Viaggi-Miraggi. Itinerari tra immaginario, attese e possibilità
- Autore: A cura di Lucia Cominoli
- Anno e numero: 2014/4 (Monografia sulla disabilità in Mongolia)
a cura di Mario Fulgaro
Nell’immaginario onirico di ognuno il viaggio rappresenta sempre un coacervo di impressioni, sensazioni, ricordi, speranze e molto ancora. È proprio su questo “molto ancora” che chi si appresta a intraprendere un breve o lungo tour per il mondo investe quanto di più proprio e personale ha nell’animo. Il viaggio può rivelarsi spiazzante o finire per confermare le aspettative della partenza ma è pur sempre un salto nel vuoto che può renderci, anche se per un tempo limitato, protagonisti della nostra storia e delle nostre esperienze. Queste le premesse del laboratorio “Viaggi-Miraggi. Il viaggio tra immaginario, attese e possibilità”, condotto e partecipato dagli animatori con disabilità e gli educatori del Progetto Calamaio. Chi ne ha fatto parte è stato coinvolto in una vera e propria partenza immaginaria, un preambolo esplorativo a partire dall’etimologia originaria del valore-viaggio con tutti gli annessi e connessi, il viaggio come viatico tanto per cominciare, ciò che riguarda “la via del cammino”. Evasione, ricerca, divertimento, voglia di mettersi alla prova in un contesto nuovo, parole chiave e punti di partenza che ci hanno portato a confrontarci più da vicino con le nostre avventure, insieme alle difficoltà più concrete di chi in valigia porta con sé anche la propria disabilità. Scelta la nostra destinazione, abbiamo così preparato i bagagli, imparato a conoscere i mezzi di trasporto, inscenato un vero e proprio check-in, finché al ritorno non abbiamo confrontato le conquiste dell’immaginario con quelle della realtà e ne sono venute fuori delle belle!
Un vero e proprio diario di viaggio è quello che ora raccontiamo per brevi estratti, tra sorprese, piccole autonomie raggiunte, ausili creativi, sport, nuove amicizie e prove superate. Perché se è vero che viaggiare è anche cambiare, cambiare è cominciare a superare una distanza per mezzo dell’immaginazione. È stata la prima estate in cui ho trascorso una vacanza completamente da solo, senza cioè la presenza dei miei genitori. All’inizio ero molto spaventato, non conoscevo gli educatori del gruppo con cui sarei partito e avevo paura che non fossero in grado di occuparsi di me, di lavarmi, di mettermi a letto… Un giorno però, poco prima di partire, uno di loro è venuto a casa mia, proprio per conoscermi, e questo ha rassicurato molto sia me che la mia famiglia. Così sono partito per Igea Marina e ho chiesto a mia mamma di non chiamarmi per tutta la settimana; pur avendo il cellulare con me volevo infatti essere io a scegliere quando chiamarla, e così ho fatto. In quel luogo è andato tutto bene e ho scoperto che è possibile conoscere persone nuove e simpatiche anche al di fuori del CDH e avere così una vita personale più mia, che non sia solo a casa o al lavoro.
In spiaggia ho fatto per la prima volta il bagno. All’inizio ero teso ma ho usato il salvagente. Un po’ più facile è stato andare all’Acquario di Cattolica dove ho visto i delfini. Una sera invece sono stato anche in
un disco-pub, dove ho incontrato due mie colleghe con disabilità, Tiziana e Stefania. Che sorpresa! Sono stato contento di vederle e mi sono fermato a salutarle. Il penultimo giorno infine ho cominciato a essere un po’ triste… Non volevo più tornare a casa!
