L’apporto del metodo della globalità dei linguaggi nel quotidiano della comunità educativa per disabili Albatros-Lila di Venezia. Un metodo ideato e diffuso da Stefania Guerra Lisi(*) attingendo idee dalla pedagogia attiva (di ispirazione montessoriana specie per quanto riguarda l’uso dei materiali e la percezione dei sensi), dalla psicomotricità e dalla cultura artistica

La comunità educativa per disabili Albatros di Mirano (Ve) dell’Associazione"Lila" ha inserito al suo interno otto ospiti tra i quali quattropresentano minorazioni mentali di diverso ordine e grado: uno manifesta disturbipsicotici, uno è pluriminorato (tetraplegia con ritardo mentale), uno èportatore di handicap esclusivamente fisico (atassia spino-cerebellare), ed unopresenta problemi di tipo psichiatrico. Il gruppo operatori, composto da 11elementi con diversi ruoli professionali (psicologi, educatori, addettiall’assistenza), oltre al lavoro quotidiano, mantiene un costante monitoraggiosull’andamento della comunità dal punto di vista educativo, psicologico,assistenziale e ricreativo-animativo attraverso incontri periodici d’équipe, disupervisione, di aggiornamento e di formazione.
Allo scopo di dotare gli operatori di ulteriori strumenti professionali peraffrontare gli impegni quotidiani, la responsabile del progetto formazione della"Lila", Loredana Gambuzzi, ha proposto ai suoi operatori ed agliospiti delle sue comunità, un percorso formativo di durata biennale "nellaglobalità dei linguaggi" seguendo il metodo di Stefania Guerra Lisi (*)(già docente di materie artistiche, è l’ideatrice del metodo della Globalitàdei Linguaggi, di cui dirige una Scuola Quadriennale). Pertanto, dopo unprocesso di informazione, condivisione da parte di tutti, la proposta si épotuta concretizzare a partire da febbraio 1995.
Tale metodo consiste in una interessante proposta pedagogica innovativa ideata ediffusa dalla Guerra Lisi attingendo dalla pedagogia attiva (l’ispirazione èmontessoriana specie per quanto riguarda l’uso dei materiali e la percezione deisensi), dalla psicomotricità e dalla cultura artistica.

Il metodo della globalità dei linguaggi

E’ un continuo gioco di transazione da un piano teorico ad un piano pratico eviceversa di concetti, metafore, prove, esperimenti, simulazioni che sicollegano alla simbologia del colore o alla teoria dei quattro elementi naturalio alla mitologia o ai detti popolari o alla bioenergetica. Pensiamo ad esempioad una attività con un materiale quale la farina: con questa noi possiamosimulare la creazione dell’universo (il passaggio dal caos all’aggregazionedella materia), constatare il cambiamento dello stato fisico (gassoso, liquido esolido), sperimentare un linguaggio delle emozioni (tono-fonosimbolismo),metaforizzare il necessario distacco dal seno materno, concettualizzare ilvalore socializzante del "padre serpente" (sia seno che padre creatimanipolando la farina impastata) e così via.
Ciò seguendo delle tappe precise che sviluppano nell’individuo attraverso leattività proposte con i materiali più vari, la protensione (motivazione), laprensione (vissuto-memoria, presa sulla realtà), la pressione (trasformazionecreativa), l’assimilazione (l’apprendimento) e consentono di riportare lamodalità di impatto, di contatto, di manipolazione e di comprensione dellamateria ad un piano più astratto che riguarda il proprio modo di porsi, diagire, di reagire, di "sopravvivere" di fronte alle situazionipersonali.
E’ un percorso di consapevolezza del proprio corpo: delle parti di maggioricontrazioni toniche (queste congelate possono divenire nel tempo "corazzecaratteriali", così chiamate in bioenergetica); dei punti memoria dellanascita (fondamenti di questa metodologia per individuare caratteristiche qualiimpazienza, direzionamento di sé, ostinazione, angustia, "basedell’io"); delle analogie corpo-mano e mano-bocca; per arrivare a definireil flusso di energia, proprio di ciascuno, da riattivare (laddove ce ne fossebisogno) attraverso l’uso di materiali adatti.
E’ conoscenza più approfondita dei sensi umani, della loro compenetrazione edella memoria di cui sono dotati (sinestesia), nel tentativo di giungere ad unamaggior consapevolezza dell’unità corporeo-sensoriale che caratterizza ciascunodi noi fin dalla vita intrauterina.
E’ attività ludico-creativo-espressiva tendente a far emergere in ognuno lapropria traccia personale, a riconoscerla tra le altre, nelle analogie e nelledifferenze, a immetterla nel circuito di scambio e condivisione che naturalmentesi crea, per arrivare a prenderne consapevolezza, compiacersene, nelcompiacimento generale.
E’ attuazione di percorsi creativi in genere gratificanti dal punto di vista delrisultato estetico per chi vi si cimenta, ma utili soprattutto per trovare unacollocazione naturale (propria del genere umano) ad alcuni propri impulsi, adalcune proprie modalità espressive ed anche ad alcuni comportamenti moltoparticolari (nei casi più eclatanti, ad esempio urli, dondolii, stereotipia) edapparentemente insensati, ritrovando in questi una "’logica deisensi"’ comune a tutti gli uomini, che vede nella ricerca di situazionirassicuranti e di piacere il proprio tentativo di accomodamento (in rapportoalle proprie forze) alla realtà, talvolta per poterci sopravvivere.
Il tutto in una cornice collettiva che vede l’operatore dapprima sperimentare suse stesso gli effetti di tali esperienze ed in un secondo momento promuovere asua volta iniziative appropriate nei riguardi dell’utenza.

