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Autore: admin

Sitografia su gioco e disabilità

www.ausilioteca.org
L’ausilioteca di Bologna è un servizio pubblico rivolto a persone che, a causa di un deficit fisico, hanno difficoltà nel comunicare con gli altri, controllare l’ambiente circostante, svolgere un’attività ludica.

www.terradigioco.com
La cooperativa “Terradigioco” propone il “progetto Arlecchino”: uno spazio educativo-ricreativo che utilizza moduli ludici specifici per bambini con autismo e disturbi generalizzati dello sviluppo, con operatori preparati e programmi individualizzati.

www.mybestlife.com/giocodimenticato/giochi_handicap.htm
L’accademia del gioco dimenticato è impegnata a costruire giochi idonei per persone con deficit.

www.labilità.org
L’associazione “L’abilità” ha creato il centro diurno “Famiglie in gioco”: servizio di accoglienza, ascolto e sostegno alle famiglie con bambini disabili in età evolutiva e spazio gioco strutturato per bambini disabili.

www.leonardoausili.com
Propone idee e riflessioni sulle attività di gioco proposte ai bambini con compromissioni motorie.

www.cemea.ch/users/bd/Teoria/integrazione/animazione_handicap.htm
L’autrice dell’articolo afferma che con le persone disabili si può svolgere qualsiasi attività.
L’importante è che ci siano idee e accorgimenti opportuni.

www.giocoestudio.it
Propone riflessioni sull’argomento e indica una piccola bibliografia.

www.assoludo.it/libriludoteca/quaderni/quaderno7.htm
Presenta il quaderno “Gioco e handicap in ludoteca”.

www.egalibri.it/STRUMENTI.HANDICAP.ASP
Il sito presenta un libro che offre degli stimoli per le attività ludiche nelle strutture che si occupano di persone disabili.

www.sigridloos.com/handicap.htm
Si occupa del gioco cooperativo come strumento educativo per l’integrazione delle persone disabili. I giochi di cooperazione non sono competitivi, ma stimolano un clima basato sulla solidarietà e il rispetto reciproco.

www.superabile.it
Sono contenuti molti articoli che parlano di gioco e disabilità. Per trovarli basta digitare la parola “gioco” nella sezione “cerca in archivio”.

Turismo accessibile: due domande a Franco Bomprezzi sul tema della comunicazione e dell’informazio

L’attenzione crescente al tema del turismo accessibile ha portato un cambiamento nel modo di fare informazione in generale e in particolare nell’informazione turistica? />
Direi di no, purtroppo. Sono cresciute di numero e di qualità le segnalazioni di percorsi o di progetti legati all’accessibilità, ma questo avviene ancora solo nel contesto di un’informazione dedicata e “a parte”, non semplicemente “normale”. Manca, tuttora, una consuetudine, da parte dei giornalisti esperti di turismo e di viaggi, a inserire nei propri servizi anche le informazioni essenziali relative alla fruibilità dei luoghi, degli ambienti, degli itinerari, delle strutture ricettive (alberghi, ristoranti, ecc.). Si tratta di un processo culturale abbastanza lento, perché in effetti anche l’offerta turistica non segnala sistematicamente come un effettivo “plus” le informazioni sull’accessibilità per tutti, anche quando esse ci sono. Sembra quasi che si ritenga in qualche misura non positivo segnalare che una località, un albergo, una meta qualsiasi, è anche pienamente accessibile alle persone con disabilità. Va detto, però, che solo nell’ultimo anno si sono sviluppate iniziative sistematiche di informazione e di formazione su questo tema.

Come, in futuro, l’attenzione all’accessibilità (di luoghi fisici e virtuali) può diventare parte del bagaglio professionale del lavoro del giornalista?

Credo che sia fondamentale inserire stabilmente nella formazione professionale dei giornalisti nozioni di qualità, riguardanti la cultura, i diritti, le aspettative, le esigenze, le differenze, delle persone con disabilità e non solo. L’accessibilità è un concetto di per sé in rapida evoluzione, da una visione ristretta al tema delle barriere architettoniche (con un occhio rivolto solo a chi vive, come me, in sedia a rotelle) a una concezione molto più ampia di mobilità per tutti. Questa evoluzione potrebbe favorire un atteggiamento di mainstreaming nel mondo dell’informazione giornalistica, anche di settore, ma occorre molto lavoro professionale, e non soltanto emotivo.

Lettere al direttore

Egr. Claudio Imprudente,
ho avuto il Suo contatto tramite un’amica attiva nel settore del volontariato, che ha già avuto modo di lavorare con Lei.
Sono una studentessa di Scienze della Comunicazione all’ultimo anno e recentemente ho preso la decisione di provare a intraprendere la strada del servizio civile volontario. La mia amica mi ha segnalato che l’associazione di cui Lei è presidente presenta progetti all’ARCI che potrebbero rientrare nei miei interessi.
Prima di presentarmi alla sede bolognese dell’ARCI preferirei avere un primo contatto diretto con l’associazione, per avere maggiori chiarimenti su come procedere e su come potermi inserire nei vostri piani di lavoro.
Fiduciosa in una Sua risposta, Le invio i miei più cordiali saluti.

Flavia Corradetti
La ragazza che ha scritto questa e-mail ora presta servizio presso il Centro Documentazione Handicap di Bologna. Ho deciso di inserirla in questa rubrica perché trovo stimolante il discorso sul Servizio Civile Volontario, ma non solo. Sento parlare spesso in tv e sui giornali delle nuove generazioni, e di solito non ne escono ritratti lusinghieri, tutt’altro. Le nuove ondate di giovani vengono viste con sospetto e sfiducia. Tacciati spesso di menefreghismo e indifferenza, si parla di loro come di una generazione priva di valori. Posso dire, invece, che da loro c’è molto da imparare. Quotidianamente entro in contatto con giovani che di certo non possono essere visti come persone insensibili a temi di una certa rilevanza sociale. Ragazzi che spendono molte delle loro energie per dare una mano a una società che ha bisogno della loro forza e della loro creatività per diventare migliore e più a misura d’uomo, e spesso questo avviene proprio grazie al Servizio Civile Volontario. Sicuramente incentivati dalla possibilità di avere una retribuzione fissa al mese, questi ragazzi hanno forse trovato un metodo congeniale alle proprie esigenze per dimostrare che questo Paese può contare ancora su di loro per non morire lentamente. In questi giorni di tragedie – penso al disastro naturale che ha colpito il sud-est asiatico – sento spesso parlare di solidarietà. Aiutare in queste situazioni è doveroso, ma mi riempie di sconforto vedere che c’è bisogno di una simile catastrofe per dare visibilità a un termine così importante. La vera solidarietà, lo sanno tutti, è quella silenziosa e quotidiana, e molti di questi ragazzi l’hanno già capito da tempo.

Buongiorno Claudio, è con sorpresa che mi ritrovo a risponderti, forse è la musica di Einaudi, forse l’approcciarsi della perturbazione o forse ancora perché non voglio cominciare con la solita routine.
Chi sono? Beh, quasi un tuo compagno di medie, uno comunque che con te si è sempre divertito molto. Divertito in questo caso potrebbe stare anche come formato, cresciuto, vissuto, ecc.
Arrivo al dunque: ho letto le tue ultime riflessioni pizzaiole e condivido molto delle tue riflessioni sui ruoli, ci ho messo un totale di anni per arrivarci (dannati cattolici mi hanno proprio sistemato per benino) ma allora perché chiamarci diversabili, normodotati, ecc., tu non sei Claudio ancorché Imprudente?
A prestissimo

Alberto Manzoni
Noto con piacere che questi splendidi incontri non avvengono solo a “Carramba che sorpresa!”, ma anche su una rivista come “HP-Accaparlante”. Rispondo davvero volentieri alla tua lettera. Ti ricordi quando cantavamo sulle note di Voglio una vita spericolata o quando ci divertivamo al mare di Cattolica un po’ come Boldi e De Sica? La tua lettera apre comunque un sacco di spunti interessanti e mi fa davvero piacere che tu abbia letto il mio articolo sul concetto di categorie. Per chi non lo sapesse, a quell’articolo si riferisce l’amico Alberto quando parla di riflessioni pizzaiole. Senza scendere troppo nei particolari, quando parlo di “categorie” mi riferisco a quella strana patologia, molto diffusa tra gli esseri umani, che spinge a suddividere e classificare tutto e tutti in forme di valori opposti tra di loro. Buoni o cattivi, belli o brutti, normodotati o diversabili, ecc. Questo è alla base di ogni forma di discriminazione. Sarebbe utile concentrare tutta la nostra attenzione sull’importanza dei ruoli che caratterizzano la persona (padre, madre, figlio, ma anche ingegnere, dottoressa, studente, ecc.). Ma il discorso qui si allarga, perché Alberto parla chiaramente dell’importanza dell’identità del soggetto. Tu non sei Claudio ancorché Imprudente, dice. A questo proposito cito con piacere il concorso “Chiamatemi per nome” indetto nel 2004 dagli amici dell’Associazione Integrazione Onlus di Villaverla. In particolare, propongo la poesia introduttiva al bando, perché mi sembra la miglior risposta alla lettera di Alberto. Non ci sarà bisogno di aggiungere altro.
Chiamatemi per nome.
Non voglio più essere conosciuto per ciò che non ho
Ma per quello che sono: una persona come tante altre.
Chiamatemi per nome.
Anch’io ho un volto, un sorriso, un pianto,
una gioia da condividere.
Anch’io ho pensieri, fantasia, voglia di volare.
Chiamatemi per nome.
Non più portatore di Handicap, disabile, handicappato, diversabile, cieco sordo, cerebroleso, spastico, tetraplegico.
Forse usate chiamare gli altri:
“portatori di occhi castani” oppure “inabile a cantare”?
o ancora: “miope e presbite”?
Per favore. Abbiate il coraggio della novità.
Abbiate occhi nuovi per scoprire che, prima di tutto,
io “sono”
Chiamatemi per nome.
(poesia scritta da Gianni, papà di Benedetta, Associazione Sesto Senso di Siena)

