4. Vedere il cinema
L’ultima sezione della ricerca è dedicata Cinema senza Barriere, il progetto grazie al quale, per la prima volta in Italia, sull’esempio di altri Paesi europei come Inghilterra, Francia e Svezia, dove gli spazi attrezzati sono numerosi, è stata resa possibile a persone con disabilità della vista e dell’udito la fruizione di pellicole cinematografiche in sala, insieme agli spettatori normodotati. L’esperienza è nata a Milano e si è poi diffusa a Roma e Bari. In Italia, ad oggi, i tentativi di questo tipo sono piuttosto sporadici, anche se le cose si stanno evolvendo con una discreta rapidità. Vale la pena ricordare il progetto Oltre la Visione: il museo da toccare, il cinema da ascoltare (Torino), attualmente interrotto; il lavoro che, a Roma, portano avanti Blindsight Project e Consequenze; il progetto per l’audiocommento di opere liriche allo Sferisterio di Macerata curato dalla prof.ssa Elena Di Giovanni, che ha riguardato l’Opera Festival 2009 e 2010; la “proiezione-pilota” tenutasi nel 2010 al Cinema Lumière di Bologna, frutto della collaborazione tra la Cineteca di Bologna e il Centro Documentazione Handicap/Cooperativa Accaparlante della stessa città; le proiezioni realizzate recentemente al Cinema Odeon di Firenze e quella all’Istituto per non vedenti Paolo Colosimo di Napoli, promossa da Gesco e Univoc.
Che tipo di lavoro, quali tecnologie e quali risorse sono richiesti per la realizzazione di un film accessibile? Quali ricadute sociali, in termini di inclusione, possono avere queste iniziative? Quanto è chiara l’importanza della fruizione culturale e artistica anche per persone con deficit (in questo caso della vista e dell’udito)?A queste e ad altre domande abbiamo cercato di dare risposta intervistando Eva Schwarzwald, direttrice artistica di Cinema senza barriere.
4.1 L’accessibilità al cinema: Cinema senza Barriere
Intervista ad Eva Schwarzwald di Luca Giommi
Vorrei intanto chiederle come è nata l’idea di “Cinema senza Barriere” e da quale dei soggetti, enti, istituzioni coinvolti è stata proposta. Le faccio questa domanda quasi augurandomi che sia stata A.I.A.C.E. a farlo…
L’idea è stata di A.I.A.C.E.-Milano, Associazione Italiana Amici Cinema d’Essai, da anni attenta allo sviluppo di progetti che coinvolgono il cinema di qualità e l’audiovisivo d’arte e di ricerca (www.mostrainvideo.com), anche sulla scorta di scambi di esperienze con colleghi di altri Paesi europei. Naturalmente l’idea è stata nostra, ma con Romano Fattorossi, Presidente dell’associazione, l’abbiamo definita in seguito ad una sollecitazione giunta dalla Provincia di Milano, che voleva fortemente un’iniziativa di carattere culturale che si ponesse a complemento di una loro azione avviata per l’inserimento dei diversamente abili nel mondo del lavoro. L’allora Assessore alle attività economiche , innovazione e lavoro della Provincia di Milano Luigi Vimercati voleva sensibilizzare alle problematiche della disabilità sostenute mediante il Piano per l’occupazione dei disabili della Provincia di Milano. Cinema senza barriere è nato proprio come proposta per condividere cultura, per promuovere la parità nell’uso di un genere di intrattenimento abitualmente destinato esclusivamente alla parte abile della popolazione, per avviare una nuova cultura del rispetto e dell’integrazione tra due mondi che sicuramente si sfiorano nel quotidiano, ma vicendevolmente si praticano poco. In connessione, quindi, con il progetto EMERGO, piano biennale per l’occupazione dei disabili, in una più ampia attenzione della Provincia verso l’inserimento dei diversamente abili nel tessuto sociale, al fine di garantire dignità e parità di diritti per tutti.
Quanto tempo è intercorso tra la prima stesura del progetto e l’effettivo inizio della programmazione, nel 2005? E’ stato complicato coinvolgere le istituzioni pubbliche e far passare l’idea di un’integrazione intesa in senso “alto”, non riduttivo? Quanto ha contato in questo l’appoggio dell’Ente Nazionale Sordi ONLUS (E.N.S.) e dell’Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti (U.I.C.) o quello della Pubblica Amministrazione (P.A.)?
