La qualità dei servizi sociali, la loro efficacia, risulta ancora più importante nel caso delle famiglie affidatarie e adottive di bambini disabili che hanno vari tipi di bisogno.
Abbiamo intervistato alcuni operatori sociali in diverse realtà italiane per cercare di capire in cosa consiste il loro lavoro, qual’è la loro mentalità per quanto riguarda questi casi particolari.
Esiste un problema di reperimento di famiglie disponibili a queste esperienze, una questione che viene affrontata dai servizi sociali tramite canali diversi.
"Per il reperimento di famiglie disponibili si sono fatti degli appelli specifici"- spiega Rosanna Bertani che lavora all’Ufficio Coordinamento Interventi per Minori del comune di Torino. "La nostra esperienza fino ad oggi è stata sempre positiva; quando avevamo un caso di un minore disabile o ammalato siamo sempre riusciti a trivargli una famiglia disposta ad accoglierlo".
Per quanto riguarda l’adozione le cose sono più difficili. "Di solito – afferma Carla Medda, funzionario del medesimo ufficio – se c’è una conoscenza personale del minore aumenta la disponibilità ad adottarlo; inoltre molti affidi di minori disabili si trasformano poi in adozioni".
La cosa che forse può stupire è che alla fine le famiglie si trovano quasi sempre; Carla Medda racconta il caso recente di una bambina malata ai reni adottata, i cui nuovi genitori hanno installato nel proprio appartamento l’attrezzatura per fare la dialisi.
"La sensibilizzazione verso l’adozione di bambini non sani non è elevatissima – dice Alice Poggi, assistente sociale all’Usl 28 di Bologna -, ma è naturale che sia così; questa disponibilità è aumentata con gli anni, ma certo non è una cosa da tutti. La mancanza di disponibilità di questo tipo di coppie non è un problema per il servizio; è vero ce ne sono poche, ma si trova sempre qualcosa tramite le associazioni a forte motivazione religiosa, le parrocchie e i gruppi di volontariato".
Il sostegno del servizio sociale
Storie di affidamento e di adozione come queste, viste dall’esterno con ammirazione ma vissute dai protagonisti nella normalità, hanno però bisogno di un sostegno ancora maggiore rispetto ai casi di affidi e adozioni di bambini meno problematici.
"Cerchiamo di seguire con particolare cura questi casi sia dal punto di vista tecnico che da quello funzionale; cerchiamo di dare degli opportuni sussidi – afferma Rosanna Bertani. L’amministrazione del comune di Torino ha previsto con una delibera di aumentare del 100% i sussidi mensili. A questo si devono aggiungere le altre facilitazioni che valgono per tutti i minori in affido come ad esempio l’esenzione dal ticket".
Il comune di Bologna, nel caso di affido di minore con handicap, aumenta la quota mensile di 200 mila lire, portandola a 900 mila. "Questa non è certo la cifra massima che si può erogare – dice Alice Poggi – la cifra aumenta se c’è un progetto attorno ad un caso. Ad esempio recentemente abbiamo pagato un’assistenza domiciliare in più nel caso di due gemelline malate di Aids che erano "tate affidate ad una coppia della provincia di Bologna".
Ogni Usl si regola molto liberamente in proposito visto che non esiste una direttiva generale; così capita che le zone dove sono presenti dei forti servizi sociali hanno a disposizione più risorse, sia di denaro che di strutture, per dare sostegno ad una coppia affidataria. In questo modo una coppia residente nel Mezzogiorno, che avrà in affido un bambino disabile, andrà incontro probabilmente a difficoltà maggiori.
Coordinarsi e integrarsi
L’efficenza e l’efficacia dei servizi sociali si misura non solo in termini di risorse, ma anche di come sappiano coordinarsi e integrarsi tra di loro.
Gianna Pasti assistente sociale di Bologna, fino a poco tempo fa lavorava in una struttura di accoglienza per bambini piccoli; ecco la sua testimonianza: "Non ho mai avuto grosse difficoltà a trovare una famiglia a bambini anche disabili, ma il problema fondamentale rimane quello del coordinamento degli interventi; nel caso di un bambino handicappato sono infatti necessari interventi diversi: medico, riabilitativo, psicologico… Occorre una maggiore e più intensa comunicazione tra gli operatori che intervengono in quel caso, in modo che un aspetto non prevalga su un altro. Ma a volte vi sono altri problemi più generali, come quello di sovraccarico di lavoro del singolo operatore che non riesce a seguire tutto o quello della mobilità del personale".
Intanto nell’ottica di una migliore integrazione dei servizi, l’Ufficio Coordinamento Interventi per Minori di Torino ha adottato un protocollo d’intesa tra il servizio sociale e il servizio di neuropsichiatria infantile che dovrebbe assicurare un intervento coordinato.
Fare o non fare campagne di sensibilizzazione?
"Bisogna fare cultura rispetto a questi temi, per quanto se ne parli se ne sa sempre troppo poco; bisognerebbe fare un’opera di sensibilizzazione permanente"- sostiene Rosanna Bertani.
Questo può sembrare un falso problema visto che, secondo le testimonianze degli operatori sociali sentiti, si trovano sempre delle famiglie per dei bambini disabili.
Per Floriana Barile dell’Ufficio Coordinamento per l’affido familiare della provincia di Roma."Non c’è bisogno di pubblicizzare il singolo caso, ma bisogna informare di più sull’affido e sull’adozione in generale". Secondo Floriana Barile a proposito di minori disabili in stato di abbandono vi sono particolari emergenze: "Quella dei figli dei nomadi che nella stragrande maggioranza sono abbandonati, visto le condizioni di precarietà in cui vivono. Capitano inoltre casi di adozione internazionale di bambini che in un secondo momento risultano avere qualche deficit; i genitori non sono certo preparati a questo e il più delle volte rifiutano il bambino".