“Un errore frequente nei primi dolorosi rapporti con un giornale, è costituito dalla fiducia assoluta nella bontà della propria causa. Si è convinti, spesso, che un comunicato scritto male, bastino a fare scattare il mezzo dell’informazione. Se poi ciò non accade, si accusa il giornale di scarsa sensibilità, si scrive una lettera indignata al direttore, in una parola: ci si taglia il ponte con le proprie mani”
Professionisti o no?
Un telefono, un computer, un fax. Un responsabile che, a seconda dellenecessità, compila il comunicato, telefona ai giornalisti, invita allaconferenza stampa. Sembra facile, tutt’altro.
Ma sfatiamo un mito: non è assolutamente indispensabile ricorrere sempre ad unaagenzia di relazioni pubbliche per riuscire ad organizzare un semplice maefficace ufficio stampa. Di più: porterà vantaggio all’immaginedell’associazione, oltre che all’efficacia del messaggio, essere riusciti amettere in piedi un servizio attento e professionale, senza ricorrere al costosolavoro dei professionisti dell’informazione. Certo il riferimento èall’ordinaria amministrazione, alla vita normale di una associazione o di ungruppo di volontariato. Per eventi complessi (meeting, convegni, spettacoli,mostre) è talvolta indispensabile chiedere aiuto, e non guasta: vedere comelavorano gli addetti ai lavori (magari seguirli passo passo) può essere unutile stage per commettere meno errori la volta successiva. Per imparare, anchesolo a stilare l’indirizzario dei giornalisti (importantissimo) maggiormentesensibili al tema che vogliamo affrontare, sia in chiave locale che nazionale.
E veniamo al dunque: un telefono, un computer, un fax si diceva. E poi? Lepersone: una o due, oppure un gruppo affiatato, individuato anche interpretandole attitudini personali, che si prenda l’impegno per un determinato periodo(almeno sei mesi, un anno) a tenere i rapporti con la stampa. Vuol dire moltoper un giornalista contattare sempre, o essere contattato, dalla medesimapersona. Anche quando non si vogliono comunicare notizie, ma solo fare unchiarimento, inviare documentazione esclusivamente "per informazione".
Esistono numerosi manuali e libri sul giornalismo che insegnano a scrivere uncomunicato, un articolo, a mettere giù il testo di un invito per una conferenzastampa. Ci sono dispense e corsi per corrispondenza. Tutti interessanti, moltiben fatti e utili. Quello che ci interessa qui è affrontare nello specifico ildiscorso relativo al mondo del disagio.
Conoscere il giornale
Abbiamo chiesto aiuto a Franco Bomprezzi, giornalista da sempre impegnato suquesti temi e poco importa che si sposti su una sedia a rotelle. "Leassociazioni degli handicappati giustamente temono il rapporto con la stampa. Maquando sono costrette ad affrontarla, si comportano proprio da handicappati,almeno nella generalità dei casi.
Un errore frequente nei primi dolorosi rapporti con un giornale, è costituitodalla fiducia assoluta nella bontà della propria causa. Si è convinti, spesso,che un comunicato scritto male, oppure una generica comunicazione telefonica,bastino a fare scattare il mezzo dell’informazione. Se poi ciò non accade (ilche è la norma) si accusa il giornale di scarsa sensibilità, si scrive unalettera indignata al direttore, in una parola: ci si taglia il ponte con leproprie mani.
Invece: il giornale è fatto di uomini, di gerarchie, di mansioni, di tempi. E’bene cercare di conoscerlo prima di averne bisogno. Se l’associazione, ol’addetto stampa, chiede un appuntamento con il responsabile della cronacacittadina (per il direttore c’è sempre tempo), difficilmente si sentirà dareuna risposta sgarbata. Questo incontro preliminare, informale, amichevole,consente un doppio risultato pratico: avere un interlocutore fisico, con nome ecognome, e numero di telefono, a un giusto livello di autorevolezza, e nelcontempo essere conosciuti come entità organizzata del territorio quindi comepotenziale catalizzatore di lettori assidui, portatori di interessi reali, esoprattutto di notizie interessanti. Solo in un secondo momento si passerà allacomunicazione vera e propria. Anche se il responsabile della redazione, o dellacronaca locale, tenderà a delegare un altro giornalista, magari specializzatoin problemi sociali e sanitari, non va mai trascurato questo contatto correttocol giornale: perché alla fine l’uscita e la collocazione, nonché latitolazione della notizia, non dipendono quasi mai da chi materialmente sioccupa del servizio e lo scrive, ma dal responsabile della cronaca".
