L’utilizzo della canzone nel Progetto Calamaio (l’attività di animazione ed educazione alla diversità e all’handicap che ci porta nelle scuole) è fondamentale perché ci permette di giocare con la musica mediando l’incontro diretto tra il bambino e l’animatore diversabile. In particolare nella Canzone del nome, che viene generalmente fatta durante il primo incontro nelle scuole, ci si presenta con una piccola filastrocca. Eccone un esempio, condotto da Ermanno, uno degli animatori diversabili del Progetto Calamaio:
LA CANZONE DEL NOME
Ermanno: IO MI CHIAMO ERMANNO
E SCRIVO AL COMPUTER COSI’ (fa il gesto)
Coro dei bambini: LUI SI CHIAMA ERMANNO
E SCRIVE AL COMPUTER COSI’ (ripetono esattamente il gesto fatto da Ermanno)
Coro: MA CHE BELLA COMPAGNIA
TUTTI INSIEME IN ALLEGRIA,
TUTTI INSIEME NOI CANTIAM
E COSI’ CI PRESENTIAM
La canzone successivamente prosegue con la presentazione di tutti i giocatori-cantanti presenti. I bambini devono fare attenzione al gesto concreto, devono ripeterlo il più possibile come lo fa Ermanno. Ciò è importante perché i bambini vengono a conoscenza che, nonostante il deficit, Ermanno scrive al computer: possono nascere altre domande (che cosa scrivi? dove? eccetera). Si può per esempio scoprire che Fabio, invece, scrive al computer ma in un altro modo, con il movimento del piede, con un gesto diverso, collegato alla creatività dell’essere diversamente abile. I bambini scoprono che ognuno costruisce la propria comunicazione, ognuno tira un calcio a suo modo, o preferisce disegnare una cosa piuttosto che un’altra. Attraverso questa canzoncina-gioco si scopre che ognuno di noi è uguale e diverso, comunica come tutti gli altri ma a suo modo, e che questa ricerca e originalità sono la ricchezza del genere umano. Stefania prende in mano quell’oggetto allungando il braccio in un certo modo, e non in un altro: ognuno di noi si muove in un certo modo specifico e diverso…
La signora locomotiva
Le canzoni utilizzate nel Progetto Calamaio sono come dei meccanismi-giocattolo, o meglio dei sonori parco-giochi per coinvolgere il più possibile tutta la classe. Un altro esempio è quello de La signora locomotiva, dove Stefania, la signora Locomotiva appunto, gira con la sua carrozzina mentre tutti in cerchio cantano un ritornello (“La signora locomotiva è arrivata per te e fa ciuf ciuf”) e, quando si ferma la musica, anche Stefania si ferma di fronte a uno dei bambini.
Stefania: “Ciao, come ti chiami?”
Bambino: “Luigi”
Stefania: “Luigi, vuoi diventare un mio vagoncino?”
Bambino: “Sì!”
E il bambino-vagoncino va subito dietro la carrozzina di Stefania per spingerla. La canzone riprende e quando si ferma ecco il dialogo con un altro bambino che diventa vagoncino… e così via. Il treno diventa sempre più lungo, finché tutta la classe è stata coinvolta.
Anche qui il meccanismo della ripetizione, della formula magica, è molto importante perché regola il gioco ed è facilmente memorizzabile e riconoscibile dal bambino. Ciò permette quindi quel giocare insieme e il divertirsi con la diversità che sono l’obiettivo primario nell’incontro con l’équipe del Progetto Calamaio: se infatti non c’è divertimento e coinvolgimento, qualsiasi contenuto di carattere educativo diventa meno interessante, meno colorato e incisivo. Il divertimento, nell’animazione, non è un componente secondario ma la base solida su cui si possono costruire poi anche percorsi di conoscenza reciproca, su cui si costruisce la fiducia e il dialogo.
C’era una volta
Provate a immaginare ad esempio quali gesti si possono fare per ognuno di questi versi (i versi dispari sono cantati da un solo personaggio, i pari di risposta sono cantati dalla classe).
C’ERA UNA VOLTA
VOGLIO SENTIRE
C’ERAN DUE VOLTE
FAMMI CAPIRE
C’ERAN TRE VOLTE
FAMMI PARLARE
E C’ERAN QUATTRO GATTI AD ASCOLTAR, E C’ERAN CINQUE
CHE CINCINSCHIAVAN
E C’ERAN SEI
CON LA POLENTA
SETTE SPOSE PER SETTE FRATELLI,
NON C’ENTRA NIENTE CON LA MIA STORIA
LA VUOI SENTIR SI’ O NO?
NO!!!!
COME?
SI’… NI… BOH
LA VUOI SENTIR SI’ O NO? LA VUOI SENTIRE DALLA MIA BOCCA?
LA FAI CANTATA O A FILASTROCCA?
LA FACCIO A RIMA BACIATA…A BIBI A BIBI A
LA STORIA E’ QUESTA QUA!
Il meccanismo è quello presente in molte altre musiche, non ultimo il samba di Bahia, nella sua versione più da balera, che si chiama pagode. A ogni verso cantato corrisponde un gesto che i ballerini devono mimare. Se ne ha un esempio anche nei Blues Brothers, nella canzone cantata da Ray Charles, o, per andare nei ricordi più nostrani, nella canzone scout “Ci son due coccodrilli, un orang-utang…”.
