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Climi di classe e accoglienza

Le ragioni storiche dell’attenzione alla tematica dell’accoglienza
L’accoglienza è una delle componenti del clima che si sviluppa in classe e nella scuola nel suo complesso.

 

Non solo, l’accoglienza è un’area di qualità possibile, elemento di analisi complessiva della capacità di costruire relazioni rispettose fra tutti i protagonisti della vita a scuola. E’ un tema che ci tocca in prima persona, ciascuno di noi ha sperimentato nel corso della propria esperienza situazioni in cui l’essere accolto o l’accogliere l’altro hanno avuto una forte rilevanza. Dal punto di vista educativo l’accoglienza rappresenta un tema largamente affrontato; scopo di questo contributo non è, allora, quello di dire cose nuove, piuttosto quello di recuperare le varie dimensioni che entrano in gioco nell’incontro con gli altri, siano essi adulti o bambini, sottolineandone le connessioni con la vita di classe. L’accoglienza diventa elemento chiave nel momento in cui ci si pone il problema della dispersione scolastica e, prima ancora della dispersione, del cosiddetto disagio. Una problematica che ha forti connotazioni come dato trasversale a tutte le classi sociali. La radice profonda va rintracciata nel tentativo di trovare soluzioni al “ mal di scuola”. L’accoglienza nella storia dell’umanità sta ad indicare l’uscita dell’uomo dall’isolamento e dall’individualismo. Nasce nel momento dell’incontro con l’altro, un altro che, se non è più solo un nemico da combattere, può diventare persona da conoscere. Quando l’incontro con l’altro si sottrae all’occasionalità ed entra nella sfera del previsto e voluto allora inizia la ricerca delle condizioni di agio. Nasce in quel momento il concetto di ospitalità da rivolgere all’altro anche se diverso. L’incontro con l’altro reca sempre con sé preoccupazioni e tensione emotiva per questo si dice spesso che l’accoglienza deve in qualche modo ridurre le tensioni. Se si riduce, però, solo a questo, si finisce con l’impoverirne il significato più profondo.

 

Perché l’accoglienza a scuola?
Nei contesti scolastici ed educativi l’accoglienza nasce con l’intento di presidiare alcune aree:

• rimuovere o ridurre il disorientamento iniziale che accompagna l’ingresso in situazioni nuove (persone, luoghi, strutture), favorendo un dominio sull’ambiente inteso in senso lato
• dare la percezione all’altro di essere atteso, che qualcuno si occupi di noi
• facilitare il passaggio, mettere il soggetto in condizione di ambientarsi e di orientarsi, di entrare in relazione
• soddisfare il bisogno di appartenenza. Il senso di appartenenza è fattore di gratificazione e di produttività, come afferma G. Chiari, nei primi giorni di scuola nasce o si rafforza il senso di identità scolastica che ha una forte incidenza sul clima di classe
• sviluppare competenze, tentare delle piste. Competenza vuole dire mettere la persona in grado di potere affrontare consapevolmente e responsabilmente la nuova esperienza, in altri termini significa accompagnare la transizione facilitando l’esperienza di cambiamento.

Arrivare e partire tra speranze e paure
La dimensione emotiva sottostante all’accoglienza accomuna sia gli insegnanti che gli allievi. Nel groviglio emozionale è possibile aggregare tre diverse tipologie di speranza e paure:
• la sensazione di smarrimento e confusione. E’ il disorientamento che si prova in un ambiente nuovo ma anche il desiderio di tracciare confini ristretti per sentirsi meno esposti; arrivare a poter distinguere in termini spaziali le aree del territorio conosciuto da quello sconosciuto
• le speranze e paure nei confronti dell’autorità…Qualsiasi nuovo rapporto tende a fare sorgere speranze e paure e tali sentimenti coesistono nella nostra mente; meno sappiamo riguardo ad una persona più siamo liberi di investirla di qualità eccessivamente positive o negative. Tali fenomeni sono prevalenti soprattutto all’inizio, prima di avere potuto confrontare tali immagini con la realtà e riguardano soprattutto chi in un determinato ambiente riveste un ruolo di autorità
• le speranze e paure in relazione agli altri membri del gruppo. Spesso i membri di un gruppo cercano la vicinanza, ma perché questa si possa realizzare, è necessario che ci si senta fiduciosi di incontrare una reazione altrettanto positiva.

