Che tecnica comunicativa utilizzare nella gestione di informazioni riguardanti il disagio psichico?
Da un lato la necessità di utilizzare tecniche più vicine a quelle dei messaggi pubblicitari, per essere più visibili, dall’altro la pericolosità di queste stesse tecniche
Uno dei primi problemi che si pone chi deve utilizzare un mezzo dicomunicazione di massa è "A chi mi rivolgo?".
Spesso nella comunicazione inerente le problematiche di tipo psichico, questadomanda è stata posta in modo parziale, cadendo a volte in una trappola assaiinsidiosa: comunicare agli altri come comunichiamo per noi stessi.
In altri termini, costruendo i messaggi sulla base delle conoscenze, dei valorie del gusto estetico dell’emittente.
Considerando che spesso l’emittente è un addetto ai lavori o comunque unapersona che, per preparare il messaggio, ha ricevuto una mole notevole diinformazioni, si corre il rischio di dare per scontato che il riceventecondivida già quei dati e quei valori che gli permetterebbero di apprezzare ilmessaggio (cosa che, peraltro, renderebbe il messaggio pleonastico).
In questo modo si finisce per non utilizzare i mezzi di comunicazione di massasecondo le loro vere caratteristiche, ma di fare una comunicazione per addettiai lavori utilizzando mezzi di risonanza fin eccessiva, creando nella fettamaggiore della popolazione confusione, se non addirittura fastidio.
Questo tipo di errore è particolarmente insidioso in quanto l’emittente nonriesce a capire per quale motivo un messaggio costruito con tanta precisione nonabbia efficacia, arrivando, nella peggiore delle ipotesi a non porsi neppure ilproblema dell’efficacia del messaggio.
Questo tema, dell’attenzione agli effetti del messaggio e quindi degli strumentiper monitorare gli stessi, esula comunque dai limiti dell’articolo.
Naturalmente non ci si pone come obiettivo di trasferire alla comunicazionesociale gli stessi strumenti e le stesse modalità di altri settori come adesempio la pubblicità; ma di accettare il fatto che la gran parte dellapopolazione riceve un forte condizionamento da questo stile comunicativo e cheignorarne a priori le peculiarità può voler dire ridurre, in terminiquantitativi e qualitativi, la propria possibilità di entrare in contatto conmolte persone. Questo vorrebbe dire rinunciare al proprio ruolo e lasciare che iproblemi legati al disagio psichico vengano semplicemente rimossi oppureacquistino significati e valenze emotive completamente distorte, in modo più omeno strumentale.
Occorre comunque ricordare che una cosa è costruire un messaggio che produca unbisogno, o porti il soggetto a pensare che un determinato prodotto possasoddisfare un bisogno di altro tipo in lui presente, un’altra è far comprenderealle persone problematiche molto sottili legate a temi scottanti e decisamentescomodi.
Da un lato si ha l’esigenza di richiamare l’attenzione: questo appare oggi comeun problema tutt’altro che banale.
Siamo infatti bombardati da una quantità di informazioni che non ha conosciutouguali nella storia; il modo più rapido che la nostra mente ha elaborato perdifenderci da questo assalto è stato ridurre la nostra sensibilità e la nostracapacità di attenzione.
Sono necessari stimoli sempre più violenti per farci uscire da questa sorta diguscio autistico e portarci a dirigere la nostra attenzione versoun’informazione; oltre a questo, tutti abbiamo assorbito la mentalità da"telecomando", lo spettacolo non mi piace, non mi diverte, alloracambio programma.
Questa nuova struttura, ha degli effetti drammatici nella comunicazioneinterpersonale, e si riflette anche nella dimensione della comunicazione dimassa da cui il fenomeno ha probabilmente origine.
L’unico vantaggio, che potrebbe permettere di evitare di assumere modalità nonnecessariamente condivisibili e facilmente inadeguate agli obiettivi e ai ruolidella comunicazione correlata al disagio, potrebbe essere il fatto che in unasituazione in cui tutti urlano, qualcuno che parla sottovoce ha piùprobabilità di essere notato.
