Lettere al direttore
- Autore: Claudio Imprudente
- Anno e numero: 2014/4 (Monografia sulla disabilità in Mongolia)
Risponde Claudio Imprudente, claudio@accaparlante.it
Carissimo Claudio,
seguo sempre le tue rubriche. Mi è piaciuto moltissimo il cartone animato Oltre le barriere che hai citato. L’ho trovato molto interessante sia come insegnante che come mamma di una bimba con disabilità e ho scelto di proporlo ai miei alunni della scuola primaria.
Invece, a proposito di uno dei tuoi ultimi articoli, Il custode di castelli, mi permetto di aggiungere che
mia figlia, sulla spiaggia, più che fare la custode fa “la distruttrice di castelli”… Non ne sopravvive nessuno al suo passaggio! E allora?
Grazie! Ciao
Francesca Ferraris
Cara Francesca,
sono contento che tu abbia apprezzato il mio consiglio e soprattutto che sia stato condiviso con i tuoi studenti. Oltre le barriere è la storia dell’amicizia nata tra i banchi di scuola tra una bambina e il nuovo compagno con disabilità che non riesce a muovere nessuna parte del corpo, eccetto i suoi occhi. Un corto animato nato in Spagna, che, nella sua semplicità, rappresenta un bell’esempio di come i più piccoli (e non solo loro) possano mettere in atto le strategie della creatività e della fiducia, avviando così un percorso di relazione che andrà ben oltre il contesto scolastico.
Un aspetto, quello dell’“oltre”, molto importante, di cui ogni insegnante dovrebbe farsi trampolino di lancio. Mi piacerebbe, ora che il rischio della patologizzazione è sempre in agguato e il potere della scuola meno forte di prima, che il ruolo dell’educatore-insegnante tornasse a farsi un po’ bambino e favorire così quei processi d’integrazione spontanea che nascono a partire dallo sguardo e, perché no, anche dal caso. Solo così la sua didattica potrà dirsi libera e inclusiva e soprattutto avere una ricaduta sulla realtà Non dimentichiamo infatti che i bambini, disabili e non, dalla scuola finiranno per uscire e quello che faranno dipenderà anche da quello che avranno o non avranno imparato in termini di confronto con l’alterità e di messa in gioco di sé. Lavorare nelle scuole da sempre vuol dire lavorare per formare, lavorare per il futuro della persona in modo stimolante e autonomo.
Oltre le barriere costituisce un ottimo spunto per le insegnanti che vogliono scommettere sul futuro, per
questo vi consiglio ancora vivamente di portarlo nelle vostre classi. Per quanto riguarda invece le avventure della tua “distruttrice di castelli”, ti invito a leggere qui sotto la mia risposta a un’altra mamma come te.
Grazie per il tuo impegno e buona vita!
Claudio carissimo,
da tempo non ti scrivo. Ma il pensiero vive nel cuore e non è una frase fatta…
La tua riflessione su Il custode di castelli di quest’estate ha toccato tutte le mie corde. Il custode dei castelli di sabbia e la sua mamma protagonista, tenace, forte, coraggiosa, la tua, nonostante le tantissime amarezze dovute ingoiare, che ti ha reso persona sensibile, acuta, ironica, amante
della vita così come ti è stata donata. Io non ho mai costruito castelli al mare, né sono rimasta a custodirli. Ho viaggiato purtroppo per troppi ospedali, troppi… Ho costruito però altri castelli, disfatti e rifatti a seconda delle esigenze, con ponte levatoio e senza, con il fossato di protezione e senza. I miei 65 anni hanno “altri castelli”, a volte fragili, più di quelli di sabbia, altre volte così forti che nessuna burrasca li abbatte.
Ti penso e con tutti i tuoi lettori ti auguro di scrivere in lunga estensione pagine così belle. Così tue e così “nostre”.
Un caro abbraccio,
Olga
Cara Olga,
è sempre un piacere leggere le vostre risposte, le vostre esperienze.
Quella de Il custode di castelli, lo immaginerai, è una riflessione a me particolarmente cara, non solo perché racconto un episodio della mia infanzia e ripercorro le sfide di mia mamma, ma anche perché penso che i castelli di sabbia, di fatto, non finiscano mai. I castelli nascono sempre su territori di confine, sul limite cioè su cui campeggiano anche i nostri sogni, desideri, fantasie e avventure.
La spiaggia e la riva, in fondo, cosa sono? Un limite tra la terra e il mare, un confine tra i nostri limiti e
quelli della gente, oggi come allora.
Il limite è un luogo dove vivere le nostre progettualità e qui sta la sfida: non scappare dal limite ma trasformarlo in futuro.
Più ci spingiamo sui confini del limite, più saremo in grado di costruire nuovi castelli, che non sono il
punto d’arrivo, il rifugio per sfuggire dalla realtà ma progettualità in divenire, fatte per essere di volta in
volta distrutte, ricostruite e abitate.
I castelli si costruiscono insieme, si condividono con altri, ognuno con il suo compito, come quello, ad esempio, di farsi da improvvisati a provetti custodi.
C’è anche chi, come mi scrive Francesca, mamma di una bimba con disabilità, i castelli li distrugge al
suo passaggio. E allora?
E allora ben venga! Perché l’importante non sono le mura dei castelli ma i ponti levatoi, ponti che per-
mettono il passaggio tra il dentro e il fuori, tra l’esterno e l’interno di noi stessi.
Che dire allora? Gettate a terra i ponti levatoi e uscite!
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