L’essere accolti è sempre un momento più o meno ritualizzato, per marcare l’aggregazione, il congiungimento ad un gruppo o ad una comunità. L’esperienza maturata nei vari ordini di scuola, accompagnata dallo sviluppo delle conoscenze sulla prima socialità nei bambini, hanno introdotto metodiche e stili di intervento mirati a fare dell’inserimento una fase il più possibile rispettosa delle caratteristiche e delle storie dei bambini. Una buona accoglienza può avere modi e stili diversi, che rispecchiano le caratteristiche del servizio; è comunque indispensabile che sia “pensata” cioè oggetto di una attenta e puntuale progettazione da parte del gruppo degli insegnanti. Per questo si dice che, dopo i momenti iniziali, in cui si dà spazio alla scoperta e conoscenza degli spazi, persone e possibilità, è opportuno che quello che in molti casi si presenta come un pacchetto standard possa diventare un progetto personalizzato, collegandosi con le attività quotidiane ed introducendo alcuni strumenti che permettono agli insegnanti di monitorare il processo. Il tema dell’accoglienza porta con sé anche un altro tema che spesso rimane in ombra ma che in realtà ha molte ripercussioni: il congedo. Quando finisce un ciclo inevitabilmente si ripresentano tutta una serie di problematiche legate più o meno esplicitamente alla separazione: istanze di valutazione, sentimento di abbandono, pienezza per ciò che si è vissuto e realizzato. Nel momento del congedo entrano in gioco tutta la costellazione delle relazioni: del bambino con le maestre, delle maestre con il bambino, degli insegnanti con la famiglia, è una di quelle situazioni in cui si sovrappongono i sistemi relazionali. Per questo la presenza di riti di passaggio appare fondamentale. I riti di passaggio possono essere ad un livello più ampio che si connette con le pratiche di continuità nelle diverse possibili articolazioni (momenti di raccordo/continuità nei metodi e nei progetti/evidenziazione dei punti di contatto e delle rispettive specificità/ costruzione di un lessico comune) o situarsi al livello della quotidianità (momenti di gruppo in cui si fa il punto di quanto fatto, di cosa si farà domani, come ci si prepara a casa per il giorno dopo…). E’ un modo per allenarsi a prefigurare l’immaginario dell’avvenire di cui l’esperienza di insegnamento ed apprendimento ha bisogno.

Dalla conoscenza reciproca alle competenze
Uno dei maggiori rischi che si corre ogni volta che si parla di accoglienza e climi di classe è quello di operare una contrapposizione tra la dimensione socio-affettiva quella organizzativo-gestionale e quella metodologico-didattica, oppure nei casi migliori, di privilegiarne una a scapito delle altre. Si tratta di ambiti che se vengono isolati gli uni dagli altri finiscono par darci una visione parziale della realtà scolastica. Tenerli insieme, d’altro canto, richiede un accurato lavoro preliminare di chiarificazione sugli obiettivi di ogni attività. La socializzazione con una organizzazione complessa come è la scuola, richiede l’assunzione di un ruolo, di responsabilità specifiche che non si acquisiscono una volta per tutte e che è importante non contrapporre alle competenze informali con cui ogni bambino o bambina, ragazzo o ragazza porta con sé nelle aule scolastiche. L’identità competente richiama l’idea di riconoscere e fornire titolarità alla conoscenza individuale nel lavoro scolastico. Il lavoro sull’identità prevede che si realizzi un contesto ricevente. Nel gruppo classe questo si traduce in una ricerca di conoscenza e valorizzazione reciproca. Le diverse età degli allievi vedono poi articolarsi attività che vanno dalla ricognizione dei “so fare”, “non so fare”, “so fare se”, al “come imparo” e “imparo se”, alla individuazione degli hobby e specialità, ricerca sui punti forti e deboli, per delineare strategie di apprendimento efficaci.