La giusta dimensione
Continua ancora Franco Bomprezzi: "Un altro errore frequente neirapporti con i giornali è quello di prospettiva. La sacrosanta indignazione, adesempio, per i tagli imposti alla spesa socio-sanitaria dalla legge finanziariaporta normalmente alla stesura di proclami, comunicati più o meno unitari, confirme, sigle, appelli. Uno sforzo di mobilitazione cui nel migliore dei casicorrisponde un titoletto a una o due colonne a piede di pagina, magari vicinoalle necrologie. Perché? Tutta colpa del giornalista che non capisce niente?No, non del tutto. Molto spesso questi comunicati sacrosanti mancano di una cosaelementare, ma basilare: l’aggancio, documentato, con la realtà locale. Nonsono, cioè, dimensionati correttamente rispetto al mezzo di informazione. Seinvece la protesta per la finanziaria fosse accompagnata da una statisticaaggiornata e inedita sul danno reale che i tagli provocano agli handicappatidella città e della provincia in questione, e dell’annuncio di una iniziativaconcreta in sede locale, probabilmente il comunicato avrebbe un risalto assaimaggiore, verrebbe meno "tagliato", potrebbe perfino essere lo spuntoper un servizio più ampio da parte dello stesso giornale, con interviste,approfondimenti, fotografie.
Voglio dire: un commento locale ad una notizia nazionale può essere non soloopportuno, ma necessario, solo se non appare come una ripetizione in scalaridotta di argomenti generali. Occorre dare il massimo risalto a tutti queglielementi locali che, lungi dallo sminuire la notizia o il commento, collocanoentrambi alla giusta dimensione, che poi è quella del lettore. Non vorrei darel’impressione che in "periferia" esistano solo notizie di portata"locale". Semmai è vero il contrario: la diffusione di mezzi dicomunicazione sempre più distribuiti nel territorio, la creazione di sinergieeditoriali e di network informativi fa sì che un fatto accaduto a Cuneo possaavere, per gravità o emblematicità, un’immediata eco nazionale. Ciò che contaè rapportarsi correttamente ai media a seconda del livellodell’informazione".
La conferenza stampa, le foto, la documentazione
La conferenza stampa è uno strumento rischioso, importante, ma da gestirecon grande acume. Alcune regole semplici: si tratta di un mezzo"privilegiato" ed "esclusivo" di rapporto conl’informazione. Quindi esige il rispetto dell’interlocutore professionale, vaconvocata in una sede adeguata e facilmente raggiungibile, in un orario consonoalla predisposizione dei servizi (normalmente l’ideale è la tarda mattinata),con largo anticipo (almeno 48 ore, salvo eccezioni determinate dallaimponderabilità degli avvenimenti), con chiarezza di argomenti da trattare, conautorevolezza di relatori. Un uso distorto o smodato della conferenza stampagenera l’effetto altrimenti detto "al lupo, al lupo!". Come direperdere credibilità quando serve davvero. Attenzione alle fotografie. Igiornali, se parliamo di cronaca sociale, ne hanno poche e spesso brutte. Buonanorma dunque allegare al materiale della conferenza stampa, o anche aprescindere dalla sua convocazione, un po’ di foto (solitamente in bianco enero) per arricchire l’archivio. Eviterete così che le foto vengano"rubate" o che non inquadrino il tema affrontato in modo corretto. Lostesso vale per la documentazione: i giornalisti non sono onniscenti, dunque èsempre utile allegare una (breve) documentazione tecnica sul tema trattato.Potrà venire utile anche in futuro.