Tra la stesura del progetto e l’effettivo avvio sono passati circa sei mesi, necessari allo svolgimento dell’iter amministrativo, al coinvolgimento della Associazioni del territorio: U.I.C. , E.N.S. Onlus di Milano ed A.N.M.I.C., Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi Civili. Come dicevo prima, è stato l’Ente Provincia di Milano a coinvolgerci, in collaborazione con la Fondazione Banca del Monte di Lombardia. Successivamente si sono aggiunte le tre associazioni sopracitate, la Cineteca Italiana, che gestisce la sala Spazio Oberdan, di proprietà provinciale, con la quale, dunque abbiamo trovato un accordo circa la data mensile della proiezione, le modalità organizzative delle serate dedicate al progetto e la società Raggio Verde di Roma che cura gli aspetti tecnici dell’iniziativa. Sono stati presi accordi con le associazioni che hanno collaborato coinvolgendo i loro associati e promuovendo, in vari modi, l’iniziativa (ad esempio, sono stati preparati cartoncini-invito in Braille per la serata inaugurale di lancio dell’azione). A.I.A.C.E.-Milano è responsabile organizzativo dell’iniziativa e copre ogni aspetto necessario, dalla selezione e preparazione dei film (in collaborazione con Raggio Verde), ai contatti con i distributori, alla promozione, alla ricerca di eventuali sponsor. Il ruolo della P.A. è stato nel nostro caso fondamentale, non solo perche ha sostenuto finanziariamente il progetto, ma perché ha voluto dargli ampio risalto attraverso i suoi canali, fino a premiarlo, su presentazione della Provincia, quale progetto pilota, al Forum della P.A. del 2006. In quell’occasione, peraltro, il progetto si è aggiudicato il premio del Presidente della Repubblica, “per l’originale iniziativa sul territorio che coniuga l’attenzione alle esigenze di cura del tempo libero e delle attività culturali”. Il progetto ha ottenuto altresì dal 2008 il Patrocinio del Ministero per i Beni e le attività culturali .
Può spiegarmi in modo più preciso quali e di che tipo sono le tecnologie che permettono la realizzazione di un’iniziativa di questo genere?
La società americana DTS ha sviluppato un sistema per la fruizione dei film da parte delle persone non vedenti e non udenti. Questo innovativo sistema chiamato CSS (Cinema Subtitling System) è di semplice utilizzo e completamente automatico. Per mezzo di un processore proietta sullo schermo (invece di inciderli sulla pellicola) i sottotitoli per non udenti e riproduce in cuffie a raggi infrarossi l’audio descrizione per i non vedenti. Il sistema DTS-CSS può contenere fino a quaranta lingue per offrire sottotitoli e descrizioni diverse per spettacoli diversi. Quindi si attrezza la sala cinematografica con il sistema completo che prevede vari macchinari, tra i quali un videoproiettore speciale per sottotitoli ed un sistema di trasmissione audio a raggi infrarossi, oltre ad altre apparecchiature e cuffie per i non vedenti. Il sistema consiste nell’accoppiamento di un hardware e di un software che gestiscono i dati supplementari con la pellicola di proiezione dotata di timecode.
I file contenenti i sottotitoli e la descrizione audio supplementare vengono sincronizzati così alla proiezione della pellicola e, grazie ad un videoproiettore per i sottotitoli e ad un sistema di cuffie senza filo per il commento audio, messi a disposizione del pubblico.
La normale proiezione viene a questo punto solo implementata con dati aggiuntivi e resta comunque fruibile dalle persone senza problemi di vista e di udito senza interferenze.
Sullo schermo infatti appariranno dei sottotitoli contenenti i dialoghi e alcune indicazioni aggiuntive sui rumori o sulla musica, o la provenienza della voce, del tutto trascurabili da parte dei normodotati, ma indispensabili per chi abbia disabilità uditive; allo stesso tempo, chi ha disabilità della vista può ascoltare in cuffia il commento audio che descrive colori, stati d’animo, situazioni, paesaggi e quant’altro sia indispensabile alla fruizione del film, ma sempre senza che questo incida minimamente sulla visione della pellicola da parte dei normodotati.
