Il Teatro Oltre il Silenzio: le avventure di un Pinocchio accessibile
- Autore: Lucia Cominoli
Si può raccontare a teatro una favola accessibile a tutti i bambini, anche a quelli con problemi sensoriali? L’Associazione romana Li.Fra, nata nel 2009 dall’incontro tra diverse personalità appartenenti al mondo dello spettacolo e del sociale, ha risposto a questa domanda dando il via al progetto “Teatro Oltre il Silenzio”, che, in collaborazione con l’Associazione di Viterbo CulturAbile Onlus, ha utilizzato le tecniche di LIS (Lingua Italiana dei Segni), Respeaking (sottotitolazione in tempo reale), Audiocommento e Sovratitolazione, per portare a teatro la storia di Pinocchio. Le avventure del piccolo burattino di fronte a un pubblico integrato di bambini normodotati, non udenti e non vendenti.
Una ricerca inclusiva sperimentale, in Italia unica nel suo genere, su cui abbiamo intervistato Lisa Girelli, presidente di Li.Fra e Saveria Arma, presidente di CulturAbile.
Come ha preso avvio il percorso di Teatro Oltre il Silenzio?
LISA GIRELLI: L’origine di Teatro Oltre il Silenzio è stata quasi casuale perché nata da un’informale chiacchierata con un amico, Marco, anche lui teatrante e divenuto sordo a causa di un incidente, durante la quale si lamentava con me del fatto di non poter più accedere, con la stessa frequenza e qualità, alla maggior parte dei prodotti culturali in circolazione nel nostro paese, sia che si trattasse di film o di spettatoli teatrali. Io e gli altri attori che ora fanno parte di Teatro Oltre il Silenzio eravamo già una compagnia con un proprio circuito e così a Marco è sembrato subito naturale lanciarci una sfida, quella cioè di provare a rendere i nostri spettacoli accessibili a tutti, con una particolare attenzione alle persone affette da sordità e cecità. Da lì è iniziata anche la sfida di Li.Fra e la collaborazione con strutture sanitarie, associazioni di volontariato e enti pubblici che ci ha permesso di sperimentare e produrre una serie di spettacoli inizialmente rivolti ad adulti normoudenti e non udenti, capaci di affrontare diversi generi e tematiche, dalla commedia brillante Il paradiso può attendere (2009) all’impegnativo e drammatico From Medea (2010).
Pinocchio. Le avventure del piccolo burattino è invece il primo spettacolo che Teatro Oltre il Silenzio rivolge ai bambini. Si tratta di una scelta legata alla vostra ricerca attoriale o, anche in questo caso, il seguito di un incontro?
LISA GIRELLI: Direi che si è trattata più che altro di una scelta naturale. Il gruppo lavorava già da tempo nell’ambito del Teatro Ragazzi e a contatto diretto con i bambini nei laboratori scolastici, così abbiamo semplicemente pensato di riadattare all’occasione un testo esistente a cui già ci stavamo a lungo dedicando.
In questo caso però, a differenza dei nostri primi spettacoli come From Medea, in cui l’integrazione tra la parte recitativa e tecnica era più essenziale, qui, grazie all’aiuto di CulturAbile abbiamo inserito e sperimentato l’uso di nuove tecniche e nuovi linguaggi, dalle tecniche di LIS (Lingua Italiana dei Segni) e Respeaking (sottotitolazione in tempo reale) a quelle di Audiocommento e Sovratitolazione, con l’aggiunta di fumetti e immagini, che ci hanno permesso di rendere accessibile lo spettacolo contemporaneamente a un pubblico di bambini non udenti e non vedenti.
L’obiettivo, per nulla facile, era quello di inglobare tutti questi linguaggi come un corpo unico nello spettacolo.
Una prova decisamente impegnativa, anche perché il teatro è già per sua natura l’arte accessibile per eccellenza, basti pensare al suo rapporto costitutivo con la comunicazione preverbale… Come sventare, in quest’ottica, il rischio della sovrabbondanza dei linguaggi in uno spettacolo come Pinocchio?
LISA GIRELLI: Questa è stata esattamente l’impasse in cui, inevitabilmente, i tecnici e gli interpreti di CulturAbile e gli attori di Li.Fra si sono maggiormente scontrati e su cui abbiamo cercato di trovare una mediazione condivisa, a rispetto della totale comprensione del pubblico da un lato e della qualità artistica dall’altro, che è fatta non solo di tecnica ma anche di evocazione e di poesia.
La vera forza di questo progetto è stata iniziare avendo tutte le carte in mano.
Tutti sapevamo che il teatro è già di per sé accessibile, che le sue componenti interne devono scontrarsi, che è dall’attrito che nascono le scintille e che solo alla fine si va a limare. Non bisognava, quindi, creare un di più. Ci sono voluti nove mesi di studio e ricerca, in cui ci siamo incontrati con chi la disabilità la vive di persona e con diverse associazioni, in particolare con CulturAbile, dove abbiamo conosciuto persone creative e aperte. Tutti hanno sposato completamente la natura del progetto, la necessità di non invadere il campo dell’altro e all’occorrenza di compensarlo. Dove per esempio la nostra voce non poteva bastare a dipingere l’opera per i bambini non vedenti sono state inserite delle cuffie, che davano loro la possibilità di ascoltare un commento narrativo e più descrittivo capace di orientarli al meglio nella fiaba e, allo stesso modo, dove non arrivava il sovratitolo per i bambini non udenti arrivava l’elasticità del corpo dell’attore.