Una tentazione pericolosa
Passiamo per un attimo dalla parte del giornalista. Una tentazione pericolosaper chi segue il sociale è quella di vestire i panni di Robin Hood eabbracciare una causa senza preoccuparsi di verificare a fondo i fatti. E’importante invece fornire al lettore un’informazione il più possibile completa,non le interpretazioni di una sola parte. Di fronte alla denuncia di un qualchedisservizio, di ingiustizie, di soprusi, meglio sempre fare parlare i fatti:citando la fonte da cui deriva la denuncia, offrendo la possibilità a chi èsotto accusa di fornire la sua versione. Verificando, quando è possibile, inprima persona i fatti denunciati. Con il minor numero di commenti possibili. Unadenuncia è più efficace se accompagnata da fatti concreti piuttosto che dallosdegno del cronista.
"Questo rischio di sposare una causa – scrive Laura Formica, nel manualedel mestiere di cronista pubblicata dal settimanale Avvenimenti (1) – è ancorpiù forte in chi si occupa di sanità che spesso, nei piccoli giornali, èagganciata al sociale. Il sistema sanitario italiano ha grosse lacune e lesegnalazioni di casi di malasanità arrivano quotidianamente. Anche qui laregola d’oro è verificare, far parlare gli altri: esperti, utenti, istituzioni.Senza vergognarsi, quando non è chiaro un concetto, di chiedere spiegazioni.Meglio fare la figura dell’ignorante davanti al nostro interlocutore che fingeredi capire e poi fornire ai lettori spiegazioni confuse e pasticciate. E nellasanità, capita spesso di incappare nel linguaggio tecnico dei medici: a menoche non si abbiano buone conoscenze di medicina, conviene insistere per farsispiegare tutto con parole semplici".
Poi, c’è la questione del linguaggio. "Non c’è dubbio – continua LauraFormica – che il giornalista e la giornalista di cronaca che si occupano delsociale e della società debbano conoscere a menadito i, diciamo così,linguaggi con i quali si esprime e attraverso i quali comunica la società.Dietro al linguaggio si manifesta un’intera cultura, com’è noto. Non trovoesagerato dire che un buon cronista e una buona cronista di sociale, oltre aconoscere bene, ad esempio, la terminologia medica che riguarda i disabili o imalati di mente, o i tossicodipendenti, dovrebbero sapere qualcosa di romanesh odi korakané, quando scrivono di zingari. Cioè: dovrebbero sapere qualcosadelle principali famiglie linguistiche che danno vita alla parlate degli zingaripresenti in Italia, a patto che ciò non sia una inerte erudizione ma diventichiave per una più approfondita comprensione di un mondo che (anche) per la sueseparatezza linguistica è tenuto ai margini della conoscenza sociale e trattatosolo come occasione di fatti di cronaca nera, con conseguente stigmatizzazione ecensura razzistica. La conoscenza dei linguaggi, perciò, riporta chi fa cronacaal suo primo fine. Quello di non fermarsi alla registrazione dell’effetto di unqualcosa che si manifesta nell’evento, ma di risalire alle cause, avendo giànel proprio assortimento di grimaldelli interpretativi le chiavi fondamentali,quelle che aprono le porte della comprensione e della comunicazione".