Da circa quattro anni, comunque, Cinema Senza Barriere non utilizza più il sistema DTS, ma un sistema di riproduzione e sincronizzazione in sala prodotto dalla EVM Service: si tratta dei software “AD Maker” per i contenuti e STAD Player per la riproduzione in sincrono, che pongono meno vincoli dal punto di vista tecnico.
Siete soliti affiancare alle proiezioni anche una giornata seminariale di approfondimento su temi inerenti la disabilità. Potrebbe dirci qualcosa in più? Anche in queste occasioni il cinema ha un rilievo importante?
Penso che alla proiezioni vada affiancato un lavoro di costante formazione del pubblico e dei cosiddetti “normodotati” per far capire che la disabilità non deve significare emarginazione, e per questo per quattro anni abbiamo anche promosso delle giornate seminariali, con ospiti internazionali ed italiani che ci hanno portato esperienze molto interessanti, in qualche modo sempre connesse all’arte e alle immagini. Abbiamo mostrato lungometraggi e cortometraggi che ci hanno fatto vedere storie di disabilità, ma soprattutto di forza nella diversità, di innovazione creativa, in vari ambiti dello spettacolo e dell’arte.
Ormai, così come si parla di Studi di Genere, in molte università estere esistono i “Disability Studies”, gli studi che presso talune facoltà universitarie individuano la diversità non come una condizione sanitaria, ma come il prodotto di un’interazione dell’ambiente fisico e culturale, e tratteggiano le diverse capacità di percepire e di sperimentare, con un rispetto nuovo.
Stati Uniti, Canada, Australia, Gran Bretagna hanno dei Dipartimenti dedicati e poiché le tematiche in discussione si presentano con alto valore interdisciplinare (dalla scienza della riabilitazione, alla robotica, alla letteratura, al cinema, alla psicologia) è importante creare dei raccordi anche in Italia con le esperienze più note.
Cinema senza Barriere ha voluto quindi, in questi anni, portare all’attenzione di un pubblico attento e consapevole argomenti ed esperienze interessanti a livello internazionale.
Si è pensato di affiancare alle proiezioni anche un momento di incontro e riflessione su alcune delle tante tematiche tangenti al mondo delle diverse abilità. Attraverso esperienze dirette e discussioni di casi pratici e buone prassi, si può ampliare il network degli operatori che già lavorano sul territorio a favore della disabilità, in un’ottica di servizio e sostegno alla persona. Abbiamo mostrato che si può dipingere anche se non si vede, che si può apprezzare la musica anche se si è sordi, mostrato le similitudini tra la lingua dei segni ed il linguaggio cinematografico, raccontato poesie in LIS, ci siamo emozionati con alcuni film incentrati su disabilità corporee e mentali e cercato di abbattere un po’ di pregiudizi , quei tanti pregiudizi nei confronti di chi ha un corpo “diverso”.
Di fondo c’è l’idea che senza cultura, educazione e formazione il mondo non possa progredire.
Ha avuto l’impressione che associazioni, cooperative e istituzioni fatichino a capire l’importanza della fruizione di opere artistiche da parte di persone con disabilità e che l’esperienza dell’arte è un aspetto non secondario del processo di integrazione, dell’inclusione sociale?
Punto cruciale questo che sollevi. La mia impressione è stata che A.I.A.C.E. – Milano si sia trovata di fronte una certa disomogeneità di consapevolezza ed interessi nelle varie associazioni, dove alcune persone sono più attente alla fruizione di opere artistiche ed altre le ritengono un anello quasi “superfluo” della catena dell’integrazione, a fronte delle altre mille problematiche che le medesime devono affrontare ogni giorno a favore degli associati. E sebbene la volontà sottesa al progetto fosse proprio quella di svolgere un’iniziativa concreta di integrazione sociale e di valore formativo per i cosiddetti normodotati, creando o consolidando una nuova cultura del rispetto e dell’integrazione dei due mondi, dei diversamente abili e dei normodotati, attraverso l’offerta di servizi connessi al cinema e momenti di reciproco scambio culturale, questo messaggio, secondo me molto forte, quando afferma che persone abili e disabili potranno andare al cinema assieme, nella stessa sala, per godere dello stesso film, non da tutti è stato colto nella sua importanza sociale e paritaria. Rispetto ad altri Paesi, indubbiamente in Italia, non solo nel campo della disabilità, prima di poter realizzare qualsiasi iniziativa culturale bisogna formare i governanti e gli opinion leaders che raramente decidono di destinare risorse ad azioni formative e culturali, soprattutto se non portano ad eventi “mediaticamente attraenti”. Voglio comunque ribadire che per la buona riuscita dell’iniziativa è fondamentale il coinvolgimento attivo delle organizzazioni di settore.