Riascoltare insieme il profondo

L’approfondimento di tali argomenti è utile a noi operatori per comprenderemeglio la funzione di alcuni comportamenti problematici e per cercare diindividuare i tasti su cui far leva nel tentativo di innescare un cambiamentoladdove ritenuto possibile ed utile.
Pensiamo ad esempio ai casi di stereotipia in soggetti con handicap psichicograve; immaginiamo la modalità frequente del dondolio che riporta la persona alivelli di regolazione sensoriale non sviluppati ma rassicuranti per soggetticome i nostri spesso non attrezzati per affrontare le difficoltà della vita.
Si potrebbe trattare di autostimolazione che riporta il soggetto alla ricerca disensazioni rassicuranti già provate, come quelle della vita intrauterina doveil dondolio è condizione pregnante durante un certo periodo e per questototalizzante e rassicurante. Partendo da questi presupposti si simulano dalpunto di vista psicomotorio le varie fasi della vita all’intemo del grembomaterno spiegandone l’andamento. Per chiarire faccio riferimento concreto allaprima fase, detta di "annidamento dell’utero": ogni partecipante, ingrado di farlo, si distende a terra in posizione raccolta con le braccia cheavvolgono le gambe e ad occhi chiusi si dondola da un fianco all’altro.
In questa posizione ci si immagina di essere un punto (la morula), un organismoin sospensione completamente portato dall’ambiente (liquido amniotico) e ci silascia contagiare dal gusto di farsi portare dalle onde e di lasciarsidondolare.
Durante tale momento si individuano le connessioni tra i diversi sensi: si èparlato così della pelle (le nostre orecchie, i nostri occhi di allora), deipori (la nostra bocca e il nostro naso di allora) che nello sviluppo del sistemanervoso riportano il piacere di quei dondolamenti fluttuanti ad un sistema,rappresentativo inconscio che nell’individuo si manifesta sotto forma diimmagini di appoggio dondolanti (sinestesia).
L’affrontare discorsi anche così complicati (nella formula più opportunanaturalmente) ìn presenza dei ragazzi. rappresenta un’altra caratteristica delmetodo della Guerra Lisi, che è teso a non ritenere impossibile a priori lacomprensione di alcuni messaggi "difficili": infatti quello che nonpuò essere compreso a livello cognitivo può essere assimilato ad un livellopiù profondo, cercando di ascoltare il richiamo a emozioni/sensazioni"antiche".
Di tipo cognitivo invece si può considerare l’estensione delle sensazioniprovate su un piano più generale, del loro utilizzo e del loro influsso nellerealizzazioni di tipo artistico compiute dagli uomini in vari campi: dallamusica, alla scultura, alla pittura, alla poesia e alla letteratura,all’architettura. Così, dopo aver dondolato sui fianchi ad occhi chiusi,abbiamo provato a pensare quale tipo di musica si adattasse a quel tipo dimovimenti e sensazioni ricordando, cantandole insieme, le nenie, le ninne nanne,le litanie, le canzoni di alcuni cantautori che conoscevamo e che riprendevanogli stili dondolanti, concentrici, ritmici, accelerati propri della prima fase.Abbiamo successivamente ripreso a dondolare sui fianchi canticchiando ognunol’aria musicale preferita. Siamo così passati alla rappresentazionegrafico-pittorica delle sensazioni ricevute utilizzando dei colori a cera usatidi taglio, proprio per la sfumatura del tratto, su un foglio grande da riempirecon movimenti circolari della mano e del braccio, producendo un disegno-macchiautilizzato dagli impressionisti, da Paul Klee ma anche da Leonardo,
Ciò nel tentativo di far sperimentare quanto l’uomo, anche quello stimato edapprezzato, quale può essere il grande artista, sia condizionato nelle proprieespressioni da elementi primordiali presenti in ciascuno di noi, quanto egli siaunità psico-fisica con un corpo sensoriale che non viene meno neppure inassenza di coscienza (come nel caso dell’handicap), ma continua ad esserci e adelaborare involontariamente, in modo simbolico, il vissuto dei sensi.