Con Internet in associazione (e in redazione)
Parecchi ce l’hanno. Pochi lo sanno usare bene. Tante associazioni utilizzanosolo la funzione di posta elettronica. Ma può fare miracoli. Non è questa lasede per addentrarci nel mondo di Internet. Ma è importante tenere ben presenteanche questo dato per migliorare la capacità di comunicazione. Perché Internetè uno strumento povero e ad alto potere di democrazia. Con alcuni rischi:"Un’informazione troppo abbondante – scrive il filosofo Umberto Galimberti(2) – fa trovare il soggetto nell’incapacità di leggerla e codificarla. Quandol’informazione è troppo abbondante accade quel fenomeno che io chiamo"implosione", cioè l’assuefazione, l’irrilevanza e la trascuratezza.Accadrà quindi quello che è già avvenuto in America nel caso della TV, che èaccesa dalla mattina alla sera, ma nessuno la guarda. Dovrebbe essere la scuolaa fornire i criteri di decodifica, i parametri di giudizio per saper leggere ecomprendere le informazioni. Tuttavia oggi la scuola non dà più un metodo dilettura dei testi, ma solo dei contenuti e oggi non manchiamo certo diinformazioni e contenuti, ma di menti attrezzate a selezionare questeinformazioni".
La comunicazione offerta da Internet è una comunicazione fondamentalmenteorizzontale, visto che non esiste una rigida divisione dei ruoli tra emittente ericevente, ma tutti possono essere sia l’uno sia l’altro: è inoltre nonesistono centri di creazione o trasmissione delle immagini, suoni o testirinvenibili in rete, che possano vantare una posizione privilegiata rispetto adaltri, dal momento che ognuno può decidere, in qualsiasi momento, di diventareeditore di se stesso. E’ un invito alle associazioni che, anche grazieall’impiego di obiettori di coscienza, spesso studenti e spesso in grado dilavorare in rete, potranno dare un mano ad aprire nuovi orizzonti. Infatti unanota distintiva della nuova forma comunicativa è data dal fatto, tutt’altro chetrascurabile, di rendere accessibili una quantità altissima di fontid’informazione che in precedenza, o per la distanza geografica o per i requisitirichiesti, non lo erano affatto. Altra, ma non meno importante innovazionelegata alle reti telematiche, è l’annullamento dello spazio e, in parte, anchedel tempo, concetti questi che la rivoluzionaria Internet ha reso quanto menotraballanti, se non proprio obsoleti. Tuttavia è bene cercare di non lasciarsiabbagliare: perché è molto concreto il rischio di perdersi, di farsitravolgere dal mare delle informazioni in cui si immerge chi decide di navigarenella rete; è necessario dunque possedere gli strumenti conoscitivi ed unaformazione di base, che mettano in grado di muoversi con destrezza all’internodel magma informativo che costituisce l’attuale realtà della rete, per riuscirea reperire le informazioni desiderate senza correre il rischio di "perderetempo".
La democrazia, dicevamo. La democrazia elettronica (3). Attenzione, anche qui: ipresupposti dell’entusiasmo democratico sviluppatosi intorno alla rete, nasconodalla constatazione di alcune caratteristiche oggettive della rete, come adesempio la sua capacità di avvicinare persone di culture diverse o di darefinalmente uno status nuovo (donne, handicappati, minoranze, ecc) a chi faticaad ottenerlo nella società reale, oppure ancora dall’esaltazione e dallastrenua difesa della libertà all’interno della rete. Tutto questo però, purtenendo conto delle caratteristiche reali di Internet, tende ad enfatizzarle adiscapito di quelle negative legate ai fattori economici (spesa per l’hardwarenecessario) e conoscitivi (conoscenza della lingua inglese e alfabetizzazioneinformatica). Fattori questi in grado di determinare una forte limitazione dellepresunte libertà e uguaglianza veicolate dalla rete.
NOTE:
(1). Il mestiere di cronista, decima lezione: La città e i servizisociali. Avvenimenti, edizioni l’Altraitalia (Roma, 1992)
(2). F. Bartolini, "Il filosofo Galimberti. Rischi? Un delirio dionnipotenza", Reporter Multimedia, Ifg-Bologna, Sgrtv-Perugia, Ifg"Carlo de Martino" Milano – supplemento al numero 1/96 di"Giornalisti" (Bologna, aprile 1996)
(3). S.Rodotà, "La sovranità nel tempo della tecnopolitica. Democraziaelettronica e democrazia rappresentativa", in "La Politica deldiritto" n. 4, Il Mulino, Bologna 1993
(*) giornalista