1. Introduzione
“Ma se l’esperienza si elabora attraverso il racconto, e il racconto ha bisogno di un destinatario, ne consegue che elaborare la mia propria esperienza non dipende solo da me. Dipende dall’esistenza di una comunità fatta di narratori e di destinatari”.
(Paolo Jedlowski, Il racconto come dimora. Heimat e le memorie d’Europa, Torino, Bollati Boringhieri, 2009)
“Il tempo delle nostre vite. Quattro incontri sull’esperienza dei padri e delle madri per un sapere condiviso ”, è il titolo che abbiamo scelto di dare all’iniziativa che nelle pagine di questo numero di “HP-Accaparlante” viene raccontata attraverso le parole dei protagonisti, la loro voce opportunamente adattata a una versione scritta.
La scelta di questo titolo rivela almeno in parte alcune delle considerazioni che ne hanno segnato la preparazione.
Come già abbiamo avuto occasione di sottolineare “l’esperienza del Centro di Documentazione Handicap è stata fin dai suoi inizi caratterizzata dall’attenzione alla raccolta e all’organizzazione di testi prodotti da persone disabili e da familiari, iscrivibili quindi al filone delle autobiografie e delle testimonianze narrative”
Questa attenzione costante per tentare di connettere le piste di studio e approfondimento sulla disabilità originate dal versante accademico e tecnico con quelle nate dalla rielaborazione dell’esperienza personale, nella logica di superare contrapposizioni arricchendo la conoscenza delle realtà attraverso la compresenza di più approcci e punti di vista.
A questa prospettiva di sfondo si è accompagnata nel tempo la volontà di realizzare occasioni dirette, vive, di racconto, ascolto, condivisione di storie.
“Il tempo delle nostre vite” è stata una di queste preziose occasioni.
L’occasione/la possibilità di incontrare una storia dove è presente la disabilità.
Incontrare una madre, un padre, la relazione con il proprio figlio, con la propria figlia, attraverso il ritmo di un racconto che si dipana tra l’avvicendarsi dei giorni quotidiani, le scelte e le direzioni che la vita pone e spesso impone.
Ha significato poter incontrare genitori che hanno scelto di dare visibilità alla propria vicenda, che hanno voluto, per certi versi anche dovuto, riprendere contatto con la materia incandescente, difficile, vitale delle storie per rielaborarla attraverso la scelta di ciò che si desidera offrire di sé a chi è al di fuori rendendola sapere comunicabile.
La rielaborazione è un processo che mette tempo e spazio tra ciò che si vive e ciò che di quell’esperienza fluida e magmatica si deposita nella memoria e nella storia della persona; impone una distanza che ha bisogno, poi, di trovare uno strumento di comunicazione che la possa far uscire da sé.
Ne “Il tempo delle nostre vite” gli strumenti di espressione che i nostri ospiti hanno utilizzato per raccontare sono stati diversificati: i libri, la fotografia, i film.
Scelte queste fortemente legate al percorso biografico di ognuno di loro, espressione dei talenti personali e anche filo di continuità tra il prima e il dopo l’arrivo dei figli, tra il ruolo genitoriale e la vocazione e competenza professionale.
Sono quindi storie, quelle che abbiamo ascoltato durante gli incontri, che si situano in quel versante dell’universo narrativo che possiamo dire della testimonianza, esprimendo in questi casi una grande capacità di portare con sé un valore sociale. La loro forza però, a nostro avviso, va oltre questa specifica funzione per attingere a un’attitudine narrativa potente che le fa emergere con grande qualità e capacità di raggiungere chi ascolta, legge o guarda.
Sono quindi racconti a tutto tondo che, lontanissimi dalla tentazione di ammaestramento, parlano a noi e narrano dei percorsi umani attraverso cui si costruiscono legami e si cerca di tornare a flettersi, riflettere, su ciò che ci è dato vivere.
Mai storie dunque che si ergono a modello, ma ricerca di senso, appunto, dentro cui sta anche l’unicità delle situazioni, non categorizzabili, la comunanza possibile, la consapevolezza degli snodi che la vita chiama tutti ad affrontare.
Ancora, storie che rimangono tenacemente attaccate al proprio specifico, ai tratti singolari e mai del tutto svelati che racchiudono il mistero enigmatico di ogni esistenza.