I vari aspetti della violenza quotidiana

Il significato della parola “violenza” è “ciò che si fonda sull’uso sistematico della forza fisica e delle armi”; ma anche ciò che “si manifesta o si svolge con impeto furioso, con indomabile forza, con energia incontrollata e distruttrice”.
C’è chi questa irruenza la può solamente subire, chi non ha i mezzi per difendersi: sto parlando della violenza perpetuata nei confronti delle persone disabili. A causa delle loro limitazioni fisiche, ma anche mentali, non vi si possono opporre né tanto meno difendere. In realtà, anche tra le persone con deficit alcune sono violente, per lo più tra coloro che hanno dei deficit mentali – peraltro giustificabili e in parte educabili – ma sicuramente ci sono molte più persone normodotate che, ahimé, infieriscono le loro ire nei confronti delle persone più deboli.
Questa rubrica è dedicata alle donne disabili: purtroppo costoro sono le principali protagoniste di azioni violente. Perché? Perché è più facile? Perché sono donne? Perché, forse, sono più deboli? Perché hanno meno armi di difesa a disposizione? Forse tutte queste domande potrebbero avere una risposta positiva, ma ciò comunque non giustificherebbe assolutamente gli atti violenti esercitati nei loro confronti. Del resto è più facile sfogarsi con le persone più fragili; addirittura, il tutto diventa ancora più facile quando questa violenza non viene neanche compresa, quando non viene identificata come tale. Pensiamo ad esempio alle donne con deficit mentale: un abuso sessuale nei loro confronti può essere interpretato da parte loro addirittura come una “cosa bella” o come una “cosa normale”, nel caso in cui questa venga inflitta costantemente. Costoro, quindi, si ritrovano totalmente prive di difesa personale; per questo tali forme violente, compiute dentro le loro stesse case e purtroppo frequentemente anche all’interno di comunità o centri che ospitano queste persone, restano spesso sconosciute, nascoste e quindi anche non denunciate. Lo stesso destino è spesso riservato anche alle violenze rivolte alle donne con deficit fisico: coloro che non hanno problemi mentali si rendono perfettamente conto di ciò che capita loro, ma possono restare impotenti di fronte a tutto ciò. Questo perché possono non avere contatti esterni, possono essere impossibilitate a cercare aiuti a causa delle loro limitazioni fisiche, oppure “semplicemente” possono non essere in grado di trovare la forza di denunciare tali fatti mostruosi.
Esistono però diverse e infinite forme di violenza: c’è quella più eclatante – abusi sessuali, obbligo alla prostituzione o all’aborto, percosse e molestie – ma esiste anche una violenza più sottile, meno evidente – gli insulti verbali, i maltrattamenti in ambito familiare o da parte delle persone con cui queste donne si trovano a contatto, l’assistenza fisica erogata da parte di persone di sesso opposto, ma anche (e forse è quella più dura da sopportare) la mancata accettazione, e quindi la mancata integrazione, da parte della società (si pensi ad esempio alle difficoltà che può incontrare una donna con deficit nella ricerca di un lavoro). Non è facile, se non addirittura impossibile, valutare quale sia la peggiore: forse però la seconda forma è quella più ipocrita, bieca, anche perché è quella più difficile da considerare come tale e, pertanto, quella più difficile da denunciare. Esistono altresì ulteriori forme di sopruso: dal diritto alla vita irriconosciuto all’attuale esistenza di istituti speciali, dal mancato accesso all’informazione alla mancanza di un’appropriata terminologia nel rivolgersi e nel parlare a donne con disabilità, dall’impossibilità di condurre una vita autodeterminata alla mancata partecipazione alla vita democratica, ai diritti economici e sociali.
Fortunatamente, negli ultimi anni, per aiutare queste persone si sta facendo qualcosa anche a livello istituzionale: si pensi alla Piattaforma d’azione di Pechino, alla Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, alla Dichiarazione sulla violenza contro le donne, alla Commissione sulla condizione delle donne istituita dall’ONU, alla Raccomandazione generale n. 19 sulla violenza contro le donne, per non pensare ai trattati più “generali” quali la Dichiarazione universale dei diritti umani, la Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici. Pertanto il Governo e la comunità internazionale si impegnano nell’attuare tutta una serie di azioni per combattere e soprattutto prevenire tali fenomeni. Innanzitutto, però, bisogna inquadrare il più possibile tale realtà, raccogliendo il maggior numero di dati; inoltre è necessario impiegare tutte le risorse a disposizione per portare avanti tale lotta. Ovviamente un passo decisivo e, penso, prioritario consiste nel contribuire al cambiamento della mentalità della nostra società: finché le persone disabili verranno viste come soggetti passivi e non attivi, e finché le donne verranno considerate come inferiori al genere maschile, sarà difficile se non impossibile porre termine a tali fenomeni.
Molto deve essere ancora fatto: facilitare la denuncia degli abusi, avere una maggiore sensibilità e preparazione da parte di coloro che circondano nella loro quotidianità tali persone, dare alle donne stesse una maggiore voce in capitolo, cioè permettere loro di avere una parte attiva nelle questioni che le riguardano direttamente, rafforzare la legislazione che disciplina le aggressioni e gli abusi sessuali, prevedendo pene severe per i colpevoli e supporti efficaci da parte del sistema giudiziario per le vittime; inoltre le organizzazioni e associazioni di disabili dovrebbero inserire nei loro programmi il tema della lotta alla violenza; è importante anche la promozione e l’accessibilità da parte di tutti a programmi di prevenzione e informazione.
Il “Progetto di parere”emanato dal Parlamento Europeo all’inizio di quest’anno – la cui relatrice è Uma Aaltonen – tra i suggerimenti volti al combattere i soprusi verso le donne in situazione di deficit, ricorda anche il “mancato riconoscimento dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne disabili”: questo, secondo la relatrice, rappresenta una violazione grave dei diritti fondamentali delle donne con deficit e ciò è principalmente causato dalla considerazione delle donne con deficit come esseri asessuati. Inoltre è presente “l’invito agli Stati membri ad adottare energiche misure contro tutte le forme di violenza nei confronti delle donne e delle ragazze disabili”. In questo Progetto vengono anche riportati alcuni dati: l’80% delle donne in situazione di deficit sono state vittime di violenza; il rischio di violenza sessuale è quattro volte superiore rispetto alle altre donne; addirittura viene riportato il fatto che la violenza può essere anche causa della disabilità stessa. Anche in questa sede viene ribadita la necessità di formare adeguatamente avvocati, procuratori, giudici, coloro cioè che dovranno difendere le donne disabili e far loro ottenere giustizia. Per quest’ultimo punto penso debba essere sostanziale l’apporto dato dalle associazioni di persone disabili, ma anche dalle Case delle donne. A tal proposito ricordo l’importanza di costruire Case d’accoglienza per donne con disabilità: queste sinora non sono presenti in Italia, così come in altri Paesi europei, quali la Spagna e la Germania; in casi di violenza alle donne disabili, l’unica soluzione è rappresentata dal ricorso ad altre Case che accolgono donne prive di deficit colpite anch’esse da forme violente; questa soluzione però non è delle migliori a causa della presenza non solo di barriere architettoniche, ma anche culturali e sociali.
I prossimi 22 e 23 novembre a Cosenza si terrà la conferenza europea dal titolo “Essere donne nella disabilità”, organizzata dal DPI Italia (Disabled People International). Lo scopo dell’incontro è quello di riflettere sui fenomeni della violenza familiare nei confronti di persone con deficit e sulla doppia discriminazione che interessa queste donne. Tale convegno nasce all’interno del Progetto ALBA-Programme Daphne che ha promosso un incontro tra donne in situazione di deficit e madri di figli disabili dei diversi Paesi europei per capire se e come si sviluppa la violenza (fisica, psicologica, morale) intrafamiliare. L’obiettivo di tale incontro è quello di avviare percorsi di emancipazione per le persone con deficit.
Ritengo che appuntamenti di questo tipo siano fondamentali per comprendere, circoscrivere e combattere tali fatti raccapriccianti.