C’erano dei modelli ai quali avete fatto riferimento per elaborare e progettare l’iniziativa di Cinema Senza Barriere? Esperienze già esistenti? All’estero si presta più attenzione a queste pratiche? Siete stati i primi in Italia, almeno in modo così strutturato?
Per elaborare il progetto, che si pone come l’unico esempio italiano continuativo in sale cinematografiche appositamente attrezzate, ci siamo ispirati prevalentemente al modello inglese, anche se lì sono stati dati molti incentivi a tutte le sale cinematografiche che volevano attrezzarsi, mentre qui si è potuto al momento intervenire solo in tre città (Milano, Bari, Roma). Le differenze sono tante, ogni Paese ha attuato metodologie differenti, il sostegno del Pubblico è comunque sempre necessario per iniziative del genere ed infatti in talune località sono sorti problemi per la prosecuzione dei progetti, per mancanza di sostegno economico. Comunque va detto che, seppure a fronte di interventi economici maggiori, ad esempio, ho potuto verificare che la cura nell’audiodescrizione è da noi qualitativamente migliore che altrove, perché potendo preparare il commento solo per un film al mese, abbiamo dedicato maggior attenzione alle modalità e alla qualità di preparazione dei film. Per gli inglesi ovviamente la preparazione è molto più semplice, perché sono già le Major che forniscono i sottotitoli in inglese ed il commento, mentre da noi il lavoro parte da zero, non essendoci in Italia l’abitudine a guardare i film in lingua originale; bisogna, quindi, elaborare non solo il commento, ma anche i sottotitoli, con quei particolari accorgimenti che richiedono i sottotitoli per persone con disabilità dell’udito. La differenza con altri Paesi europei è che solitamente un diritto acquisito, come quello di andare al cinema, non si mette in discussione continuamente: ovvero, non si considera facoltativo finanziare un progetto di tal genere, ma un servizio da offrire con continuità. In Italia ci sono state altre sporadiche esperienze, con metodologie differenti (Torino, Messina), interrotte, che io sappia.
Siete giunti alla quinta edizione: la possibilità di dare continuità all’iniziativa ha contribuito a radicarla nel territorio e ad ampliare il bacino d’utenza? Se i risultati sono stati inferiori alle aspettative, quali sono secondo lei le ragioni?
Certo, la continuità è fondamentale, perché ci vuole del tempo prima che le persone acquisiscano la conoscenza di una iniziativa come questa. Come puoi immaginare il momento storico-politico, poi, non è propizio ad iniziative di questo genere, visto che i tagli che il Governo sta attuando riguardano servizi essenziali ai disabili, e in questi casi la cultura passa sempre in secondo piano. Noi abbiamo avuto segnali positivi alle ultime proiezioni del 2010: a Milano sono comparsi nuovi utenti non vedenti, quindi si capisce che ci vuole tempo perché iniziative di questo genere, in qualche modo innovative e di rottura, si affermino. Ci sono sempre e comunque problemi di comunicazione nelle reti dei disabili, (non tutti fanno riferimento alle principali associazioni), ed il fatto di avere una sola proiezione al mese e di poter sfruttare solo una sala dotata delle apparecchiature necessarie complica notevolmente le cose. Se si offre questo servizio, si dovrebbe mettere le persone nella condizione di poter scegliere tra tanti film e tra più appuntamenti mensili. L’unica proiezione avviene solitamente alle ore 20:00, un orario poco comodo per chi ci raggiunge da fuori città. Comunque, io ritengo che, se si è nell’ottica di servizio, non bisogna stare a contare le presenze. A Londra quando sono stata ad una proiezione in una sala di un cinema del circuito sopra citato c’erano due persone in sala, normalissimi utenti, senza cuffie, ma non per questo i finanziamenti sono stati tagliati! . Tuttavia considero un segnale positivo che spesso giungano persone da altre città interessate ad importare l’iniziativa anche nei loro Comuni, per verificare come funziona tecnicamente: noi speriamo proprio di poter ampliare il circuito. Abbiamo già avuto richieste da Genova, Firenze ed alcune piazze del sud Italia.
