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Animalismo o anti-umanismo?

Di Stefano Toschi

La Regione Abruzzo ha approvato di recente una legge che prevede che tutti i comuni costieri si dotino di un tratto di arenile dedicato ai bagnanti con cane al seguito. Una legge per cui gli animali domestici avranno diritto ad accedere alla spiaggia e fare anche il bagno,“mentre”, dice Ferrante, presidente dell’associazione “Carrozzine Determinate”,“gli esseri umani, quelli titolari dei diritti inviolabili, come le persone con disabilità, non hanno alcun diritto di godere della spiaggia e del mare”.
Questa è una piccola notizia, una notizia apparentemente marginale che, però, rivela una mentalità che ha cause e conseguenze molto più importanti. La battaglia animalista è sempre più forte: basti pensare, ad esempio, a Berlusconi che, nelle ultime elezioni, ha puntato molto sui voti dei proprietari di cani e gatti e sull’immagine affettuosa del suo cane Dudù. Pure il Professor Monti, per raccogliere voti, si fece intervistare con cagnolino al seguito, per intenerire l’elettorato e dare un’idea più “umana” di sé. Questa equiparazione tra diritti umani e diritti animali svela la mancanza di una gerarchia di valori per cui l’uomo non è più al primo posto del Creato, ma viene paragonato agli altri esseri viventi. Non si tratta di negare i diritti animali, ma di ritornare a un’idea non egualitaria per cui la vita umana viene prima delle altre forme di vita. Certamente, l’uomo fa parte della natura e la deve conservare e rispettare, ma non è un animale tra gli altri animali: è un essere che possiede il logos, come dice Aristotele, e questo lo pone un piano sopra gli altri. Come leggiamo nel libro della Genesi, Dio dà ad Adamo la possibilità di servirsi del creato, animali compresi, per le proprie necessità. Questo perché Adamo è dotato di parola, cosa che gli permette di “dare il nome alle cose”: solo chiamando le cose col proprio nome, si può dire di conoscerle. Oggi, l’animalismo ha preso il posto dell’“umanismo”, con tutte le contraddizioni che derivano da quella che, spesso, non è una convinzione radicata e consapevole (dunque del tutto rispettabile), ma derivata da una superficiale adesione a una moda del “politicamente corretto”. A Pasqua non si deve mangiare l’agnello, ma mangiare vitello e maialino o puledro durante l’anno non sembra turbare altrettanto le coscienze. Persino al Papa sono state messe in bocca parole animaliste che non ha mai pronunciato. Un esempio inquietante di questo sconvolgimento di valori è rappresentato dalla storia di Caterina Simonsen: una giovane affetta da cinque diverse patologie molto gravi, che qualche mese fa aveva postato su Facebook una foto che la riprendeva con un foglio in mano che riportava la scritta: “Io, Caterina S., ho 25 anni grazie alla vera ricerca, che include la sperimentazione animale. Senza la ricerca sarei morta a nove anni. Mi avete regalato un futuro”. Le risposte che le sono giunte dagli animalisti sono state feroci e spietate. Qualche esempio: “Per me puoi morire pure tu domani, non sacrificherei nemmeno il mio pesce rosso per te”,“Magari fosse morta a nove anni, un essere vivente di m… in meno e più animali su questo pianeta”. In tutto trenta auguri di morte e oltre cinquecento offese di vario tipo. Peraltro Caterina studia, quando la malattia glielo consente, nientemeno che veterinaria. Possiede cani, gatti, furetti e dedica tutte le sue energie residue alla salvaguardia degli animali e della natura. Questo è un caso estremo, ma esprime un sentimento molto diffuso per cui l’amore per gli animali viene prima di qualsiasi altra considerazione. Un altro esempio di questa mentalità, forse meno eclatante ma ugualmente significativa, è rappresentato dalla grande diffusione delle diete vegetariane o vegane che escludono la carne, non tanto per motivi di salute, quanto piuttosto per motivi etici. Qualche tempo fa, ho sentito un’intervista a una persona convertita alla dieta vegana che diceva che adesso può chiedersi “che cosa mangiare” e non “chi mangiare”, quasi che gli animali fossero persone. Nessuno mette in discussione che bisogna avere rispetto anche per gli animali, che devono essere allevati in modo naturale e non costretti a vivere in condizioni orribili, ma questo non implica la necessità di non cibarsi anche di carne animale. I diritti degli animali dovrebbero essere compresi in una concezione che veda l’uomo al vertice dell’evoluzione, come in effetti è anche da un punto di vista scientifico.