Alcuni indirizzi Internet di approfondimento:

www.europarl.eu.int/meetdocs/committees/femm/20040330/509903it.pdf  
Progetto di parere della Commissione per i diritti della donna e le pari opportunità – Parlamento Europeo

www.edscuola.it/archivio/handicap/index.html 
Presentazione del Convegno di Cosenza

www.dpitalia.org/donne/kit5.htm 
Documenti internazionali sul tema della violenza nei confronti di donne disabili

Il Piano Dell’Offerta Formativa dell’Istituto Benjamenta

Qui s’impara ben poco, c’è una mancanza di insegnanti, e noi ragazzi dell’Istituto Benjamenta non riusciremo a nulla, in altre parole, nella nostra vita futura saremo tutti qualcosa di molto piccolo e subordinato. L’insegnamento che ci viene impartito consiste sostanzialmente nell’inculcarci pazienza e ubbidienza: due qualità che promettono poco o nessun successo. Successi interiori, magari sì: ma che vantaggio potremmo trarne? A chi danno da mangiare le conquiste spirituali? A me piacerebbe esser ricco, andare in giro in carrozza e aver denaro da buttar via. Ne ho parlato a Kraus, il mio compagno di scuola, ma lui non ha risposto che con una sprezzante alzata di spalle e non mi ha degnato di una parola. Kraus ha dei principi, sta ben saldo in sella, a cavalcioni della sua contentezza, e questo è un cavallo su cui chi vuole andar di galoppo preferisce non salire. Da quando mi trovo qui all’Istituto Benjamenta, sono riuscito a diventarmi enigmatico. Mi sono sentito anch’io invadere da un senso strano, finora sconosciuto, di contentezza. Sono abbastanza ubbidiente, non al punto di Kraus, che è imbattibile nel precipitarsi a seguire zelantemente gli ordini. Sotto un solo aspetto noi scolari, Kraus, Schicht, Schilinski, Fuchs, Pietrone, io, eccetera, ci assomigliamo tutti: nel fatto di essere assolutamente poveri e in sottordine. Siamo piccoli, piccoli fino a sentirci spregevoli. Chi ha in tasca un marco da spendere, lo si guarda come un principe privilegiato. Chi, come me, fuma sigarette, desta preoccupazioni per le sue abitudini spenderecce. Andiamo vestiti in uniforme: ebbene, questa circostanza di portare un’uniforme ci umilia e nello stesso tempo ci esalta. Abbiamo l’aspetto di uomini non liberi, e ciò può essere una mortificazione; ma abbiamo anche un aspetto elegante, il che ci preserva dalla profonda vergogna di coloro che se ne vanno attorno in abbigliamenti personalissimi, ma strappati e sudici. A me, per esempio, il vestire l’uniforme riesce assai piacevole, dato che sono stato sempre incerto su come vestirmi. Ma anche questo mio aspetto mi riesce per ora enigmatico. Forse in fondo a me c’è un essere estremamente volgare. O forse, invece, ho sangue azzurro nelle vene. Ma una cosa so di certo: nella mia vita futura sarò un magnifico zero, rotondo come una palla. Da vecchio sarò costretto a servire giovani tangheri presuntuosi e maleducati, oppure farò il mendicante, oppure andrò in malora.
(Brano tratto dal romanzo Jacob von Gunten di Rober Walser)

L’Istituto Benjamenta è una scuola ben strana; un luogo dove non vorremmo iscrivere i nostri figli. Il suo POF non è certo intrigante e si condensa in due parole: “pazienza” e “obbedienza”.
Del resto, ai nostri giorni non si riescono a trovare facilmente degli studenti disposti a comportarsi come Jacob von Gunten. Comunque nell’Istituto non si deve studiare molto; l’unico libro che circola s’intitola: “Quale meta si propone la scuola per i ragazzi Benjamenta?”. Gli stessi professori non incutono timore ai ragazzi anche perché, secondo Jakob, “gli insegnanti non esistono affatto, o sono ancora addormentati, oppure sembrano aver dimenticato la loro professione”. Le uniche figure educative sono Lisa e suo fratello, il direttore Benjamenta. A dire il vero anche il direttore è sempre assente, un gigante che si eclissa nelle stanze del suo appartamento segreto. A questo punto rimane solo la bella Lisa a far le veci di tutto il corpo insegnanti.
Sì, ne siamo sicuri, nessun genitore affiderebbe il suo ragazzo, qualunque caratteristiche abbia, a una scuola del genere. Ma anche i genitori qui non esistono, se non sporadicamente nel ricordo. Il tempo è incerto (quanto rimane Jacob nell’Istituto, sei mesi o sei anni?). Non c’è traccia nemmeno della natura (solo dei fiocchi di neve pesanti). L’Istituto Benjamenta è un’entità persa nel vuoto (Max Brod racconta che Kafka leggesse con entusiasmo queste pagine).
L’integrazione è uguale per tutti, non si fanno differenze, ma il destino di Jacob è diverso da quello dei suoi colleghi, fuggirà, dopo la chiusura dell’Istituto, con il direttore nel deserto.
Non si riesce proprio a collocare questo testo. È una critica a una istituzione scolastica ottusa e mortificante? Per disposizione culturale la maggior parte di noi imboccherebbe questa strada interpretativa. Ma l’Istituto Benjamenta è più misterioso. Non ha progetti complessi e obiettivi a tappe come quelli delle nostre scuole; non ha corsi aggiuntivi né crediti formativi; ha una sua strada che porterà i ragazzi a servire nelle famiglie ricche, ma che può portare anche nel deserto, fuori dalla civiltà europea. Di più forse: fuori dalla civiltà? Jacob ha aperto una porta per entrare in un mondo a sé, quello dell’Istituto dove le nostre regole non valgono più, dove prevale la negazione. Lo stesso Robert Walser, che passò gli ultimi 28 anni della sua vita in varie cliniche psichiatriche, disse una volta a un amico: “Io sono uno zero e voglio essere dimenticato”.
Nonostante l’apparente lontananza tra l’Istituto Benjamenta e le scuole attuali, molto ragazzi vivono oggi un rapporto di apatia e indifferenza con la scuola, cioè allo stesso modo del protagonista si domandano: “Che mi serve essere qui? Che cosa ne ricavo di utile per la mia vita di domani?”. Questo per dire che non basta dotarsi di “progetti complessivi e obiettivi a tappe” come tutte le nostre scuole sono tenute a fare per restituire un senso, un significato che sia compreso e vicino a chi nelle scuole sta da studente. Insomma, l’Istituto Benjamenta non è così tanto lontano da noi e tracce delle sua insignificanza misteriosa sono ben presenti anche oggi.

Le reti sociali

Uno dei tratti distintivi della rete telematica è lo spirito di cooperazione tra gli utenti. Nonostante internet sia diventato un campo di battaglia per tante lotte politico-economiche, questa matrice originaria non è stata certo cancellata. Continua anzi a riproporsi in forme diverse, suggerite dalle innovazioni tecnologiche, come è il caso delle reti sociali. Anch’esse sono un fenomeno recente di internet e stanno sempre più diffondendosi, accompagnate però da alcuni pregiudizi che le vedono come un luogo (virtuale) dove la gente può incontrarsi per degli “intorti”. Certo la ricerca di un partner può essere una motivazione forte, ma le reti sociali non si riducono solo a questo e, anzi, sono destinate a svilupparsi in molte altre direzioni che prevedono il mutuoaiuto sui più svariati argomenti.

Trovarsi in rete

“Si ha una rete sociale quando una rete di computer connette persone e organizzazioni”. Questa è la definizione che dà Fabio Metitieri in un suo articolo pubblicato sul numero di gennaio 2004 di Internet News (articolo da cui prenderò altri spunti). In questo modo si sposta l’attenzione dalle macchine (che si connettono tramite cavi) alle persone che intrecciano invece tra loro relazioni di tipo diverso (amicizia, amore, lavoro…). Le reti sociali offrono i cosiddetti servizi di dating, ovvero delle banche dati con i profili di centinaia di migliaia di persone che possono così conoscersi in rete in base ai loro interessi. Il servizio di dating, che è una sorta di servizio di incontro, è l’evoluzione delle chat e dei messenger, dato che è molto meglio organizzato. Di solito ci si deve iscrivere fornendo alcuni dati come l’età, il sesso, gli interessi, l’area geografica e l’e-mail; una volta completata la registrazione, si è inseriti in un database che è possibile consultare. In questo modo si possono incontrare prima in rete e poi nella vita reale le persone con cui si condividono gli stessi interessi; addirittura, dato che la conoscenza avviene anche tramite presentazione tra utente e utente, si possono organizzare eventi collettivi, dove il gruppo di persone conosciutesi in rete si incontra fisicamente.

Incontri significativi?

Parlare di reti sociali è anche un modo per far vedere che dietro la tecnologia c’è sempre la persona, e che la prima deve essere al servizio della seconda. La diffusione di questo fenomeno del resto è coerente con lo spirito originario della rete internet che è stata, soprattutto all’inizio, una rete costituita dalle relazioni tra persone, allora ricercatori e studenti, oggi il cittadino comune (anche se ancora di un certo status economico).
Del valore poi di questi incontri, di quanto possano essere occasioni di amicizia, di lavoro e rapporti sentimentali significativi, questo è un altro discorso, con i suoi pro e i suoi contro. Facendo solo un esempio, alcuni studiosi del fenomeno sostengono che la facilità che si ha nel mettersi in contatto con gli altri può essere anche un preludio per degli incontri vissuti superficialmente. Una cosa è certa, la maggior parte dei contatti on line che diventano significativi per le persone coinvolte passano poi all’incontro reale: è in quel momento che si cementa, o si sfalda, quanto si era sentito o intuito in rete.