Il messaggio digitale o tutto o niente
Il problema dell’attenzione si collega ad uno dei dibattiti che hannomaggiormente segnato l’evoluzione recente delle tecniche di comunicazionepubblicitaria.
Uno dei più netti cambiamenti che la comunicazione pubblicitaria ha registratonegli ultimi 20 anni è stato il passaggio da una dominanza di messaggi digitaliad una di messaggi analogici.
Per digitale si intende una struttura di comunicazione basata sul principio deltutto o niente (lo zero – uno binario), limitata dal punto di vista semantico maestremamente precisa sul piano della sintassi: non solo consente quindivalutazioni di tipo analitico ma anche la possibilità di confrontare piùproposizioni in modo relativamente inequivocabile secondo i criteri dellalogica.
Per esempio la frase "Questo olio ha solo 600 calorie" rappresenta,per chi condivide le convenzione in essa implicite, un concetto piuttostopreciso. E’ interessante notare come la frase non sia unta, in altre parole cometra la parola "olio" e l’olio non ci sia alcun riferimento salvol’associazione arbitraria che li collega.
In aggiunta il messaggio potrebbe specificare che l’olio non solo è leggero, maanche saporito, da tono alla tavola, è indice di buongusto e di una elevatacultura.
Naturalmente in questo caso il messaggio rischierebbe di cadere nellapedanteria, ma il rischio di fraintendimento sarebbe estremamente scarso.
Lo stesso messaggio potrebbe essere trasmesso con un modello analogicosemplicemente mostrando una allegra famiglia, caratterizzata da indicatori dilivello sociale e di cultura, con aspetto sano e gradevole, che mangia facendouso dell’olio suddetto. Risulta abbastanza evidente, come in termini di economiatemporale e di impatto emotivo il messaggio analogico possa risultaredecisamente superiore. Nel messaggio analogico il rapporto tra l’immaginedell’olio e l’olio stesso è molto più forte e entro certi limiti questopotrebbe permettere anche a chi non conosce la lingua (ma ha esperienza di olioe di tavole imbandite) di comprendere il messaggio.
Inoltre il messaggio analogico per la sua caratteristica di globalità permetteestensioni del tipo olio = benessere o addirittura felicità.
Il messaggio analogico trova la sua rappresentazione primaria attraverso leimmagini, ma può ugualmente passare attraverso l’uso delle parole, da un latoper il potere evocativo delle stesse, dall’altro per particolari strutture dilinguaggio che possono rendere il nostro messaggio particolarmente incisivo sulpiano emotivo.
Una interessante chiave di lettura di questo fenomeno sono le ricerche condotteda Sperry dal 1968 sulla cosiddetta lateralizzazione emisferica; appare evidentecome il modo digitale richiami le caratteristiche funzionali tipichedell’emisfero sinistro mentre quello analogico si adatti a quelle del destro.
Quanto esposto finora ci rende chiaro il perché il mondo della pubblicità siè orientato sempre più verso messaggi di tipo analogico.
Esiste però un rovescio della medaglia.
Immaginiamo di voler trasmettere in termini analogici il messaggio:"Quest’olio non fa ingrassare", potrebbe essere un utile esercitazioneimmaginare di voler realizzare uno spot muto che veicoli questo messaggio.
Se vi siete cimentati nell’esperimento dovreste aver realizzato un fattosingolare: non è possibile trasferire un messaggio in forma negativa, in modoinequivocabile, usando modalità analogiche.
La negazione e la condizione sono strutture logiche rispetto alle quali illivello di controllo sintattico del modello analogico appare assolutamenteinadeguato.
Qualunque messaggio dato in forma negativa con il modello analogico può essereinterpretato anche in altri modi.
Questo potenziale effetto indesiderato può capovolgere il significato delmessaggio oppure evidenziare aspetti collaterali che avevano nelle intenzionidell’emittente una funzione secondaria, quando questo accade si parla dimessaggio parassita.