Come ha reagito il mondo della distribuzione cinematografica? Avete potuto sollecitare in qualche modo l’attenzione dei Ministeri competenti?
Abbiamo trovato imprese cinematografiche disponibili e altre no, come sempre accade. Abbiamo potuto programmare alcuni film molto interessanti, come Gran Torino o Volvér, grazie alla cortese ed attenta apertura di alcuni distributori romani, mentre spesso abbiamo trovato una mancanza di attenzione da parte di distributori più piccoli. A.I.A.C.E. ha anche lavorato perché nella normativa di sostegno alla produzione del cinema italiano costituisca punteggio aggiuntivo l’inserimento della colonna DTS (o di sistemi affini, come quello che utilizziamo e che ho descritto sopra) nella produzione, perché questo potrà garantirci di riuscire a promuovere anche i film italiani, che non hanno quasi mai quel tipo di colonna. Noi cerchiamo infatti di proporre film di vario genere e provenienza e comunque, avendo a cuore il cinema di qualità, di proporre preferibilmente film europei ed italiani. Nella selezione dei film sono tante le componenti di cui si deve tener conto e tra queste anche la disponibilità del distributore italiano; a volte è stato molto complicato trovare il film adatto e proveniente da un soggetto disponibile. Dal 2009 abbiamo avuto anche il Patrocinio del Ministero dei Beni Culturali all’iniziativa.
Al di là del dato quantitativo, quale è il giudizio del pubblico rispetto alle pellicole proposte? So che da qualche anno adottate uno strumento tecnologicamente avanzato per valutare da un lato la risposta del pubblico, dall’altro l’efficacia dei mezzi tecnici utilizzati. E’ l’unico strumento utilizzato o fate ricorso a strumenti tecnologicamente “poveri” (questionari, schede di valutazione, etc.) per capire il gradimento del pubblico ed, eventualmente, raccogliere suggerimenti sui film che questo vorrebbe che fossero proiettati?
Come sai quando si parla di cinema è molto difficile andare d’accordo e trovare giudizi unanimi. Dopo le proiezioni spesso chiacchieriamo con gli utenti, soprattutto i non vedenti, perché il discorso dell’audiocommento è il più complesso e avvertiamo la necessità di confrontarci con loro sulla sua qualità. Spesso discutiamo anche l’adeguatezza dei film alla loro resa accessibile. Direi comunque che il giudizio è positivo e abbiamo notato una certa costanza nella frequenza da parte di alcune persone, che spesso colgono l’occasione (ed è proprio questo che noi volevamo fin dall’inizio) per uscire di casa, socializzare, scambiare impressioni, mescolarsi ad un pubblico qualsiasi. Abbiamo proposto un film di animazione, Bee Movie, uno per ragazzi, La fabbrica di Cioccolato: insomma, ci piace spaziare tra vari generi, fare in modo che utenti di varie età possano trovare prodotti che li attirino. Restano, comunque, tutti gli ostacoli di cui parlavo prima, il DTS o tecnologie equivalenti, la disponibilità dei distributori, che consentono la lavorazione dei film solo dopo un mese dall’uscita in sala, le difficoltà ad avere i materiali in italiano, trovandoci a volte una lista di dialoghi che non corrisponde al parlato finale della versione italiana di un film, o una scena in più o in meno rispetto all’originale. Problemi di natura strettamente tecnica.