I siti più noti

E ora qualche indirizzo dei siti più famosi che offrono questi servizi. Il più noto è Friendster (www.friendster.com) che si rivolge a chi vuole incontrare degli amici nuovi o dei partner. Linkedin (www.linkedin.com) invece serve per ricercare occasioni di lavoro. Per ultimo citiamo Tribenet (www.tribe.net) che si caratterizza come un luogo dove una persona può farsi degli amici che la possano aiutare in tanti piccoli problemi pratici.
Questi sono siti statunitensi, in lingua inglese, dove è però possibile anche trovare degli italiani; non esistono per adesso dei servizi simili sui siti italiani. L’esistente è soprattutto rivolto al servizio di incontri a scopi sentimentali: il più noto è Meetic (www.meetic.it) che raccoglie nel suo database oltre 600 mila profili di persone. Altri servizi simili sono offerti da Supereva (incontri.supereva.it) e Virgilio (match.virgilio.it).

Il soggetto disabile e il popolo della rete

Dove è possibile trovare la voce della persona disabile e dei suoi familiari su internet? Questo tipo di incontro lo si può fare più spesso in quegli spazi dove viene assicurata un’interattività migliore: ovvero dove si può comunicare direttamente. È in questi luoghi che si trova il popolo della rete.

Il popolo della rete

La rete offre altri strumenti di interazione che non necessariamente passano sul web. Stiamo parlando delle mailing list, dei newsgroup, delle chat e di altre applicazioni che permettono tutte queste cose assieme e anche altro.
Le mailing list sono dei gruppi ristretti di discussione che viaggiano su posta elettronica (è necessaria l’iscrizione per parteciparvi); i newsgroup invece sono delle bacheche pubbliche (elettroniche) che vengono usate utilizzando degli specifici software; le chat sono degli spazi di discussione in tempo reale (anche in questo caso esistono dei sofware specifici). Se è vero che molti di questi strumenti sono stati “webbizzati” (ovvero sono visibili anche sul web), queste possibilità comunicative funzionano molto bene anche al di fuori del web (forse meglio). In questi spazi, forse meno visibili, molte persone disabili e non si “incontrano” per parlare assieme.
Di mailing list e di newsgroup ve ne sono decine di migliaia nel mondo; attualmente in Italia esiste il newsgroup it.sociale.handicap che è possibile vedere andando sul motore di ricerca Google (www.google.it) e cliccando sul pulsante in alto a destra “Gruppi”.
Di mailing list ricordiamo “sociale-edscuola” che è una mailing list di Educazione&Scuola, una rivista telematica su Scuola e Formazione (per iscriversi andare a questo indirizzo web: www.edscuola.com/mailing.html), la mailing list “Dw-Handicap” (per iscriversi andare su http://groups.yahoo.com/group/dw-handicap). Ambedue le liste si occupano molto del tema dell’integrazione scolastica. Anche sulla rete telematica eco-pacifista Peacelink (www.peacelink.it) esiste una mailing list intitolata “Volontariato” dove spesso vengono trattati i temi della disabilità. Anche in questo caso diamo un indirizzo web per permettere anche a chi non è iscritto di farsi un’idea del dibattito: www.peacelink.it/webgate/volontariato/maillist.html.
Esistono mailing list a seconda del tipo di deficit; ad esempio a questo indirizzo http://web.tiscali.it/simod/disabili/liste.htm potrete trovare alcune risorse espressamente dedicate ai non vedenti (non tutte sono aggiornate).
Infine, se volete farvi un’idea delle mailing list e dei newsgroup esistenti nel mondo potete documentarvi a questi indirizzo: http://gate.dongnocchi.it/mailing_newsgroup/mailing.htm.
Si potrebbe continuare a lungo con l’elenco, infatti basta mettere in un qualsiasi motore di ricerca le parole disabili, handicap, mailing list, newsgroup, lista e incrociarle tra di loro in più tentativi per accorgersi della moltitudine di riscontri.

Il caso delle community

Le community sono una sezione di un sito web che ha come scopo quello di creare una comunità di lettori/partecipanti al proprio sito. È un modo per fidelizzare la propria utenza/clientela che viene praticato in ogni tipo di sito web (ogni portale ha la sua community). L’esempio migliore di community la si può trovare al sito di Superabile (www.superabile.com). La sezione offre ai propri utenti uno spazio forum e uno spazio chat. I forum sono un qualcosa a metà strada tra le mailing list e i newsgroup; attualmente sono una trentina i forum su Superabile e trattano di svariati argomenti (dallo sport, ai fatti di cronaca, dalla mobilità alla legislazione). Un altro caso di community la si può trovare su Disabili.com (www.disabili.com); in verità è un po’ tutto il sito a essere organizzato come una community. Anche qui abbiamo lo spazio forum (una ventina in tutto) e lo spazio chat.

Di che cosa si parla

Chi scrive in queste mailing list e in questi newsgroup sono soprattutto familiari di disabili, i disabili stessi, gli insegnanti, qualche operatore sociale e qualche volontario/amico. Ma di che cosa si parla in questi spazi? Pur non volendo fare una casistica, vi sono alcuni temi che ritornano  spesso; si trovano molti racconti di esperienze, di situazioni, come le difficoltà di integrazione scolastica per il proprio bambino, la ricerca di un centro specializzato adatto al proprio caso, il metodo riabilitativo efficace sul proprio figlio. È soprattutto osservando il numero dei “replay”, ovvero il numero delle risposte a un particolare messaggio, che si può misurare l’interesse per un dato argomento. Questi esempi che ho appena citato vengono ripresi numerose volte da altri partecipanti che commentano, forniscono un consiglio, criticano il messaggio iniziale. I rapporti che s’instaurano a volte sono molto intensi, le persone cominciano a conoscersi poco a poco, nascono amicizie e intese, a volte senza vedersi mai (altre volte capita anche di darsi degli appuntamenti fuori rete).
Altri argomenti trattati riguardano la segnalazione di un libro, di un seminario o di una trasmissione televisiva, la notizia o il commento di una novità legislativa.
Alcuni esperti della rete dicono che i newsgroup sono gruppi di discussione più ampi, con un numero elevato di messaggi giornalieri, caratterizzati da una certa confusione nei temi trattati; queste peculiarità non facilitano lo spirito di gruppo. Viceversa le mailing list, di solito partecipate da un numero minore di persone e aventi un tema più specifico di discussione, permettono una maggiore coesione del gruppo, un dibattito più approfondito. La mia esperienza personale non è questa, anche i newsgroup offrono delle discussioni interessanti, semmai la differenza è psicologica: a una mailing list ti devi iscrivere e il messaggio di posta elettronica arriva direttamente nella tua casella postale e questo forse può aumentare il senso di appartenenza a un gruppo.
Un discorso a parte merita il caso delle chat. Si “chatta” in tempo reale con un’altra persona, direttamente. I canali in cui si chiacchiera, se si usano dei software specifici sono infiniti perché ogni persona può crearne uno diverso. In questo campo non si può sapere quanto si parla di disabilità, si possono fare solo delle congetture. Le chat facilitano sicuramente un approccio più diretto ed è verosimile pensare che sia il luogo dove una persona disabile può sviluppare relazioni, sia affettive che sessuali, che nel mondo reale ha meno opportunità di trovare.

Disabili 1.0

Servizi, relazioni sociali e barriere: Internet per i disabili

INTRODUZIONE

Il lavoro che segue ha l’obiettivo di mostrare come l’uso di internet s’incroci con la vita quotidiana di una persona disabile, di un suo familiare, di un operatore sociale, di un insegnante.
Internet, e-mail, browser, web, chat… sono tutte parole che si riferiscono al mondo delle nuove tecnologie della comunicazione. È un mondo oramai sempre più conosciuto dagli italiani, soprattutto da parte delle nuove generazioni, che ha e avrà importanti conseguenze per tutti; che lo vogliamo o no queste tecnologie sono destinate a cambiare la nostra vita quotidiana. Fare la spesa, acquistare un libro, prenotare un biglietto per un viaggio o una visita specialistica, relazionarsi con altre persone, sono tutte occupazioni comuni che grazie alla tecnologia saranno svolte in modo differente. Soprattutto per le persone che hanno problemi di mobilità questi cambiamenti potrebbero essere decisamente positivi.
Il nostro filo conduttore sarà rappresentato dalla telematica, ovvero del luogo dove l’informatica e l’informazione s’incontrano dando nuove e sostanziose possibilità a tutti, non solo alle persone disabili naturalmente.
È anche nostra convinzione che le tecnologie non assicurino da sole l’integrazione e un migliore livello di vita alle persone disabili; possono farlo solo in concomitanza di altri fattori, quali precise scelte politico-sociali e la presenza, dall’altra parte del filo, ma, ancor meglio, nella stessa stanza o accanto, di altre persone che sono disposte a spendersi, a esserci.
Nel ’97 assieme a Carlo Giacobini scrissi il libro “L’handicap in rete”, dove, attraverso l’analisi approfondita di vari siti, davamo una prima immagine dell’informazione sulla disabilità presente in rete. A distanza di soli pochi anni le coordinate di riferimento sono del tutto mutate: gli utenti in Italia sono passati da poche centinaia di migliaia a più di 10 milioni, la rete è diventata sempre più efficiente e capace di fornire servizi sofisticati attraverso una banda di trasmissione dati sempre più ampia. Per questi motivi, assieme a una maggiore conoscenza di internet da parte di tutti, questo scritto è profondamente diverso dal predecessore e, dando per scontata una minima alfabetizzazione telematica da parte del lettore, segue altre strade.

