Amore e Psiche
- Autore: Roberto Parmeggiani
Di Roberto Parmeggiani
Ci sono momenti ed esperienze che ti si imprimono nella mente come una fotografia e si stampano sulla pellicola della memoria in maniera indelebile. Basta uno stimolo anche banale o un piccolo sforzo per far riaffiorare tutte le sensazioni provate in quel preciso istante: gli odori o il colore predominante, le persone con cui ci si trovava, le sensazioni del proprio corpo e perfino la velocità dei battiti del cuore.
Una cosa simile mi è successa quando ho incontrato una delle opere d’arte più incredibili mai realizzate nella storia, “Amore e Psiche” dello scultore Antonio Canova. È stata un’esperienza talmente travolgente che anche ora, chiudendo gli occhi, riesco a ritornare senza alcuno sforzo in quella stanza. Ricordo perfettamente la luce del primo pomeriggio che entrava dalla finestra, gli occhi lucidi della signora asiatica che si trovava alla mia destra, il ragazzo che faceva correre la sua matita sullo sketchbook dalla copertina nera, il profumo della salvietta che avevo appena usato per pulirmi le mani e quella sensazione difficile da descrivere, quei brividi che corrono lungo tutto il corpo quando ci si trova di fronte a qualcosa che entra in contatto con le parti più profonde di se stessi.
L’incontro è stato inaspettato… Stavo passeggiando tra le decine di sale del Louvre, a Parigi, ed ero anche un po’ affaticato dalla visione dell’enorme quantità di opere d’arte presenti nel museo. La quantità, a volte, va a scapito della percezione della qualità. Fatto sta che, però, a un certo punto l’ho vista, in una sala con altre sculture, nell’angolo in fondo a destra, era lì. La prima necessità che ho sentito è stata quella di fermarmi immobile, come bloccato e coinvolto dalla forte energia che la scultura trasmetteva. Se a questo punto state pensando che una statua non possa emanare nessun tipo di energia, vi consiglio di fare un salto al Louvre. “Amore e Psiche”, infatti, è un’opera erotica. Attraverso la sua sensualità e il suo essere eterna, nel senso che racconta qualcosa che ha a che fare con il sempre, ci attira e ci coinvolge, psicologicamente ma anche fisicamente. L’opera rappresenta il dio Amore mentre contempla con tenerezza il volto dell’amata Psiche, che ricambia con altrettanta dolcezza. Descrive il momento che precede il bacio, un attimo di grande tensione tra il desiderio di lasciarsi andare e l’attrazione degli sguardi che sembrano non volersi staccare. Un momento di equilibrio tra l’eros, cioè il desiderio carnale, e la tenerezza dell’incanto amoroso. Le due figure si intrecciano, morbide e sinuose, si cercano, si inseguono pur restando ferme. Il marmo bianco, liscio e levigato, da una parte sottolinea la purezza della relazione mentre, dall’altra, definisce ancora più chiaramente l’assolutezza dell’incontro.
“Amore e Psiche” viene scolpita da Antonio Canova nel 1788 e appartiene al periodo romano dell’artista che a vent’anni, mentre vive e lavora a Roma, realizza, forse, le sue sculture più belle e famose. Originario di Possagno, in Veneto, scopre la passione e la vocazione alla scultura aiutando il nonno scalpellino. Si trasferisce poi in una bottega di Venezia per poi aprire, nel 1775, appena diciottenne, una propria bottega all’interno della quale si affermerà definitivamente non solo in Italia, ma anche in tutta Europa.
“Ho letto che gli antichi, una volta prodotto un suono, erano soliti modularlo, alzando e abbassando il tono senza allontanarsi dalle regole dell’armonia. Così deve fare l’artista che lavora a un nudo”.
Credo stia proprio nell’armonia il segreto di quest’opera e della relazione che mette in scena, quella, cioè, che coinvolge due opposti: l’amore e la psiche, il cuore e la mente, la passione e la ragione. Opposti che trovano proprio nella loro relazione il senso del loro essere.
Mi spiego. Cosa sarebbe la passione senza la ragione come contrappeso? E la mente senza il cuore che di tanto in tanto la spinge un po’ oltre il limite della sicurezza? E chi di noi potrebbe trovare l’esatto punto di divisione tra l’amore e la psiche?
Ecco, la scultura di Antonio Canova ci permette di vedere questo equilibrio, di percepirlo fuori dalla nostra diretta esperienza, concretizzato in quel marmo bianco e levigato. E ci aiuta a capire che, anche mettendoci tutto l’impegno possibile, non riusciremmo mai a identificarci con l’uno o con l’altro, perché la scultura è la rappresentazione del nostro mondo interiore. Un mondo nel quale sono presenti decine di sfumature che si alternano in una continua ricerca di equilibrio tra opposti, non solo la mente e il cuore ma anche la possibilità e l’impossibilità, il sogno e la realtà, l’accettazione e il superamento. Si tratta di un equilibrio pieno di tensione, a volte anche fragile, ma rappresenta proprio ciò che ci sostiene, quell’energia vitale che ci spinge a procedere perché bisognosi di una sempre maggiore integrazione e che, una volta raggiunta, però, apre a una condizione di disequilibrio e quindi a una nuova ricerca.
Se provassimo a guardare la scultura con uno sguardo pedagogico scopriremmo che, com’è già successo altre volte in questa rubrica, questo aspetto legato all’opera d’arte trova un contatto con la dimensione educativa, in particolare con la necessità di educare all’idea di limite, il punto di incontro tra due opposti, lo spazio della ricerca di se stessi. Solo sul limite, infatti, possiamo essere liberi di scoprire chi siamo realmente perché forzati e disponibili all’incontro, sempre carico di tensione, tra le diverse anime che ci abitano.
naviga:
Ricerca libera
Argomenti
Associazione “Centro Documentazione Handicap” – Cooperativa “Accaparlante” – via Pirandello 24, 40127 Bologna. Tel: 051-641.50.05 Cell: 349-248.10.02