Le mie statue permettono di toccare cose che nessuno ha mai toccato
- Autore: Nicola Rabbi
- Anno e numero: 2016/6 (monografia su gioco, disabilità, inclusione)
di Nicola Rabbi
“Non hanno voluto farmelo toccare, perché il direttore del museo Cappella Sansevero a Napoli diceva che potevo rovinarlo; ma stiamo parlando di marmo, il ‘Cristo velato’ è un unico pezzo di marmo”. Chi sta parlando è Felice Tagliaferri, è un artista, uno scultore e ha un’altra particolarità, è non vedente da quando all’età di 13 anni un’atrofia del nervo ottico lo ha colpito. Lo spiacevole episodio del museo però diventa per lui l’inizio di una sfida che lo porterà a realizzare una copia dell’opera.
“Quando un vedente guarda una porta, guarda l’insieme della porta, ma per un non vedente la cosa è diversa; lui per poterla percepire deve ricostruirla centimetro per centimetro, in questo modo io ho rifatto il Cristo. Un collaboratore del Museo Tattile Omero di Ancona mi ha descritto centimetro per centimetro come era fatta la statua e, mentre lui parlava, io me la figuravo e creavo un mo-
dello in creta. Siamo stati per tre giorni praticamente chiusi in una stanza, poi, una volta uscito, ho impiegato due anni a scolpirla”. L’ha intitolata il “Cristo rivelato”, nel senso che, rifacendolo, l’aveva velato per la seconda volta, ma anche l’aveva reso accessibile, svelato, ai non vedenti che avrebbero potuto toccarlo a loro piacimento.
Felice Tagliaferri abita a Tavernelle, poco fuori Bologna, è uno scultore attivo da una ventina di anni che dal 2006 ha un suo atelier ne “La chiesa dell’arte”, una piccola chiesa restaurata grazie a una fondazione bancaria locale, che raccoglie le sue opere. “Lo scultore fa ciò che vede, lo scultore cieco vede ciò che sente” afferma Felice e in effetti è proprio così, le sue statue non sono solo da vedere ma anche da toccare e con il tatto ti accorgi del significato. Felice mi prende le mani e le porta su una palla di marmo bianco con un buco in mezzo. Poi me la fa per- correre con i polpastrelli fuori e dentro e mi dice: “Vedi fuori come è liscia ma dentro nel buco, profondo e difficile da raggiungere, diventa ruvida e tormentata” ed è un modo per farmi capire che quella palla rotta è l’uomo che fuori dà una certa immagine, mentre al suo interno ne ha un’altra, ben diversa.
Hai mai toccato l’onda del mare?
“Le mie statue poi permettono di toccare cose che nessuno ha mai toccato” mi dice in modo enigmatico, poi mi fa tastare l’onda del mare, i capelli mossi dal vento, l’ombra dell’uomo e l’immagine nello specchio: in effetti tutte situazioni non afferrabili, se non grazie alle statue di Felice. Una grossa testa di Cristo bendato attira la mia attenzione: “Mi è venuto in un momento di ironia – spiega sorridendo – solo io cieco? No, anche lui”.
Questa testa sarà esposta prossimamente all’ingresso dei Musei Vaticani, cosa che farà del suo autore l’unico artista vivente presente nelle collezioni.
Inaspettatamente Felice dice di non sentire un rapporto stretto tra la sua arte e il suo essere non vedente, nel senso che si sente prima artista e la sua disabilità viene dopo. “L’arte si fa perché fa star bene, fai l’arte perché ti piace e questo ti basta. Se poi il tuo prodotto è anche gradevole e ha un riscontro commerciale allora meglio ancora, ma l’arte c’entra soprattutto con il benessere della persona”.
L’albero indiano che include
E allora dov’è il tocco dato dalla situazione di essere una persona con disabilità? Sicuramente nella prospettiva del lavoro di Felice, il suo impegno continuo di toccare gli altri attraverso la sua arte e sostenere chi ha incontrato le sue stesse
difficoltà. L’esempio più eclatante del suo impegno, ma è solo un esempio, è il suo coinvolgimento in un progetto della CBM (Christian Blind Mission), la più grande organizzazione non governativa che fa prevenzione e cura delle malattie degli occhi nei paesi poveri del sud del mondo.
“Mi hanno chiesto di andare in India, mi hanno chiesto di portare questa esperienza di vita a dei bambini che avevano bisogno di tutto. Un corso di formazione anche agli educatori che provenivano da varie parti del paese”. È andato in un remoto stato dell’India nord orientale ai confini con il Bangladesh e ha insegnato a dei bambini con vario tipo di difficoltà e a degli operatori come si fa a lavorare la creta. In 15 giorni di laboratorio alla Betany school di Shillong hanno a poco poco costruito un albero di creta fatto da mille mani diverse. Tutta questa esperienza è stata documentata grazie a un bel documentario girato da Silvio Soldini che è partito assieme a Felice che è anche voce narrante del film (www.youtube.com/watch?v=cpvM3fYhHwA).
Il suo ultimo progetto è invece dedicato alla Convenzione Onu sui Diritti delle persone con disabilità; lo ha concretizzato in un’opera dove una grossa risma di fogli di carta – la Convenzione appunto – è tenuta in posizione verticale da due mani: “Nello spazio bianco voglio la firma scolpita delle persone che hanno delle grosse responsabilità civili; un modo per dire questa è la Convenzione, è una cosa pesante, come questa opera di marmo, vuoi impegnarti per farla rispettare?”. I primi che vuole incontrare saranno Sergio Mattarella, Riccardo Segni (rabbino capo della Comunità ebraica di Roma) e Papa Francesco e ci riuscirà di sicuro.
naviga:
Ricerca libera
Argomenti
Associazione “Centro Documentazione Handicap” – Cooperativa “Accaparlante” – via Pirandello 24, 40127 Bologna. Tel: 051-641.50.05 Cell: 349-248.10.02