La nozione di informazione, relativamente ai suoi aspetti di contenuto e dicomunicazione, propone anche in questo caso una stratificazione e unintrecciarsi di diversi livelli. Uno dei primi può essere individuato in quellodel linguaggio dell’informazione, il che rimanda alla differenza tra illinguaggio dell’informazione rivolta agli utenti e il linguaggio delle domandedegli utenti. Il linguaggio della psichiatria, per esempio. Le parole dellapsichiatria che si riferiscono al disagio mentale si costituiscono come uncodice organizzato e chiuso, volto a rendere il suo referente ancora piùindecifrabile e distante dalla sua realtà di soggettività e di sofferenza.Parole tecniche incomprensibili per il paziente e per chi lo circonda e che,pronunciate dall’alto dell’autorità della scienza, sono tali da far dilatare ladistanza con l’interlocutore fino a confinarlo nel silenzio. Ma le parole chedescrivono il disturbo psichico costituiscono anche i mezzi per produrre lerappresentazioni sociali della malattia. Le rappresentazioni che servono adallontanarla o a stravolgerla, ma anche quelle che, oggi, e non solo da partedei mezzi di comunicazione di massa, la coprono attraverso il privilegiare certemalattie, sotto la pressione delle "mode", attraverso la sceltaesclusiva di certi temi e certi orientamenti di discorso a scapito di altri.
Questi diversi aspetti, circa il livello del linguaggio, convergono su un punto,che è quello del "restringimento dell’ottica" che osserva la malattiamentale, ossia quello della limitazione dell’informazione. Questo livello siconnette strettamente ad un secondo, che riguarda non più la differenza deilinguaggi ma l’asimmetria nella comunicazione/informazione tra le istituzioni, iservizi, e i suoi destinatari. Il fatto, cioè, che i servizi, e la relativainformazione, siano centrati su chi li fa e non su chi li riceve. Il fatto, peresempio, che il controllo dell’informazione passa esclusivamente attraverso gliuffici stampa delle nuove aziende. Tale sbilanciamento – asimmetria – mette inluce, corrispondentemente, la perdita del potere contrattuale che l’utenzaaveva, rispetto all’informazione, all’epoca delle prime lotte antipsichiatriche.
Questo livello, in termini di orientamento comunicativo, vede come primo terminele istituzioni in rapporto ai suoi destinatari; ad esso si connettenecessariamente l’altro livello, in cui l’orientamento relazionale è,all’opposto, quello dell’utenza verso le realtà istituzionali. Ciò ha a chevedere, ad esempio, con il discorso relativo alla circolazione dell’informazionesul disagio psichico da parte delle associazioni, in rapporto ai mezzi dicomunicazione di massa, nella loro impermeabilità e/o selettività. Inoltreciò si rapporta al problema che vede gli utenti, le persone, le associazioni,nell’interazione con quel particolare interlocutore esterno che sono leistituzioni e le amministrazioni. Su questo versante, l’informazione puòriguardare specificamente l’applicazione delle leggi, l’effettiva realizzazionedei progetti, e i relativi aspetti finanziari. Ma non solo. La comunicazione trale associazioni e le istituzioni mette anche in evidenza la necessità di unaverifica circa l’estensione delle reciproche responsabilità. Rispetto a questolivello, quello del rapporto dell’associazione verso l’esterno, vienesoprattutto reclamata l’esigenza di "farsi sentire", di fare valere ipropri diritti, anche partecipando direttamente alle scelte politiche delleistituzioni, in particolare delle Regioni : per esempio, per quanto riguarda lescelte operative finalizzate rispetto agli inizi dei percorsi di recupero, dellariabilitazione. Ma tale pretesa di fare pressione implica una rinnovatacapacità contrattuale nella legge e, dunque, la necessità da parte dei gruppie delle associazioni di organizzarsi in modo autonomo.
A questo punto, il problema dell’informazione non riguarda più solo il rapportocon l’esterno, gli altri, ma anche la comunicazione all’interno delleassociazioni e tra le associazioni. Ciò anche al fine di ridurre le lacune egli sprechi, di sopperire alle incapacità inclusa quella di comunicare, senzatuttavia ridurre le differenze e le pluralità dei linguaggi.
(*) Docente di Psicologia – Università di Bologna