Così, al rientro, ho convinto i miei genitori a ripetere l’esperienza per il prossimo anno e, perché no, a prolungarla. Invece di stare via una settimana, proverò a stare via due! (Diego)
Io e la mia famiglia trascorriamo da sempre le vacanze estive in Croazia, in un campeggio che si trova all’interno del giardino di una pensione. Abbiamo la nostra roulotte e ci troviamo nelle vicinanze del mare. Di solito per salire o per scendere dalla roulotte c’è un gradino da superare e questo finora ha implicato per me la necessità di essere presa in braccio da mio padre, perché io da sola non riesco a scendere o a salire il gradino; in più lui è l’unico che se la sente di reggere il mio peso, senza contare che, essendo lo spazio per passare dalla porta piccolo, avevo sempre bisogno di lui per entrare più volte al giorno nella roulotte. Mio padre tuttavia è una persona creativa e dopo la mia nascita ha costruito degli ausili per migliorare la nostra qualità della vita. Così quest’anno è nato anche il mio nuovo ausilio, “lo scivolo per la roulotte”, che è formato da tre parti. Una parte è fissa, attaccata alla roulotte, d’alluminio e pieghevole, in modo da fare spazio intorno quando non la si usa. Al fianco della roulotte ci sono altri due scivoli, sempre in alluminio (così non si rovinano), lì posizionati per salire o per scendere. Entrambe le parti sono molto leggere da spostare.
L’ultimo pezzo, quello forte, è una sedia di plastica con i piedi dritti, sotto cui sono state aggiunte quattro ruote con i freni e una cinghia, per passare dalla porta senza fatica e in sicurezza. È un ausilio semplice che chiunque può usare perché alleggerisce di molto il mio peso e aiuta la mobilità, il che mi rende così più libera e autonoma in diverse occasioni, come quando, ad esempio, vengono a trovarmi gli amici. Questo implica più libertà per tutti e la possibilità di non dipendere unicamente dalla forza fisica di mio padre. (Tatiana)
Destinazione Igea Marina e Alicante, entrambe esaltanti. A Igea, in particolare, sono rimasto entusiasta, nonostante fossi partito molto stanco, demoralizzato e ansioso. Sono arrivato là a luglio, nel bel mezzo di una rassegna cinematografica, durante la quale ho visto un film che mi è piaciuto molto, The Odd Life of Timothy Green, cui è seguito un dibattito in piazza, in cui anch’io ho fatto un intervento che ha strabiliato tutti, compresi i relatori. Lo dico perché alla fine della serata mi hanno invitato il giorno dopo a partecipare alla seconda parte della rassegna, per discutere sul film non più come spettatore ma come relatore. È stata una grande soddisfazione! Ovviamente ho parlato anche del mio lavoro, dei temi che trattiamo, non lontani da quelli di cui si discuteva nella rassegna. Ho poi concluso la mia partecipazione con un’analisi più accurata e personale del film. Ne è seguito un lungo applauso!
Se dovessi tuttavia definire in due parole la vacanza direi: “tanta amicizia e tanto pesce”.
Ho fatto diversi giri per il paese con il motorino elettrico, da solo, con più autonomia, mi sentivo meglio
fisicamente, mentre altre volte mi spostavo in compagnia. Quest’anno ho conosciuto molte nuove persone, alcune le conoscevo già, altre le ho conosciute direttamente sul posto. Ho fatto fisioterapia nell’acqua di mare e, oltre alla fisioterapista, ad aiutarmi c’erano anche i bagnini. Pur non tralasciando le cure ho così spaziato tra spiaggia, ristoranti e discoteche… Ero partito sensibilissimo e sono tornato entusiasta. Ero finalmente protagonista della mia vita.
(Mario)
La mia è stata una vacanza di sport e avventura: qualche giorno in Trentino con mia mamma e poi a Sestriere, in Piemonte, con tutta la famiglia. In Trentino ci sono arrivata in treno con l’aiuto, alla partenza, degli assistenti della stazione di Bologna mentre a Sestriere siamo andati con la macchina. In entrambi i posti ho provato nuovi sport e anche nuove attrezzature, come la trike e la buggy bike, delle bici a quattro ruote praticamente, con dei manubri molto particolari, fatte per percorrere le strade di montagna in cui potevo stare seduta. Potevo manovrare la buggy anche autonomamente. Ho stretto nuove amicizie e mi sono divertita. Devo dire però che, durante quel periodo e al ritorno, ho ripensato al nostro laboratorio sul viaggio… Mi è piaciuto molto. E se ne sono accorti anche i miei genitori. Prima di partire, infatti, ho voluto fare la valigia da sola. Al ritorno poi, quando ho sentito quello che è successo a Diego e agli altri miei colleghi, mi è venuta voglia di fare la stessa cosa; così ho chiesto a mia mamma, mio padre e mio fratello di partecipare l’anno prossimo a una vacanza organizzata, senza di loro. Hanno accettato. Sarebbe la prima volta e non vedo l’ora!
(Danae)
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