Le canzoni gioco sfruttano tutte le infinite possibilità ritmiche ed espressive presenti nella musica: in genere amiamo, una volta che i bambini hanno memorizzato bene la sequenza, velocizzare i gesti e versi, rallentarli, procedere a scatti, aumentare o diminuire il volume, introdurre nuove sonorità e timbriche utilizzando la voce in modo diverso o differenti strumenti…
La canzone-fiaba
Le canzoni possono riassumere un’intera fiaba, che fa da sfondo a tutti gli incontri nel percorso che viene attivato nelle scuole dell’infanzia ed elementari. Eccovene una che utilizziamo nelle classi dove proponiamo la fiaba C’è cavallo e cavallo, di Joseph Wilkon, che è il racconto di come due cavalli, un puledro e un cavallo di fiume (ovvero un ippopotamo), decidono di trasformarsi con scarsi risultati, l’uno nell’altro. Anche per questa canzone divertitevi a immaginare con quali gesti accompagniamo quasi ogni parola: con un po’ di fantasia vedrete che non è difficile.
C’E’ CAVALLO E CAVALLO
C’ERA UNA VOLTA UN IPPOPOTAMO E UN CAVALLO,
UN GIORNO IN RIVA AL FIUME
SI INVENTARONO UN BEL BALLO
UNO SULLA PANZA FACEVA LA SUA DANZA
E L’ALTRO SCALPITANDO GIRAVA IN TONDO IN TONDO
GALOPPA E RIGALOPPA ANDANDO PER IL MONDO
MAI AVEVA VISTO UN CAVALLO COSI’ TONDO,
E L’ALTRO CHE NEL FIUME ERA STATO TUTTO IL TEMPO
MAI AVEVA VISTO UN CAVALLO COSI’ SVELTO.
Rit. C’E’ CAVALLO E CAVALLO (2 VOLTE)
MA TU CHI SEI, MA COME FAI
A RISOLVERE I TUOI GUAI
TU CHE MANGI NELLA GIORNATA
ALGA FRESCA O INSALATA
C’E’ CAVALLO E CAVALLO (2 VOLTE)
BATTI IL RITMO, TIENI IL TEMPO
NON ANDARE TROPPO LENTO
CON LA PUNTA, CON IL TACCO
FAI L’INCHINO CON LO STACCO…
SALTANDO E NUOTANDO, SI CHIESERO A UN BEL PUNTO
CHI ERA QUI IL CAVALLO: IL MAGRO O IL TONDO?
POI UNA PROMESSA O FORSE UNA SCOMMESSA
FRA UN ANNO RITROVARSI E FAR LE COSE UGUAL.
MA CHI E’ QUEL CICCIONE
CHE SALTA, CHE CORRE,
CHE HA SEMPRE IL FIATONE LAGGIU’
E L’ALTRO CHE ANNASPA, CHE ANNEGA,
CHE SBUFFA NELL’ACQUA LO SAI SOLO TU
MA SE GUARDI BENE CHISSA’ SE CONVIENE
AVER FATICATO COSI’
NON SO PIU’ NUOTARE, NE’ PIU’ GALOPPARE
E ALLORA CHE FARE, CHE DIRE, PENSARE
CHE IN FONDO…
(Rit.)
Questo tipo di canzoni diventano un lasciapassare per la familiarità, la sintonia e complicità che si creano tra i bambini e gli animatori. In questo modo, attraverso il ricordo di una canzone, si possono recuperare le tappe fondamentali del percorso, la canzone diventa il più duraturo segno del nostro passaggio in quella classe.
La canzone come qualsiasi gioco, ha una finalità in se stessa, depura l’incontro con i bambini da qualsiasi pretesa di dare una morale, di dare un significato educativo a tutto quello che facciamo, che è uno dei tipici passi falsi che fa l’educatore, quando si trova un po’ ossessionato dall’ansia dei risultati.
Un’ultima osservazione: nella canzone la cosa più importante è la musica e la musicalità delle parole. Eccovi una fanfola, ovvero una poesia metasemantica di Fosco Maraini, musicata da Stefano Bollani e Massimo Altomare. La musica ovviamente non potete conoscerla, ma quasi quasi ve ne potete fare un’idea leggendo a voce alta questi versi immaginifici, dove il significato ve lo giocate voi. Buona cantata!
Il giorno ad urlapicchio
di Fosco Maraini
Ci son dei giorni smègi e lombidiosi
col cielo dagro e un fònzero gongruto
ci son meriggi gnàlidi e budriosi
che plògidan sul mondo infrangelluto,
ma oggi è un giorno a zìmpagi e zirlecchi
un giorno tutto gnacchi e timparlini,
le nuvole buzzìllano, i bernecchi
ludèrchiano coi fèrnagi tra i pini;
è un giorno per le vànvere, un festicchio
un giorno carmidioso e prodigiero,
è il giorno a cantilegi, ad urlapicchio
in cui m’hai detto “t’amo per davvero”.
Maraini Fosco, Gnòsi delle Fànfole, Torino, Baldini&Castoldi, 1994