Il mediatore, etimologicamente parlando, può essere un’individuo che ha lafunzione di avvicinare due parti, un "intermediario"; o,pedagogigamente parlando, uno strumento ("oggetti, materiali,
ruoli,compiti, consegne, spazi, ecc.") che facilita la relazione traeducatore/altri e utente/individuo.
Ogni tipo di relazione usa, a volte in maniera inconscia ed automatica, a volteconsapevolmente, dei mediatori. Quando due individui entrano in relazione, hannobisogno di elementi in comune che rendano possibile la comunicazione.
Rispetto ai percorsi educativi l’uso di mediatori, come definiti da Canevaro (1)- a volte consapevole e finalizzato fin dall’inizio, a volte analizzato everificato a posteriori – appare strumento fondamentale. D’altra partel’educatore è sempre, a sua volta, un po’ mediatore, dato che cerca di favorirelo sviluppo delle autonomie di un individuo disabile rispetto ad un mondo,fisico, sociale e di relazione, che usa codici e regole che non sempre tengonoin considerazione le diversità.
Johnson e Enwereuzor del Cospe (2) definiscono il mediatore linguisticoculturale come colui che deve "facilitare la comunicazione e lacomprensione, sia linguistica che culturale, fra l’utente di etnia minoritaria(e, per estensione, una comunità di etnia minoritaria) e l’operatore di unservizio pubblico, in un contesto di poteri ìmpari, rispettando i diritti ditutte e due le parti interessate". Caratteristiche fondamentali delmediatore linguistico culturale sono quelle di appartenere ad un’etniaminoritaria, di essere un operatore "neutro", chiamato dal servizio asvolgere funzioni di interpretariato, sia linguistico che culturale, rispetto apersone che non conosce.
Nei contesti reali è difficile svolgere il proprio ruolo così come teorizzato,soprattutto per quello che riguarda il concetto di "neutralità".Esiste una certa difficoltà all’imparzialità in contesti in cui è evidenteun’incomprensione culturale e sociale forte, e soprattutto, un diverso livellodi potere. Occorre fare attenzione a non esercitare violenza culturale neiconfronti dell’etnia minoritaria. Un rischio forte è quello che nel fornireinformazioni rispetto ai diritti e ai doveri del cittadino ed al funzionamentodei servizi, il mediatore possa orientare forzatamente alcune condotte e alcunescelte, trascurando altre opzioni possibili, condizionato dagli orientamenticulturali e sociali dominanti; anche quando questi non siano imposti dalla leggeitaliana ma solo sanciti dal costume (per esempio se una donna di etniaminoritaria vuole partorire in casa, come è costume della sua gente, ilmediatore deve assicurarsi che le siano date tutte le informazione necessarie agarantirle il diritto di scelta).
Il mediatore culturale deve essere consapevole della situazione di potere in cuisi trova, e deve sempre fare attenzione a fornire tutti gli strumenti necessariperch‚ il singolo possa decidere liberamente.
Quando il mediatore è un italiano
Altro concetto di mediatore culturale è quello nato dall’esperienza pressole comunità zingare di Bologna. In questo caso il mediatore non è di etniaminoritaria e non si limita a facilitare l’interazione tra due sistemi culturalidiversi attraverso l’interpretariato culturale ed il fornire informazioni, ma sipone come strumento di sostegno in questo percorso di interazione. Lavora conuna comunità e quindi con individui di tutte le fasce di età, per cercare difavorire il percorso sia del singolo che dell’intera comunità verso ilsoddisfacimento dei propri bisogni.
Per fare ciò diventa fondamentale costruire un rapporto di conoscenza e fiduciacon l’individuo e la comunità. D’altra parte anche il rapporto col mediatore,che è egli stesso rappresentante del mondo esterno, in quanto non appartieneall’etnia, diventa modello di un possibile dialogo.
Caratteristica fondamentale di un intervento di questo genere è il mantenimentodi un giusto equilibrio tra la necessità di essere imparziali e la difficoltàa sostenere un ruolo del tutto neutrale. L’educatore/mediatore si trova da unlato a intrattenere con l’utente un particolare rapporto di fiducia, dall’altrorimane sempre un elemento esterno, il cui ruolo esige una posizione disostanziale imparzialità. L’utente, soprattutto in situazioni di forte tensioneemotiva e psicologica, tende a volte a delegare all’educatore un ruolodecisionale che l’educatore non può e non deve assumere. Mantenere un giustoequilibrio tra il coinvolgimento personale, indispensabile ad una relazionefunzionante, e la necessaria imparzialità è, a volte, molto difficile.
Probabilmente, rispetto al ruolo e alla funzione del mediatore/educatore pressole aree di sosta, essere imparziali significa riuscire a mantenere un equilibriotra coinvolgimento ed estraneità che passa attraverso fasi e momenti alterni,piuttosto che attraverso una condotta statica ed immutabile. A momentil’educatore condivide chiaramente la posizione dell’utente; in altri momenti,invece, è interprete e sostenitore, anche deciso, di regole sociali egiuridiche imposte dalla relazione col mondo esterno.
L’educatore/mediatore non si limita a dare informazioni, ma sostiene anche ilsingolo in un percorso educativo. L’educatore progetta insieme all’utente ed aiservizi un percorso mirato e stabilisce con l’utente una relazione individualeche lo porta ad essere a sua volta un modello, poich‚ molte indicazioni dicarattere generale vengono veicolate in prima istanza dalla relazione stessa,che diventa una sorta di laboratorio all’interno del quale si sperimentanoempiricamente possibili percorsi di rapporti con gli altri.
Note
(1) A. Canevaro (a cura di), La formazione dell’educatore professionale.Percorsi teorici e pratici per l’operatore pedagogico, Ed. La Nuova ItaliaScientifica, Urbino, 1993
(2) Cospe, Atti del seminario, Immigrati/Risorse. La figura del mediatoreculturale, le prime esperienze ed i percorsi formativi a confronto, Bologna, 13ottobre 1993