Le relazioni, i servizi, le barriere…

Il lavoro è stato scritto nel corso di due anni e in parte è già stato pubblicato dalle riviste “TN” dell’ANMIC nazionale e dalla “Rivista del volontariato” della FIVOL, i cui responsabili di redazione ringrazio per avermi permesso di riutilizzare il materiale inserendolo in una cornice più ampia.
Gli articoli sono raccolti in sezioni che trattano del rapporto tra internet e i disabili da angolazioni diverse e sono divise nel modo seguente:

  • Temi: in questa sezione vengono trattati due argomenti particolari, le informazioni di carattere giornalistico che riguardano la disabilità reperibili in rete e quelle sull’integrazione scolastica. Questa scelta dipende dall’importanza che attribuiamo all’informazione scritta con tecnica giornalistica (chiarezza e sinteticità) ai fini di una maggiore conoscenza condivisa e dall’importanza che “HP-Accaparlante” da al tema della scuola
  • Relazioni: parliamo di quegli strumenti (community, chat, blog, reti sociali) che permettono a un individuo delle relazione sociali molto più ampie e potenzialmente ricche di occasioni
  • Servizi: è un discorso molto pratico dei servizi che fino a oggi offre la rete, come, ad esempio, l’acquisto di un biglietto per viaggiare o per andare al cinema, la prenotazione di una visita specialistica, la spesa da casa
  • Barriere: anche il web come gli ambienti reali quotidiani può presentare delle barriere che ostacolano le persone disabili, ma non solo loro, all’uso completo della rete
  • Ricerche: sono descritti alcuni studi empirici che tentano di raccontare l’uso di internet da parte delle persone disabili e quello che queste persone vorrebbero trovare ma ancora non c’è
  • Cultura: vengono definite alcune questioni di cultura digitale che ci riguardano tutti e la cui evoluzione influenzerà in modo decisivo l’uso di internet (il copyright, il digital divide e la privacy).

Lo scritto termina con una sintetica bibliografia dei principali libri cui abbiamo attinto.
Come potete vedere si tratta di un lavoro molto vario ma non per questo poco approfondito che è stato scritto utilizzando un linguaggio chiaro ma soprattutto in modo sintetico per permettere di toccare degli argomenti anche distanti tra di loro ma collegati appunto dalla rete, da internet (non è questa la sua natura?).

Uno strumento di liberazione?

I cambiamenti che la tecnologia ci propone ogni giorno in forme sempre variate non sono a senso unico; come le medicine, hanno le loro controindicazioni, e potranno avere una valenza positiva e subito vicino averne un’altra negativa.
Le nuove tecnologie basate sul digitale portano con sé un elemento di estrema duttilità che permette di includere tutti, ma il pericolo di esclusione rimane pur sempre presente. Facciamo un esempio: l’invenzione della locomotiva come mezzo di trasporto ha permesso a tutti di spostarsi più rapidamente ma ha creato (naturalmente con il passare del tempo e in un clima culturale attento ai diritti delle persone disabili) dei problemi nuovi di accessibilità per i disabili motori; se i gradini rimangono insormontabili, se gli scompartimenti sono stretti o mal congeniati a cosa serve a uno spastico un Eurostar che raggiunge i 200 chilometri all’ora? A nulla. Così vale anche per le applicazioni delle nuove tecnologie: se non sono pensate anche per i disabili il rischio di esclusione rimane.
Stiamo parlando di possibilità, di potenzialità (che oramai sono molto più che promesse) da cui viene esclusa la maggior parte della popolazione mondiale. La telematica, internet sono cose da mondo occidentale, da paesi ricchi; laddove le infrastrutture (linee telefoniche, energia elettrica, ecc.) non esistono o dove l’analfabetismo è endemico, queste conquiste dell’umanità non arriveranno mai. Quindi – un’altra contraddizione, un altro paradosso – questi benefici ricadranno là dove le condizioni di vita delle persone disabili sono migliori, e rischiano di non riguardare la maggior parte dei disabili che, come è noto, vive nei paesi poveri.

Gli e-book, i libri elettronici

Leggere on line un libro è un’opportunità oramai a portata di tutti, ma il libro elettronico (l’e-book), a differenza di tante altre innovazioni portate dalle tecnologie dell’informazione, ha trovato e trova diversi ostacoli alla sua diffusione.
Eppure l’e-book è uno strumento indispensabile chi non vede o per chi (molti di più) è ipovedente. Tramite uno screen reader e un sintetizzatore vocale, un testo digitale può essere ascoltato. Ma non solo; anche per chi ha problemi di mobilità, l’opportunità di leggere dal proprio computer un testo senza andare a consultarlo in biblioteca o comprarlo in libreria è uno strumento prezioso. In generale anche per molte altre persone il libro digitale faciliterebbe la vita; pensiamo agli studenti o a quegli insegnanti che vivono in realtà decentrate dove la biblioteca locale è scarsamente rifornita o a tutte quelle persone che non hanno il tempo di “passare in libreria”. Come si vede l’e-book rappresenta un’ennesima rivoluzione nel nostro comportamento, una rivoluzione che però incontra degli ostacoli.

Leggere stanca

Il libro, il bel libro di carta, a cui siamo abituati da secoli presenta in effetti alcune caratteristiche che il libro digitale non offre. È molto “portabile”, lo si può leggere sotto un albero o a letto, sull’autobus attaccati alla maniglia, in spiaggia. I caratteri sono molto definiti e risaltano molto bene sulla pagina bianca, così gli occhi si stancano di meno. Ancora, il libro non è retroilluminato e quindi leggerlo è meno fastidioso di un normale schermo di computer. Non dimentichiamoci che un libro non si scarica mai e lo si può leggere dall’alba fino al tramonto (dopo o prima si può accendere semplicemente la luce). Invece un computer portatile, o un hardware tascabile, qualsiasi ha il limite di una batteria con una durata limitata.
Leggere su uno schermo (almeno fino a oggi) non è così rilassante; da numerosi studi risulta che l’80% dei lettori di internet non legge parola per parola ma scorre la pagina (la “guarda”) e che la lettura sullo schermo è il 25% più lenta di quella su carta (anche per questo una delle più ferree norme di chi scrive sul web dovrebbe essere la sinteticità).

Software e hardware per leggere on line

Occorre a questo punto fare una piccola precisazione. Quando si parla di e-book si tende a confondere le applicazioni che presentano i testi (software) con i dispositivi fisici che ne permettono la conservazione e anche la lettura (hardware).
Per quanto riguarda i primi, esistono varie offerte sul mercato;  i più noti “lettori” di e-book sono il Microsoft Reader, l’Adobe Acrobat Ebook Reader, il Tk3 ebook reader che permette di usufruire oltre al testo anche dei suoni e dei video. Questi software si ispirano per lo più all’immagine che noi abbiamo del libro, offrendo nei loro comandi la possibilità di sfogliare le pagine, di mettere dei segnalibri. Solo poche applicazioni cercano di offrire qualcosa di più – ciò che il libro non può avere – ovvero la possibilità di prendere degli appunti o di interagire con altri lettori.
Hardware: molte persone non sanno che questi libri possono essere letti non solo dai normali computer, anche se portatili, ma da speciali dispositivi. I più noti sono il Notebook e il Tablet PC; si tratta di oggetti di piccole dimensioni, poco pesanti, ma dotati di ampi schermi e di una memoria che può contenere migliaia di e-book (è come avere in un solo “libro” un’intera biblioteca). I limiti di questi dispositivi sono quelli enunciati poco sopra: difficoltà di lettura, scarsa “portabilità”, anche se il mercato offre prodotti sempre più raffinati. Di recente la Sony ha commercializzato LIBRI, un lettore di e-book basato su una tecnologia electronic paper (e-paper), la stessa che in futuro promette l’avvento di display flessibili e arrotolabili. Sì, avete capito proprio bene, in poco tempo avremo sul mercato dei prodotti che potremo utilizzare come dei libri, li potremo piegare e mettere in tasca, li potremo leggere da qualsiasi angolazione. Saranno una sorta di fogli di plastica su cui potremo leggere intere biblioteche.

Link e multimedia

Di fatto gli e-book possono offrire molto altro che non la sola lettura. Fin dagli anni ’80, lo statunitense George Landow sperimentava con i suoi studenti dei software collegati a una rete telematica che permettevano di leggere una moltitudine di testi, di commentarli e di collegarli tra di loro.
Inoltre come abbiamo già visto nel caso del Tk3 ebook reader, i libri elettronici non offrono solo testi ma qualsiasi elemento multimediale.
Possiamo così immaginarci, in un futuro non molto lontano, dei libri da leggere, da ascoltare e da vedere; dei libri collegati alla rete, da cui possono attingere continuamente delle nuove risorse. In questo modo anche la figura del lettore viene profondamente modificata, in quanto diventerebbe un lettore – ma anche un utilizzare di materiale audiovideo – che può commentare quello che legge, magari confrontandosi con altre persone in rete, diventando lui stesso una sorta di autore.

