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Lettere al direttore – Risponde Claudio Imprudente

Salve,
sono Agnese Fantin, insegnante di una classe seconda in una scuola primaria nella provincia di Treviso.
Le scrivo per farLe i miei complimenti per il suo libro Il principe del lago.
È strano come io sia giunta a leggere questa favola: non ho acquistato il libro, l’ho trovato per caso nella biblioteca della scuola in cui lavoro. E questo è ancora più strano se penso che nella scuola, essendo privata, non vengono mai iscritti (e penso non verrebbe comunque accettata l’iscrizione) bambini diversamente abili.
È senza dubbio una grave mancanza questa: la scuola di per sé funziona benissimo, le insegnanti sono giovani e motivate, ma si sente molto la mancata presenza di bambini diversabili.
Penso proprio che promuoverò un’attività di lettura nella mia classe del suo libro, nel secondo quadrimestre.
Ancora complimenti e buon lavoro!
Agnese.

Che bello cara!
Tu hai centrato il nocciolo della questione. Credo che una scuola senza diversabilità sia come una pasta al pomodoro senza pomodoro, come il vestito di Arlecchino senza colori, come la birra senza alcool, come una partita di calcio senza il pallone, come parlare senza comunicare. Credo si sottovaluti con troppa semplicità che vivere e frequentare le diversità sin da piccoli sia un’esperienza di crescita fondamentale. Pochi mesi fa un’insegnante mi parlava di quanto si fosse rivelata interessante la presenza in classe di tanti alunni stranieri. Non facile da gestire, inizialmente, per ragioni che si possono facilmente immaginare, a partire dalla difficoltà nel parlare l’italiano, ma capace in breve tempo di arricchire tutti, di fornire occasioni per ragionare su argomenti inaspettati, approfondire alcune materie in modo particolare e più coinvolgente.
Vedi, cara Agnese, non c’è altra possibilità che affrontare la diversità da questo punto di vista, non come problema che richieda l’ennesimo intervento di uno specialista, ma come elemento che contribuisca in modo determinante a creare un clima culturale e “strutturale” nuovo, come dice Andrea Canevaro. E l’incontro con la diversità non può essere solo raccontato, ma deve avvenire in modo non mediato, deve essere una conoscenza e un’esperienza diretta. Per questo non è pensabile una scuola priva della presenza di abilità diverse. Non posso che augurarmi che un giorno la scuola in cui lavori si liberi di questo limite evidente e che sappia fare dell’accoglienza una caratteristica forte della sua identità.
Tu tieni duro, e vedrai che il “clima” cambierà.
Buon meteo a tutti!

Ciao Claudio, mi chiamo Mena sono sposata con Antonio da 23 anni, ha la sclerosi multipla da circa 12 anni, nell’ultimo anno è visibilmente peggiorato. Spesso mi sono imbattuta nei tuoi articoli su “Il messaggero di S. Antonio” e ora stavo navigando in internet, sulle pagine di Superabile e ti ritrovo. Mi piace quello che scrivi, la tua autoironia, il dire le cose senza peli sulla lingua.
Leggi, aiuti, volontariati…: ma dove sono per chi resta in città, in questa torrida estate. Ho fatto la domanda di assistenza integrata per mio marito Antonio, noi non abbiamo figli, io ho 43 anni, lui 47. Fino allo scorso anno l’ho sempre accudito da sola, ma ora che è peggiorato?
Abitiamo a Barra, provincia di Napoli, e come dicevo ho presentato domanda di assistenza il 29 maggio. Dopo vari tentativi di farmi desistere, l’impiegata assistente sociale finalmente ha accettato la domanda. “Avete l’assegno di accompagnamento, mettete qualcuno privato”; “già” ho risposto “se metto qualcuno non bastano 450 euro, ci vuole di più e poi per come sta messa l’assistenza sanitaria, come le pago le tante medicine a pagamento o le visite specialistiche private, di cui dobbiamo usufruire, visto che a volte i tempi di attesa sono lunghi per le visite ASL?”. Non si sono ancora fatti vivi quelli del servizio sociale, tanti BLA BLA BLA per le persone diversamente abili, tante leggi sui diritti, agevolazioni, tanto che se sei un normodotato ti viene il desiderio di essere disabile. Scusa, se ti ho scritto cose che già sai, ma cerco un orecchio che sappia ascoltare e capisca quello che significa. Ti saluto a presto
Mena Buonomo da Napoli.

“L’estate sta finendo e un anno se ne va…” cantavano i Righeira negli Anni ’80.
Quando ascolto questa canzone mi viene una tristezza abissale… È proprio vero che ogni anno l’estate finisce e si chiudono gli ombrelloni.
Il problema però è quando per qualcuno gli ombrelloni non si aprono neanche.
Mi chiedo sempre cosa si faccia in città durante l’estate, quando la maggior parte delle persone se ne va in vacanza e si rimane in quattro gatti. (Ma perché i gatti sono sempre quattro? Mah!).
A dir la verità qualche anno fa mi è capitato di trovarmi in città il 16 agosto.
Oltre al caldo torrido avevo bisogno di andare in bagno.
Ho cominciato quindi a cercarne uno.
Il primo bar… chiuso per ferie.
Il secondo… chiuso per lutto.
La pipì aumenta.
Passiamo ai ristoranti: il primo chiuso per ferie.
Il secondo in ristrutturazione.
La pipì aumenta. Panico!
Vedo un bel portone, proviamo a suonare.
Interno 1: non risponde.
Interno 2: non risponde.
Interno 3: … mi aprono!
Finalmente un bell’atrio dove emulare Benigni nel Piccolo Diavolo… ovviamente con l’ausilio di un bicchiere.
Dove voglio arrivare con questa storia?
Se ci pensi non è tanto diversa da ciò che è capitato anche a te e a tuo marito.
Già i servizi sono limitati, in estate poi sono praticamente assenti.
Se poi ci proiettiamo un po’ nel futuro, la probabilità di ricevere qualche servizio in più diminuisce drasticamente: basta solo pensare alle politiche sociali degli ultimi governi.
Cosa fare allora?
Protestare per richiedere i servizi dovuti?
Lottare per ottenere qualche garanzia in più?
Rivendicare ciò che dovremmo avere per legge?
Sì, indubbiamente è necessario far valere i nostri diritti e ottenere i servizi che ci spettano. Però non basta. È indispensabile anche proporre un’azione concreta coinvolgendo i privati nella creazione di una rete che sopperisca alle mancanze presenti, senza però sostituirsi a chi deve garantire questi servizi ma supportando le situazioni di disagio come la tua.
Il mio augurio per la prossima estate non è solo quello di trovare dei bar aperti… di aperto ti auguro anche di trovare un ombrellone.
Aloa!

 




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