Ancora, pochi mesi fa ha fatto scalpore la storia della giraffa uccisa in uno zoo, davanti a una scolaresca. Sicuramente si è trattato di un’immagine diseducativa e alquanto deprecabile. Però, ogni giorno, davanti agli occhi dei nostri ragazzi, vengono uccisi bambini, uomini e donne innocenti; la televisione tra- smette immagini di violenza di ogni tipo, per non parlare della strage degli innocenti che è rappresentata, oggi, dalla piaga dell’aborto (e lo scrivo consapevole di urtare la sensibilità di qualcuno e di attirarmi le critiche dei detrattori, ma, si sa, sono filosofo e, dunque, al servizio della verità). La giornalista di Rai Tre Costanza Miriano, interpellata sul tema, ha detto cose molto sagge: “Oggi è pieno di persone che si dicono cristiane e poi scopri che sono vegetariane. Se a Pasqua incontri qualcuno che si rifiuta di mangiare l’agnello, tu cosa gli dici? Gli dico che se vuole essere vegetariano faccia pure, ma Gesù la carne la mangiava, Dio ce l’ha data per nutrirci e non possiamo essere più sapienti di Dio. Gli direi anche che, certo, è bene non maltrattare gli animali per il gusto di farlo, ma mangiarli è perfettamente nel disegno di Dio, mentre nessuno si preoccupa dei bambini uccisi quando stanno al sicuro sotto il cuore della loro mamma. Un vegetariano che non sia antiabortista è ridicolo”. E anche che abbia la macchina, aggiungo io. Nessuno si strappa le vesti per queste barbare uccisioni di esseri umani, ma i giornali hanno parlato per settimane della povera giraffa (che poi, certo, anche a me dispiace sia morta, poverina). Io sono cattolico e la mia religione è tutta “carne e sangue”: dai miracoli di Gesù, all’ultima cena, al suo sacrificio, al costante richiamo simbolico all’agnello, a quello che scrivono San Paolo e, persino, l’“amico degli animali” San Francesco.
Ormai il vegetarianesimo non è più un semplice pensiero alimentar-salutista (nel qual caso sarebbe del tutto rispettabile e, magari, fa pure bene davvero!); il problema è che non è più una semplice questione di salute, ma è diventata una vera e propria filosofia, anzi, una religione. Ma questa filosofia non è innocua, non è senza conseguenze sull’uomo. Certo, come in ogni cosa, anche nel consumo della carne ci vuole moderazione. Gli allevamenti inquinano, troppa carne fa male, spesso è imbottita di ormoni e antibiotici, costa pure cara. Non c’è dubbio. La moderazione alimentare, però, non deve diventare un credo. Oggi si possono scaricare dalle tasse le spese mediche del veterinario per il proprio canarino, ma non si possono detrarre, ad esempio, le spese di istruzione per i figli. Siamo una Nazione sempre più vecchia e meno prolifica. Non so dire se sia colpa della mancanza di servizi adeguati per sostenere le famiglie, se sia colpa di una generazione egoista, se sia colpa del fatto che abbiamo cresciuto figli troppo coccolati e protetti. Fatto sta che, sia per paura, sia per egoismo, piano piano abbiamo sostituito i figli con i cagnolini. Questi ultimi sono vezzeggiati e coccolati. Lo ha detto, di recente, anche Papa Francesco: “Forse è più comodo avere un cagnolino, due gatti, e l’amore va ai due gatti e al cagnolino”. È anche meno dispendioso, aggiungo io. Meno foriero di responsabilità, ansie, impegno a lungo termine. È per questo che, presto, saremo una Nazione vecchia e senza speranza. Persino gli antichi si facevano beffe di coloro che vezzeggiavano l’animale domestico quasi fosse un bambino: chissà cosa penserebbero, oggi, di noi, vedendo certe scene, vedendo quei bambini affamati con pance enormi e occhi lucidi e quei cagnolini col vestito griffato. Certo, si è più moderni se si è letto Tiziano Terzani, piuttosto che se si è letto Matteo, 15. Per questo, Matteo, 15 lo citerò io: “Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini”



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