Le risorse sul web

Torniamo ora a quello che possiamo già fare: per chi voglia conoscere più approfonditamente cosa sono gli e-book e dove possa trovarne gratuitamente, consigliamo alcuni siti su internet.
In lingua italiana il più noto è Liber liber (www.liberliber.it) che ha festeggiato da poco i suoi 10 anni di esistenza. Liber Liber  è noto per il progetto di biblioteca telematica accessibile gratuitamente (progetto Manuzio) che raccoglie oramai centinaia di opere non coperte dal diritto d’autore (ovvero il cui autore è morto da più di 70 anni o dove questi diritti non sono richiesti da chi li detiene). Il lavoro è il frutto della collaborazione di centinaia di volontari che si occupano della digitalizzazione dei testi e della loro correzione.
Esistono poi dei siti costruiti per i non vedenti, come quello dell’Istituto Cavazza (www.cavazza.it) che offre 2500 testi coperti dal diritto d’autore che possono essere visionati solo tramite un’iscrizione in cui si danno le prove del proprio deficit. Ancora più vasto è il servizio offerto dalla Fondazione Galiano (www.galiano.it) sempre per i non vedenti.
Per avere, invece, un’idea approfondita di cosa siano gli e-book, è molto interessante la sezione offerta da Alice (www.librialice.it/ebook/ebookhome.htm) dove sono elencate anche varie risorse dove prelevare gratuitamente dei libri elettronici.

Servizi sanitari online

Uno dei bisogni più sentiti dagli utenti di internet, soprattutto quelli anziani e disabili, è la possibilità di avere informazioni sanitarie on line, disponibili 24 ore su 24, aggiornate e facili da reperire. Si comincia a parlare di E-sanità (“sanità elettronica”), intendendo con questo termine non solo la semplice informazione, ma la fornitura di veri e propri servizi. Di fatto, se molti ospedali, assessorati alla Sanità, ASL sono sempre più presenti sul web con siti ricchi di informazioni e aggiornati, le esperienze di servizi veramente “operativi” sulla rete sono ancora pochi. Il più interessante è rappresentato sicuramente dall’esperienza bolognese di CUP2000 (www.cup2000.it).

L’esperienza di CUP2000

CUP2000 è una società costituita nel 1996 – ma operante dal 1993 – da otto soggetti pubblici (Comune e Provincia di Bologna, quattro Aziende Sanitarie dell’area metropolitana bolognese, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Istituti Ortopedici Rizzoli) “allo scopo di migliorare e facilitare l’accesso dei cittadini ai servizi sanitari utilizzando le più moderne tecnologie digitali”.
Il salto di qualità rappresentato da questa società, che lavora oramai in tutta Italia, è il livello dei servizi erogati tramite internet. Tramite Cupweb è possibile prenotare, dietro una preventiva impegnativa del medico (là dove lo si richiede) tutta una serie di visite specialistiche senza dover andare direttamente a uno sportello dell’ASL.
Prendiamo l’esempio di Bologna: tutte le strutture sanitarie locali sono collegate in rete e se noi vogliamo prenotare una visita, ad esempio “Eco capo e collo – tiroide”, basta impostare la ricerca scegliendo la zona (quale area di Bologna o in provincia) e subito appariranno le strutture disponibili. Appaiono delle tabelle che ci danno informazioni sull’indirizzo della struttura, i giorni d’attesa, la tariffa da pagare e la possibilità di prenotare on line. La prenotazione on line è possibile agli utenti che si siano registrati preventivamente. In questo caso tramite un codice personale  (formato da userid e password) è possibile prenotare la visita riportando il numero dell’impegnativa del medico e il giorno in cui è stata fatta.
Cupweb è un potente strumento per informarsi sui luoghi delle visite specialistiche e sui tempi d’attesa, anche per tutte quelle visite specialistiche che non sono attualmente prenotabili on line.
Il sistema è forse un po’ complesso, soprattutto per l’utenza che ha poca dimestichezza con il web, e molto spesso sono proprio gli anziani le persone che hanno più difficoltà a usare le nuove tecnologie. Questo sistema però non si limita al solo web, ma permette la prenotazione tramite i vari sportelli delle ASL e perfino nelle farmacie e nei centri commerciali.
Per i tempi di attesa questo tipo di tecnologia non può essere risolutrice, visto che in alcune prove che abbiamo fatto certe prenotazioni superavano i 100 giorni di attesa (evidentemente qui sono altri i fattori che contano, come la disponibilità delle apparecchiature).
Naturalmente sempre on line è possibile anche disdire e cambiare appuntamento.

Cartelle cliniche on line?

CUP2000 e l’Azienda Ospedaliera S. Orsola-Malpighi di Bologna hanno avviato dal 2003 il primo sistema italiano di gestione e archiviazione elettronica dei dati clinici del paziente.
Questo sistema (come si legge sul sito di riferimento) permette di:

  • consentire al cittadino di ottenere la propria cartella clinica in 48 ore;
  • permettere al personale sanitario di consultare la cartella clinica del paziente in tempo reale, mediante connessione telematica a una rete intranet sicura;
  • semplificare le procedure di gestione della documentazione sanitaria;
  • agevolare le attività di ricerca in campo clinico ed epidemiologico grazie a un’ampia base di dati del percorso clinico dei pazienti.

Attualmente CUP2000 gestisce call center e Cup a Milano, Mantova, Chioggia, Ferrara, Firenze, Napoli e nella regione Liguria, servendo quasi 7 milioni e mezzo di cittadini.

CUP2000 S.p.A.
via Del Borgo di San Pietro 90/c, 40126 Bologna
tel. 051/420.84.11 e fax 051/420.85.11
e-mail: cup2000@cup2000.it

Spesa online: come fare?

Come si fa la spesa dei generi alimentari (e non) attraverso internet? Daremo per scontato alcuni temi che abbiamo trattato precedentemente; non parleremo, tanto per intenderci, dell’utilità per una persona disabile di farsi recapitare a casa propria la spesa acquistata on line, o dei problemi di sicurezza quando si deve pagare tramite la propria carta di credito.

Facciamo un po’ di spesa

I siti che offrono un servizio di spesa on line sono oramai tanti e presentano delle caratteristiche comuni. Innanzitutto un’interfaccia che facilita il navigatore nelle scelte e nei passaggi tipici come il carrello, il recapito, il pagamento… Per poter usufruire del servizio occorre sempre registrarsi nel sito dando le proprie generalità e altri dati. Una volta superato questo passaggio si può accedere direttamente ai prodotti. Se il sito è ben progettato, è come passeggiare nelle corsie di un supermercato (anzi la sensazione è migliore, perché non devi fare lunghe file o frequentare posti affollati), dove ogni tanto ci si ferma per prendere un prodotto. Solo che qui il prodotto lo prendi virtualmente, selezionandolo con il mouse. I prodotti sono di solito descritti interamente (marca, peso…) con annessa un’immagine; una volta scelto, il prodotto finisce in un carrello, il proprio carrello della spesa che viene presentato iconograficamente con l’immagine corrispettiva. Man mano che si selezionano i prodotti, questi si accumulano nel carrello, a cui sono associate alcune funzionalità; ad esempio è possibile avere una lista di quanto si è comprato e da qui, nel caso avessimo qualche ripensamento, possiamo togliere i prodotti che non vogliamo più. In ogni momento possiamo calcolare quanto stiamo spendendo attraverso una funzione di calcolo.

Davanti alla cassa

È il momento di pagare, ma nessun panico, esistono vari modi per farlo e tutti abbastanza semplici. Il più facile è il pagamento alla consegna tramite contanti; oppure si può pagare direttamente on line tramite la propria carta di credito, scrivendo direttamente sul web il proprio numero.
A proposito dei prezzi c’è da segnalare il fatto che molte volte vi sono delle offerte di sconti solo per chi acquista on line (e questo comporta una certa convenienza). In compenso il recapito a casa della merce comporta sempre una spesa aggiuntiva che si aggira sui 5-7 euro. Le norme di recessione valide per legge si applicano anche nel caso della spesa on line, naturalmente.
Per quanto riguarda il trasporto della merce a casa propria, di solito, se si fa la spesa entro le 12, si ha la certezza di avere il tutto nel pomeriggio, in caso contrario la spesa arriva la mattina successiva. Sul web è anche possibile scegliere la fascia oraria in cui si vuole ricevere la spesa, con un lasso di tempo variabile da una a due ore.