Comunità e globalità

Questi percorsi consentono di collocare in una dimensione comune al genereumano, perciò più comprensibile e più sopportabile (sia per l’utente che perl’operatore), modalità di comportamento solitamente tenute ai marginidell’insensato. Speriamo traspaia quanto, in una logica di globalità, questametodologia possa essere utile in più campi del sociale: con i minori, con lepersone con problemi psichiatrici, con le persone di culture diverse dallanostra.
Ma cerchiamo di considerare quali potrebbero essere i punti di contattoesistenti tra una realtà di comunità residenziale come la nostra e laconcezione di globalità espressa dalla metodologia descritta poc’anzi.Riteniamo che la funzione stessa della comunità, di presa in carico completadella persona ospitata, di rapporto con essa nelle ore non strutturate della suagiornata (quelle al di fuori degli impegni giornalieri lavorativi, sportivi, distudio), di condivisione nella quotidianità abbia connaturato il concetto diglobalità.
Nella modalità di approccio e di relazione a fini educativi con la personainoltre si potrebbero individuare alcune analogie tra il metodo pedagogicoglobale e la metodologia educativa praticata in comunità. Proviamo, a talriguardo, a confrontare alcuni principi del metodo globale ed elementi dellateoria e della prassi educativa da noi adottati allo scopo di definire unipotetico intervento esemplificativo su una persona in relazione ad una suacaratteristica problematica.
Immaginiamo una persona legata in modo morboso ai propri oggetti personali,tanto da portarseli sempre appresso, riempirsi le tasche, i cassetti,sistemarseli sotto il cuscino, una persona insomma che metaforicamente"conserva il proprio mondo in un sacchetto".
Potrebbe essere una persona con deficit intellettivo, con problemi psichiatricio senza físsa dimora. Si parte per questo dalla esperienza del soggetto, la suastoria, il suo habitat, le connessioni tra gli avvenimenti più significativi,la loro ricorsività, per poter dar vita ad un progetto sulla persona, a suamisura più che a misura di servizio. Ciò, naturalmente partendo dalla presa inconsiderazione dell’eventuale deficit mentale, ci consente di arrivare adintuire il suo rapporto con gli oggetti: le occasioni avute di possedere oggettipropri, le eventuali privazioni, le eventuali difficoltà a custodire in luogointimo e sicuro i propri oggetti: in tal modo si tenta di comprendere ilsignificato, la funzione del suo modo di agire.
Il secondo passaggio implica la riflessione-analisi che rappresenta le occasionidi rielaborazione del vissuto, le possibilità per il soggetto di collocare inun contesto-cornice comprensibile gli avvenimenti quotidiani che si trova avivere, arrivando così a dare un senso compiuto e collegare tra loro piùaspetti della propria esperienza. Durante tale fase è possibile esercitare daparte del gruppo educante la cosiddetta funzione di io ausiliario ed arrivare arileggere con la persona le sue abitudini, le sue "manie", il bisognodi tenere accanto a sè gli oggetti, il bisogno di collezionarli ed accumularli,magari avvalendosi di analogie esemplificative possibili con animali dalleabitudini simili, di fenomeni della natura tratti dalla quotidianità, disituazioni simulate che consentano di auto osservarsi cambiando ruolo, chefacilitino la comprensione delle modalità e del senso del propriocomportamento.
La terza fase dovrebbe infine portare alla sintesi, alla consapevolezza (laddovepossibile nei modi e tempi più vicini al soggetto). In questo momento avvieneil passaggio dalla fase di comprensione, di intuizione, di esercizio a quella disedimentazione, di introiezione, di appropriazione profonda di modalitàespressive alternative, possibilmente più evolute, segno di un cambiamento(seppur minimo) nel comportamento, di una diversa considerazione della propriatraccia (impronta lasciata da sè nell’ambiente circostante), di minor ricorsoad atteggiamenti difensivi come quello descritto inizialmente (quello relativoagli oggetti). Presa gradualmente consapevolezza dell’interazione possibile trala proposta metodologica finora descritta e l’impostazione metodologica checaratterizza l’attività nella nostra come in altre comunità dell’associazione"Lila", abbiamo avviato il lavoro con i nostri ospiti.