Utilizzando la comunicazione analogica il messaggio parassita è inevitabile, aquesto si pone rimedio inserendo elementi digitali o cercando di minimizzare lepossibilità di spostamento dell’attenzione.
Un po’ come nel linguaggio onirico, una cosa può rappresentare sé stessaoppure il suo esatto contrario.
Gli spot sull’Aids
Un esempio di come agisce il messaggio parassita applicato ad una campagnasociale, lo abbiamo in una delle prime campagne contro l’Aids.
Parliamo dello spot con la banda color fucsia.
Nello spot peraltro di ottima qualità estetica e di notevole efficaciacomplessiva, dove partendo dallo scambio di siringhe si arriva in una catena discambi a vedere la coppietta che gira con il doppio alone, il messaggio primarioè: "Attenzione, perché potreste contagiare le persone più care echiunque può essere portatore"; esiste però un messaggio parassita chesuona più o meno così: "Mogliettine, state pure in casa a fare le brave,tanto l’Aids lo prendete lo stesso…".
Considerando che il fenomeno è in sé inevitabile, si tratta solo (come èavvenuto nello spot cui ci siamo riferiti) di prendere adeguati provvedimentiper evitare che il messaggio parassita superi il messaggio primario.
Come si è detto in precedenza, la comunicazione sociale ha delle peculiaritàestremamente più complesse di quella legata ad un prodotto: non si trattasemplicemente di creare l’associazione tra una emozione positiva e un prodotto,ma ci sono resistenze e preconcetti da rimettere in gioco, atteggiamenti dacostruire e, naturalmente, informazioni da dare. Spesso si tratta di messaggicollegati alla sfera emotiva ma in modo non sempre gradevole, in alcuni casiaddirittura si rischia di andare a far scattare meccanismi di controllo cheproteggono dai sensi di colpa (errore spesso commesso in passato) osemplicemente dalle emozioni sgradevoli.
La situazione si complica ulteriormente quando si tratta di utilizzare i mezzidi comunicazione per contrastare effetti creati da messaggi creati dagli stessi.
Spesso infatti vengono filtrate notizie e quindi attribuiti significati, in modosensazionalistico, senza preoccuparsi degli effetti sociali della notizia, masoltanto della sua presa emotiva.
A questo punto il compito sarebbe di correggere il tiro, ma per fare questooccorrerebbe da un lato obbligare le persone a rivedere i giudizi e oltretutto,per fare questo, non si disporrebbe di altri strumenti che quelli della logica.
Più o meno si tratta di fermare un treno in corsa a mani nude.
Poniamo che un giornale riporti una notizia del tipo: "Pazzo uccide unacommessa", una notizia del genere ha sicuramente un forte impatto emotivo:intanto non è troppo frequente, poi tocca da vicino una serie di timoriancestrali.
Naturalmente gli effetti secondari sono quelli di aumentare il timore neiconfronti della diversità oltre al tacitare le coscienze.
Se poi la cronaca riferisse che in realtà si trattava di un tentativo dirapina, di un soggetto afflitto semplicemente da un brutto carattere ed uncodice etico piuttosto elastico, la notizia avrebbe ben altra rilevanza, sia sulpiano emotivo che in termini di visibilità.
Valgono ancora i principi dettati da Gustav Le Bon alla fine del secolo scorso:se ci si rivolge ad un piccolo gruppo contano gli argomenti, ma se ci si rivolgead una massa sono più importanti la suggestione e l’enfasi.
E’ ancora aperta la sfida di riuscire a fare una comunicazione sociale rivoltaad un vasto numero di persone, adattando il proprio stile comunicativo altarget, mettendo da parte l’orgoglioso e sterile attaccamento ai propristrumenti consueti, ma anche evitando di scimmiottare strumenti e tecniche di ununiverso comunicativo così diverso come quello dell’intrattenimento o dellapubblicità.