Quanto agli strumenti per valutare la risposta del pubblico, abbiamo distribuito dei questionari in un’occasione, più che altro per capire come orientare la scelta delle pellicole e gli orari, ma, come dicevo prima, il gusto al cinema è così soggettivo che non si riesce a definire una richiesta “comune a tutti”. Il dato più evidente e condiviso è che interessano i film che sono di recente distribuzione, quelli che tutti stanno vedendo e di cui si parla, proprio per quel motivo di cui si diceva all’inizio, dello “stare nel mondo e comunicare” sulla base delle cose che accadono intorno a noi. Tra gli ultimi film proiettati c’è stato anche un film che ha sbancato il box office, Che Bella Giornata, di Gennaro Nunziante e Checco Zalone, sulla cui “raccontabilità”, essendo un film in cui la mimica è molto rilevante, eravamo un po’ perplessi. Invece è stato molto apprezzato. Sono state fatte anche delle sperimentazioni da due ricercatori che si occupano di cinetermografia, che misurano, cioè, le reazioni corporee al cinema, non tanto per ri-definire il nostro progetto, quanto per verificare la reattività del pubblico a talune scene e la “emozionalità” degli spettatori.
Quanto tempo occorre, mediamente, per preparare sottotitolazioni e audiocommenti adeguati? E’ davvero difficile dar conto a parole di un’immagine, di una sequenza cinematografica, in particolare se questo deve avvenire mentre il film scorre: occorre indubbiamente una buona conoscenza, non solo del film, ma anche della grammatica e della semantica cinematografica e delle immagini. Cercate di rendere conto anche dello stile di regia, dal momento che la forma incide in modo radicale sull’efficacia e sul valore di quanto viene raccontato? Quali sono gli accorgimenti indispensabili per un buon audiocommento? Quale spazio si può, si riesce a lasciare all’immaginazione dello spettatore?
Mediamente, dal momento in cui riceviamo il materiale, film in dvd e lista dialoghi, ci vogliono circa quarantacinque giorni per preparare il testo, verificarlo, cosa che a volte si fa proprio con un non vedente, registrarlo, preparare i sottotitoli con la consulenza dell’E.N.S. di Milano ed ottimizzare le lavorazioni. Quanto agli audiocommenti, come ben sottolinei, si possono fare in tanti modi diversi, noi abbiamo quindi individuato alcune linee che guidano il nostro lavoro, e cerchiamo di equilibrare la descrizione dei contenuti e delle azioni del film, con alcune note relative alla regia, inserendo alcune annotazioni più squisitamente cinematografiche, naturalmente cercando di considerare le varie necessità. Ad alcuni non interessano le note sui movimenti della macchina da presa, ad altri sì, a volte non c’è tempo sufficiente tra i dialoghi nemmeno per trasmettere informazioni basilari necessarie alla comprensione della storia, a volte possiamo consentirci di aprire il panorama anche a dettagli di regia. Insomma diciamo che non è possibile porre regole rigide ed io rivendico questa “elasticità”, che secondo me fa parte della ricchezza del progetto. Ho letto una volta un documento di un gruppo di ricercatori spagnoli che si occupano di audiocommento che ritengono che ad ogni volta che, ad esempio, si apre una finestra, debba corrispondere un “si apre la finestra”, ma non è detto che in un particolare contesto sia fondamentale. Magari è meglio raccontare come in quel momento un attore si rapporta ad un altro, o come è vestito, o che espressione ha sul viso, insomma io sono dell’idea che bisogna cogliere un po’ lo spirito di un film, leggere bene le note di regia prima di lavorarlo, vederlo una o due volte prima. E’ un lavoro lungo. E sullo spazio da lasciare all’immaginazione, anche qui non è facile trovare una regola: ricordiamoci che ci sono persone che hanno perso la vista, ma un tempo vedevano, ed altri che non hanno mai visto, e dobbiamo fornire informazioni che consentano ad entrambi di apprezzare il film o quantomeno di capire cosa accade sullo schermo. Ma anche qui ci sono orientamenti diversi. Ad esempio, è molto discusso da chi prepara il commento il problema dei colori. Perché descrivere dei colori a chi potrebbe non averli mai visti? Il fatto è che una gran percentuale di persone con disabilità della vista in passato ha visto i colori o comunque ha una qualche memoria di essi. E anche nel caso in cui una persona non abbia mai visto il colore può averne comunque una percezione collegata magari ad altri sensi, il tatto, l’olfatto. Anche se un cieco non vede il verde può collegarlo ad un momento di fioritura nella natura, alle foglie, al prato. Così anche il colore della pelle di una persona può valere una descrizione, anche il colore dei capelli, così come altre caratteristiche fisiche.