Handicap e sessualità: ritorno al futuro

Il percorso che abbiamo voluto seguire per essi è teso a far acquisire,attraverso il corpo, una più consapevole conoscenza di sè, del proprio modo diessere e di apparire, di alcune funzioni del corpo e dell’esistenza dellostimolo sessuale.
Attraverso il racconto fantastico, figurato e rappresentato in vari modi(graficamente, con l’utilizzo di cannucce e china, con simulazioni mimiche, congiochi agonistici, con bans) dell’incontro tra "la principessa ovulo"ed "il principe spermatozoo" abbiamo intrapreso un viaggio immaginarioall’interno del grembo materno (trattando gli argomenti in modo preciso,semplice e comprensibile senza suscitare disagio o ilarità, mantenendol’attenzione sul contenuto) teso a riconoscere e distinguere (nelle modalitàprima descritte) movimenti, sensazioni, posizioni che ancora adesso utilizziamo,privilegiamo e a cui ricorriamo alla ricerca di un primordiale benessere.Abbiamo poi cercato di ricondurre tale ricerca su un piano comune a tutti gliuomini: un’esplorazione continua, una continua protensione verso fonti dipiacere che si evidenzia nella comunicazione psico-corporea, come pure nellevarie forme di espressione artistica come la musica, la poesia, la letteratura,l’architettura, la pittura e via dicendo. E’ interessante notare e far notareche artisti conosciuti ed apprezzati si sono ispirati ad "archetipi"comuni ai nostri ed hanno voluto, attraverso le loro opere, riportare sensazionied utilizzare colori e forme vicine alle nostre preferenze ed alle nostreidentità. Ciò consente di riconoscere come prerogativa dell’uomo il ricorso acerti comportamenti e dotare di senso bisogni, desideri, atteggiamenti,cambiamenti di umore, ossessioni e comportamenti in genere che spesso vengonovissuti come esclusivi e caratterizzanti negativamente la nostra persona. Inquesto percorso, sperimentando e cogliendo in forma ludica l’interrelazione trai diversi sensi, si giunge a parlare spesso, di sè, utilizzando diverse formesimboliche e metaforiche e, forse, a capire meglio chi siamo.

(*) Per approfondire lo studio del metodo della Globalità dei linguaggiconsigliamo la lettura de "…In principio era il corpo…" a cura diStefania Guerra Lisi e Gino Stefani., edito da Fuori Thema. Questo librocontiene gli atti del 1° Convegno della "Globalità dei linguaggi"che si è svolto nei giorni 18-20 ottobre 1996 a Riccione.

Continua a leggere:
Categorie: