Lettere al direttore
- Autore: Claudio Imprudente
Risponde Claudio Imprudente claudio@accaparlante.it
Caro Claudio,
l’altro giorno stavo riflettendo sulla parola “bellezza” e mentre ripetutamente la recitavo nella mia testa, mi accorsi che stavo pensando a voi del Progetto Calamaio.Etimologicamente parlando la parola bellezza significa: qualità di ciò che appare o è ritenuto bello ai sensi e all’anima, è da questo che si genera connessione tra l’idea di bello e quella di bene. Ecco, sta tutto lì… lì in quella connessione fra bello e bene. Non è forse vero che se proviamo del bene nei confronti di una persona a noi cara, automaticamente ai nostri occhi risulta bella? Mi viene da pensare a una mamma e un papà con il proprio bambino, a due ragazzi che si amano, a due genitori, agli amici. Quando il bene entra in gioco e sprigiona la sua forza è in grado di valicare ogni ostacolo, anche quello fisico.
Ebbene eccomi qui che scrivo a voi per ringraziarvi di tutto, perché quel bene di cui parlavo prima è subito entrato in azione e ha distrutto piano piano tutte quelle barriere che ci impediscono di vedere l’altro da un’altra prospettiva. Quel paio di occhiali che indossavo a una sola gradazione, piano piano hanno iniziato ad andare oltre, per prima cosa cambiando montatura, poi provando lenti differenti, infine sono andati in profondità, valicando le cornici del superfluo e del superficiale ed è proprio in questa profondità che ho scoperto voi: una grande équipe che mi ha accompagnata, che ha lasciato un segno, posizionandosi nel mio cuore nella sezione “ricordi più intimi e preziosi”.
Grazie perché ognuno di voi è stato importante in questo mio percorso e mi avete insegnato tanto, molto più di tutti i libri letti e studiati finora.
Volevo lasciarvi con queste righe scritte da un professore… righe illuminanti, che ho sempre riletto nei momenti difficili perché danno forza e speranza a tutti gli educatori un po’ addormentati o frustrati, a coloro che hanno perso la voglia di lottare e di mettersi in gioco, a chi si è fermato anche solo per un po’ e a chi per sempre.
L’“educatore dell’oltre” è in grado di coltivare il senso della propria “eccezionalità” e “irripetibilità”, evitando che esse vadano a discapito dei sentimenti e dei vissuti di eccezionalità e irripetibilità dei soggetti ai quali si rivolge. Egli sa cogliere il valore della propria differenza, senza spezzare i legami con il contesto sociale, consapevole che la persona può essere rispettata solo se, all’interno delle organizzazioni e dei contesti di cura, vige anche una cultura del rispetto reciproco che consenta agli operatori di concentrarsi realmente sui loro interlocutori, anziché piegarsi su di sé.
L’educatore dell’oltre è “incompiuto e connesso con il mondo”, sa mettersi in ascolto più che fungere da modello e, quand’anche i suoi modelli vengano veicolati e proposti con forza, egli sa che devono poter essere rifiutati. L’educatore dell’oltre educa e vive con lo sguardo rivolto oltre questi ripari, perché l’educazione sia anche rifugio, non solo rifugio, anche dipendenza, non solo dipendenza, anche errore, non solo errore: apertura a un mondo, nel quale la paradossalità possa essere sciolta, perché esso offre, finalmente, più di una via d’uscita.
Un abbraccio a tutti voi animatori… unici e irripetibili.
Vi voglio bene… Silvia
Cara Silvia,
che bellezza! Come diceva un noto comico “è bello ciò che è bello ma che bello, che bello, che bello!”.
Si scorge fin dalle tue prime parole che il Calamaio ha lasciato su di te la sua macchia indelebile, dove, come ci piace dire proprio quando incontriamo i giovani educatori di domani, la diversità diventa davvero la parola più contenta di spiegare al mondo intero la bellezza di un pensiero!
Mi vorrei ora soffermare però sull’ultima parte della tua lettera, in cui sottolinei il ruolo dell’educatore, qualcuno capace non solo di risolvere le situazioni e avanzare proposte ma anche qualcuno in grado di accettare e di confrontarsi con i propri limiti. Rispetto ai miei tempi, oggi le figure educative sono molte più di prima, più giovani e spesso molto più specializzate. La responsabilità che queste figure hanno però è la stessa di allora, ancora tanta, benché ultimamente messa in crisi dalle difficoltà nel mondo del lavoro.
In estate, di solito, ci sono per esempio gli educatori che si occupano dei cosiddetti “campi estivi”, dall’estate ragazzi, dai pomeriggi di gioco alle gite fuori porta. In questi contesti, educatori e operatori rappresentano per i ragazzi un’occasione di divertimento, riflessione ed evoluzione, che difficilmente ricapiterà, e sarà proprio il loro approccio a fare la differenza, così come emerge dalla tua esperienza. Educare in questi ambiti significa mettere costantemente alla prova la propria creatività, nell’offrire ai bambini e agli adolescenti qualcosa che sia sempre nuovo e calibrato rispetto ai loro limiti e risorse, oltre che nel fare uscire le potenzialità e i caratteri propri di ognuno. Per farlo bisogna essere pronti ad accettare anche le proprie difficoltà e sconfitte, trasmettendo l’idea che essere se stessi è il primo passo per conoscersi e entrare spontaneamente in relazione con gli altri. Voglio allora esortare i giovani educatori di domani a insegnare ai più piccoli a stare insieme, a impegnarsi per far scoccare in loro la scintilla, a offrire uno spunto che possa essere colto e coltivato durante l’anno, a mostrarsi sinceri perché anche le vacanze, così come ci suggerisce l’etimo della parola, possano essere l’occasione per renderci liberi e favorire l’autenticità.
Questa, a mio parere, la missione dell’educatore.
Grazie per il tuo passaggio Silvia e buona vita!
Claudio Imprudente
naviga:
Ricerca libera
Argomenti
Associazione “Centro Documentazione Handicap” – Cooperativa “Accaparlante” – via Pirandello 24, 40127 Bologna. Tel: 051-641.50.05 Cell: 349-248.10.02