Alcuni esempi

Dopo aver descritto dei tipi ideali, facciamo ora una breve carrellata dei principali siti dove è possibile fare della spesa on line. Il servizio a domicilio di Esselunga (www.esselunga.it/) è disponibile solo nelle zone di Bologna, Genova, Milano, Monza e Prato; in questo caso le tariffe di recapito sono di 5,16 euro e 6,20 euro a seconda delle fasce orarie. Io vorrei (www.iovorrei.it) propone invece due modalità di consegna, a domicilio (5 euro) oppure gratis facendosi trovare in punti determinati per caricare la spesa sulla propria macchina (serve solo le zone di Milano e di Torino). Volendo (www.volendo.com) copre quasi tutta la Lombardia e Torino, e la spesa per la consegna a domicilio è solo di 4,90 euro. Infine ricordiamo La Coop Adriatica (www.e-coop.it) dove è possibile fare la spesa senza registrarsi (copre le zone di Milano, Roma, Bologna, Genova) e per i disabili il servizio di consegna è gratuito.

Chiusi in casa?

Come si vede, sono più coperte dal servizio le grandi aree urbane del centro-nord, mentre le zone di provincia e meridionali dispongono raramente di queste possibilità.
A questo punto rimane una domanda da porci: è meglio fare la spesa standosene a casa, risparmiando tempo e fatica, oppure andarci di persona, per vedere meglio i prodotti o magari per chiacchierare con qualcuno? A voi la risposta.

Biglietti online per viaggiare

Ritorniamo a parlare di biglietti on line, questa volta non per passare una serata ascoltando musica o assistendo a un avvenimento sportivo, ma per viaggiare, per vacanza o per affari. Anche per questa

evenienza risultano subito chiari i vantaggi offerti da internet: è possibile informarsi direttamente da casa propria (dal proprio terminale) risparmiando tempo e denaro per lo spostamento ed evitando possibili barriere architettoniche; inoltre si ha una pluralità di informazioni riguardanti gli orari, i percorsi, i prezzi, permettendo così un’organizzazione personale completa (e che non sempre è possibile ottenere, ad esempio, se si incontra un bigliettaio poco simpatico o sbrigativo); si possono confrontare offerte commerciali diverse, avendo la possibilità di scegliere; se oltre a viaggiare si vuole qualcosa di più, con pochi colpi di mouse è possibile avere tutte le informazioni turistiche che si desiderano sul luogo che si deve raggiungere (e il tutto sempre da casa propria!).
Certo ci sono anche degli inconvenienti; ad esempio se si incontrano siti web che confondono i navigatori o che, peggio ancora, hanno informazioni vecchie o errate. Per esperienza personale (io utilizzo sempre internet quando devo viaggiare, visitare un museo, andare in vacanza…) si corre più il primo pericolo (ovvero di perdersi in un sito mal progettato) piuttosto che il secondo, dato che oramai una sensibilità collaudata verso il web, motivata da un robusto interesse economico, fanno sì che gli aggiornamenti siano frequenti.

Via con il treno

Cominciamo con Trenitalia (www.trenitalia.com), il sito ufficiale della società di trasporto delle Ferrovie dello Stato, il giusto punto di partenza se si vuole viaggiare in treno o se si vuole consultare semplicemente l’orario ferroviario. Intanto da notare, nella barra di navigazione orizzontale in alto, il link che porta alla pagina “Servizi per disabili”. Qui è possibile reperire l’elenco dei Centri assistenza disabili (196 in tutto) dislocati nelle varie stazioni; si danno informazioni inoltre sulle agevolazioni tariffarie, su come viaggiare in carrozzina e sulla consegna dei biglietti a domicilio (a pagamento e solo per alcune stazioni).
Nella prima colonna a sinistra del sito è invece possibile cercare il treno che si desidera, mettendo la stazione di partenza, quella d’arrivo e l’orario indicativo (di partenza). Le schermate successive descrivono dettagliatamente i vari treni finché, una volta scelto quello adatto, si può acquistare direttamente il biglietto cliccando sull’icona che raffigura un carrello della spesa su sfondo rosso (questa immagine è diventata una convenzione per ogni tipo di biglietto on line). Per acquistarlo on line però occorre registrarsi prima (lo si fa direttamente in home page).
Scelti a questo punto la classe e il numero di posti, si prosegue andando in fondo alla pagina e cliccando sull’icona violetta sottotitolata avanti (non molto visibile però dato che sta in fondo). Ora si può acquistare il biglietto tramite una carta di credito.

Meglio volare?

Prendiamo come esempio il sito dell’Alitalia (www.alitalia.it). Cominciamo con la scelta del volo, per poi passare alle modalità di acquisto on line.
Nella colonna centrale del sito è possibile scegliere l’aeroporto di partenza e quello di arrivo, dando anche le indicazioni sulla data, l’orario, la classe, il numero dei posti. La scelta è facilitata da un accorgimento grafico: una barra orizzontale posta in alto nello schermo che si colora di scuro ogni volta che si è effettuato un passaggio verso l’acquisto del biglietto. I passaggi sono sei: cerca volo, scegli volo, dettaglio biglietto, dati passeggero, acquista, ricevuta. Per l’acquisto del biglietto da casa sono possibili due modi; o telefonando al call center o tramite il web pagandolo con una carta di credito (in questo caso non occorre registrarsi). Alitalia offre la possibilità dell’acquisto del biglietto elettronico (sempre tramite internet); in questo caso non occorre farselo recapitare a casa, ma bisogna, al momento dell’imbarco, recarsi a un videoterminale dell’aeroporto per “accreditarselo”. Se vi siano delle barriere architettoniche per accedere a questi terminali, questo non è possibile saperlo. Nel caso il servizio sia scadente, nella colonna a sinistra dell’home page potete accedere alla pagina “Reclami” cliccando sul link “Assistenza ai clienti”.
Infine ricordiamo un nuova modalità di acquisto dei biglietti, il ticketless travel (viaggio senza biglietto). Si tratta di un nuovo sistema utilizzato sui voli economici di alcune compagnie aeree che consente di acquistare i biglietti per telefono, tramite internet con carta di credito o tramite agenzia, e di imbarcarsi presentando semplicemente un documento d’identità con fotografia.

Ma le persone disabili usano Internet

Domanda difficile, non esistono dati certi; l’ISTAT ci dice che, anche se l’uso del computer, e l’utilizzo di internet, è diventata una pratica abituale per milioni di italiani, questo non è avvenuto per i disabili. Si legge nel Libro Bianco dell’attuale Governo, intitolato “Tecnologie per la disabilità”: “Non esistono statistiche ufficiali, ma la percezione è che questo numero sia molto basso. In Italia sarebbero solo qualche migliaio”.
Da altri indicatori (come la ridottissima percentuale di disabili che non utilizzano la televisione) risulta esserci al contrario una forte domanda di strumenti di informazione.

Del resto non tutte le stime coincidono. Secondo un’altra fonte (Nielsen), il 20% dei disabili italiani (che sono stimati, ricordiamo in poco meno di 3 milioni di persone), naviga su internet, questo vuol dire che stiamo parlando di circa 530 mila persone.

La Pubblica Amministrazione

Fino a pochi anni fa si parlava di reti civiche, oggi si parla di città digitali; che cosa sono? In modo molto sintetico e pragmatico potremmo dire che le città digitali sono le infrastrutture (hardware e software) che permettono tutta una serie di azioni, per via telematica, all’interno di una comunità (cittadina). Una buona città digitale dovrebbe essere cablata in modo completo, offrire postazioni pubbliche di accesso a internet gratis (hardware) e dotarsi di software che permettano delle transazioni sicure e semplici da eseguire.
Una definizione così non soddisfa però nemmeno chi l’ha scritta, perché tralascia l’idea forte che sta dietro alle città digitali, ovvero la partecipazione diretta del cittadino. Con le nuove tecnologie dell’informazione, noi cittadini possiamo prendere parte alla gestione della cosa pubblica (comunale); la vecchia idea della democrazia diretta (non in alternativa ma parallelamente alla democrazia rappresentativa) riprende consistenza.

L’8° rapporto delle città digitali in Italia

E’ stato presentato recentemente l’“8° rapporto delle città digitali” (a cura del RUR, Rete Urbana delle Rappresentanze) che, analizzando i siti istituzionali dell’amministrazione pubblica, in base a determinati aspetti, stila una classifica dei Comuni, Province e Regioni italiane.
Dalle ricerca risulta che 19 regioni su 20 aggiornano settimanalmente il proprio sito, mentre più dell’80% delle province e dei comuni lo aggiornano mensilmente. Per quanto riguarda l’e-democracy, cioè la democrazia elettronica che dovrebbe permettere una partecipazione diretta del cittadino, mentre nel 70% dei siti provinciali e comunali è possibile scrivere tramite e-mail agli amministratori (il minimo della decenza direi), nella maggior parte dei casi l’interazione con gli amministratori “su questioni specifiche all’interno di processi decisionali” è praticamente nulla (1 regione su 20, in nessuna provincia, nel 2,9% dei comuni capoluogo). Ma anche nel caso dei forum con amministratori riguardanti questioni di interesse generale, le percentuali sono irrisorie.
Recentemente ha fatto notizia invece il forum delle rete civica di Bolzano che, mettendo on line il suo piano di sviluppo della società dell’informazione (denominato eSuedtirol 2004-08), ha dato anche la possibilità ai cittadini di commentare tutti i capitoli del piano.
Ma a livello nazionale i dati confermano i commenti di Arturo Di Corinto, psicologo ed esperto di new media, che afferma: “[Le reti civiche] perdono il carattere di collettore delle spinte comunicative delle comunità cui avevano dato impulso e si trasformano in strutture di servizio per giunte e gabinetti comunali e diventano uno strumento per presentare alla cittadinanza brochure telematiche delle iniziative turistico-culturali delle amministrazioni locali. O per offrire al cittadino servizi di telesportello onde alleggerire incombenze burocratiche e altre pratiche d’ufficio”.

