortunatamente, dei due partiti transnazionali maggiormente accreditati per la maggioranza (relativa) nel nuovo Parlamento Europeo, l’uno – il Partito Popolare Europeo – sostiene esplicitamente la validità delle politiche di rigore finanziario anche per il futuro, mentre l’altro – il Partito Socialista Europeo – propugna la necessità di combinare rigore e crescita, in proporzioni difficili a definirsi. In ogni caso, non si può dimenticare l’intervista concessa nel febbraio 2012 al “Wall Street Journal” da Mario Draghi (Governatore BCE e dunque, nell’attuale assetto istituzionale europeo, probabilmente la figura di massimo grado nella definizione della politica economica), in cui l’attuale modello sociale europeo veniva definito “già superato” e l’austerità, insieme alle riforme strutturali, “l’unica opzione per la ripresa economica”. Anche ammettendo che questa prospettiva sia fondata, come può essa conciliarsi con una coesione sociale che ha come inevitabile pietra di paragone le protezioni sociali del passato?
L’EDF, di fronte a questa contraddizione tra tutela dei diritti e rigore di finanza pubblica, riconosce che “la politica dell’Europa contro la crisi, con la sua en fasi sulle misure di austerità e la sua mancanza di legittimazione democratica, ha contribuito al sorgere dell’euroscetticismo, con molti cittadini europei che voltano le spalle alla UE (come rivelato da tutti i sondaggi di opinione), e i partiti euroscettici che aumentano il proprio pubblico”, e “stigmatizza che le attuali politiche economiche e sociali adottate dagli Stati Membri e dall’Unione Europea portino a un aumento nei numeri delle persone che patiscono esclusione sociale in Europa”.
Il rigore non viene tuttavia rigettato, ma piuttosto messo in subordine a un’altra strada per la crescita economica: “sebbene siamo d’accordo sul fatto che solide finanze pubbliche siano molto importanti, stigmatizziamo che le misure di consolidamento di bilancio si siano concentrate su tagli alla spesa sociale e su aumenti di tasse che toccano principalmente i redditi bassi e medi. Le misure di ripresa hanno finora trascurato l’importante contributo a crescita e occupazione che potrebbe essere portato dalle stesse persone con disabilità e dallo sviluppo dei servizi che esse ricevono e gestiscono”.
Secondo l’EDF, insomma, si impone un cambio di rotta che, seppur con ogni probabilità sulla base di un “contratto sociale” diverso da quello del passato, riaffermi l’Europa (nella sua interezza) come “modello sociale” avanzato, capace di garantire la tutela e promuovere il protagonismo delle persone con disabilità. Diversi europarlamentari uscenti di differenti partiti, in occasione della presentazione e in momen ti successivi, si sono impegnati a sostenere le politi che proposte dal Manifesto dell’organismo di rappresentanza, certo non ignorando che gli europei con di sabilità sono 80 milioni e costituiscono il 16% del corpo elettorale. Solo la composizione e, soprattutto, l’azione effettiva del Parlamento Europeo 2014-2019 diranno della serietà degli impegni presi in campagna elettorale.



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