Strumenti e attività pensati per valorizzare l’identità personale: – giochi cooperativi (mi piace, so fare, come faccio a…, cartellone/diario della propria storia/zaino ( fotografie, immagini, oggetti…) – materiali mediatori – attenzione alla comunicazione non verbale – giochi per favorire l’ampliamento del lessico (facciamo la spesa, dove sei?, dov’è l’oggetto, cosa c’è nel sacco).

Strumenti che hanno l’obiettivo di favorire un avvicinamento delle famiglie: – visite al servizio – materiali informativi – assemblee generali – iniziative particolari (feste, serate a tema, momenti di confronto con esperti…) – coinvolgimento nel racconto di riti e comportamenti particolari – colloqui.

Strumenti di documentazione – raccolta dati – osservazione, diario di bordo, incidenti critici per registrare comportamenti comunicativi, interessi, abilità, relazioni privilegiate.

Strumenti pensati per favorire la continuità: – scambi di alunni – visite alla scuola – conoscenza delle norme della comunità (socializzazione di regole)

Riferimenti bibliografici
P. Boscolo, Psicologia dell’apprendimento scolastico,Torino, UTET, 1997 I. Salzberger-Wittenberg, G. Williams Polacco, E. Osborne, L’esperienza emotiva nei processi di insegnamento e di apprendimento, Liguori editore, 1987 G. Chiari, Climi di classe e apprendimento, Milano, Franco Angeli, 1994 L. Lumbelli, Psicologia dell’educazione. Comunicare a scuola, Bologna, Il mulino, 1982 C. Petracca, Valutazione della scuola, Brescia, Editrice La Scuola, 1996 M. Maselli, P. Sandri ( a cura), Progredisco, Bologna, Provveditorato agli studi di Bologna, Dipartimento di Scienze dell’Educazione S. Mantovani, S. Andreoli, I. Cambi, G. Di Pasquale, M. Maselli, T. Monini (a cura di), Bambini e adulti insieme un itinerario di formazione, Bergamo, Edizioni Junior, 1999 V. Severi, Insegnamento e apprendimento in difficoltà, Torino, UTET,1995

Registro di classe
Se lo sviluppo dell’intelligenza in tenera età ha assoluto bisogno dell’affetto, in età adolescenziale ha fame morbosa di complicità. Poter contare su una figura che incoraggi l’espressione di sé senza remore e senza moralismi, proprio nel momento di passaggio fondamentale della vita, quando un ragazzo o una ragazza prendono coscienza della loro peculiarità, e spesso delle diversità, regala un’energia e un’armonia con l’esistenza che agevola qualsiasi processo di comprensione dell’ambiente circostante. Non è un caso che, nella storia di ognuno, c’è sempre uno zio un po’ eccentrico, o un professore atipico che ha segnato il nostro modo di pensare, ha saputo riconoscere il nostro bisogno di esprimerci, e ha incoraggiato le nostre passioni, le uniche vere spinte a conoscere. (S. Onofri, Registro di classe,Torino, Einaudi, 2000)

Solo se interrogato
Un giovane docente entra per la prima volta in una classe con la memoria svuotata dalla paura. Chiude la porta ed è solo. E’ abbastanza giovane per ricordare nitidamente tutto quello che sta passando per le teste dei ragazzi che ha davanti, e prova fastidio. E’ abbastanza giovane per avere un solo pensiero ansioso: non commettere errori che azzerino le distanze sottolineando la sua gioventù, la sua ignoranza. E’ abbastanza sprovveduto da preoccuparsi soprattutto dei riti burocratici: firmare il registro di classe, scrivere l’argomento delle lezioni sul diario di classe, annotare gli assenti, chiedere le giustificazioni, non commettere errori di ortografia per l’angoscia, non fare cancellature; e intanto evitare che la classe rumoreggi al punto da segnalare al corridoio, al bidello, ai colleghi, al preside, che lui è esattamente come in quel momento si sente: un buono a nulla.
(D. Starnone, Solo se interrogato, Milano, Feltrinelli,1998)




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