Cecità e sordità presentano problematiche differenti come avete fatto dal punto di vista teatrale a lavorare su entrambe?
SAVERIA ARMA: Abbiamo lavorato insieme su due fronti, quello della sovratitolazione e dell’audiodescrizione in modo non tradizionale.
Di solito queste tecniche forniscono un’informazione asettica ed esente da commenti e giudizi mentre noi, all’opposto, abbiamo cercato di audiocommentare non in un’ottica soggettiva ma narrativa, cercando cioè un equilibrio tra descrizione e narrazione. Si tratta di un metodo che unisce la tecnica di Respeaking (sottotitolazione in tempo reale) a quella dell’audiocommento e della sovratitolazione tradizionali. In Italia è un metodo ancora poco conosciuto mentre molto diffuso negli USA. Per quanto riguarda i bambini ciechi pur avendoli dotati delle comuni cuffie, abbiamo introdotto un altro personaggio, un vecchio nonno che fa da voce narrante. In questo modo l’aspetto descrittivo così come quello evocativo è stato affidato agli attori che hanno lavorato sul copione e sulla descrizione delle battute. Il grillo parlante, invece, è un personaggio che con il suo corpo parla e al contempo descrive utilizzando parte degli strumenti della LIS (Lingua Italiana dei Segni). In questo modo non si isola il bambino cieco e al contempo si dà un valore aggiunto a chi ci vede, agendo come un vero e proprio strumento di integrazione per i bambini disabili e normodotati.
Il lavoro sulla sovratitolazione è stato più semplice, anche se ha dovuto tenere conto di vari aspetti come per esempio il ritmo, dovendo adattarsi al tempo di lettura dei bambini che è sempre diverso da quello degli adulti. Inoltre a ogni personaggio è stato assegnato un colore che ne ricalca la personalità e intorno a lui disegna un’atmosfera, una tecnica diffusa per i non udenti già utilizzata da Li.Fra in From Medea.
I fumetti cui accennava Lisa, oltre che cartelli e insegne, fanno parte del tentativo di arricchire il sovratitolo creandovi intorno un contesto fantasioso, che così si trasforma in un elemento scenico oltre che di scrittura.
Oltre al grillo poi, anche gli altri attori accompagnano la loro recitazione con linguaggio dei segni, anche se non è il linguaggio dei segni vero e proprio. La LIS, infatti, lo dice il nome, non è un linguaggio ma una lingua dove non si parla di “gesto” ma di “parola-concetto”.
Quello utilizzato in Pinocchio è piuttosto un “linguaggio segnato” dove il mimico non corrisponde direttamente alla parola. Inizialmente per gli attori è stato molto complesso interagirvi perché sono passati da un condizionamento espressivo forte dato che, per vocazione, la Lingua dei Segni è molto teatrale.
Quali sono state le reazioni dei bambini disabili e quali quelle dei normodotati?
LISA GIRELLI: Un po’ di paura c’è sempre, sia per chi aveva bisogno di strumenti accessibili che per chi non ne aveva bisogno. Superata la prima parte i normodotati non si accorgevano più di nulla e si sono abbandonati completamente allo spettacolo. Per arrivare poi a rompere appieno le barriere, facciamo in modo di essere molto presenti in platea, i bambini sono seduti per terra e noi siamo lì, che passiamo in mezzo a loro e li stimoliamo anche dal punto di vista tattile con diverse sorprese…
Ricordo poi un episodio. Durante una replica a Seregno (MI), un bambino sordocieco nel momento in cui è entrata in scena la Fata Turchina si è alzato e ha cominciato a girare lentamente su se stesso come in una danza sognante. Questo è accaduto perché i bambini sordociechi percepiscono subito i cambi di atmosfera e ci restituiscono immediatamente la loro percezione.
SAVERIA ARMA: Per quanto riguarda lo spettatore udente, da parte dei bambini scaturisce subito una grande curiosità mista a un desiderio di emulazione con una partecipazione emotiva molto ampia.
Più che i bambini tuttavia il problema sono gli adulti che restano ambivalenti o prevale un senso di fastidio o una grande apertura nei confronti di una nuova possibilità espressiva.
Il processo di integrazione non si è ancora concluso, così come alcune questione tecniche, come capire dove il sovratitolo può essere il corrispondente del segno o ometterlo…
La sfida è oggi quella di portare parallelamente avanti questo tipo di lavoro, da testare di volta in volta su pubblici sempre diversi.
LISA GIRELLI: Il vero lavoro comincia adesso!
Per informazioni:
Lisa Girelli
Associazione culturale Li.Fra
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00154 Roma
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