Servizio one way o two way? Meglio transazionale

Magari i servizi di telesportello fossero completi, la realtà è ben diversa. Se prendiamo il sistema di classificazione dei servizi per livello di interattività, ne abbiamo di tre tipi: one way, ovvero si possono scaricare i moduli da compilare per avviare la procedura; two way, è possibile avviare on line la procedura che porta all’erogazione del servizio; transazionale, il servizio viene erogato completamente on line (compreso quindi l’eventuale pagamento e la notifica/consegna). Bene, se delle percentuali consistenti di regioni, province e comuni capoluogo offrono servizi in modalità one way, basse sono invece le percentuali che riguardano i servizi two way, ancora più bassi percentualmente i servizi transazionali.
Per quanto riguarda l’accessibilità, la maggioranza dei siti istituzionali non si pongono questo problema come se non avessero utenti disabili o in condizione di difficoltà. Per dovere di cronaca riportiamo la classifica finale che vede in testa la regione Emilia-Romagna, seguita da Lombardia, Piemonte e Toscana (anche se in quest’ultimo caso, Ferry Byte, un noto esperto di accessibilità, ha denunciato come “falso storico” il riconoscimento dato al sito del comune di Firenze, che accessibile proprio non è).

Un’indagine sulle PA on line

Che servizi offrono realmente al cittadino (disabile e non) i siti delle amministrazioni pubbliche (comuni, province, regioni…) e cosa il cittadino vorrebbe e che invece, per ora, non ha?
Una recente indagine (maggio 2004) condotta dalla Nielsen/NetRatings, che ha contattato 2.000 famiglie e 4.700 individui, ha fornito un quadro abbastanza preciso sull’utilizzo, sul grado di soddisfazione e sulle mancanze che i cittadini italiani esprimono a riguardo. I siti delle PA vengono utilizzati soprattutto per la ricerca di informazioni, per scaricare dei moduli, e sono meno utilizzati (non certo per minor necessità ma sicuramente per mancanza di offerta) per i servizi più evoluti quali il rinvio di moduli compilati, il pagamento di tasse o bollettini, la richiesta e il rilascio di documenti personali. D’altra parte alla domanda su quali servizi si vorrebbero trovare on line e che attualmente non esistono, i più richiesti sono, nell’ordine, il rilascio di documenti personali, la ricerca di lavoro, i servizi sanitari on line.
Per quanto riguarda i motivi di insoddisfazione, gli utenti si lamentano soprattutto per la difficoltà di collegamento al sito, la difficoltà nel trovare le informazioni, la genericità delle informazioni che si trovano, la mancanza di numeri verdi per l’assistenza. Questi motivi di insoddisfazione vanno per lo più nella medesima direzione: una maggiore interattività e la possibilità di ottenere dei servizi reali tramite il web.

PA aperta 2004

Il Premio PAaperta vuole sensibilizzare le pubbliche amministrazioni sui temi della disabilità e nei confronti delle fasce “deboli” della popolazione.
All’edizione di quest’anno, come recita il comunicato presente sul sito dell’evento, “Hanno risposto molte amministrazioni”. A chiusura del bando sono pervenuti 121 progetti. In testa i comuni, seguiti da università, province, regioni e camere di commercio, equamente distribuiti tra nord, centro e sud, segno di una attenzione crescente e diffusa in tutte le pubbliche amministrazioni. Il 35% dei progetti pervenuti riguarda l’accessibilità delle strutture e dei servizi della PA, il 32% l’accessibilità dei siti, il 20% azioni di alfabetizzazione e un incoraggiante 13% azioni per l’accessibilità al mondo del lavoro”.
Il premio si divide in 4 sezioni e a noi interessa quella relativa a “Azioni per l’accessibilità dei siti e dei servizi on line della PA”. Questa sezione ha visto come vincitori il comune di Venezia con il progetto “PONTI sui CANALI del Digital Divide” (www.egov.comune.venezia.it), il comune di Pisa con il CiTel, uno sportello telematico per l’erogazione di servizi ai cittadini e alle imprese su più canali d’accesso, sia fisici che virtuali, snellendo code e procedure (www.portalepisa.it) e il comune di Torino con il Cid (www.provincia.torino.it/cid), il Centro Informazione Disabilità nato con l’obiettivo di superare le barriere di accesso all’informazione, raccogliendo, elaborando e distribuendo informazioni sulla disabilità.

Cosa fanno i soggetti disabili nel web

Recentemente è stata pubblicata una ricerca in Inghilterra che cerca di dare una risposta a queste domande: come usano internet i disabili? Quali sono le difficoltà che incontrano? Di quali aiuti hanno bisogno per superarle?
I risultati di questo studio, promosso dalla Joseph Rowntree Foundation – una delle maggiori associazioni inglesi attive nella ricerca in campo sociale e politico – possono essere indicativi anche per la situazione italiana, con gli opportuni aggiustamenti. Infatti, la cultura tecnologica media in Inghilterra è sicuramente superiore alla nostra e così anche l’uso dei computer e di internet è più diffuso. Logicamente c’è da aspettarsi la medesima differenza anche per quanto riguarda la percentuale dei disabili italiani che usano internet e le modalità di utilizzo.

Gli utenti disabili? Pochi ma entusiasti

La ricerca si divide in tre parti; nella prima si fa una rassegna di quanto pubblicato sul tema. Dalle fonti disponibili risulta che i disabili usano percentualmente meno internet rispetto ai normodotati (il 17% contro il 25% in Inghilterra nel 2000). Questo ha a che fare naturalmente con l’età; le persone sopra i 65 anni hanno meno dimestichezza con le nuove tecnologie e molte persone disabili appartengono a questa fascia di età.
D’altro canto fra i disabili l’entusiasmo per le opportunità offerte da internet è notevolmente maggiore; secondo una ricerca americana del 2001 il 45% dei disabili che si connettono dicono che internet migliora notevolmente la qualità della loro vita, contro il 27% dei normodotati.
Da tutte le ricerche emerge anche un altro dato: un forte fattore che limita l’uso delle nuove tecnologie è dato dalla difficoltà che molti disabili incontrano nell’usare  l’hardware e il software necessario per connettersi e dai costi economici che comporta il loro superamento.

Come potrebbero essere utili i siti della pubblica amministrazione!

La seconda parte della ricerca  consiste in un sondaggio a cui sono stati sottoposti gli utenti (508 in tutto) di una linea telefonica (AbilityNet’s free telephone) di assistenza sui temi delle nuove tecnologie di comunicazione rivolta ai disabili.
Le risposte confermano i risultati delle ricerche precedenti, ma aggiungono anche nuovi elementi. Ad esempio internet viene usato per scopi privati più che per esigenze lavorative e ci si connette soprattutto da casa propria data l’inaccessibilità di molti internet caffé.
Quale uso fanno poi della rete le persone disabili? Ecco quello che emerge: l’86% usa la posta elettronica, il 71% cerca informazioni su beni e servizi, il 62% naviga semplicemente con il browser senza uno scopo preciso, il 40% compra o ordina biglietti/beni/servizi, il 36% utilizza o semplicemente accede ai siti istituzionali (Comune, Regione, Inps…). Questo uso è del tutto simile a quello dell’utenza normodotata, a eccezione per l’attenzione dimostrata verso i siti istituzionali (evidentemente questo denota una certa “fame” di notizie offerte dai servizi pubblici a loro indirizzati).

Le nuove barriere tecnologiche

Un discorso a parte meritano le barriere e le difficoltà che si incontrano quando si decide di andare on line. Intanto manca la formazione, e chi vuole imparare a navigare o diventa autodidatta oppure ha la fortuna di avere un amico informatico; per tutti gli altri rimane la strada dei corsi di formazione che non sono dislocati su tutto il territorio inglese e presentano barriere di vario tipo.
Chi arriva su internet non ha certo risolto tutti i suoi problemi. I 2/3 dei disabili hanno bisogno di un ausilio come gli screen reader, la tastiera o il mouse adattato… ma sono difficili da trovare, occorre una formazione (che spesso manca) per usarli e infine costano molto. Del resto i disabili che non usano internet sono scoraggiati proprio da questo tipo di difficoltà e dai costi che dovrebbero sostenere per superarli.

Off oppure on  line? Meglio tutti e due

Quindi, volendo tirare delle conclusioni, internet quando c’è, è davvero utile per un disabile.
Il governo inglese, da parte sua, vuole rendere fruibili on line tutti i servizi e le transazioni di pubblico interesse entro il 2005 con l’accortezza di mantenere però anche le tradizionali forme di fornitura di servizi.
La ricerca si conclude con alcune raccomandazioni che potrebbero essere riprese anche per il nostro Paese: l’importanza dell’alfabetizzazione informatica coinvolgendo anche le associazioni e i gruppi sensibili; la riduzione dei costi delle tecnologie assistive (gli ausili); la collaborazione tra i produttori delle tecnologie assistive e i diretti interessati.