È proprio non tradendo questo segno personale che crediamo sia stato possibile sperimentare durante il tempo di questi incontri una dimensione di comunità, seppur temporanea, oggi non abituale, quasi che l’interesse delle persone, uscite dalla propria casa quelle sere per venire ad ascoltare le storie di altri, si sia poi in modo reciproco reso disponibile a condividere
i propri racconti, ricordi o almeno pezzetti di essi, portando a un dialogo intenso, per il quale ancora una volta ci sentiamo di esprimere la nostra gratitudine.
“La differenza la fa l’esperienza”: la parola all’Assessore del Comune ospitante
Proviamo a rimescolare un po’ le carte e a metter i padri e le madri in cattedra… Sì in cattedra: dispensatori di saperi derivati dall’esperienza, ahimè spesso troppo tremendamente maestra di vita, e consultiamoli… facendoli anche docere.
Nel mio primo mandato da Assessore (2004–09) ho cercato di impostare i presupposti di questo percorso, anche mediante l’istituzione della Consulta Comunale per il Superamento dell’Handicap, l’apertura dello sportello Informahandicap con uno “Spazio Risorse” che potesse fornire argomenti documenti e sostegno ai cittadini diversamente abili, ai familiari, alle istituzioni compresi gli operatori del settore.
A cavallo tra il vecchio e il nuovo mandato amministrativo (2009 –2014) si è felicemente inserita la proposta di questa rassegna che ci fa riflettere su come, a parità di strumenti, dati e opportunità, la differenza la fa proprio l’esperienza, la relazione, il rapporto di sperata reciprocità a volte vissuto nel dubbio e nella tremebonda incertezza che l’altro (tuo figlio disabile, il tuo compagno, il mondo) siano in grado di comprenderti, di accendere la spina della connessione relazionale con te, comunque intesa.
Allora le Istituzioni studiano il libro della vita di queste persone e umilissimamente imparano condividendo. Sì perché quello che resta e conta è la condivisione attenta e disponibile. Fare da nave scuola per altri, magari non percependolo…
Questa è la sfida degli uomini e delle donne che si sono cimentati nell’avventura di scrivere, riprendere, fotografare, sceneggiare la loro eccezionale storia (in tutte le accezioni del termine).
Un abbraccio grato a Igor “Qualsiasi cosa possano dire queste pagine a chi le leggerà, in fondo, spero riescano a dire dagli occhi del padre che le ha scritte, che uno sguardo che impara è uno sguardo che insegna”; a Lesley “È una storia che trascende tutte le barriere di razza, classe e genere. Qualunque famiglia, in qualunque momento e in qualunque luogo, può trovarsi di fronte alla realtà della disabilità. Spero che, giungendo al punto del volume in cui l’invalidità di Molly appare con tutta la sua evidenza, il lettore si sia già affezionato alla persona contenuta in un involucro tanto delicato”; a Stefano “Scoprire in prima persona che cosa significa vivere con qualcuno che, scomodo al cuore e alla ragione, viene da altri definito ‘matto’”; a Daniela “Nonostante le incertezze scommetto su di te e credo tu possa avere tutto, l’infanzia più serena possibile e la vita adulta che sboccerà”.
Un grazie particolarissimo all’amica Dott.ssa Piera Carlini, compagna dalla prima ora, Responsabile del Servizio Integrazione Sociale Minori del Comune di San Lazzaro.
A tutti gli amici della cooperativa Accaparlante, che hanno pensato, proposto e sostenuto questa esperienza sanlazzarese, va la mia richiesta di proseguire l’impresa iniziata nel lavorare insieme che ha portato, tra l’altro, tanta fraternità e competenza.
Continuiamo a faticare insieme perché il percorso fatto si consolidi e diventi vita condivisa.
Lasciando ciascuno alla lettura e alla meditazione del materiale prezioso, auspico che il percorso di condivisione intrapreso continui, estendendosi anche ai lettori, a vario titolo, della rivista, ai quali chiedo, se lo ritengono, di avviare un dialogo- confronto “Da San Lazzaro di Savena al… Mondo”, per la vita piena della nostra gente.
Maria Cristina Baldacci
Assessore alla Qualità della Salute, Diversabilità e Politiche per la Famiglia
mc.baldacci@comune.sanlazzaro.bo.it
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